domenica 14 aprile 2013

Società. Compensi ai manager


Società. Compensi ai manager

Svizzera, referendum storico.

i compensi  ai super manager li decidono gli azionisti  e non gli stessi manager che li percepiscono.

Gli svizzeri hanno deciso che saranno gli azionisti a decidere sui compensi.
Ottima l’iniziativa, proposta da un deputato indipendente, il piccolo imprenditore di Sciaffusa, Thomas Minder.
Chi in Italia ha il coraggio di proporla?

venerdì 12 aprile 2013

Proprietà immobiliare. Registro dell'anagrafe immobiliare

Proprietà immobiliare. Registro dell'anagrafe immobiliare
Adempimenti
Scheda per il registro dell'anagrafe immobiliare
Unità immobiliare
Scheda Anagrafica dell'inquilino L 220/2012
A che serve non si sa tutti i dati sono in possesso dell'Agenzia delle Entrate perché contenuti nella registrazione del contratto di locazione.
Forse per costituire un nuovo parco documenti da controntare con altri documenti. Il tutto serve per creare nuovi adempimenti e lavoro con nuovi costi dell'investitore.
Sanzioni L'ammnistratore si rpocura i dati a spese del propietario.

venerdì 5 aprile 2013

L'affare. presentazione


Presentazione.

Un'invasione di mosche mette in difficoltà una felice comunità.
Si incarica di risolvere il problema il Presidente esponente di spicco dell’Organizzazione che nella gestione di affari pubblici ha trovato il sistema di accumulare prestigio, potere e guadagni.
Il rapporto dei protagonisti col potere è il leif motiv di un racconto in cui l’esperienza quotidiana si coniuga con la fantasia.
Il Presidente ha uno straordinario seguito nella comunità.
Molti sperano di ottenere con la sua amicizia i suoi favori.
Lui naturalmente pensa solo a gratificare il suo un manipolo di boiardi.
I membri più fidati dell’Organizzazione sono messi a capo di ogni ente controllato.
La loro gestione ha l’unico fine di comandare per fare quattrini incuranti della sorte degli amministrati. Gli onesti subiscono, ma stanno zitti e non si indignano.
La situazione precipita solo quando la situazione igienica degenera. L'imbroglio è scoperto e gli arrivisti sono puniti.
C'è però qualcuno che pensa di ricominciare l'affare rimescolando le carte a proprio vantaggio.
L’autore


P.S. I personaggi sono di fantasia anche se i fatti come quelli raccontati accadono ogni giorno.








