mercoledì 20 giugno 2012

D. A. 2 CAPITOLO L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA


2 CAPITOLO
L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA

1.      Gli enti territoriali. Le funzioni statali. Le funzioni regionali. Le funzioni  degli enti locali.


Il testo dell’art. 117, cost., come modificato dall’art. 3, L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, nel ripartire la potestà legislativa fra Stato e Regioni, distingue tre principali categorie di materie: quelle riservate in via esclusiva allo Stato, quelle di legislazione concorrente - per le quali la normativa di dettaglio è attribuita alle regioni mentre spetta allo Stato la determinazione dei principi fondamentali - e quelle di legislazione esclusiva regionale, che hanno portata residuale.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza;
sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
L’art. 177, 3 comma, cost. definisce le materie a legislazione concorrente ove la potestà legislativa spetta alle regioni, salvo per la determinazione dei criteri fondamentali riservata alla legislazione dello Stato.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Fra dette materie a legislazione concorrente è compreso il governo del territorio.
La dottrina si pone, ad esempio, il problema se tutti gli articoli del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 380, contengano principi fondamentali non derogabili dal legislatore regionale o se quest’ultimo possa approvare una legislazione di dettaglio contrastante con le norme anzidette.
Sembra infatti che l’affermazione dei principi autonomistici espressa nella carta costituzionale possa essere compromessa da una legislazione di dettaglio che, di fatto, nega l’attribuzione di una potestà legislativa concorrente regionale.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa esclusiva in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.



2.      L’ordinamento regionale.


Gli enti pubblici territoriali hanno come elemento costitutivo parte del territorio dello Stato ed ad essi appartengono tutti i soggetti residenti nel medesimo territorio, essi sono: le regioni, le province ed i comuni.
La costituzione è fondamento e limite dei compiti delle autonomie locali.
Essa, infatti, le riconosce e promuove, all’art. 5, e ne fissa le competenze e ne prevede il controllo, ai sensi degli artt. 114 e segg.
Le regioni hanno autonomia legislativa nei limiti dei principi fondamentali fissati dalle leggi dello Stato, nelle materie tassativamente enunciare dall'art. 117 della costituzione.
L’autonomia si manifesta, in particolare nella facoltà di approvare i propri statuti il cui contenuto è previsto dall’art. 123 della costituzione.
Le leggi regionali non devono comunque contrastare con gli interessi dello Stato, con quelli di altre regioni e con gi obblighi internazionali dello Stato.
I conflitti di attribuzione sembrano doversi ridurre con l’entrata in vigore della L. 59/1997 che contiene un principio rivoluzionario, all’insegna del più completo decentramento. Essa, infatti, afferma all’art. 3 che devono essere tassativamente elencate le competenze dello Stato, intendendosi le residue trasferite alle regioni.
Il D.L.vo 31 marzo 1998, n. 112, emanato seguito della delega conferita, completa il pieno decentramento amministrativo.
Lo statuto è deliberato dal consiglio regionale ed è approvato con legge dello stato.
La dottrina ha rilevato come sia discutibile classificare gli statuti come atti normativi regionali, mentre l’approvazione delle camere ha natura di requisito di efficacia.
La dottrina propende a considerare gli statuti come allegati alle leggi statali di approvazione.
Nelle materie in cui hanno funzioni legislative le regioni esercitano anche le relative attività amministrative.
Le regioni, inoltre hanno autonomia finanziaria che si esplica nella possibilità di applicare e riscuotere tributi nelle forme e nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.


3.      Il controllo sugli atti della regione.



L’art. 17, comma 31, della L. 127/1997, prevede una drastica riduzione degli atti amministrativi delle regioni da assoggettare al controllo di legittimità.
Esso dispone l’abrogazione, infatti, degli artt. 1, 2 e 3 comma 5 del D.L. 13 febbraio 1994, n. 40, come modificato dal D.L. 10 novembre 1993, n. 479.
Tale disposizione di legge trae origine direttamente dal principio fissato dall’art. 125 della Costituzione che afferma, in linea generale, che il controllo sugli atti della regione deve essere limitato alla verifica della legittimità, con esclusione di ogni sindacato di merito.
Il legislatore elimina sostanzialmente il controllo di legittimità sulla generalità degli atti amministrativi della regione che si esercita esclusivamente sui regolamenti, esclusi quelli inerenti alla autonomia organizzativa, funzionale e contabile dei consigli regionali, e, inoltre, sugli atti costituenti adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.


