mercoledì 27 febbraio 2013

La Legge 6 novembre 2012 n. 190. Il responsabile della prevenzione della corruzione. Reprime veramente la corruzione ?


La Legge 6 novembre 2012 n. 190. Reprime  veramente la corruzione ?

La Legge 6 novembre 2012 n. 190 che reca disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e  dell'illegalità nella pubblica amministrazione si propone di combattere la corruzione in attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003.
Il d.d.l. 2156 è stato Presentato dal Ministro della giustizia (Alfano), IV Governo Berlusconi, il 4 maggio 2010 .
Non si può non notare come il nostro Parlamento  ha dovuto fare un percorso assai lungo per adottare dei precetti dovuti per la corretta efficienza dell’apparato amministrativo.
La norma complica  notevolmente un procedimento che dovrebbe nella necessaria severità trovare la  sua efficacia e purtroppo non sembra abbia un impatto proprio tanto dirompente nella lotta al crimine nella pubblica amministrazione.
L’art. 1, comma 2 affida alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche,
di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, e successive modificazioni, di
seguito denominata il compito di  Autorità nazionale anticorruzione attribuendo compiti che non sembrano significativi nella repressione dei fenomeni ma solo atti a giustificare la produzione di un mare di documenti difficili da gestire e con scarsissimi effetti pratici.
L’art. 1, comma 4,  attribuisce al Dipartimento della funzione pubblica, anche secondo linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la funzione fra l’altro di coordinare l'attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale e di predisporre il Piano nazionale anti corruzione.
Viene appesantita anche la gestione dei fatti corruttivi a livello operativo.
L’art. 1, comma 5, impone alle pubbliche amministrazioni centrali di definire e trasmettere al Dipartimento della funzione pubblica un piano di prevenzione della corruzione che fornisce una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione e indica gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio, per ulteriormente complicare l’art. 1, comma 6, Ai fini della predisposizione del piano di prevenzione della corruzione, prevede che il prefetto, su richiesta,
fornisce il necessario supporto tecnico e informativo agli enti locali.
L’art. 1, comma  7, prevede, in un momento di blocco del turn over,  di individuare il responsabile della prevenzione della corruzione.
Paurosi sono le conseguenze relative al mancato controllo  da parte responsabile .
L’art. 1, comma 12. In caso di commissione, all'interno dell'amministrazione, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il responsabile risponde ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, nonché sul piano disciplinare, oltre che per il danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione, salvo che provi tutte le seguenti circostanze:
a) di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano di cui al comma 5 e di aver
osservato le prescrizioni di cui ai commi 9 e 10 del presente articolo;
b) di aver vigilato sul funzionamento e sull'osservanza del piano.
Drammatiche le conseguenze sanzionatorie ove si accerti la responsabilità del funzionario .
L’art. 1, comma 13, prevede che la sanzione disciplinare a carico del responsabile non può essere inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi.
L’art. 1, comma 8, finalmente conclude l’operazione programmatica attribuendo all'organo di indirizzo politico il compito di adottare il piano triennale di prevenzione della corruzione.
Non si ravvisa , forse per miopia, nessun effetto pratico di contrasto immediato al fenomeno denunciato dalla Corte dei Conti!
Nella gestione amministrativa dei rimedi sembra che l’imperativo sia allungare i tempi e le procedure.
L’art. 1 comma 35 delega il Governo ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante la modifica o l'integrazione delle disposizioni vigenti, ovvero mediante la previsione di nuove forme di pubblicità.
In tal senso è stato emanato il Dlg 33/2013 che detta norme sulla trasparenza , vedi all. a e impone la pubblicazione dei dati sui dirigenti, sui collaboratori e sulle consulenze, art. 22, c. 3.
L’art. 1, comma 44, modifica l'articolo 54 del d. lg. 30 marzo 2001, n.165, introducendo un Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico. Il codice contiene una specifica sezione dedicata ai doveri dei dirigenti, articolati in relazione alle funzioni attribuite, e comunque prevede per tutti i  dipendenti pubblici il divieto di chiedere o di accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità, in connessione con l'espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, fatti salvi i regali d'uso, purché di modico valore e nei limiti delle normali relazioni di cortesia.
Norme che un dirigente se assunto per pubblico concorso dovrebbe conoscere.
Forse i troppi dirigenti scelti dagli amministratori per meriti speciali non li conoscono .
Il comma 3 dell’art. 54 nuovo testo precisa come se ce ne fosse bisogno che la violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento, compresi quelli relativi all'attuazione del Piano di prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare.