1.              Capitolo. La situazione.


Il dolce aprile del 2017 sta arrivando.
La stagione porta un po’ di tepore che mitiga i rigori dell'inverno.
E’ il mese che tutti attendono con maggiore simpatia.
Con la primavera arriva anche la gioia di vivere all'aria aperta, di muoversi, di sentirsi allegri e spensierati.
E’ il verde risveglio della natura.
E’ a tutti gradito starsene lì, seduti nei bar della grande piazza, a godersi i tiepidi raggi del sole.
La piazza è grande, quadrata. Tutta la vita della città confluisce in quella piazza.
Da essa si dipartono a raggiera le vie principali.
Da alcuni anni le strade di accesso alla piazza sono state chiuse al traffico.
Alle porte della città, in prossimità del Viale dei Tigli, quello che porta al grande ponte sul fiume, è stato realizzato un grande parcheggio coperto.
In primavera i tigli iniziano a fiorire ed il loro profumo satura l’aria e rende la vita più felice.
Per accedere all'area della piazza, ormai dominio incontrastato dei pedoni, è necessario inoltrarsi sulle rapide rampe d'accesso del parcheggio, spogliarsi dalla frenetica veste del conducente d'auto ed indossare la divisa del placido pedone.
Abbandonare il mezzo di trasporto anche per fare pochi metri, solo alcuni anni prima sarebbe stata una richiesta improponibile agli auto-mobilisti.
Coll’instaurazione da parte delle autorità cittadine del divieto d'accesso, gli automobili-dipendenti hanno dovuto staccarsi dal volante della loro vettura cui erano incollati per raggiungere la loro meta.
Prima parcheggiavano dappertutto, incuranti dei divieti di sosta, assalivano come uno stuolo di cavallette metalliche ogni angolo della piazza, diventata un grande parcheggio.
Era un ingorgo di macchine piazzate ovunque lungo i marciapiedi delle strade ed arrivavano anche lì, vicino alla balaustra di marmo nero della fontana.
La vista era mortificata, l'armonia geometrica della piazza era deturpata da quel groviglio rozzo e disarticolato di automobili.
Il fluire dei pieni e dei vuoti dei volumi dei porticati era interrotto dalle colonne di macchine parcheggiate nel modo più disordinato, la balaustra della fontana non si vedeva quasi più, praticamente invisibile coperta com’era dalle lamiere colorate.
Ora dopo la cura drastica dei divieti spicca la scultura centrale: un grande calice stilizzato di marmo bianco dal quale esce alto e sicuro lo zampillo d'acqua, scintillante di luci all'imbrunire.
Quell'aprile tuttavia la piazza è stranamente deserta abbandonata anche dai pedoni.
Non vi sono più i soliti gruppi di persone che indugiano a chiacchierare e a bere qualcosa seduti al bar.
Manca la folla chiassosa e variopinta e con essa è assente l'allegria e la gioia di vivere.
Si possono vedere, invece, sciami neri di mosche che pattugliano con metodo scientifico le strade, senza farsene scappare alcuna.
Le mosche hanno occupato la piazza facendo della fontana la loro roccaforte.
Con simili nemici sparsi ormai in ogni angolo, la città sembra completamente paralizzata, gli spostamenti sono limitati allo stretto necessario, i luoghi di ritrovo all'aperto sono deserti.
Il traffico automobilistico è strettamente ridotto: ormai gli automobilisti osano infilarsi nell’abitacolo solo per raggiungere il luogo di lavoro poiché temono gli assalti degli insetti.
In quelle ore le strade sono di solito animate, ma quell’aprile tutto sembra irreale.
E’ una pena vedere la gente tutta infagottata, per evitare ogni possibile contatto con gli insetti, camminare con passo frettoloso per raggiungere al più presto un qualunque luogo chiuso che può fornire riparo sicuro da quel novello flagello.
Quell’anno le mosche sembra che siano inattaccabili da qualsiasi tipo di insetticida.
Ogni tentativo di debellarle è finora risultato vano.
L’invasione degli insetti è più insistente nelle zone periferiche dove il servizio di raccolta dei rifiuti è meno efficiente.
Il Presidente dall’interno della sua autovettura chiusa ermeticamente osserva preoccupato la situazione.
E’ lui che deve prendere le decisioni per sconfiggere il fenomeno.
Il Presidente è un politico affermato che da il suo contributo per risolvere i problemi del paese riuscendo a raggiungere una invidiabile posizione economica.
La sua statura di livello nazionale mal si concilia con quell’unico incarico cui è stato relegato, ma qualcosa gli dice che potrà ricavarne buon frutto.
Robusto, di corporatura media, l’uomo ha perso parte della sua capigliatura, ma non il suo vigore.
Gli ultimi capelli rimasti non riescono ad incorniciargli la fronte, ma stanno lì ritti, ribelli alla pressione del palmo della mano che tenta di farli appiattire sulla testa, come cavalli imbizzarriti.
E’ proprio na storia da fare venir i caveli dritti” dice a Toni l’autista che da una vita lo scorrazza in macchina per ogni dove.
