mercoledì 20 giugno 2012

D.A. 42 CAPITOLO IL PROCESSO


42 CAPITOLO
IL PROCESSO



1           L’azione di annullamento.


Il processo amministrativo risulta caratterizzato dal primato dell’interesse pubblico ed il privato  ha una posizione giuridica limitata al controllo della legittimità dell’esercizio del potere da parte della pubblica amministrazione. CENTOFANTI N.,  CENTOFANTI P. e FAVAGROSSA M. , Formulario del diritto amministrativo 2012, 158.La dottrina ha contribuito a superare la limitazione del contenuto dell’azione del privato di fronte alla pubblica amministrazione  assicurando una tutela sempre più piena ed efficace . il legislatore ha, quindi, progressivamente aumentato le azioni a tutela del ricorrente. A fronte all’azione costitutiva di annullamento si è configurata l’azione di condanna e l’azione di accertamento in particolare contro il silenzio dell’amministrazione  oltre alle azioni sommarie , cautelari e esecutive. L’art. 29, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104,  cod. proc. amm.,  disciplina l’azione di annullamento nei confronti dell’atto amministrativo illegittimo riproponendo i classici vizi di illegittimità: per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere.
L’azione si deve proporre nel termine di decadenza di sessanta giorni.
La giurisprudenza ha precisato che i terzi, che ritengano di essere pregiudicati dall'effettuazione di una attività edilizia assentita in modo implicito, possono agire innanzi al giudice amministrativo per chiedere l'annullamento del titolo abilitativo formatosi per il decorso del termine fissato dalla legge entro cui l'Amministrazione può impedire gli effetti della d.i.a. Consiglio Stato , sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 72.



2           L’azione di condanna al risarcimento del danno.


L’art. 30,  D.L.vo  cod. proc. amm.,  dispone che l'azione di condanna può essere proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva, anche in via autonoma.
La giurisprudenza ritiene necessaria ai fini dell'ammissibilità dell'azione di risarcimento danni proposta dinanzi al giudice amministrativo, l'accertamento dell'illegittimità del provvedimento, dal quale deriva la lesione in capo al soggetto titolare dell'interesse legittimo, costituisce presupposto necessario affinché si configuri una responsabilità dell'apparato amministrativo procedente.
L'interessato deve fornire la prova dell'esistenza di un danno e del nesso di causalità diretta tra l'evento dannoso e l'operato dell'Amministrazione .
L'imputazione dell'elemento dannoso a titolo di dolo o colpa della Pubblica amministrazione è da ritenersi sussistente nell'ipotesi in cui l'adozione della determinazione illegittima, che apporti lesione all'interesse del soggetto, si sia verificata in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione ovvero quando l'azione dell'Amministrazione sia caratterizzata da negligenza nell'interpretare ed applicare la vigente normativa. Consiglio Stato , sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1038
Può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto di natura patrimoniale derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva può altresì essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi . Sussistendo i presupposti previsti dall'articolo 2058 del codice civile, può essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica.
L’art. 30,  D.L.vo  cod. proc. amm.,   fissa un termine di decadenza per la proposizione dell’azione di risarcimento per lesione di interessi legittimi.
Essa deve essere proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo.
La dottrina nota come il legislatore delegato tenti di restringere il processo amministrativo nello schema tradizionale del giudizio dia annullamento.
Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l’uso degli strumenti di tutela.
Per il risarcimento dell'eventuale danno patrimoniale che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine entro cui proporre l’azione non decorre fintanto che perdura l'inadempimento.
Il termine per l’impugnazione inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere.
Nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.
Dell'azione di condanna conosce esclusivamente il giudice amministrativo .
Di ogni domanda di condanna al risarcimento di danni per lesioni di interessi legittimi o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi conosce esclusivamente il giudice amministrativo
La dottrina si chiede se l‘azione di condanna non abbia un ambito più vasto di quello rappresentato dall’art. 30, D.L.vo  2 luglio 2010, n.104,  ricomprendendo anche la condanna ad un facere come quando si procede contro il silenzio della p.a. 

3           L’azione di accertamento.


L’art. 31, D.L.vo  2 luglio 2010, n.104, disciplina due azioni di accertamento quella avverso il silenzio e quella per l’accertamento della nullità dell’atto amministrativo.
L’azione relativa al silenzio della pubblica amministrazione sulla domanda di provvedere è esaminata nella sez. VII.
La domanda volta all’accertamento delle nullità previste dall’art. 21-septies, L. 241/1990. La norma dichiara che è  nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge.
La  domanda si propone entro il termine di decadenza di centottanta giorni. La decadenza non si applica alle nullità degli in violazione od in elusione del giudicato, di cui all’articolo 114, comma 4, lettera b), D.L.vo  2 luglio 2010, n.104.
La nullità dell’atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere rilevata d’ufficio dal giudice.
La dottrina rileva che la giurisprudenza ha aperto la strada al principio della atipicità delle azioni tipico del processo civile per cui le azioni di accertamento non possono considerarsi rigidamente fissate dal legislatore.
La giurisprudenza riconosce nel processo amministrativo l'azione di accertamento del diritto all'adozione del provvedimento finale. Essa è ammissibile solo quando da parte dell'istante venga fatta valere una posizione di diritto soggettivo e sussista la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 19 gennaio 2010, n. 194.
E’ di accertamento l'azione proponibile avverso la D.I.A. da parte di terzi, che siano controinteressati all'intervento che si rende operativo dopo il prescritto termine di legge e che deducano che le opere progettate non siano conformi alla normativa urbanistica.
La verifica affidata al giudice amministrativo non può che concernere i presupposti in fatto e in diritto del provvedimento. L'azione promossa dal terzo introduce un giudizio di cognizione, nel quadro di un'attività amministrativa strettamente vincolata, volto ad ottenere l'accertamento dell'assunto illecito edilizio. T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, sez. I, 17 dicembre 2009, n. 310
Per la giurisprudenza l'effettività della tutela deve essere assicurata al terzo mediante strumenti diversi dall'azione di annullamento, che siano perfettamente compatibili con la natura privatistica della d.i.a. Tale strumento di tutela non può, allora, che essere identificato nell'azione di accertamento autonomo che il terzo può esperire innanzi al giudice amministrativo per sentire pronunciare che non sussistevano i presupposti per svolgere l'attività sulla base di una semplice denuncia di inizio di attività. Emanata la sentenza di accertamento, graverà sull'Amministrazione l'obbligo di ordinare la rimozione degli effetti della condotta posta in essere dal privato, sulla base dei presupposti che il giudice ha ritenuto mancanti. Cons. Stato , sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717

 