4.      Ordinamento degli enti locali.


La costituzione afferma all’art. 5 che la Repubblica una ed indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali.
Il precetto costituzionale appare realizzato solo colla legge sulle aut. loc. C. MIGNONE P. VIPIANA P.M. VIPIANA, Commento alla legge sulle autonomie locali, 1993, 25.
Prima della L. 142/1990 gli enti locali sono stati amministrati sulla base del principio dell’uniformità, stante che il legislatore non ha mai tracciato le norme quadro entro quale potere esplicare l’autonomia sancita dalla costituzione.
L’autonomia statutaria fissata dall’art. 4, che riconosce la possibilità dello statuto di disciplinare l’organizzazione ed il funzionamento di organi ed uffici dell’ente, con al possibilità di prevedere il difensore civico, art. 8, mentre gli aspetti più innovativi riguardano la partecipazione popolare, il decentramento e l’accesso dei cittadini ai procedimenti, secondo le successive norme della L. 241/1990, che semplifica il procedimento amministrativo.
L’autonomia comunale trova riconoscimento nell’assicurazione di risorse proprie e trasferite, sancita dall’art. 54, che consentono l’espletamento delle funzioni assegnate dallo statuto.

5.      Funzioni ed organi.


I comuni e le province hanno compiti di programmazione, nel loro rispettivo ambito territoriale, e di amministrazione attiva.
Il ruolo del comune si è andato arricchendo di competenze in materia urbanistica, acquisendo un ruolo sempre più autonomo, anche nei confronti della regione tradizionale ente di controllo, di assistenza e beneficenza, di assistenza sanitaria, in materia commerciale, in materia di edilizia pubblica, sottraendo il ruolo centrale da organismi sovracomunali quali gli IACP, ora aziende territoriali.
Anche il ruolo della provincia esce sostanzialmente rivalutato, accantonata l’esperienza dei comprensori, qualificandosi come ente territoriale intermedio tra comune e regione.
Gli artt. 14 e 15, l. 142/1990 attribuiscono alla provincia funzioni di coordinamento e di programmazione economica e territoriale ambientale.
Vengono attribuite alla provincia funzioni amministrative in materia di difesa del suolo e dell’ambiente, di tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche, dei beni culturali, della viabilità e dei trasporti, di protezione della flora e della fauna, della caccia e della pesca, di protezione ambientale, dei rifiuti e degli scarichi delle acque ed emissioni atmosferiche, dei servizi sanitari.
Viene sancita la competenza programmatoria della provincia.
Le funzioni della provincia si esercitano sia in campo economico, concorrendo a determinare il piano regionale di sviluppo, sia in campo urbanistico, attraverso il piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio provinciale.
Il piano trova un limite programmatorio negli indirizzi regionali e nel relativo piano territoriale di coordinamento cui deve adeguarsi.
La legge sulle aut. loc. ridisegna le competenze degli organi tradizionali del comune (consiglio, giunta e sindaco) e della provincia (consiglio, giunta e presidente).
Il consiglio ( comunale e provinciale) è definito organo di indirizzo e controllo politico amministrativo, dall’art. 32 della L. 142/1990, la sua competenza è limitata agli atti fondamentali tassativamente indicati dallo stesso articolo.
L’attribuzione delle funzioni è riservato alla giunta salvo quelle espressamente affidate al consiglio, contrariamente a quanto ha affermato l’art. 141 del T.U. 148/1915 che ha sancito la competenza esclusiva del consiglio, salvo gli atti espressamente attribuiti a giunta e sindaco.
Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali, come precisa l’art. 32 della L. 142/1990 e mod.:
a) gli statuti dell'ente e delle aziende speciali, i regolamenti, l'ordinamento degli uffici e dei servizi;
b) i programmi, le relazioni previsionali e programmatiche, i piani finanziari, i programmi e di progetti preliminari di opere pubbliche, come precisa l’art. 15 L. 109/1994, i bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, i conti consuntivi, i piani territoriali e urbanistici, i piani particolareggiati e di recupero, come precisa l’art. 5 c. 5 L. 127/1997,i programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, le eventuali deroghe ad essi, i pareri da rendere nelle dette materie;
d) le convenzioni tra i comuni e quelle tra comuni e provincia, la costituzione e la modificazione di forme associative;
e) l'istituzione, i compiti e le norme sul funzionamento degli organismi di decentramento e di partecipazione;
f) l'assunzione diretta dei pubblici servizi, la costituzione di istituzioni e di aziende speciali, la concessione dei pubblici servizi, la partecipazione dell'ente locale a società di capitali, l'affidamento di attività o servizi mediante convenzione;
g) l'istituzione e l'ordinamento dei tributi, la disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi;
h) gli indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza;
i) la contrazione dei mutui e l'emissione dei prestiti obbligazionari;
l) le spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a carattere continuativo;
m) gli acquisti e le alienazioni immobiliari, le relative permute, gli appalti e le concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta, del segretario o di altri funzionari;
n) la nomina, la designazione e la revoca dei propri rappresentanti presso enti, aziende ed istituzioni operanti nell'ambito del comune o della provincia ovvero da essi dipendenti o controllati.
La giunta conserva al configurazione di organo esecutivo del governo locale.
Essa è chiamata ad attuare gli indirizzi generali ed a svolgere l’attività propositiva o di impulso nei confronti del consiglio a ci deve riferire annualmente in ordine all’attività svolta.
La giunta compie tutti gli atti di amministrazione che non siano riservati dalla legge al consiglio e che non rientrino nelle competenze, previste dalla legge o dallo statuto, del sindaco o del presidente della provincia, degli organi di decentramento, del segretario o dei funzionari dirigenti, come precisa l’art. 35 della L. 142/1990.
L’organo di governo appare rafforzato nella sua attività di gestione da una sorta di prorogatio che ne consente, salvi fatti eccezionali la durata per tutto il mandato amministrativo.
Non basta, infatti, il voto contrario ad una proposta di giunta per provocare le sue dimissioni, né è sufficiente il voto di revoca del consiglio, ex art. 148/1915 per provocare le dimissioni del sindaco del presidente della provincia e della giunta.
Oltre che alla richiesta di revoca è necessaria una mozione di sfiducia costruttiva espressa per appello nominale con voto della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati al comune o alla provincia.
La mozione deve essere sottoscritta da almeno un terzo dei consiglieri e può essere proposta solo nei confronti dell'intera giunta; deve contenere la proposta di nuove linee politico-amministrative, di un nuovo sindaco o presidente della provincia e di una nuova giunta, come precisa l’art. 37 della L. 142/1990.
Sono evidentemente elementi di stabilità politica in contrapposizione alla crescente instabilità.
L’opposizione ha, per contro, un ruolo che appare limitato dall’esigenza di consentire di governare, per cui il ruolo fondamentale è quello di tracciare programmi ed alleanze in vista delle future elezioni amministrative.