Il Presidente è un uomo di 55 anni ben portati.
Lui indossa un foulard sulla camicia sbottonata che fa bella mostra di sé sbucando fuori dal giubbotto di pelle scamosciata, i pantaloni di gabardine tengono meravigliosamente la piega anche se lui passa tutto il giorno in macchina e sono in tinta col colore nocciola del giaccone.
L’abbigliamento, pur nella voluta praticità, è elegante e curato.
L’ultima ricognizione prima della riunione del consiglio dell’Ente per il controllo delle mosche è doverosa perché più volte ha promesso alla cittadinanza decisioni rapide che non sono mai arrivate.
Lui ha promesso di risolvere il problema in tempi brevi, ha promesso il suo interessamento per ottenere il massimo delle risorse per debellare quell’insolito fenomeno.
Il Consorzio per la Lotta alle Mosche ha, in effetti, svolto un’intensa attività di ricerca, convegni, incontri con la cittadinanza.
Gli amministratori del Consorzio hanno discusso molto, hanno cominciato ad assumere ma troppo poco per raggiungere la consistenza di un vero ente che faccia notizia. Anche le consulenze sono state poche perché lui non è riuscito ad incidere come si doveva per recuperare i fondi necessari. Il fenomeno non è stato valorizzato ai fini elettorali nella dovuta maniera.
Nulla però che abbia potuto debellare il flagello delle mosche.
Niente disinfestazioni radicali, nessun provve-dimento per eliminare i cumuli di immondizia che si trovano ancora stoccati lungo le strade più periferiche. E’ vero, è stato assunto qualche operatore ecologico addetto al taglio dell’erba lungo i canali d’irrigazione, ma senza alcuna competenza relativa all’eliminazione dei rifiuti.
La situazione è esplosa durante lo sciopero dei netturbini che si lamentano di dovere operare all’aperto per rimuovere la spazzatura attaccati dalle mosche.
Il blocco dell’attività di rimozione ha provocato il conseguente ampliamento dei cumuli di immondizie lungo le vie della città.
Lo sciopero è rientrato, ma i mucchi di sacchet-ti di immondizie sono rimasti.
Effettivamente il complicarsi della situazione è un buon segno; il fenomeno mosche legato al fenomeno rifiuti può cominciare a dare buoni frutti. Bisogna lavorarci ancora molto, ma il Presidente sente che stavolta è sulla strada buona.  
I più pessimisti temono che la situazione possa assumere proporzioni allarmanti entro breve tempo, all’epoca del grande caldo.
I più allarmisti parlano di possibili epidemie collegate alla scarsa igiene.
Le mosche arrivate per caso hanno trovato nella città il loro habitat ideale.
La città si è come trasformata in un grande campo di battaglia.
E’ come vivere in un clima di guerra: tutti tengono costantemente una paletta ammazza mosche a portata di mano, non solo in casa, ma ovunque, anche sul posto di lavoro.
Le finestre degli edifici sia pubblici che privati sono incorniciate dai più diversi tipi di zanzariera.
Chi non si rifugia nelle case, presidiando porte e finestre con ogni più sofisticato mezzo di difesa, non ha via di scampo.
L’attacco di sciami di mosche è deciso e diretto ed il loro terribile ronzio ossessiona i malcapitati.
Ogni attività all’aria aperta è di fatto impedita.
Nessuno più gioca a tennis o si reca in piscina sia pure a prendere il sole di primavera.
Nessuno più si sposta in bicicletta o in ciclomotore.
La situazione è oramai intollerabile.
Il nemico si può debellare con l’uso degli efficacissimi d.d.t., ma quei prodotti sono stati messi al bando definitivamente: nel paese si sta sostenendo una grande battaglia per riportare tutti ad una migliore qualità di vita.
No agli sprechi, no alle macchine, no ai ritmi alienanti di una civiltà comoda basata sul tutto pronto, sul tutto facile.
Si deve ritornare ad una vita improntata ai ritmi naturali di un tempo.
Quindi no al d.d.t. e a tutti quei prodotti che possono inquinare l’ambiente, bisogna accettare le mosche come componenti dell’habitat e combatterle con rimedi naturali.
L’ambiente e la sua tutela è un buon tema elettorale e può valere molti consensi se gestito bene è anche una miniera di buoni affari se collegato con la green economy.
Certo che con tali rimedi non è facile sconfiggere neppure quel piccolo insetto, che è così diventato per tutti il nemico pubblico numero uno. La sua eliminazione è assolutamente prioritaria.
Con i suoi occhietti sfaccettati e rotanti che lo tengono sempre all’erta contro ogni tentativo di distruzione da parte dell’uomo, con le sue alucce trasparenti che lo rendono agilissimo in ogni subitaneo spostamento, con il suo corpo piccolo e peloso che dà una sensazione di sporco e di schifo, quel piccolo insetto è stato oggetto dei più attenti studi e delle più complesse ricerche da parte dei migliori esperti assunti dal Consorzio per la Lotta alle Mosche.
