4            Il ricorso giurisdizionale


Il giudizio amministrativo non si instaura, come il giudizio civile, con una citazione a comparire ad udienza fissa avente data fissa, ma con un ricorso al giudice purché provveda ad annullare il provvedimento impugnato (BENVENUTI).
Gli effetti sostanziali non cambiano, anche se proceduralmente si attribuisce al giudice un più esteso potere, almeno teorico, in ordine all'istruttoria con la possibilità di richiedere direttamente alla amministrazione documentazioni e certificazioni.
L’art. 40, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104cod. proc. amm.,  precisa il ricorso deve contenere:
a) gli elementi identificativi del ricorrente, del suo difensore e delle parti nei cui confronti il ricorso è proposto. E' ammesso il ricorso collettivo di più ricorrenti avverso uno stesso provvedimento purché gli interessi dei ricorrenti al ricorso non siano in contrasto tra loro; ed il ricorso cumulativo contro più provvedimenti tra di loro connessi;.
b) l'indicazione dell'oggetto della domanda, ivi compreso l'atto o il provvedimento eventualmente impugnato, e la data della sua notificazione, comunicazione o comunque della sua conoscenza. Nel caso di ricorso contro il silenzio rifiuto si devono indicare gli estremi dell'atto di diffida. Si può anche ricorrere contro un comportamento dell'amministrazione per ottenere una sentenza di accertamento in tal caso non vi è alcun provvedimento oggetto di impugnazione ma vi è un’azione di accertamento dell’inesistenza dei presupposti come ad esempio, nel caso di denuncia di inizio di attività;
c) l'esposizione sommaria dei fatti, i motivi specifici su cui si fonda il ricorso, l'indicazione dei mezzi di prova e dei provvedimenti chiesti al giudice.
Il fatto ha una grossa rilevanza per identificare la successione degli avvenimenti che costituiscono il presupposto del provvedimento.
Essi possono costituire eventuali vizi di legittimità come ad esempio il travisamento dei fatti su cui si fonda la motivazione del provvedimento.
Sostanziale per l'impugnativa e' l'indicazione dei motivi che devono essere portati a sostegno del ricorso.
Non sono ammessi motivi nuovi se non nei termini di proposizione del ricorso a riconferma del principio di decadenza del termine di presentazione del ricorso.
Motivi aggiunti possono essere prodotti solo se sopravvengono nuovi fatti, successivamente all'atto impugnato, ovvero se vengono prodotti nuovi documenti.
Essi devono essere fatti valere con apposito atto notificato alle controparti.
d) la sottoscrizione del ricorrente, se essa sta in giudizio personalmente, oppure del difensore, con indicazione, in questo caso, della procura speciale.
 L'indicazione del tribunale adito non è indicata tassativamente come requisito obbligatorio del ricorso.
La carenza di questi elementi ovvero l'incertezza assoluta della persona del ricorrente o dell'oggetto della domanda provocano la nullità del ricorso.
Il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o l'indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di volere ricevere la comunicazione, ex art. 176, modificato dall'art. 2 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, conv. L. 80/2005.
L’obbligo è ribadito dall’art. 136, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104cod. proc. amm., che impone ai difensori costituiti di fornire copia in via informatica di tutti gli atti di parte depositati e, ove possibile, dei documenti prodotti e di ogni altro atto di causa. Il difensore attesta la conformità tra il contenuto del documento in formato elettronico e quello cartaceo. Il deposito del materiale informatico, ove non sia effettuato unitamente a quello cartaceo, è eseguito su richiesta della segreteria e nel termine da questa assegnato, esclusa ogni decadenza.
L’art. 5, D.L.vo  cod. proc. amm. all. 2,  obbliga ciascuna parte, all’atto della propria costituzione in giudizio, a consegnare  il proprio fascicolo, contenente gli originali degli atti ed i documenti di cui intende avvalersi nonché il relativo indice.
Gli atti devono essere depositati in numero di copie corrispondente ai componenti del collegio e alle altre parti costituite. Il segretario deve rifiutare il fascicolo di parte e i depositi successivi che non contengano le copie degli atti previsti.


5            Il contributo unificato nel D.P.R. 115/2002.


L’art. 9 della L. 23 dicembre 1999, n. 488, sostituisce il sistema precedente basato sulle imposte di bollo, le tasse ed i diritti di segreteria, istituendo un contributo unificato di iscrizione a ruolo secondo la tabella riportata in calce alla stessa legge.
Il valore della domanda, determinato in base all’ex art. 10 e segg. c.p.c., deve essere espresso in un’apposita dichiarazione, resa nell’atto introduttivo o nell’atto di precetto, ai sensi del comma 5 dello stesso art. 9.
Le modalità di determinazione del contributo sono disciplinate dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Se il valore della causa è indeterminabile la normativa stabilisce un contributo di euro 340, ex art. 13, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, mod. L. 311/204.
In tutti gli altri casi il valore della causa deve essere dichiarato e a questo è ragguagliato il contributo relativo, unificato in relazione allo scaglione di riferimento.
Il pagamento deve essere effettuato prima dell’atto di deposito dei fascicoli per l’iscrizione a ruolo della causa; ne sono escluse le parti civili nel processo penale.
Per l’atto di precetto si pone il problema solo quando esso non riguardi il pagamento somme.
Qualora la domanda sia modificata in modo da aumentarne il valore, il convenuto deve dichiararlo e procedere al pagamento integrativo secondo le tabelle.
In questo modo si elimina il cosiddetto valore indeterminato, dato che si potrà sempre integrare successivamente un’eventuale differenza del valore espresso nella dichiarazione iniziale.
L’art. 13, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, prevede una tabella riguardante le spese per gli atti giudiziari, abolendo tutti gli oneri attuali.
La tabella, in particolare, per quanto inerisce ai procedimenti civili, penali ed amministrativi e, inoltre, per le materie tavolari, le procedure concorsuali e di volontaria giurisdizione, elimina le carte bollate e le relative marche, la tassa di iscrizione a ruolo, i diritti di cancelleria e di chiamata dell’ufficiale giudiziario.
Essa è suddivisa a scaglioni di valore delle cause, seguendo i criteri adottati per le tariffe professionali forensi.
Detto articolo prevede che il contributo sia commisurato non in funzione del valore del ricorso ma bensì in rapporto al suo contenuto.
Per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato il contributo dovuto è di euro 500 a prescindere del valore della causa. Si tratta di un contributo cosiddetto ordinario che si applica ove non siano previsti particolari esenzioni.
Il contributo è ridotto alla metà per i processi speciali previsti nel libro IV, titolo I, del codice di procedura civile, compreso il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, ex art. 13, comma 3, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Per i ricorsi contro il silenzio, per quelli contro il diniego di accesso, per i ricorsi aventi ad oggetto il diritto di cittadinanza, di residenza, di soggiorno e di ingresso nel territorio dello Stato e per i ricorsi di esecuzione della sentenza o di ottemperanza del giudicato il contributo dovuto è di euro 250.

