mercoledì 16 gennaio 2013

Ambiente. Ordinanza a provvedere alla bonifica del sito. La responsabilità del proprietario.


Ambiente. Ordinanza a provvedere alla bonifica del sito. La responsabilità del proprietario.

Tra gli strumenti che l'Amministrazione competente può adottare in caso di potenziale contaminazione di un sito con pericolo di inquinamento ambientale rientra quello dell'ordinanza da emanare " dopo aver svolto opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento ", ai sensi dell'art. 244, d.lg. n. 152 del 2006.
Le pubbliche amministrazioni che nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti.
La provincia, ricevuta la comunicazione, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere alla bonifica del sito.
L'ordinanza è comunque notificata anche al proprietario del sito.
Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall'amministrazione competente.
Il potere di ordinanza si basa sul principio di matrice comunitaria " chi inquina paga ", non potendosi ammettere un sistema sanzionatorio - o anche di tipo preventivo - che si apra ad ipotesi di responsabilità oggettiva o per fatto altrui. Il potere di ordinanza affidato all'ente provinciale poggia dunque sulla compiuta verifica delle responsabilità relative alla contaminazione di un sito, in linea con un sistema che annovera tra le sue funzioni anche quella sanzionatoria.
L'ordinanza emanata dalla Provincia ai sensi dell'art. 244 d.lg. 3 aprile 2006 n. 152 deve basarsi sul principio "chi inquina paga" perché non può ammettersi un sistema sanzionatorio o anche di tipo preventivo il quale si apra ad ipotesi di responsabilità oggettiva o per fatto altrui. Essa non può quindi dirigersi verso il proprietario incolpevole del sito, che non può essere chiamato in causa se non quando emergano profili quantomeno di compartecipazione colposa alla condotta inquinante. F. Vanetti e E. Alotto, Nota a:T.A.R. Puglia Lecce, 2.11.2011, n. 1901, sez. I, Limiti dell'ordinanza di diffida, ai sensi dell'art. 244 D.Lgs. 152/2006, Riv. giur. Ambiente, 2012, 2, 265.
La sentenza, uniformandosi all'orientamento giurisprudenziale prevalente, torna a riaffermare il principio  chi inquina paga, negando ipotesi di responsabilità oggettiva nei confronti di un soggetto incolpevole. R.F. Iannone, L'azione di bonifica non grava sul proprietario incolpevole del sito contaminato (nota a T.A.R. Friuli-Venezia Giulia n. 837/2009), Riv. giur. ambiente, 2010, 2, p. 379.
La sentenza ha ad oggetto l'ordinanza provinciale di diffida di cui all'art. 244 del D.Lgs. 152/2006.
Detto strumento coercitivo è a disposizione dell'Amministrazione per imporre la bonifica, qualora la stessa non sia iniziata spontaneamente dai soggetti privati .  F. Vanetti, Bonifica da parte del proprietario incolpevole: è un obbligo o una facoltà? Nota a T.A.R. Lazio n. 2263/2011), Riv. giur. ambiente, 2011, 5, 660.
La previsione si incentra su un aspetto che è fondamentale e che regge l'impianto stesso dell'ordinanza.
La Provincia ha l'obbligo di svolgere opportune indagini volte ad identificare il responsabile della contaminazione.
L'indagine rappresenta il presupposto stesso dell'ordinanza.
L'ordinanza provinciale può essere emessa solo nel caso in cui l'indagine dia esito positivo ovvero sia individuato il soggetto responsabile della contaminazione.
Tale ordinanza, quindi, può essere indirizzata solo nei confronti di quest'ultimo.
In caso di esito negativo, invece, trova applicazione l'art. 250 D.Lgs. 152/2006 secondo cui « qualora i soggetti responsabili della contaminazione ... non siano individuabili... le procedure e gli interventi di cui all'art. 242 sono realizzati d'ufficio dal Comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla Regione, secondo l'ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate.
In tale ultima ipotesi si pone l'ulteriore problema di come eventualmente informare della riscontrata contaminazione il proprietario incolpevole del sito, il quale potrebbe avere interesse ad intervenire volontariamente.
In un primo caso, l'informativa potrebbe essere contenuta nell'atto di avvio della procedura d'ufficio e, quindi, di competenza del Comune.
In un secondo caso, invece, il coinvolgimento del proprietario incolpevole potrebbe avvenire contestualmente alla chiusura delle indagini provinciali e, quindi, l'informativa spetterebbe alla Provincia.