2.              Capitolo. L’invasione delle mosche.


Il Presidente non ha certo lesinato in spese per consulenze e ricerche per combattere l’invasione delle mosche.
L’abolizione dei sistemi più radicali ha però vanificato ogni tentativo di risolvere il problema con mezzi naturali.
Tecnici e amministrativi di ogni specialità hanno esaminato e studiato il problema sotto ogni aspetto anche il più insignificante. Gli esperti hanno prodotto studi enciclopedici.
Gli studiosi hanno sviscerato nel modo più analitico la storia del fenomeno; hanno analizzato le possibili cause che hanno ingenerato l’invasione di mosche; non hanno trascurato alcun dettaglio ed hanno fornito ogni plausibile motivazione.
Le soluzioni proposte sono numerose e contraddittorie.
La questione è stata esaminata sotto il profilo tecnico, ma non sono per questo stati trascurati gli studi che mettono in evidenza l’aspetto sociale del fenomeno.
Sono stati formulati e spediti migliaia di questionari la cui lettura e compilazione consentono anche al più sprovveduto lettore di essere aggiornato su ogni attività molesta dell’insetto.
Quante volte al giorno il dichiarante è stato, mediamente, punto da una mosca nell’ultima settimana?
Quante ne ha viste, mediamente nell’ultima settimana, in cucina, in soggiorno, in camera da letto ed in bagno?
E i discendenti, ossia i figli, e gli ascendenti, ossia i genitori, ed il coniuge, ossia la moglie, del dichiarante quante volte, sempre nell’ultima settimana, sono stati colpiti?
Chissà perché, ma probabilmente per la concezione tremendamente maschilista di quella società, il dichiarante, nel gergo burocratico dei questionari, è sempre il maschio di casa.
L’indagine scende poi nei particolari per definire di che specie sono gli insetti attaccanti, fornendo una idonea informazione sui tipi di quelli più diffusi.
Si tratta forse della mosca comune di piccole dimensioni, facile da trovare nei quartieri del centro della città.
Si tratta forse del moscone della carne, più grande delle normali mosche, riconoscibile per il ronzio provocato dalle grosse ali. Lo si può trovare nei luoghi di mercato e nelle macellerie, dove i negozianti hanno adottato un vero e proprio piano di difesa per impedirne l’entrata.
Si tratta forse dell’estro del cavallo o dell’estro bovino, che si trovano più di frequente nelle zone di campagna appena fuori dalla città, dove c’è ancora qualche cascina con delle stalle.
Si tratta forse della noiosa zanzara, terribile succhiatrice di sangue, che riesce a marchiare uomini, donne e bambini, con il suo implacabile pungiglione.
Si tratta forse delle formiche alate, che, nelle sere d’estate, si levano in volo con i loro compagni per l’ultimo volo di morte.
A cosa serve un questionario di tal fatta pochi forse l’hanno capito, o forse, pur capendolo, pochi osano avanzare dei dubbi o dichiararne pubblicamente l’inutilità.
Cosa serve far tanti studi?”
E’ stato detto da qualche piccolo gruppo di sprovveduti che non sanno che i fenomeni per essere risolti dalla radice devono essere studiati approfonditamente.
Quanti dibatti il Presidente ha dovuto affrontare per convincere i suoi interlocutori.
No basta ciapar qualche decision invece che far ricerca.
A cosa serve contar le mosche se no se pol eliminarle che co sto bacheta.”
Essi nel corso della discussione mostrano, alzando prepotentemente le mani, una fluttuante asticella di plastica non più lunga di quaranta centimetri che finisce con una paletta dello stesso materiale tutta bucherellata.
E’ lo strumento che il Consorzio ha distribuito a tutta la popolazione per risolvere il problema delle mosche in maniera poco impattante senza contaminare con gli insetticidi l’ambiente.
Volemo insetticidi” – reclamano – “volemo quei più potenti. No volemo sta roba” urlano agitando la paletta.
Il Presidente ha spiegato, invano, a questi sprovveduti come stanno le cose.
Poverini, costoro non capiscono la bontà delle scelte operate dal Consorzio per la Lotta alle Mosche.
Non si sono ancora convinti della necessità di cambiare metodo.
L’indagine preventiva è l’unico sistema da adoperare, se non si vuole rischiare grosso con gli insetticidi e assoggettare tutti ad un pericolo globale di inquinamento.
Basta solo un po' di pazienza.
Non è stato costituito, dopo un’ampia consultazione, un apposito Ente per il controllo delle mosche? Non vi hanno espresso tutti la massima adesione?
E allora bisogna solo aspettare!
Il meccanismo per risolvere il problema delle mosche è già stato innescato!
Mosche, spazzatura e tutela dell’ambiente possono creare un buon trampolino di lancio per l’ascesa politica del Presidente.