6            La notifica        


Le domande si introducono con ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.
Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge, ex art. 41, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104cod. proc. amm.,
L’azione di annullamento si deve avviare nel termine di decadenza di sessanta giorni, ex art. 29, D.L.vo  cod. proc. amm.
L’azione di risarcimento, se non proposta contestualmente alla azione di annullamento, può essere iniziata sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza, ex art. 30, D.L.vo  cod. proc. amm.
L'azione contro il silenzio della p.a. può essere proposta fintanto che perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento, ex art. 31, D.L.vo  cod. proc. amm.
Rimane l’obbligo di integrare tali notifiche con ulteriori notifiche agli altri controinteressati prescritte dal tribunale amministrativo regionale.
La notificazione dei ricorsi nei confronti delle amministrazioni dello Stato è effettuata secondo le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse.
Qualora la notifica debba essere effettuata nei confronti di una amministrazione dello Stato, questa deve essere appoggiata presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato.
L'Avvocatura generale dello Stato con sede in Roma Via dei Portoghesi 12 provvede alla rappresentanza e difesa delle amministrazioni nei giudizi davanti alla Corte Costituzionale, alla Corte di Cassazione al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ed alle altre supreme giurisdizioni anche se amministrative ,ed ai collegi arbitrali con sede in Roma ,nonché  nei procedimenti innanzi ai collegi internazionali e comunitari.
Le Avvocature distrettuali provvedono alla rappresentanza e difesa in giudizio delle amministrazioni nelle rispettive circoscrizioni.
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7            Il controinteressato


L’art. 41, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104cod. proc. amm. dispone che qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso.
Il principio del contradditorio si realizza attraverso la notifica del ricorso alla amministrazione che ha emanato l'atto e a coloro ai quali l'atto direttamente si riferisce, ovvero almeno ad uno di essi.
La giurisprudenza riconosce la qualità di controinteressato in senso tecnico a coloro che, da un lato, siano portatori di un interesse qualificato alla conservazione del provvedimento impugnato, di natura eguale e contraria a quello del ricorrente (c.d. elemento sostanziale), e, dall'altro lato, siano nominativamente indicati nel provvedimento stesso o comunque siano agevolmente individuabili in base ad esso (c.d. elemento formale). T.A.R. Liguria, sez. I, 18 settembre 2003, n. 1026, in Foro amm. TAR, 2003, 2577.
Conseguentemente il ricorso proposto avverso il provvedimento di diniego di un'autorizzazione amministrativa non deve essere notificato ad alcun controinteressato in quanto l'atto emanato lascia inalterata la situazione antecedente e, quindi, i soggetti controinteressati non possono essere individuati neanche tra coloro che operano nel settore nell'ambito del quale era stata chiesta l'autorizzazione. T.A.R. Basilicata, 22 dicembre 2003, n. 1053.
Chi ha interesse all'atto, il cosiddetto controinteressato, deve avere la possibilità di costituirsi in giudizio per far valere le sue ragioni a fianco dell'amministrazione resistente ovvero parallelamente al ricorrente per conseguire anche egli gli effetti del ricorso.


8            Il ricorso incidentale.


Il ricorso incidentale ha sostanzialmente lo scopo di rimettere in termini il controinteressato che abbia, difformemente dal ricorrente, interesse a mantenere in vita il provvedimento amministrativo impugnato, ovvero ad impugnarlo per altre parti,a seguito del ricorso principale.
E' un ricorso che ha natura accessoria rispetto a quello principale e ne segue le sorti .
Il ricorso incidentale innanzi al giudice amministrativo mira all'annullamento del medesimo provvedimento impugnato dal ricorrente principale per motivi diversi da quelli da costui dedotti, onde le censure incidentali sono tali rispetto non già ad uno, piuttosto che ad un altro dei motivi del ricorso principale, bensì a quest'ultimo nel suo complesso.
Le parti resistenti e i controinteressati possono proporre domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale, a mezzo di ricorso incidentale.
Il ricorso incidentale deve risolversi in una mera controimpugnazione su capi dipendenti o connessi con quelli contrastati in via principale, e non può avere ad oggetto doglianze autonome e indipendenti, e comunque sorrette dalla autonomia dell'interesse, poiché in tal caso è soggetto ai termini ordinari di impugnazione.  Consiglio Stato , sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8920.
Il ricorso si propone nei termine di sessanta giorni  decorrenti dalla ricevuta notificazione del ricorso principale . Per i soggetti intervenuti il termine decorre dall'effettiva conoscenza della proposizione del ricorso principale, ex art. 42, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104cod. proc. amm.
Il ricorso incidentale è notificato alle controparti personalmente o, se costituite, ai sensi dell'articolo 170 c.p.c.


9           I motivi aggiunti.


L’art. 43, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104 cod. proc. amm., riproduce l’art. 1, L. 205/2000, che  modifica sostanzialmente il modo di proporre ricorso contro tutti gli atti connessi all’oggetto del ricorso, precedentemente presentato, in pendenza del medesimo; ad esempio, se si impugna una variante di piano regolatore e, successivamente, il comune adotta un piano attuativo si porranno motivi aggiunti al ricorso principale qualora si voglia impugnare anche l’ultimo atto, con conseguente economia processuale.
La norma consente detto ricorso per motivi aggiunti sia al ricorrente principale che a quello incidentale consentendo quindi il ricorso anche a parti diverse dal ricorrente principale.
In tal caso, pur in carenza di una disposizione espressa, è necessario notificare alla amministrazione i motivi aggiunti per garantire il contraddittorio secondo una giurisprudenza più legalista del legislatore.
Tale giurisprudenza non tiene assolutamente conto dei criteri di parietarietà, che hanno ispirato il legislatore. Essi consentono all’amministrazione non solo di adottare una decisione tardiva ma impongono a pena di improcedibilità ed inammissibilità un adempimento procedurale non fissato dal legislatore, con la notifica di una memoria aggiunta su fatti nuovi, garantendo così una ulteriore ingiustificata procedura a tutela all’amministrazione inadempiente.


10       I vizi del ricorso.


L’art. 44, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104,  cod. proc. amm., dispone espressamente  i motivi di nullità del ricorso
Il ricorso è nullo:
a) se manca la sottoscrizione. La giurisprudenza ha precisato che se la parte non ha sottoscritto il ricorso, il difensore che firma in suo nome deve essere munito di procura speciale. In base alla predetta regola, quindi, il ricorso introduttivo di un giudizio amministrativo può essere proposto o mediante duplice sottoscrizione della parte e del procuratore legale, senza necessità di procura ad litem, in calce o a margine del ricorso stesso, oppure mediante sottoscrizione del ricorso da parte del solo difensore purché munito di procura ad litem. Va considerato inammissibile il ricorso giurisdizionale sottoscritto dal solo avvocato o procuratore legale, al quale la rappresentanza tecnica sia stata conferita con mandato generale ad lites e non con mandato speciale. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 14 luglio 2008, n. 1047;
b) se vi è incertezza assoluta sulle parti o sull'oggetto della domanda.
c) per nullità della notificazione. La giurisprudenza ritiene che la notificazione del ricorso deve ritenersi inesistente quando manchi del tutto ovvero sia stata effettuata in un luogo o con riguardo a persona che non abbia alcun riferimento con il destinatario della notificazione stessa, risultando a costui del tutto estranea. La notificazione è affetta da nullità, ma sanabile con effetto ex tunc con la costituzione del convenuto ovvero con la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell'ordine impartito dal giudice. Ciò è possibile quando, pur essendo eseguita la notifica mediante consegna a persona o in luogo diversi da quello stabilito dalla legge, un collegamento risulti tuttavia ravvisabile, così da rendere possibile che l'atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del destinatario. Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8970.