Il codice dell'ambiente prevede diverse ipotesi di responsabilità del proprietario. V. Corriero, La «responsabilità» del proprietario del sito inquinato, Resp. civ. e prev., 2011, 12, 2440.
a) la fattispecie relativa all'abbandono e al deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo, art. 192, comma 3, d.lgs. n. 152/2006.
La natura reale degli obblighi che fanno capo al proprietario incolpevole della contaminazione è confermata dalla differente disciplina prevista dal legislatore nella fattispecie relativa all'abbandono e al deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel sottosuolo.
L'art. 192, comma 3, stabilisce che chiunque viola i divieti di abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area e, secondo le Sezioni Unite della Suprema Corte, anche con i detentori di fatto delle aree.
Le esigenze di tutela ambientale sottese alla norma citata rendono evidente che il riferimento a chi è titolare di diritti reali o personali di godimento va inteso in senso lato, essendo destinato a comprendere qualunque soggetto si trovi con l'area interessata in un rapporto anche di mero fatto, tale da consentirgli - e perciò stesso imporgli - di esercitare una funzione di protezione e custodia finalizzata ad evitare che l'area medesima possa essere adibita a discarica abusiva di rifiuti nocivi per la salvaguardia dell'ambiente.
Il requisito della colpa ben può consistere proprio nell'omissione degli accorgimenti e delle cautele che l'ordinaria diligenza suggerisce per realizzare un'efficace custodia e protezione dell'area, così impedendo che possano essere in essa indebitamente depositati rifiuti nocivi. Cass. civ., Sez. Un. civ., 25 febbraio 2009, n. 4472.
La responsabilità deve risultare in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo.
Se non si inquadra la disciplina della bonifica dei siti contaminati in un'ottica di funzione sociale della proprietà, difficilmente potrà essere giustificato il discrimen tra il disposto normativo dell'art. 192 e quello sancito dall'art. 253.
La bonifica del sito non segue necessariamente la rimozione dei rifiuti o, più precisamente, l'abbandono dei rifiuti non crea necessariamente una contaminazione delle matrici ambientali (suolo, sottosuolo ed acque sotterranee), in quanto la stessa normativa chiarisce che il passaggio alla vera e propria bonifica si verificherà qualora si accerti il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC).
Esse rappresentano i valori di attenzione dell'inquinamento ex art. 242, comma 3, attraverso i risultati delle indagini preliminari del sito inquinato, e successivamente il superamento delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), in base al documento di analisi di rischio sito-specifica, dal quale discende l'obbligo di procedere alla bonifica (art. 242, comma 7).
La dottrina civilistica ha approfondito la natura giuridica della responsabilità solidale del proprietario del sito sul quale siano stati depositati e abbandonati rifiuti critica la trasformazione della natura soggettiva della responsabilità ex art. 192, comma 3, d.lgs. n. 152/2006, in responsabilità di natura oggettiva. A. Jannarelli, L'articolazione delle responsabilità nell'«abbandono dei rifiuti»: a proposito della disciplina giuridica dei rifiuti come non beni sia in concreto sia in chiave prospettica, in Riv. dir. agr., 2009, 125.
b) la responsabilità sussidiaria del proprietario del sito di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale, ex art. 252-bis, comma 2.
La responsabilità sussidiaria del proprietario del sito di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale discende e si giustifica in virtù del bilanciamento dei due interessi pubblici riferibili al sito da bonificare, ossia la decontaminazione e la reindustrializzazione, e dell'interesse privato allo sfruttamento economico del bene in un'ottica di sviluppo sostenibile.
Lo strumento procedimentale indicato dall'art. 252-bis è rappresentato dall'accordo di programma tra le amministrazioni interessate e i privati.
L'art. 252-bis, comma 2, d.lgs. n. 152/2006, si discosta dalla disciplina previgente in riferimento alla responsabilità del proprietario, in quanto l'onere previsto dal decreto Ronchi diventa obbligo.
Non vi è la previsione del limite del valore del fondo, poiché l'obbligo gravante sul proprietario del sito di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale va oltre il rimborso delle spese di bonifica e si estende al risarcimento del danno ambientale.
Quest'ultimo aspetto conferma ulteriormente la natura reale degli obblighi del proprietario del sito contaminato, che ai sensi dell'art. 253, comma 4, risponde delle spese di bonifica nei limiti di valore del fondo determinato a seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi.
c) l'onere reale gravante sui siti contaminati, art. 253.
La giustizia amministrativa imputa il costo del danno al soggetto che ha la possibilità della cost-benefit analysis, per cui lo stesso deve sopportarne le conseguenze per essersi trovato, prima del suo verificarsi, nella situazione più adeguata per evitarle nel modo più conveniente».
Essa ha precisato che nell'Ordinamento statuale interno è il responsabile dell'inquinamento che deve sopportarne i costi di bonifica, mentre il proprietario incolpevole del suolo sarà chiamato solo in via sussidiaria e comunque nei limiti dell'arricchimento per tenere indenne l'amministrazione dalle operazioni di bonifica.