3.              Capitolo. La riunione del consiglio di amministrazione.


La riunione del Consorzio per la Lotta alle Mosche è fissata per le 17,00 del 17 aprile 2017.
Il Presidente che è un tantinello superstizioso è convinto che il 17 sia per lui un numero che porta fortuna.
Circa un’ora prima gli uscieri hanno incominciato i preparativi, come al solito con molta precisione.
Il tavolo rettangolare in mogano lucidissimo rispecchia il lampadario di vetro di Murano lavorato a mano, che troneggia in mezzo alla sala con i suoi colori tenui dal rosso all’azzurro pallido.
I portacenere, lavati accuratamente e perfet-tamente lucidati attendono con disgusto la cenere ed i mozziconi di sigarette che avrebbero inevi-tabilmente ospitato nel corso della riunione.
Le sedie sono allineate come tanti soldati sull’attenti.
Il condizionatore, acceso al massimo dà una piacevole sensazione di fresco abbassando di pochi gradi la temperatura primaverile nel tentativo di raffreddare gli animi.
Tutto è preparato con estrema accuratezza.
Anche le cartelle, ordinatamente disposte sui tavoli, gonfie di documentazione e di carta per appunti, fanno presagire che la seduta sarebbe stata importante.
D’altro canto l’attività del Consorzio per la Lotta alle Mosche è conosciuta da tutta la città.
L’intero consiglio di amministrazione si è pro-digato affinché il problema sia dibattuto ovunque.
Sui giornali a tiratura locale sono apparsi da tempo ampi spazi pubblicitari che illustrano quanto è stato fatto e i futuri programmi del Consorzio per la Lotta alle Mosche.
Gli opuscoli divulgativi sono a disposizione di chiunque voglia informarsi e dare il suo contributo per la battaglia; la lotta contro il comune nemico ha bisogno della mobilitazione di tutta la popolazione.
La riunione fa parte, minuscola particella in realtà, di quel grande programma di combatti-mento il cui unico scopo è quello di debellare definitivamente l'acerrimo nemico.
Gli argomenti all’ordine del giorno sono di grande rilevanza; poiché il Presidente ha in programma di illustrare il suo programma per debellare il flagello delle mosche; il clima si prospetta torrido.
Tutti sanno benissimo che il Consiglio è completamente spaccato sui rimedi da adottare ed una decisione finale che trovi tutti o almeno la maggioranza dei consiglieri disposti a sostenerla non è un facile obiettivo da raggiungere.
L’espressione dei componenti del Consiglio è impenetrabile, così che non è possibile intuire il loro pensiero, forse perché molti di loro non hanno le idee ben chiare.
I consiglieri entrano nella sala con passo sicuro, parlottando tra loro del più e del meno.
Gli uscieri, tirati a lucido ed impettiti, consci del loro ruolo, attendono in piedi, accanto alla imponente porta a vetri, l’arrivo dei loro santi patroni.
Ogni consigliere è, infatti, per i dipendenti del Consorzio un punto di riferimento per ogni grazia da chiedere. Tutto il loro avvenire lavorativo dipende da loro.
Il compito principale degli uscieri, data l’attuale situazione, è quello di richiudere precipi-tosamente la porta facendo bene attenzione che con i consiglieri non entri nella sala anche l’odiato nemico.
Dopo essersi sincerati che nessuna mosca è riuscita ad infiltrarsi, solo allora, come solerti padroni di casa, salutano distintamente col doveroso.
Bongiorno Cavalier” “Bongiorno Commen-dator.
Tutti i consiglieri sono, infatti, Cavalieri o Commendatori e Dio sa se l’hanno sudata quella onorificenza.
Solo il Presidente non ha titoli, lui viene, infatti, da una esperienza di dura gavetta, tratta gli uscieri con grande familiarità sentendosi molto vicino anche a chi presta l’opera più umile.
Lui ha sempre per loro un saluto più caloroso degli altri, accompagnato spesso da una battuta o da una domanda cortese.
Fra gli uscieri gli è simpatico Filisteo dalla voce profonda e grave. Una voce che pare uscire dall’oltretomba e che rende importante anche le parole più insignificanti da lui pronunciate.
Sarebbe potuto diventare un buon baritono, solo se avesse ascoltato i consigli di suo padre melomane convinto.
Tutti si accorgono del suo saluto anche se non si fa mai incontro alle persone.
Per quanto cerchi di avanzare spedito deve trascinare pur sempre la sua gamba cui la paralisi ha bloccato la crescita quando era bambino.
Filisteo non se ne fa un problema.
E’ un saggio come tutti i pescatori. Lanciare con grande maestria l’amo nel mezzo del fiume è il suo più grande divertimento. Quando può è lì in riva al fiume a due passi dalla città con il suo inseparabile motorino.
Da quando c’è l’invasione delle mosche ha dovuto interrompere la pesca perché gli insetti, se stai fermo, ti avvolgono in un abbraccio impos-sibile.
La sala si è riempita alla spicciolata, oramai sono arrivati tutti.
Manca solo lui: il Presidente.
Lui si presenta immancabilmente in ritardo non tanto perché voglia fare pesare l’importanza della carica, ma per il suo temperamento svagato, assorto, abituato a pensare contemporaneamente a cento argomenti, pronto a fermarsi a discutere con chiunque per finire, di preferenza, in un bar davanti ad un’ombra di vino, purché genuino, s’intende!
Il Presidente entra con passo sicuro tenendo fra le labbra carnose un puzzolente sigaro toscano.
Il sigaro scorre da un lato all’altro delle labbra con estrema destrezza e, pur tenendolo ben fermo, dà l’impressione che sia lì appiccicato quasi per caso.
L’acre profumo impregna la stanza e supera l’odore di fumo delle numerose sigarette dei consiglieri, ma nessuno si azzarda a protestare per quella intollerabile atmosfera da camera a gas.
Il Presidente, da buon padre di famiglia, saluta molto calorosamente gli uscieri e si introduce nella sala.
Prende posto nella poltrona più ampia e comoda, in testa all’enorme tavolo di mogano lucente.
I consiglieri sono già tutti presenti.




