11        Il deposito del ricorso. L'instaurazione del giudizio.


L’art. 45, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm., dispone che il ricorso, con la prova delle avvenute notifiche, e con copia del provvedimento impugnato, ove in possesso del ricorrente, deve essere depositato nella segreteria del tribunale amministrativo regionale, entro trenta giorni dall'ultima notifica.
Il termine è perentorio, la sua inosservanza provoca la improcedibilità del ricorso.
E’ fatta salva la facoltà della parte di effettuare il deposito dell'atto, anche se non ancora pervenuto al destinatario, sin dal momento in cui la notificazione del ricorso si perfeziona per il notificante.
La parte che si avvale della facoltà di depositare anticipatamente alla avvenuta notifica il ricorso è tenuta a depositare la documentazione comprovante la data in cui la notificazione si è perfezionata anche per il destinatario. In assenza di tale prova le domande introdotte con l'atto non possono essere esaminate.
La giurisprudenza ha precisato che il mancato deposito dell'avviso di ricevimento qualifica come inesistente la notificazione e ciò preclude che possa o debba procedersi alla sua rinnovazione ai sensi dell'art. 291, primo comma, c.p.c. atteso che la produzione ed allegazione dell'avviso di ricevimento della notifica del ricorso è atto che rientra nella piena disponibilità della parte istante; il ricorrente può porre in essere ogni iniziativa di verifica prima che la causa sia trattenuta per la decisione ottenendo, eventualmente, il rilascio di duplicato in caso di smarrimento. Cons. Stato , sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2697.


12        L’istruttoria.


Il processo amministrativo è soggetto, rispetto a quello civile, ad una limitazione di mezzi di prova connessa alle peculiarità del rito.
La limitazione dell'onere probatorio che governa il processo amministrativo si fonda sulla naturale ineguaglianza delle parti, privato e p.a., e quindi sul generale possesso dei documenti da parte dei pubblici uffici che resistono in giudizio. T.A.R. Liguria, sez. I, 18 dicembre 2004, n. 1721.
Il D.L.vo 104/2010,  prevede un potenziamento dei mezzi probatori nell’ambito del processo amministrativo nelle controversie amministrative, con eccezione delle sole prove legali quali la confessione ed il giuramento.
La preclusione delle prove legali è tradizionalmente giustificata dalla indisponibilità dell’interesse pubblico. Tale limitazione appare non del tutto giustificata qualora la pubblica amministrazione incontri delle posizioni di diritto soggettivo.
La dottrina rileva che la confessione ed il giuramento presuppongono che il giudice amministrativo sia inibito di estendere la propria conoscenza dei fatti oltre tali atti di disposizione operanti dalla parte, in contraddizione con al libertà di movimento che il metodo acquisitivo lascia al giudice amministrativo. F. BENVENUTI, L’istruttoria nel processo amministrativo, 1953, 348.
Sono le parti che debbono introdurre i fatti necessari a fondare le loro ragioni e non il giudice che ha l'obbligo di giudicare secondo quanto provato e prodotto dalle parti.
All'onere del ricorrente di affermare i fatti su cui si fonda la sua pretesa non corrisponde l'onere di provarli per cui sussiste un potere acquisitivo del giudice dei mezzi di prova.
Il principio dispositivo subisce importanti deroghe in quanto al giudice sono attribuiti importanti poteri istruttori L. R. PERFETTI,  Corso di diritto amministrativo, 2006, 536.
Viene trasferito dalla parte al giudice il potere di disporre dei fatti introdotti nel ricorso; la parte ha solo il compito di introdurli.

13        Le prove.


La giurisprudenza ha riconosciuto che nel giudizio amministrativo vige il generale principio processualistico di cui all'art. 2697 c.c., in base al quale incombe sulla parte attrice l'onere di indicare e dimostrare specificamente i fatti posti a fondamento della pretesa azionata. Se è vero che tale principio subisce un'attenuazione nell'ipotesi in cui il giudizio verta su interessi legittimi, per effetto della intermediazione del provvedimento amministrativo, esso trova piena applicazione in sede di giurisdizione esclusiva, allorché gli elementi di prova della fondatezza della domanda giudiziale siano nella disponibilità della parte, anche mediante il procedimento di accesso alla documentazione amministrativa. L'omessa specificazione dei fatti che connotano la posizione del ricorrente, in relazione alla pretesa che lo stesso intende far valere, preclude al giudice amministrativo di entrare nel merito della domanda. Tale mancanza non può essere superata mediante incombenti da porre a carico dell'Amministrazione non avendo il giudice il potere di sopperire all'inerzia della parte onerata. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 26 gennaio 2010, n. 963.   
Il metodo acquisitivo è ribadito dall’art. 63, D.L.vo 104/2010, che, da una parte riconosce che l'onere della prova a carico delle parti e dall’altra dispone che il giudice possa chiedere anche d'ufficio chiarimenti o documenti, possa ordinare a terzi di esibire in giudizio i documenti o quanto altro ritenga necessario e possa altresì disporre l'ispezione ai sensi dell'art. 118 c.p.c.
Spetta alle parti l'onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni.
L’art. 63, D.L.vo 104/2010,  sembra confermare la tendenza giurisprudenziale che non consente al collegio di ammettere l'esame testimoniale di altri soggetti - non richiesto dalla parte - attesi i perduranti e non giustificati limiti istruttori che riguardano la giurisdizione generale di legittimità e che dunque inibiscono l'ingresso alla testimonianza nel giudizio amministrativo quale mezzo di prova quando vengono in gioco interessi legittimi. T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 7 febbraio 2007, n. 328.
La prova testimoniale può essere ammessa solo su istanza di parte.  Essa è sempre assunta in forma scritta ai sensi del codice di procedura civile.
La giurisprudenza precedente ha posto una notevole preclusione alla ammissione della prova testimoniale che non può essere assunta in sede di processo amministrativo. Cons. St., sez. V, 4 febbraio 2004, n. 350, in Com. It., 2004, f. 4, 96.
Nel giudizio amministrativo di legittimità non è ammessa la prova testimoniale ed a maggior ragione è inammissibile la testimonianza scritta, formata senza le garanzie del contraddittorio imposte dal codice di procedura civile. Cons. St., sez. IV, 10 giugno 2004, n. 3772, in Foro amm. Cons. St., 2004, 1669.
Il giudice amministrativo può  disporre anche la consulenza tecnica d’ufficio.
La normativa esprime la regola che, al di fuori di ogni ipotesi in cui si tratti di valutare il perseguimento del pubblico interesse e di attuare, quindi, discrezionalmente la subordinazione degli interessi dei privati a quello pubblico indicato da una norma, la valutazione dei fatti e dei presupposti dell'azione dell'amministrazione ben può essere riprodotta nel processo a mezzo di consulenza tecnica d'ufficio. T.A.R. Lombardia, sez. III, Milano, 30 giugno 1999, Ord. n. 204, in Riv. giur. ed., 1999, I, 1159.
L’art. 63, D.L.vo 104/2010,limita l’utilizzo della consulenza tecnica d’ufficio solo ai casi essa sia ritenuta indispensabile dal giudice . Come nota la dottrina essa non è utilizzabile per il solo fatto che dia intermini di principio, maggiori garanzie di terzietà.
L’art. 67, D.L.vo cod. proc. amm., regola le modalità per l’assunzione della consulenza tecnica d'ufficio
Con l'ordinanza con cui dispone la consulenza tecnica d'ufficio, il collegio nomina il consulente, formula i quesiti e fissa il termine entro cui il consulente incaricato deve comparire dinanzi al magistrato a tal fine delegato per assumere l'incarico e prestare giuramento.
L'ordinanza è comunicata al consulente tecnico a cura della segreteria.
Le eventuali istanze di astensione e ricusazione del consulente sono proposte, a pena di decadenza, entro lo stesso  termine dato dal giudice per l’accettazione della nomina  e sono decise dal presidente o dal magistrato delegato con decreto non impugnabile.
Il collegio con ordinanza dispone i successivi incombenti quali, fra l’altro,  la corresponsione al consulente tecnico di un anticipo sul suo compenso; la nomina  di consulenti tecnici delle parti; la trasmissione, ad opera del consulente tecnico d'ufficio.