6.      Il sindaco. Il presidente della provincia.


Per effetto della riforma delle autonomie locali vi è stata la generale devoluzione delle competenze del sindaco ai dirigenti del comune, atteso che la nuova organizzazione complessiva dell'ente locale pone una “summa divisio” tra organi di governo elettivi - preposti agli atti di indirizzo e di controllo - e i dirigenti - preposti agli atti di gestione ordinaria di tutte le altre funzioni amministrative. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 19 ottobre 2006, n. 8683, in Foro amm. TAR, 2006, 10, 3290.
Al sindaco e al presidente della provincia spettano le funzioni di rappresentanza dell’ente di convocazione e presidenza degli enti, di direzione, di controllo e di vigilanza del corretto funzionamento degli uffici nonché della esecuzione degli organi collegiali.
Il sindaco e il presidente della provincia hanno, inoltre, un potere surrogatorio del consiglio in materia di nomine di competenza consiliare dei rappresentanti presso enti, aziende ed istituzioni, ai sensi dell’art. 50 del D.L.vo 267/2000.
Ulteriori competenze sono attribuite al sindaco quale ufficiale di governo dall’art. 54 del D.L.vo 267/2000, che riprende l’art. 152 del T.U. 148/1915, in materia di tenuta dei registri dello stato civile, di anagrafe elettorale, statistica, di leva militare, di pubblica sicurezza, di igiene pubblica, di sanità. E’ confermato il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti, per gravi motivi di sicurezza pubblica, nelle materie di igiene e sanità, della polizia locale e dell’edilizia.
Il sindaco e il presidente della provincia nominano i rappresentanti dei comuni presso enti, aziende ed istituzioni. Le nomine e le designazioni di rappresentanti delle amministrazioni locali presso altri enti, rispettivamente, di competenza del sindaco e del presidente della provincia, devono considerarsi di carattere fiduciario, nel senso che riflettono il giudizio di affidabilità espresso attraverso la nomina, ovvero la fiducia sulla capacità del nominato di rappresentare gli indirizzi di chi l'ha designato, orientando l'azione dell'organismo nel quale si trova ad operare in senso quanto più possibile conforme agli interessi di chi ha già conferito l'incarico. T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 21 marzo 2007, n. 2557.
La giurisprudenza ha precisato che il provvedimento di nomina del presidente e dei componenti del collegio sindacale di s.p.a. multiservizi di un ente locale, pur comportando scelta nell'ambito dei soggetti ritenuti idonei tra quelli che hanno proposto la loro candidatura a seguito di avviso di selezione da parte dell'ente locale, si caratterizza non già come mero giudizio conseguente all'individuazione del candidato tecnicamente più qualificato, bensì come giudizio sulle qualità del nominato ed espressione della volontà di presceglierlo per la ritenuta maggiore affidabilità che lo stesso garantisce rispetto all'indirizzo politico gestionale dell'amministrazione procedente. Pur ribadendo la necessità del possesso, da parte del prescelto, dei requisiti richiesti dalla procedura selettiva, l’indirizzo ritiene che il provvedimento, proprio perché adottato sulla base del vincolo fiduciario ed "intuitu personae", non può essere considerato illegittimo nel caso in cui non indichi le ragioni della nomina di aspirante rispetto ad un altro. T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 15 maggio 2006, n. 1759, in Corr. del mer., 2006, 7, 921.
Il sindaco e il presidente della provincia nominano i responsabili degli uffici e dei servizi e attribuiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna, ex art. 13 della L. 81/1993, mod. art. 50, comma 10, D.L.vo 267/2000,
Tale innovazione, salutata come grande innovazione per consentire la governabilità, a mio avviso, è norma in palese contrasto con l’art. 97 della costituzione.
Il sistema di accesso ad incarichi di rilievo nell’amministrazione deve, secondo i principi costituzionali, essere programmato attraverso meccanismi di evidenza pubblica per garantire che i funzionari pubblici non siano di parte.
Cosa succederebbe se per lo stesso principio i magistrati fossero nominati dal Ministro di grazia e giustizia e i professori universitari dal Ministro per la ricerca scientifica?.
Una società complessa presuppone una formazione dei dirigenti che non si ha certo attraverso nomine prive di ogni meccanismo di verifica delle competenze professionali, eccettuato quello del collegamento temporale del funzionario con l’amministratore.