4.              Capitolo. Il dott. Rossi.


E’ giunto anche il segretario.
Il dott. Rossi è ancora trafelato per l’ultima cor-sa da un ufficio all’altro per racimolare le ulti-me carte da portare in consiglio di amministrazione.
E’ un vecchio dirigente amministrativo aduso a tutte le astuzie.
E’ riuscito con mille intrallazzi ad ottenere un unanime consenso per quell’importante incarico.
Amicizie e frequentazioni con importanti diri-genti dell’Organizzazione centrale hanno suppor-tato la sua nomina in periferia
Non è particolarmente esperto dei problemi tecnici che la battaglia contro le mosche impone.
La sua professionalità consiste soprattutto nella grossa capacità di sapere trovare collegamenti a tutti i livelli.
Passa gran parte del suo tempo a garantire la sua massima disponibilità a favore dell’Organiz-zazione.
Serve un aiuto per un’assunzione?
C’è da fare un piacere a qualche simpatizzante?
C’è da organizzare un convegno?
Sempre a disposizione senza nulla chiedere.
Il dott. Rossi è sempre al telefono a raggua-gliare di ogni piccolo particolare i suoi referenti per tenerli informati di ogni possibile sviluppo e per fare vedere la sua disponibilità al servizio.
La sua filosofia è molto semplice: cercare di essere accomodante con chi comanda, essere arrogante e strafottente con i suoi sottoposti.
Effettivamente è un sistema collaudato per cer-care di rimanere al suo posto il maggior tempo possibile.
Il suo aspetto fisico denota questa sua indiscutibile capacità.
E’ alto e piuttosto magro.
Le gambe e soprattutto le braccia appaiono straordinariamente lunghe rispetto al tronco.
Le braccia poi si muovono in continuazione e, soprattutto, è a loro familiare e consueto l’alzarsi fino all’altezza delle spalle e abbracciare, con bonarie pacche sulla schiena, l’interlocutore quasi a volere captare la sua benevolenza.
E’ il modo pratico di tradursi di una ostentata familiarità che, a dire il vero, però non si manifesta mai con i suoi subalterni, ma solo con coloro che possono essergli utili.
Di solito, con le persone che collaborano con lui in un rapporto di chiara subordinazione, il dott. Rossi è rigido e poco cordiale e non ama indulgere ad alcuna familiarità anzi si diverte a tenerli sotto pressione, non dimostrandosi mai soddisfatto del loro lavoro.
La stanza è luminosa.
Tre ampie vetrate si aprono verso ovest e, dall’alto del decimo piano, chi vi si affaccia può godere di una vista meravigliosa; specie al tramonto quando il sole, giunto al tetto dei palazzi di fronte, tinge di rosso il cielo.
E’ un quadro naturale offerto dall’ammini-strazione per la maggiore delizia dei potenti che frequentano la sala delle riunioni.
Il grattacielo è stato costruito negli anni 50 e incombe su di un giardino dove gli anziani si godono un sonnolento riposo seduti sulle panchine ed i bambini giocano sotto gli occhi delle madri.
Ora il giardino è deserto perché le mosche impediscono una sosta tranquilla.
Anche i bambini non resistono e dopo in po’ piangono infastiditi dal continuo ronzio e dagli attacchi delle mosche che li importunano; le madri, non potendo difendere le loro creature all’aperto, preferiscono ritirarsi all’interno delle abitazioni.
E’ questo l’unico spazio verde sito nel cuore della città di recente liberato dalle macchine che prima continuavano imperterrite a girare sempre alla ricerca di un introvabile parcheggio.
La vista del verde degli alberi combatte la sua battaglia per vincere il colore grigio del cemento delle nuove costruzioni.
I consiglieri non si curano, però, di ammirare il panorama; essi sono lì, sprofondati nelle loro poltrone dirigenziali, pronti a dare il loro contri-buto sofferto, ma utile.
Se ne stanno attorno al grande tavolo di mogano lucente di forma ovale che troneggia imponente nel bel mezzo della sala.
Se invece che di forma ovale fosse stato un tavolo rotondo il paragone con i mitici cavalieri dalle nobili gesta sarebbe balzato evidente alla mente di chiunque.
Che differenza può esserci se invece di tenere saldamente nelle mani le redini di indomiti destrieri, per combattere contro ogni pericolo, i consiglieri sono saldamente aggrappati ai braccioli delle loro poltrone per combattere il nuovo flagello?
Si tratta, però, di un tavolo ovale!
Ognuno ha dinanzi una cartella di similpelle nera, lucida anch’essa, come il tavolo, ripiena di ogni sorta di cancelleria: gomme, matite, penne biro e fogli per appunti.
E’ un piccolo corredo che avrebbe fatto gola ad un bambino ansioso di tracciare sui fogli di carta bianchi dei disegni infantili.
Forse per questo le cartelle devono, il più delle volte, essere sostituite.
I posacenere sono accuratamente lavati e luccicano al riflesso della luce artificiale.
L’atmosfera è carica di energia, si avverte che non si tratta di una delle solite riunioni dedicate all’ordinaria amministrazione, qualcosa di impor-tante sta per accadere.
Anche l’ora nella quale è stato convocato il consiglio - le diciassette – è insolitamente tarda rispetto alle normali riunioni che si svolgono all’inizio del pomeriggio e lascia presagire che qualcosa di nuovo sarebbe accaduto.
Quell'ora stanca e pigra del crepuscolo si trasforma anch’essa in una piccola tessera che deve servire a completare il mosaico di questo importante avvenimento.
Tutto sembra fermo, immobile, in attesa.
Una strana quiete prima della tempesta.
Tutti quelli che contano nel Consorzio sono presenti alla riunione.
Il dott. Bianchi no.
Lui è semplicemente vice segretario aggiunto.