14       La fissazione d’udienza


Il giudizio si svolge ad udienza fissa.
Nel fissare l’udienza il collegio può, su istanza di parte o d'ufficio, disporre la riunione di ricorsi connessi.
La fissazione dell'udienza di discussione deve essere chiesta da una delle parti con apposita istanza, non revocabile, da presentare entro il termine massimo di un anno dal deposito del ricorso, ex art. 71, D.L.vo  104/2010. La giurisprudenza precedente ha sancito che nel processo amministrativo la fissazione d'udienza deve essere richiesta, nel termine massimo di due anni dal deposito del ricorso. Il ricorso in trattazione deve pertanto essere dichiarato perento.
T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 08 luglio 2009, n. 3774
La parte può segnalare l'urgenza del ricorso depositando istanza di prelievo.
Il presidente, decorso il termine per la costituzione delle altre parti, fissa l'udienza per la discussione del ricorso. Il decreto di fissazione è comunicato a cura dell'ufficio di segreteria, almeno sessanta giorni prima dell'udienza fissata, sia al ricorrente sia alle parti costituite in giudizio. Tale termine è ridotto a quaranta giorni, su accordo delle parti, se l'udienza di merito è fissata a seguito di rinuncia alla definizione autonoma della domanda cautelare.
Il presidente designa il relatore almeno trenta giorni prima della data di udienza.
L'istanza di fissazione d'udienza deve essere rinnovata dalle parti o dall'amministrazione dopo l'esecuzione dell'istruttoria.
Le parti possono produrre documenti e memorie fino a trenta giorni liberi prima dell'udienza e presentare repliche fino a venti giorni liberi prima. La giurisprudenza esclude che possano venire in rilievo preclusioni di ordine contenutistico in relazione ad uno o più segmenti del complessivo iter processuale azionato. T.A.R. Sicilia Palermo, sez. III, 9 dicembre 2009, n. 1879.
L’art. 10, D.L.vo  104/2010, all. 2, impone ai magistrati amministrativi, al personale di segreteria e al personale ausiliario di indossare nelle pubbliche udienze la toga o la divisa stabilita dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa.
Gli avvocati devono vestire nelle pubbliche udienze la toga.
Nell'udienza le parti possono discutere sinteticamente.
Se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio, il giudice la indica in udienza dandone atto a verbale .
Se la questione emerge dopo il passaggio in decisione, il giudice riserva quest'ultima e con ordinanza assegna alle parti un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie, ex art. 73, D.L.vo  104/2010.

15       Le questioni incidentali.


Il processo amministrativo può essere sospeso per la risoluzione di una serie di questioni che possono influire sullo svolgimento del processo medesimo e che sono denominate incidentali.
Alcune questioni sono risolte direttamente dal giudice amministrativo.
Il processo può non subire modificazioni come, ad esempio, nell’istanza di ricusazione oppure può essere sospeso qualora vi sia una questione connessa al giudizio pendente presso altro giudice amministrativo.
Altre questioni sono risolte da diversa giurisdizione e comportano la sospensione del processo come nel caso sia presentata una questione di legittimità costituzionale o una istanza di regolamento preventivo di giurisdizione.
L'incidente più noto è quello relativo alla proposizione di una questione di legittimità costituzionale.
Se il ricorrente ritiene non manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale di una legge che sia rilevante ai fini della decisione propone che il giudice rilevi la questione.
Qualora la questione sia ritenuta ammissibile, il giudice emette ordinanza di rimessione degli atti alla Corte Costituzionale; il processo è sospeso e gli atti sono trasmessi alla Corte, ex art. 23, L. 87/1953.
Il giudice amministrativo può ritenere opportuno sospendere il giudizio, ai sensi dell'art. 295, c.p.c., in attesa della pronuncia della Corte costituzionale anche sulla questione di incostituzionalità avanzata da altro giudice, come nel caso della questione sollevata sulla legittimità dell'art. 53 del D.P.R. n. 327 del 2001. T.A.R. Lombardia Brescia, 22 luglio 2005, n. 776.
Il processo amministrativo deve essere riassunto ad istanza di parte dalla data della pronuncia della Corte costituzionale secondo quanto previsto dall’art. 80, D.L.vo104/2010.
La giurisprudenza ha riconosciuto il principio della preminenza del diritto comunitario impone non solo al giudice, ma allo stesso Stato membro in tutte le sue articolazioni (e quindi a tutte le amministrazioni), di dare pieno effetto alla norma comunitaria e, in caso di contrasto, di disapplicare la norma interna. Cons. St., sez. VI, 23 maggio 2006, n. 3072, in Foro amm. CDS, 2006, 5, 1543.
I  principi del diritto comunitario sono espressamente richiamati nell’art. 1, D.L.vo 104/2010.
Essi sono direttamente applicabili dal giudice interno a meno che non si renda necessario un controllo di costituzionalità sulla norma interna ove questa sia incompatibile con quella comunitario. Corte Cost. 248/2007, 249/2007.
La questione relativa  all'applicazione delle norme comunitarie deve essere rimessa alla Corte di Giustizia Comunitaria.
Il rinvio pregiudiziale di una causa alla Corte di giustizia europea, ex art. 234 trattato CE Trattato firmato a Nizza il 26 febbraio 2001, reso esecutivo con L. 102 del 11 maggio 2002, può essere disposto soltanto ove al giudice nazionale si ponga un dubbio relativo alla interpretazione e all'applicazione delle norme comunitarie. La controversa questione interpretativa deve avere rilevanza in relazione al thema decidendum sottoposto al giudice nazionale ed alle norme interne che lo disciplinano.
Nel caso in cui si ponga al giudice l'opposto problema di interpretare la norma interna al fine di verificarne la compatibilità con la normativa comunitaria l'eventuale disapplicazione compete direttamente al giudice italiano. Cass. civ., sez. I, 22 settembre 2006, n. 20708.

16       La perenzione.


La perenzione è dichiarata qualora le parti non compiano atti procedurali. La norma precisa che il ricorso si considera perento se nel corso di un anno non sia compiuto alcun atto di procedura, ai sensi dell'art. 81, D.L.vo104/2010.
La giurisprudenza ha precisato che, ove nel termine decadenziale previsto non risulti il deposito della istanza di fissazione di udienza davanti al giudice amministrativo adito sia in primo che in secondo grado, il ricorso giurisdizionale a quest'ultimo presentato deve considerarsi perento. T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 1 marzo 2009, n. 1516.
Il termine è sospeso per adempimenti istruttori o per termini feriali.
L'art. 82, D.L.vo104/2010, prevede una ipotesi particolare di perenzione per i ricorsi ultraquinquennali.
L’intento è quello di eliminare il numero dei ricorsi pendenti verificando in termini brevi l’effettivo interesse dei ricorrenti.
La disposizione è diretta a semplificare la definizione di quelle controversie, per le quali il decorso del tempo può costituire indice di una sopravvenuta carenza di interesse, che è poi desunta dall'assenza di presentazione di una nuova istanza di fissazione entro il termine di sei mesi dalla specifica comunicazione inviata dalla segreteria.
La norma precisa che, dopo il decorso di cinque anni dalla data di deposito del ricorso, la segreteria comunica alle parti costituite apposito avviso in virtù del quale è fatto onere al ricorrente di presentare nuova istanza di fissazione di udienza, sottoscritta dal ricorrente e dal suo difensore, entro centottanta giorni dalla data di ricezione dell’avviso. In difetto di tale nuova istanza, il ricorso è dichiarato perento.
In assenza di una nuova fissazione di udienza a firma delle parti il giudice deve dichiarare la perenzione del ricorso.