7.      I dirigenti.


La legge sulle autonomie locali riforma le funzioni del sindaco, del presidente della provincia e della giunta in rapporto alle funzioni dei dirigenti, dando ai primi le funzioni di indirizzo politico ad ai secondi le funzioni amministrative.
L'art. 107, D.L.vo 267/2000, precisa i compiti dei dirigenti.
Ad essi sono attribuiti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dall'organo politico, tra i quali, in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente:
a) la presidenza delle commissioni di gara e di concorso. La giurisprudenza ha precisato che
è annullabile per difetto di incompetenza la delibera giuntale di approvazione degli atti della gara per l'aggiudicazione dell'appalto pubblico di lavori, neppure nella forma surrettizia della cd. proposta di deliberazione del Sindaco, trattandosi di atto di amministrazione attiva riservato, ai sensi dell'art. 107 del D. lg. 18 agosto 2000, n. 267, ai dirigenti. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 13 marzo 2007, n. 177;
b) la responsabilità delle procedure d'appalto e di concorso;
c) la stipulazione dei contratti;
d) gli atti di gestione finanziaria, ivi compresa l'assunzione di impegni di spesa;
e) gli atti di amministrazione e gestione del personale;
f) i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e i permessi di costruire.
Ogni previsione della l. n. 47 del 1985 relativa alla competenza del sindaco in materia edilizia deve ritenersi implicitamente abrogata, dal momento che tutti i provvedimenti di gestione amministrativa in materia edilizia ed urbanistica, compreso quindi il rigetto di una richiesta di concessione edilizia in sanatoria o di condono, rientrano ora nella sfera di competenza del dirigente. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 12 febbraio 2007, n. 1193, in Foro amm. TAR, 2007, 2, 634.
Rientra, inoltre, nella competenza del dirigente e non del sindaco l'adozione degli atti di annullamento e di decadenza dell'assegnazione di un alloggio di edilizia economica e popolare. T.A.R. Abruzzo Pescara, 15 dicembre 2006, n. 885;
g) tutti provvedimenti di sospensione lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale nonché i poteri di repressione dell’abusivismo edilizio e paesaggistico ambientale. La giurisprudenza ha precisato che il sindaco non è titolare di alcuna competenza ad emettere provvedimenti nell'esercizio di poteri repressivi in materia edilizia che, infatti, sono espressamente riservati alla competenza gestionale dei dirigenti.
Rimangono al sindaco funzioni attribuite da leggi specifiche, fra le quali rientrano quelle in materia di fruibilità di strade e volte ad ordinare la riduzione in pristino di situazioni che alterino lo stato delle cose, come previsto dall'art. 378, L. 2248 del 1865, all. f). T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 15 febbraio 2007, n. 277, in Foro amm. TAR, 2007, 2, 758.;
h) le attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autenticazioni, legalizzazioni ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di conoscenza;
i) gli atti ad essi attribuiti dallo statuto e dai regolamenti o, in base a questi, delegati dal sindaco.


8.      Le aree metropolitane.


L’art. 17 della L. 142/1990 e mod. ha previsto la costituzione di aree metropolitane nei comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari e Napoli; la funzione è stata attribuita alle regioni.
L’istituto si differenzia dal consorzio di comuni per l’obbligatorietà di costituzione attraverso una legge regionale e la preminenza attribuita al comune maggiore che presiede il consiglio.
La giunta del nuovo organismo amministra il territorio e, fra l’altro, sostituisce la provincia, sommando alle competenze di questo ente quelle nuove introdotte dall’istituto.
I comuni di gronda mantengono le loro competenze, salvo quelle di carattere sovracomunale, che sono attribuite alla città metropolitana:
Le principali competenze in materia pianificatoria viene sostanzialmente ridisegnato il contenuto di un moderno piano territoriale di coordinamento.
Sono attribuite alla città metropolitana, dall’art. 19 della L. 142/1990 le funzioni di competenza provinciale, le funzioni normalmente affidate ai comuni quando hanno precipuo carattere sovracomunale o debbono, per ragioni di economicità ed efficienza, essere svolte in forma coordinata nell'area metropolitana, nell'ambito delle seguenti materie:
a) pianificazione territoriale
b) reti infrastrutturali e servizi a rete;
c) piani di traffico intercomunali;
d) tutela e valorizzazione dell’ambiente e rilevamento dell’inquinamento atmosferico;
e) interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica;
f) raccolta, distribuzione e depurazione del acque;
g) smaltimento dei rifiuti;
h) grande distribuzione commerciale;
i) attività culturali;
l) orari degli esercizi commerciali.
La regione deve individuare le singole competenze e ripartirle fra gli organi dell’area con propria legge, oltre che riordinare le circoscrizioni territoriali nell’area.
In carenza di iniziative regionali sono previsti poteri sostitutivi del governo, che finora, per ovvie ragioni di rispetto dell’autonomia regionale, non sono stati esercitati.