La precisazione ove ce ne fosse bisogno reca ulteriore confusione perché il reato di corruzione deve esser punito con la destituzione.
E’ forse per questo che molti dirigenti legittimisti sono stati garbatamente messi alla porta per favorire gente disposta ad ogni operazione più discutibile.
Positivo sembra il fatto che un organismo indipendente di valutazione dia il proprio parere ad un codice di comportamento. Resta da capire che funzione abbia questo organismo .
Se esso in analogia alla L.231/2001 debba vigilare al rispetto delle procedure amministrative o sia un mero organo deputato a dare pareri su provvedimenti che poco possono incidere.
Di difficile comprensione è la modifica apportata dall’art. 1 comma 46 che introduce l’art. 35-bis. - d. lg. 30 marzo 2001, n.165 che detta norme per la prevenzione del fenomeno della corruzione nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici
La norma precisa che coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in
giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale:
a) non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l'accesso o la
selezione a pubblici impieghi;
b) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle
risorse finanziarie, all'acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o
all'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi
economici a soggetti pubblici e privati;
c) non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l'affidamento di lavori,
forniture e servizi, per la concessione o l'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili
finanziari, nonché per l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere.
Ma questi ottimi funzionari non dovevano essere destituiti?
Troppa severità caro legislatore. Gli organismi internazionali infatti collocano l'Italia al 69°
posto nella lotta alla corruzione!. In Ue peggio di noi hanno fatto solo Bulgaria (77°) e Grecia (80°). In cima la classifica Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia.
La giustizia amministrativa inoltre non ha consentito sempre la dovuta severità nel punire il reato di corruzione nella pubblica amministrazione.
Il T.A.R. Lombardia, sede di Milano, Sezione I, 30 aprile 2004, n. 1542;  ha   annullato il provvedimento di destituzione per eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, in quanto il ricorrente sarebbe stato condannato per un'ipotesi concussiva di tipo induttivo e non costrittivo, ritenendo che  il comportamento tenuto dal ricorrente, in ragione delle complessive circostanze e dei particolari della fattispecie, non potesse ritenersi meritevole della più grave sanzione, costituita dalla perdita del grado con rimozione.
La questione è stata ribaltata dal Consiglio di Stato, sez. IV 03/11/2008 n. 5475, che ha rilevato come evidenziata autonomia nell'apprezzamento disciplinare dei fatti accertati dal giudicato penale permette di escludere la sussistenza (avanzata nel sesto ordine di censure) dei denunziati profili di eccesso di potere per difetto di istruttoria ed errata impostazione degli atti accusatori, ricollegati al rilievo che il ricorrente è stato condannato per un ipotesi concussiva di tipo induttivo e non costrittivo.
Mentre il T.A.R. Veneto, sez. I, n. 1 del 2012, dichiarava illegittimo il provvedimento sanzionatorio, il Consiglio di Stato, sez. III, 28/05/2012, n. 3101, ha dichiarato legittimo il provvedimento di destituzione dal servizio dell'agente della Polizia stradale condannato penalmente per concussione, per essersi fatto consegnare dal conducente di un mezzo pesante la somma di lire 50.000 al fine di evitare il pagamento della sanzione amministrativa per violazione del codice della strada, risultando ininfluente il carattere episodico dell'illecito commesso, la modestia del profitto conseguito e il comportamento successivamente tenuto dall'agente, ai sensi dell'art. 7, d.p.r. 25 ottobre 1981 n. 737 .
L’inasprimento delle sanzioni penali  è l’unica cosa positiva .
Il controllo è demandato all'autorità giudiziaria che necessariamente è meno veloce di quella amministrativa.
La pena edittale minima per il peculato passa a quattro anni (fino a dieci), art. 314, comma 1, c.p.
Il reato di  concussione è punito con la reclusione da sei a dodici anni, art. 317 c.p.
La richiesta di patteggiamento ha, però, effetti perversi poiché esclude la  possibilità dell’applicazione delle pene accessorie della interdizione perpetua.
Essa si applica solo per una pena di reclusione superiore a tre anni.
La pena edittale del peculato passa da quattro anni - minimo edittale meno un terzo per il rito e un terzo per le attenuanti generiche - a ventidue mesi.
La pena edittale della concussione passa da sei anni - minimo edittale meno un terzo per il rito e un terzo per le attenuanti generiche - a trentadue mesi.
Restano le difficoltà di coordinamento fra la normativa sanzionatoria penale e quella amministrativa. La sanzione della destituzione deve coll'attuale sistema essere pronunciata dall'amministrazione con la tutela attribuita al giudice amministrativo.

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