17       Il decreto di estinzione


L'estinzione e l'improcedibilità possono essere pronunciate con decreto dal presidente o da un magistrato da lui delegato, ex art. 85, D.L.vo104/2010. 
La giurisprudenza precedente ha riconosciuto che la norma si applica anche al giudizio avanti al Consiglio di Stato; pertanto, la perenzione del giudizio d'appello può essere dichiarata con decreto del presidente della sezione o di un consigliere da lui delegato. Consiglio Stato a. plen., 23 marzo 2004, n. 6
Il decreto è depositato in segreteria che ne dà comunicazione alle parti costituite.
Nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione ciascuna delle parti costituite può proporre opposizione al collegio, con atto notificato a tutte le altre parti.
Il giudizio di opposizione si svolge in camera di consiglio ed è deciso con un’ordinanza che, in caso di accoglimento dell'opposizione, fissa l'udienza di merito.
La giurisprudenza ha accolto l’opposizione che ha fornito la prova del deposito di una copia dell'istanza di fissazione.
Detto docmento portante il timbro a data della segreteria del Tribunale amministrativo ricevente costituisce prova evidente che detta istanza è stata presentata nei termini, mentre la mancanza del numero di protocollo è da addebitarsi ad una omissione dell'Ufficio, alla quale la parte ricorrente non era in grado di porre rimedio, con la conseguenza che le relative conseguenze non possono farsi ricadere su di essa. Cons. St., sez. IV, 26 febbraio .
In caso di rigetto, le spese sono poste a carico dell'opponente e vengono liquidate dal collegio nella stessa ordinanza, esclusa la possibilità di compensazione anche parziale.
L'ordinanza è depositata in segreteria che ne dà comunicazione alle parti costituite.


18       I procedimenti in camera di consiglio


L’art. 87, D.L.vo104/2010,  precisa che  si trattano in camera di consiglio le seguenti controversie:
a) i giudizi cautelari e quelli relativi all’esecuzione delle misure cautelari collegiali. La giurisprudenza precedente ha precisato che il giudizio amministrativo può essere definito con sentenza in forma semplificata emessa in esito alla camera di consiglio per la trattazione dell'istanza cautelare ove ricorrano completezza dell'istruttoria, integrità del contraddittorio e avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio e a condizione che il Presidente del Collegio abbia reso edotte le parti di tale eventualità. T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 28 novembre 2009, n. 3179;
b) il giudizio in materia di silenzio
c) il giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi;
d) i giudizi di ottemperanza;
e) i giudizi in opposizione ai decreti che pronunciano l’estinzione o l’improcedibilità del giudizio.
Salva l’ipotesi del giudizio cautelare, tutti i termini processuali sono dimezzati rispetto a quelli del processo ordinario, esclusi quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti. La camera di consiglio è fissata d’ufficio alla prima udienza utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate.
Nella camera di consiglio sono sentiti i difensori che ne fanno richiesta.
La trattazione in pubblica udienza non costituisce motivo di nullità della decisione.
La giurisprudenza ha precisato che  l'apprezzamento circa l'esistenza dei presupposti sostanziali per addivenire ad un decisione in camera di consiglio resa con motivazione in forma semplificata costituisce valutazione di merito del giudice di primo grado insindacabile in appello, fermo restando che ogni errore di giudizio contenuto nella decisione può essere devoluto al giudice di appello mediante il relativo atto di gravame. Cons. St., sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 34.

19       La sentenza.

 