9.      Le modifiche al sistema di controllo sugli atti del comune e della provincia.


Il controllo di legittimità sugli atti delle regioni e degli enti locali è stato eliminato in via di principio con La legge costituzionale 3/2001. T. ROMEI, Il Comitato Regionale di Controllo e la fase transitoria a seguito della legge costituzionale n. 3/2001, in Nuova Rass., 2001, n.22, 2269.
Successivamente le regioni hanno provveduto ad abrogare le norme che disciplinavano i Comitati regionali di controllo.
In tal modo il legislatore riconosce l’autonomia agli enti locali, ponendosi nella prospettiva della realizzazione di un modello di Stato in senso federale.
L’art. 127, del D.L.vo 267/2000 attribuisce al difensore civico comunale e provinciale, dalla data di rispettiva istituzione, il controllo eventuale di legittimità, sollecitato dalle minoranze, sugli atti della giunta in materia di appalti e affidamento di servizi o forniture di importo superiore alla soglia di rilievo comunitario e di assunzione del personale, di piante organiche e relative variazioni.

10.  Il controllo sugli organi.


Il controllo sugli organi degli enti locali è attribuito allo Stato che lo esercita attraverso un procedimento amministrativo, demandato al decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministero dell'Interno; di norma il decreto fa riferimento per relationem ai motivi.
La procedura di scioglimento è attribuita al prefetto che si avvale del potere ispettivo riconosciutogli dall'art. 38 comma 5 della L. 142/1990 e dall'art. 19 comma 4 del R.D. 383/1934.
Non è previsto l'intervento della regione in tale procedimento. La regione ha intessesse a partecipare al procedimento ai sensi della L. 241/190 sull'accesso al procedimento amministrativo.
Le ipotesi sono tassativamente previste dall'art. 39 nei seguenti casi:
a) Compimento di atti contrari alla Costituzione. L'ipotesi, che finora non è ancora in pratica configurata, prevede il rifiuto da parte del consiglio dei principi fondamentali; si pensi ad un consiglio che non voglia riconoscere l'unità della repubblica italiana, in tal caso non è necessaria la previa diffida per addivenire allo scioglimento.
b) quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organo e dei servizi.
Le ipotesi sono tassativamente previste dall’art. 141, comma 1, del D. L.vo 18 agosto 2000, n. 267.
Impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del Presidente della provincia. Il sistema di elezione diretta del sindaco e del Presidente dell'amministrazione provinciale, disposto dalla L. 81/1993, presuppone un rapporto insostituibile fra i cittadini ed i vertici delle amministrazioni locali; ove questi non possano, per qualsiasi motivo, portare a termine il mandato loro attribuito si deve procedere allo scioglimento del consiglio per indire nuove elezioni.
Dimissioni del sindaco od del presidente della provincia la medesima soluzione è sancita nel caso di dimissioni, ad esempio, per candidarsi ad altro incarico incompatibile con la carica.
Cessazione dalla carica per dimissioni di almeno la metà più uno dei consiglieri dei consiglieri. In tale ipotesi, in attesa del decreto di scioglimento del Presidente della Repubblica, il prefetto può procedere alla sospensione del consiglio e alla nomina del commissario. Se non vi è contestualità nelle dimissioni è ammessa la surrogazione dei consiglieri dimissionari.
Riduzione dell’organico assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio.
Mancata approvazione del bilancio. Il bilancio di previsione per l'anno successivo deve essere approvato entro il 31 dicembre, ai sensi dell'art. 151, del D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267.
La giunta deve approvare il relativo schema; in carenza il comitato di controllo nomina il commissario ad acta che predispone l'elaborato per sottoporlo al consiglio. Successivamente il comitato assegna al consiglio un termine di venti giorni per l'approvazione, con diffida notificata ai singoli consiglieri; in carenza viene nominato il commissario che approva il bilancio.
Il provvedimento sostitutivo viene comunicato al prefetto che inizia la procedura di scioglimento, ex art. 141, del D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267.
Scioglimento per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso. Tale fattispecie è prevista dall’art. 143, del D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, quando emergono elementi su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi, che compromettano la libera determinazione degli organi elettivi ed il buon andamento delle amministrazioni.
L'iter è iniziato dal prefetto, lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'Interno e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.
Mancata approvazione degli strumenti urbanistici. Tale fattispecie è stata introdotta dall'art. 4 del D.L. 495/1996, che peraltro non è stato convertito in legge e pertanto non è tuttora vigente.
Il decreto di scioglimento può essere impugnato alla giustizia amministrativa per motivi di legittimità dai singoli consiglieri facenti parte del consiglio ora sciolto, ma non dal consiglio, che dopo il decreto ha perduto la sua personalità giuridica, né dai cittadini, carenti all'interesse all'impugnativa, né dall'amministrazione regionale.