5.              Capitolo. Il dott. Bianchi.


Il dott. Bianchi è vice segretario aggiunto pre-posto alla ricerca scientifica.
Per lui, particolarmente legato a schemi buro-cratici, la carriera è un modo di affermare la sua personalità.
Legittimista ad oltranza, il solerte funzionario ritiene di potere raggiungere posizioni di vertice senza andare a proporsi ai potenti, soprattutto senza richiedere la loro protezione.
Il dott. Bianchi non ha santi patroni in consiglio.
Lui è uno dei pochi che al Consorzio per il controllo delle mosche è arrivato con un regolare concorso.
Uno degli ultimi concorsi banditi per errore contravvenendo alla regola imperante che gli amministratori devono scegliere i loro dirigenti
E’ proprio per questo che è inviso ai consiglieri perché è arrivato a quella posizione senza avere avuto bisogno di nessuno.
Chi no ga bisogno de nissun, nol fa piaseri a nissun” ripete spesso il Presidente che ha più volte sondato il dott. Bianchi per verificare una sua collaborazione alla gestione del Consorzio, se per caso col tempo la situazione dovesse evolvere.
Scuote la testa pensando ai problemi che il dott. Bianchi può creare se solo lo si metta in una posizione autonoma che gli consenta di affrontare le difficoltà.
Il problema delle mosche può essere risolto in tempi rapidi con una spesa modesta ed in fretta.
Una vera disdetta che bisogna contrastare con tutti i mezzi.
La spazzatura è un’opportunità da valorizzare lo sciopero dei netturbini è venuto a pennello ad accrescere un problema che può portare tanti soldi se gestito bene.
Sono pericolosissime le persone che hanno competenze proprie e sanno lavorare senza bisogna di coperture e soprattutto quelle che non riescono a vedere le possibilità di fare denari creando proseliti e rendite agli amici dell’Organiz-zazione.
Se l’Organizzazione non è intervenuta  per costruire la carriera di questi presuntuosi la sua stessa autorità è irrimediabilmente minata.
Chi è assunto senza bisogno di padrini ritiene di potere fare tutto da solo senza rispondere alle indicazioni dell’Organizzazione.
Quello che ha portato alla assunzione del dott. Bianchi sarebbe rimasto l’ultimo concorso.
D’ora in poi le persone le avrebbero selezionate loro secondo il loro indice di gradimento.
Quante tessere hanno recuperato all’Organizza-zione?
Rispondono alle indicazioni?
Hanno risolto i problemi nei tempi e con le modalità fissate dall’Organizzazione.
Bandiscono dal loro operare inutili personali-smi e colpi di testa.
Questi sono i parametri di selezione per l’assunzione di un dipendente del Consorzio!
Il dott. Bianchi studia, studia, scrive, scrive; lui sa tutto sul modo di vivere delle mosche e su come combatterle fino a distruggerle comple-tamente.
Ha fatto studi accurati sugli insetticidi. Distingue quelli che hanno forti presenze di sostanze velenose; cerca di mettere in guardia i consiglieri dai loro effetti negativi.
Teme, infatti, che il loro deposito nel suolo li ponga nel ciclo vitale della alimentazione umana, cosa estremamente pericolosa poiché attraverso gli alimenti possono essere assunti dalle persone e provocare danni irreversibili.
Predilige per la lotta alle mosche prodotti con componenti naturali, magari meno efficaci, ma che per lo meno producono la scomparsa delle mosche senza creare effetti secondari o quelli che agiscono sul sistema di riproduzione delle mosche, facendo in modo che gli acerrimi nemici non possano procreare.
Il dott. Bianchi è un illuso.
Egli pensa di risolvere i problemi attraverso conoscenze tecniche! Vuole fare carriera attra-verso la sua preparazione professionale senza cercare agganci con nessuno!