Il giudizio amministrativo ha come sua conclusione naturale la sentenza che è di norma  l’atto conclusivo del processo . In alcuni casi la sentenza ha natura strumentale. Ad esempio le sentenze interlocutorie che ordinano incombenze come la remissione degli atti alla Corte Costituzionale ovvero le sentenze istruttorie.
La decisione può avere ad oggetto i requisiti processuali dichiarando la irricevibilità o la improcedibilità del ricorso, ad esempio nel caso di ricorso tardivo ovvero la inammissibilità per carenza di presupposti dell'azione, ad esempio per vizi del ricorso quale la carenza di sottoscrizione del ricorrente.
L’art. 88, D.L.vo104/2010,  precisa il contenuto della sentenza che è pronunciata in nome del popolo italiano e reca l’intestazione Repubblica italiana.
Essa deve contenere:
a) l’indicazione del giudice adito e del collegio che l’ha pronunciata;
b) l’indicazione delle parti e dei loro avvocati;
c) le domande;
d) la concisa esposizione dei motivi in fatto e in diritto della decisione, anche con rinvio a precedenti cui intende conformarsi;
e) il dispositivo, ivi compresa la pronuncia sulle spese. Esso è formulato a seconda del tipo di sentenza formulata dal giudice. Se la sentenza è di annullamento della aggiudicazione nel dispositivo viene determinato in capo all'amministrazione soccombente l'obbligo di conformarsi alle relative statuizioni. T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 17 dicembre 2009, n. 3781.
 Nel caso di condanna al risarcimento del danno il giudice amministrativo può nel dispositivo stabilire i criteri in base ai quali l'Amministrazione deve proporre in favore dell'avente titolo il pagamento della somma entro un congruo termine, prevedendo che, qualora permanga il disaccordo, le parti possano rivolgersi nuovamente al giudice per la determinazione delle somme dovute nelle forme del giudizio di ottemperanza. Cons. St., sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1038;
f) l’ordine che la decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa;
g) l’indicazione del giorno, mese, anno e luogo in cui la decisione è pronunciata;
h) la sottoscrizione del presidente e dell’estensore.
L’art. 33,  D.L.vo104/2010,  definisce i provvedimenti del giudice. Si ha sentenza quando il provvedimento definisce in tutto o in parte il giudizio; ordinanza quando il giudice assume misure cautelari o interlocutorie ovvero decide sulla competenza; decreto nei casi previsti dalla legge di norma emanato inaudita altera pars.
Il giudizio amministrativo ha come sua conclusione naturale la sentenza.
L’art. 34,  D.L.vo  cod. proc. amm.,   precisa il contenuto delle sentenze di merito.
In caso di accoglimento del ricorso il giudice, nei limiti della domanda:
a) annulla in tutto o in parte il provvedimento impugnato. La giurisprudenza ha precisato che i terzi, che ritengano di essere pregiudicati dall'effettuazione di una attività edilizia assentita in modo implicito, possono agire innanzi al giudice amministrativo per chiedere l'annullamento del titolo abilitativo formatosi per il decorso del termine fissato dalla legge entro cui l'Amministrazione può impedire gli effetti della d.i.a. Consiglio Stato , sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 72.
 b) ordina all'amministrazione, rimasta inerte, di provvedere entro un termine. La giurisprudenza ha affermato che nell'ipotesi di ricorso avverso il silenzio dell'Amministrazione, in caso di totale o parziale accoglimento del gravame, il giudice amministrativo ordina all'Amministrazione di provvedere entro un termine di norma non superiore a trenta giorni, di talché resta escluso qualsiasi accertamento (con potenziale valore di giudicato) in ordine a validità ed efficacia di un'eventuale, pregressa attività istruttoria. Il giudizio concerne unicamente la verifica della sussistenza dell'obbligo di provvedere, circostanza che, tra l'altro, giustifica la scelta del rito nonché la possibilità di redigere la sentenza in forma succintamente motivata. Ne consegue che eventuali contrasti tra la decisione assunta dall'Amministrazione e gli esiti dell'espletata istruttoria non possono che farsi valere in un apposito giudizio di annullamento quali motivi di illegittimità del provvedimento adottato. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 6 ottobre 2009, n. 1034.
c) condanna al pagamento di una somma di denaro, anche a titolo di risarcimento del danno, all'adozione delle misure idonee a tutelare la posizione giuridica dedotta in giudizio e dispone misure di risarcimento in forma specifica ai sensi dell'articolo 2058 del codice civile.
La giurisprudenza ha disposto che per le sentenze di condanna dell'amministrazione al pagamento di somme di denaro da parte del giudice ordinario, il soggetto interessato può scegliere tra l'esecuzione forzata secondo le norme del codice di rito e l'esecuzione in sede amministrativa. Consiglio Stato , sez. VI, 14 dicembre 2009, n. 7809
d) nei casi di giurisdizione di merito, adotta un nuovo atto, ovvero modifica o riforma quello impugnato. Nel giudizio di merito la sentenza può riformare l'atto o sostituirlo. A. TRAVI, Formulario annotato della giustizia amministrativa, 2008, 421.
e) dispone le misure idonee ad assicurare l'attuazione del giudicato e delle pronunce non sospese, compresa la nomina di un commissario ad acta, che può avvenire anche in sede di cognizione con effetto dalla scadenza di un termine assegnato per l'ottemperanza. La giurisprudenza ha precisato che la nomina del Commissario ad acta non determina di per sé l'esaurimento della competenza della p.a. sostituita a provvedere all'ottemperanza al giudicato, in quanto il venir meno dell'inerzia della p.a. stessa, pur dopo la scadenza del termine assegnatole, rende priva di causa la nomina e la funzione del Commissario, secondo i principi di economicità e buon andamento dell'azione amministrativa, non smentiti dalla legge o dalla pronuncia del giudice dell'ottemperanza.
La sentenza ha natura strumentale e si definisce di rito quando essa non affronta la questione di merito proposta col ricorso. La decisione può avere ad oggetto i requisiti processuali dichiarando la irricevibilità o la improcedibilità del ricorso, ad esempio nel caso di ricorso tardivo ovvero la inammissibilità per carenza di presupposti dell'azione, ad esempio per vizi del ricorso quale la carenza di sottoscrizione del ricorrente.
L’art. 35 ,  D.L.vo104/2010,  precisa che il giudice dichiara, anche d'ufficio, il ricorso: a) irricevibile se accerta la tardività della notificazione o del deposito; b) inammissibile quando è carente l'interesse o sussistono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito; c) improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione o non è stato integrato il contraddittorio nel termine assegnato ovvero sorgono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito.
 Il giudice dichiara estinto il giudizio: a) se non viene proseguito o riassunto nei casi previsti dal presente codice; b) per perenzione; c) per rinuncia.


19.1     Tutela cautelare.

 