11.  Gli altri enti pubblici. Le autorità amministrative indipendenti.


Le autorità amministrative indipendenti sono istituite dal legislatore al fine di governare determinati settori di servizi prima affidati all’amministrazione. Il fenomeno è del tutto differente da quello della cosiddetta amministrazione per enti pubblici dove gli enti erano direttamente dipendenti dall’amministrazione statale e, in particolare, avevano il controllo diretto o indiretto da parte dei ministeri.
Le autorità amministrative indipendenti sono, infatti, totalmente svincolate da ogni rapporto con l’organizzazione ministeriale.
Il fenomeno ha incontrato un indubbio successo visto il proliferare di tali autorità.
Non esiste una legge generale che disciplini le caratteristiche fondamentali di dette autorità perché questi enti non costituiscono una categoria omogenea; si può solo evidenziare una caratteristica negativa ossia che esse non sono organi dell’amministrazione statale.
Le Autorità esercitano dei poteri regolatori nell’ambito delle competenze ad esse attribuite che sono poste al di fuori della tradizionale tripartizione dei poteri e al di fuori del circuito di responsabilità delineato dall'art. 95 della Costituzione.
Detto potere deve essere supportato da un procedimento partecipativo, inteso come strumento della partecipazione dei soggetti interessati sostitutivo della dialettica propria delle strutture rappresentative.
In assenza di responsabilità e di soggezione nei confronti del Governo, l'indipendenza e neutralità delle Autorità può trovare un fondamento dal basso, a condizione che siano assicurate le garanzie del giusto procedimento e che il controllo avvenga poi in sede giurisdizionale.
Non è pensabile che l'attività di regulation sia svolta senza la necessaria partecipazione al procedimento dei soggetti interessati: nei settori regolati dalle Autorità, in assenza di un sistema completo e preciso di regole di comportamento con obblighi e divieti fissati dal legislatore, la caduta del valore della legalità sostanziale deve essere compensata, almeno in parte, con un rafforzamento della legalità procedurale, sotto forma di garanzie del contraddittorio.
La dottrina ha sottolineato che si instaura una correlazione inversa tra legalità sostanziale e legalità procedurale: quanto meno è garantita la prima, per effetto dell'attribuzione alle Autorità indipendenti di poteri normativi e amministrativi non compiutamente definiti, tanto maggiore è l'esigenza di potenziare le forme di coinvolgimento di tutti i soggetti interessati nel procedimento finalizzato all'assunzione di decisioni che hanno un impatto rilevante sull'assetto del mercato e sugli operatori. F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, 2004, 858.
La giurisprudenza esige che l'attività di regolazione sia preceduta dalla consultazione preventiva, volta a raccogliere il contributo informativo e valutativo dei soggetti interessati. Consiglio Stato, sez. VI, 27 dicembre 2006, n. 7972, in Foro amm. CDS, 2006, 12 3398
In altri casi all’autorità compete un potere di controllo destinato a sfociare solo in relazioni periodiche al governo e al Parlamento, come l’autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, prevista dalla L. 109/1994.
Il potere di controllo può essere preliminare e, come tale, condizionante l’esercizio successivo della Corte dei Conti, come l’autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione, di cui alla L. 12 febbraio 1993, n. 39.