Più esattamente, il proprietario incolpevole (che non ha nessuna prova da offrire posto che spetta all'amministrazione accertare e dunque provare la responsabilità dell'inquinamento) sarà chiamato a rifondere i costi della bonifica solo in relazione al suo rapporto con il bene, che si traduce in termini di incremento di utilità da comprovarsi (onere della prova a carico dell'amministrazione: si tratta di una azione che rientra nell'alveo dell'art. 2041 c.c. e, in conseguenza, la prova dell'arricchimento - sia nell'an che nel quantum - incombe sull'attore.T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 26/07/2007, n. 1254.
I costi della decontaminazione, generalmente esternalizzati a danno della collettività o di singoli soggetti incolpevoli, devono essere imputati agli inquinatori.
L'obbligo di bonifica dei siti inquinati grava in primo luogo sull'effettivo responsabile dell'inquinamento e può essere posto a carico del proprietario o detentore del terreno inquinato solo se questi è corresponsabile dell'inquinamento stesso. Il nesso di causalità tra la condotta del responsabile e la contaminazione riscontrata deve essere accertato applicando la regola probatoria del "più probabile che non": pertanto, il suo positivo riscontro può basarsi anche su elementi indiziari, quali la tipica riconducibilità dell'inquinamento rilevato all'attività industriale condotta sul fondo. T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 24/03/2010, n. 1575.
La responsabilità civile induce le imprese a adottare le tecnologie con minor impatto ambientale e assolve la funzione di ridurre le esternalità negative.
Il principio «chi inquina paga» opera in primo luogo in una logica preventiva dei fatti dannosi e in secondo luogo «in una logica risarcitoria ex post factum», in quanto viene imposto alle imprese l'obiettivo prioritario di internalizzare i costi di alterazione dell'ambiente attraverso l'incorporazione nei prezzi delle merci.
Il Consiglio di Stato sostiene che i costi di alterazione dell'ambiente incorporati nel prezzo delle merci, determinino un prezzo inferiore delle stesse. Nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica vengono realizzate dalle amministrazioni competenti, salvo l'esistenza di un privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno.Consiglio di Stato, sez. V, 16/06/2009, n. 3885.
Sembra inverosimile che questa incorporazione possa generare un prezzo inferiore delle merci, piuttosto lo incrementa e quindi viola i principi espressi nel Codice del consumo, poiché fa ricadere sul consumatore i costi della decontaminazione.
L'opzione per la responsabilità di natura soggettiva adottata dal legislatore italiano, in contrasto con quanto previsto dalla Direttiva 2004/35/CE, presenta l'inconveniente, peraltro ben affrontato nell'ambito della Direttiva, di rendere più complessa l'imputazione della responsabilità e di vanificare gli strumenti di garanzia derivanti dalle forme di responsabilità indirette o oggettive, e quindi più sinteticamente determina una riduzione quantitativa della tutela.
La prova dell'inquinamento è ammessa in via indiretta, ossia attraverso presunzioni semplici ex art. 2727 c.c.,
Alla luce dell'esigenza di effettività della protezione dell'ambiente, ferma la doverosità degli accertamenti indirizzati ad individuare con specifici elementi i responsabili dei fatti di contaminazione, l'imputabilità dell'inquinamento può avvenire per condotte attive e per quelle omissive, e la prova può essere data in via diretta o indiretta, ossia, in quest'ultimo caso, l'amministrazione pubblica preposta alla tutela ambientale può avvalersi anche di presunzioni semplici di cui all'art. 2727 c.c., prendendo in considerazione elementi di fatto dai quali possono trarsi indizi gravi, precisi e concordanti che inducano a ritenere verosimile, secondo l’id quod plerumque accidit, che si sia verificato un inquinamento e che questo sia attribuibile a determinati autori. Consiglio di Stato, sez. V, 16/06/2009, n. 3885, Dir. e giur. agr. 2010, 2, 138.
La possibilità di rivalsa garantita alla Pubblica Amministrazione a seguito dell'effettuazione delle opere di risanamento, si giustifica per l'aumento del valore commerciale del bene che ne deriva.
Infatti, ai sensi del comma 4 dell'art. 253, il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere tenuto a rimborsare le spese degli interventi adottati dall'autorità competente nei limiti del valore di mercato stimato del sito a valle degli interventi eseguiti.

La giurisprudenza in base all'interpretazione complessiva del disposto degli art. 244, 245, 250 e 253 del d.lg. 3 aprile 2006, n. 152, desume che, nell'ipotesi in cui il responsabile dell'inquinamento non esegua gli interventi di bonifica ambientale o lo stesso non sia individuabile da parte dell'Amministrazione pubblica, e sempre che non vi provvedano volontariamente né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le opere di bonifica ambientale devono essere eseguite dalla p.a. competente.
Essa ha il diritto di rivalersi sul soggetto proprietario del sito nei limiti del valore dell'area bonificata anche esercitando, ove la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei medesimi interventi. T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 16.12.2011, n. 1239.

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