Il ricorso giurisdizionale non ha effetto sospensivo sul provvedimento impugnato. A tutela del ricorrente è ammessa la possibilità di chiedere l’emanazione di misure cautelari, compresa l’ingiunzione a pagare una somma in via provvisoria, che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso, ex art. 55, D.L.vo  cod. proc. amm.
La dottrina nota che il provvedimento cautelare è stato progressivamente configurato dalla giurisprudenza amministrativa con interventi sempre condotti al di là del dato normativo testuale.
Si pensi ai primi tentativi di sospensione di provvedimenti negativi, raggiunti attraverso la qualificazione dei medesimi come provvedimenti positivi  come alla sospensione dei dinieghi di dispensa dal servizio militare o alla sospensione delle non ammissioni all'esame di maturità.
La Corte cost. ha dato particolare validità alla fase cautelare stabilendo che conseguono ad ogni effetto l'abilitazione i candidati che abbiano superato le prove d'esame di idoneità scritte ed orali previste dal bando, anche se l'ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali cautelari. Corte cost., 9 aprile 2009, n. 108. C. E. GALLO, L'appellabilità del decreto cautelare presidenziale, in Foro amm. CDS, 2009, 11, 2615.
Il tribunale deve verificare che sussistano gli stessi presupposti che rendono ammissibile il giudizio cautelare.
Il ricorso deve infatti avere il fumus boni iuris, ossia dimostrarsi fondato ad un primo esame, e dimostrare il pericolo di un danno grave ed irreparabile del ricorrente derivante dall'immediata esecuzione del provvedimento.
La giurisprudenza ritiene che il giudice amministrativo possa accordare la più ampia tutela in sede cautelare conformemente agli art. 3, 24, 100 e 113 cost. Pertanto il giudice può emanare le statuizioni più opportune nel caso in cui emerga il "fumus boni iuris", sulla lesione del diritto dell'utente o del gestore disponendo l'effettuazione di una prestazione dovuta da parte dell'amministrazione ovvero l'emanazione di ordini di pagamento di una somma a favore del ricorrente. Cons. St., a. plen., 30 marzo 2000, n. 1.
La giurisprudenza ha precisato che alla tutela cautelare ingiuntiva può ricorrersi, pur in mancanza dei presupposti richiesti per l'accesso alla forma di tutela sommaria, a condizione che sussista, oltre che il presupposto del "fumus boni iuris", anche quello del "periculum in mora", destinato a condizionare non solo l'"an", ossia la possibilità di accordare la tutela, ma anche il "quantum", cioè il contenuto della misura ingiuntiva rilasciata nella sede propriamente cautelare, che, infatti, dovrà limitarsi a disporre il pagamento delle somme necessarie a salvaguardare il diritto nelle more della decisione di merito.
L’art  55, D.L.vo  cod. proc. amm.,  comprende fra le misure cautelari l’ingiunzione a pagare una somma in via provvisoria.
L’ordinamento processuale prevede una sistema a doppio binario per la tutela delle posizioni giuridiche soggettive a contenuto patrimoniale : quello sommario mutuato dal processo civile e quello cautelare.
Le due tutele hanno una struttura diverse e rispondono a differenti esigenze.
Ul sistema cautelare è legato al presupposto del periculum in mora e al fumus boni iuris, mentre quello sommario è subordinato alla ricorrenza dei presupposti della prova scritta e della esigibilità del credito. L.R. PERFETTI, Corso di diritto amministrativo, 2006, 566.
Il procedimento prevede infatti che sulla domanda cautelare il collegio pronuncia nella prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell’ultima notificazione e, altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso, ex art  55, comma 5, D.L.vo  cod. proc. amm.  .
La domanda cautelare può essere proposta con il ricorso di merito o con distinto ricorso notificato alle altre parti.
Il collegio può disporre la prestazione di una cauzione, anche mediante fideiussione, qualora dalla decisione sulla domanda cautelare derivino effetti irreversibili,  cui subordinare la concessione o il diniego della misura cautelare. La concessione o il diniego della misura cautelare non può essere subordinata a cauzione quando la domanda cautelare attenga a diritti fondamentali della persona o ad altri beni di primario rilievo costituzionale. Il provvedimento che impone la cauzione ne indica l’oggetto, il modo di prestarla e il termine entro cui la prestazione deve avvenire.
L’ordinanza cautelare motiva in ordine alla valutazione del pregiudizio allegato e indica i profili che, ad un sommario esame, inducono ad una ragionevole previsione sull’esito del ricorso, ex art. 55, comma 9,D.L.vo  cod. proc. amm. .
La giurisprudenza ha precisato che l'effetto sospensivo dell'ordinanza cautelare di accoglimento non può andare oltre la mera sterilizzazione dell'efficacia del provvedimento impugnato, nel senso che quest'ultimo diviene provvisoriamente incapace di produrre gli effetti suoi propri fino all'adozione della sentenza che definisce il merito del giudizio; ne deriva che l'effetto conformativo nascente da un provvedimento cautelare di sospensione dell'efficacia di una aggiudicazione di una gara non può andare oltre la inibizione dall'adottare i provvedimenti che normalmente conseguono alla aggiudicazione (aggiudicazione definitiva - ove la prima sia solo provvisoria, stipula del contratto, consegna dei lavori ecc.), senza che possa in nessun modo ragionevolmente ricondursi nella portata precettiva della sospensione del provvedimento impugnato (aggiudicazione) l'attività relativa all'ulteriore corso della gara con l'aggiudicazione ad altro soggetto, che è senz'altro attività esorbitante rispetto alla portata naturale del provvedimento cautelare sospensivo. T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 18 marzo 2005, n. 1533.
Nel caso in cui il giudice amministrativo sospenda in sede cautelare gli effetti di un provvedimento e l'amministrazione si adegui con un atto consequenziale al contenuto dell'ordinanza cautelare, di regola non si verifica l'improcedibilità del ricorso o la cessazione della materia del contendere (rispettivamente, se il successivo atto sia sfavorevole o favorevole all'originario ricorrente), giacché l'adozione non spontanea dell'atto con cui l'amministrazione dà esecuzione alla sospensiva non comporta la revoca del precedente provvedimento impugnato ed ha una rilevanza provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo. T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 5 novembre 2009, n. 1917.
Il tribunale amministrativo regionale, in sede cautelare, se ritiene che le esigenze del ricorrente siano apprezzabili favorevolmente e tutelabili adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio nel merito, fissa con ordinanza collegiale la data di discussione del ricorso nel merito. La giurisprudenza ha rpecisato che  misura cautelare del giudice amministrativo, ha natura di provvedimento giurisdizionale interinale al processo nel quale è pronunziata ed effetti limitati alla durata dello stesso; essa è destinata a rimanere interamente assorbita dalla sentenza di merito e deve cessare di produrre effetti, quando il giudizio di merito si concluda negativamente per l'interessato.
La giurisprudenza precedente ha delineato la possibilità, ancora prima di proporre ricorso giurisdizionale con l'istanza di sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato, allorché sussiste estrema urgenza e sono presenti i presupposti della tutela cautelare, di un ricorso ex art. 700, c.p.c. sul quale, anche "inaudita altera" parte, provvede il Presidente del tribunale amministrativo regionale. Detta forma di tutela trova concorrente giustificazione negli art. 24 e 113, cost. nonché nell'art. 13, conv. europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, che tutela la pretesa ad un giusto processo. T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 14 novembre 1997, n. 758.
L’art  56, D.L.vo  cod. proc. amm.,  disciplina le misure cautelari monocratiche. Il ricorrente può, con la domanda cautelare o con distinto ricorso notificato alle controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie. La domanda può essere presentata prima della trattazione della domanda cautelare da parte del collegio, in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio.
La domanda cautelare è improcedibile finché non è presentata l’istanza di fissazione d’udienza per il merito, salvo che essa debba essere fissata d’ufficio. Il presidente provvede sulla domanda solo se ritiene la competenza del tribunale amministrativo regionale.
La tutela ante causam si impone in rapporto alle indicazioni fornite dalla Corte di giustizia.
Essa ha affermato che un sistema di giustizia amministrativa che non consente, nel settore degli appalti pubblici, una tutela cautelare d'urgenza piena ed autonoma dalla proposizione di un'azione di merito contrasta con i principi del diritto comunitario in tema di effettività della tutela e, in particolare, con l'art. 2 c. 1, lett. a), direttiva ricorsi Corte giust. Ce, Ord.za sez. IV, 29 aprile 2004, n. 202, in Cons. St., 2004, 1000.
La possibilità di  proporre una misura cautelare ante causam avanti al giudice amministrativo è stata dapprima introdotta  limitatamente alle controversie in materia di appalti pubblici.
Successivamente la giurisprudenza ha esposto  la necessità di assumere le opportune iniziative per estendere la tutela cautelare "ante causam" a tutto il processo amministrativo, in quanto prevedere la tutela cautelare "ante causam" solo nel settore dei pubblici appalti - pur nella peculiarità degli interessi coinvolti - potrebbe non superare il vaglio di costituzionalità per disparità di trattamento allorché si evidenzi che, anche in altre materie, si è in presenza della medesima situazione giuridica soggettiva tutelata nella materia degli appalti. Cons. St., Atti norm., 6 febbraio 2006, n. 355.
Il principio è stato ripreso dall’art. 61,D.L.vo  cod. proc. amm.  che ha disposto che prima della trattazione della domanda cautelare da parte del collegio, in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, il ricorrente può, con la domanda cautelare o con distinto ricorso notificato alle controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie.

19.2     La definizione del giudizio nel merito all'udienza cautelare.


L’art  60, D.L.vo  cod. proc. amm., afferma  la definizione del giudizio nel merito può essere adottata all'udienza cautelare, purché siano trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso. Il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio nel merito con sentenza in forma semplificata, salvo che una delle parti chieda l'assegnazione di un termine per proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di giurisdizione o di competenza .
Ove necessario, il collegio dispone l'integrazione del contraddittorio e fissa contestualmente la data per il prosieguo della trattazione.
Nel caso in cui ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, il giudice decide con sentenza in forma semplificata. La motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme, ex art 74, D.L.vo  cod. proc. amm.
L'autonomia del giudice cautelare comporta la possibilità di impugnare in secondo grado le ordinanze di sospensione.
In particolare la Corte Costituzionale 1 febbraio 1982, n. 8 ha affermato il doppio grado di giurisdizione nel processo cautelare.
L’art  62, D.L.vo  cod. proc. amm.,  prevede che contro le ordinanze cautelari è ammesso appello al Consiglio di Stato, da proporre nel termine di trenta giorni dalla notificazione dell'ordinanza, ovvero di sessanta giorni dalla sua pubblicazione.
 L'appello, depositato nel termine di trenta giorni dalla data dell’ultima notifica.
L’appello  è deciso in camera di consiglio con ordinanza. 

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