12.  Classificazione. Le autorità trasversali. Le autorità di settore.


La dottrina classifica le autorità amministrative indipendenti in rapporto alle loro competenze in autorità trasversali e autorità di settore.
Le autorità trasversali sono preposte ad un determinata materia con caratteri di generalità come la commissione di garanzia dell’attuazione del diritto di sciopero e l’autorità per la concorrenza ed il mercato disposte dalla L. 10 ottobre 1990, n. 287, che verifica il rispetto delle regole concorrenziali alla legislazione italiana e a quella comunitaria in ogni ambito economico.
La commissione di garanzia dell’attuazione del diritto di sciopero è stata istituita dalla L. 12 giugno 1990, n. 146.
La commissione è preposta per realizzare tentativi di conciliazione tesi a comporre eventuali conflitti sociali che possono sfociare in manifestazioni di sciopero.
La regolamentazione dello sciopero e delle sue modalità, a salvaguardia dei servizi essenziali, è disposta attraverso una ordinanza, ai sensi dell'art. 8, comma 2 della L. 12 giugno 1990, n. 146.
Le autorità di settore operano, invece, in un ambito circoscritto al fine di regolare e vigilare una determinata attività, come l’autorità per la radiodiffusione e l’editoria disposta dalla L. 6 agosto 1990, n. 223, l’autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione disposta dalla L. 12 febbraio 1993, n. 39, l’autorità per i servizi di pubblica utilità disposta dalla L. 14 novembre 1995, n. 481, l’autorità per il trattamento dei dati personali disposta dalla L. 31 dicembre 1996, n. 675, l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni disposta dalla L. 31 luglio 1997, n. 249.
La L. 6 agosto 1990, n. 223 affida al Garante per la radiodiffusione e l’editoria poteri di programmazione, autorizzazione e controllo sulle imprese radiotelevisive ed editoriali.
L’art. 31 della L. 6 agosto 1990, n. 223 affida al Garante e al Ministro delle poste e telecomunicazioni funzioni sanzionatorie. Per le sanzioni amministrative si applica la L. 24 novembre 1981, n. 689, vedi voce Sanzioni amministrative, par. 2.
Contro i provvedimenti di revoca della concessione è, evidentemente, ammesso ricorso al giudice amministrativo.
La giurisprudenza ha precisato, infatti, che il privato, che gestisca un'emittente via etere di programmi radiotelevisivi in ambito locale, deve adire la giurisdizione amministrativa e non quella ordinaria, qualora insorga contro il provvedimento di chiusura del suo impianto. Cass. civ., sez. un., 7 maggio 1996, n. 4219, in Giust. civ. Mass., 1996, 679.
La autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione è costituita dalla L. 12 febbraio 1993, n. 39.
L’autorità ha, da un lato, funzioni di consulenza tecnica in materia di pianificazione, progettazione, realizzazione, gestione e mantenimento dei sistemi informativi automatizzati delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 7 della L. 12 febbraio 1993 n. 39, dall’altro ha funzione consultiva obbligatoria sugli schemi di contratto concernenti l’acquisizione di beni e servizi relativi ai sistemi informativi automatizzati, salvo il controllo successivo della Corte dei Conti cui l’autorità deve conformarsi, ai sensi dell’art. 14 della L. 12 febbraio 1993, n. 39.
I provvedimenti adottati dall’autorità hanno sostanzialmente natura di atti preparatori che possono essere impugnati coll’atto che li recepisce secondo le regole generali. Sono, pertanto, impugnabili dinanzi al giudice amministrativo gli atti che si riferiscono alla gara di appalto.
La L. 14 novembre 1995, n. 481 istituisce le autorità competenti per i servizi di pubblica utilità rispettivamente per l’energia elettrica il gas e per le telecomunicazioni.
L’autorità ha, fra l’altro, il compito di formulare proposte al governo sui servizi da assoggettare a regime di concessione o autorizzazione, stabilisce le tariffe, controlla lo svolgimento dei servizi con poteri di ispezione, accesso e acquisizione della documentazione, assicura la più ampia pubblicità delle condizioni dei servizi.
I provvedimenti adottati dall’autorità hanno natura amministrativa e sono, pertanto, impugnabili dinanzi al giudice amministrativo, ove ha sede l’autorità che ha giurisdizione esclusiva, ai sensi dell’art. 2, comma 25, della L. 14 novembre 1995, n. 481
La giurisprudenza ha precisato che i provvedimenti recanti nuovi criteri applicativi delle tariffe elettriche restano in vigore, ancorché anteriormente emanati, sino alla rideterminazione delle tariffe predette da parte dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, ai sensi della L. 14 novembre 1995, n. 481, art. 2, comma 12. Cons. Stato, sez. VI, 20 giugno 1997, n. 943, in Foro amm., 1997, 1692.

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