Inaudito!
Se ne sta lontano da riunioni e convegni che non siano prettamente scientifici, disdegna persino il ricco buffet che segue ritualmente la fine del convegno.
Chi non prosegue la discusion magnando na tartina xe un maleducato e dimostra de aver poca vogia de far ben!” Sentenzia il dott. Rossi addentando una tartina al salmone.
Delisiosa” replica mentre il Presidente ripete che la lotta alle mosche, a suo avviso, è a buon punto e che i problemi sono in via di soluzione.
Il dott. Bianchi preferisce passare il suo tempo tra studi ed esperimenti.
Questo suo modo di fare è sgradito a tutti perché o considerano un piantagrane saputo che non sa comportarsi e rispettare stando zitto le scelte degli amministratori.
Il dott. Rossi lo detesta perché ha una buona preparazione e le poche volte in cui può prendere la parola in consiglio dice delle cose sensate che possono mettere in secondo piano la sua incon-testata capacità dirigenziale.
Non ha nemmeno il pudore di stare zitto quando parla qualcuno più importante di lui.
Il dott. Bianchi fa, magari delle precisazioni utili, ma che fanno apparire l’oratore meno preparato di uno appena laureato che manca di esperienza di gestione.
E’ meglio sostenere dei collaboratori un po’ insulsi che combinano magari qualche pasticcio.
Questi somari, almeno, possono dare ai  consiglieri la possibilità di fare bella buona figura suggerendo qualche facile rimedio.
I collaboratori peggiori sono i tuoi sostenitori migliori.
Sono loro quelli che ti affiancano e sostengono quando occorre nelle campagne elettorali a raccogliere i consensi!
Il dott. Bianchi poi ha la mania di suggerire delle soluzioni innovative molto efficaci ma poco costose. Esse non consentono di fare grossi appalti e muovere conseguentemente grosse somme.
Una disdetta insomma per ogni buon ammini-stratore che si rispetti!
Il dott. Rossi lo giudica come un saccente che vuole risolvere i problemi ignorando comple-tamente l’apporto del Consiglio; come se la com-petenza degli amministratori alla soluzione alla battaglia contro le mosche non sia determinante.
Questo comportamento è per lui intollerabile e prima o poi gliela avrebbe fatta pagare.
















L'affare. La discussione.


1.              Capitolo. La discussione.


Il Presidente prende una posizione comoda sulla sua poltrona di cuoio marrone, dà una sbirciatina, quasi per un ultimo controllo, al fascicolo contenente la sua relazione, infine beve un sorso d’acqua minerale per sbloccare la lingua, che si è impastata nella bocca diventata arsa per l’emozione.
Gli capita sempre così quando deve incomin-ciare a parlare, il vero oratore ha sempre bisogno di sorseggiare un mezzo bicchiere d’acqua.
E’ pronto.
Sta per incominciare: “Egregi consiglieri” ma si interrompe subito poiché vede giungere Filisteo, che trascina la sua gamba offesa più velocemente del solito, con un telefono portatile in mano.
Il Presidente quando è impegnato nelle riunioni spegne sempre il suo cellulare.
Filisteo si avvicina al presidente il più possibile per fare sì che nessuno senta quello che gli sta dicendo: “Ghe xe la signorina Cocoleta al telefono
Cocoleta è il nomignolo con cui il Presidente chiama la sua morosa.
E’ la sua eterna fidanzata.
Non vivono assieme perché non vogliono lega-mi troppo stretti e ognuno vuole vivere in maniera autonoma la propria vita, soprattutto Cocoleta.
Lei sa benissimo che il Presidente non può e non vuole essere disturbato durante il suo lavoro e soprattutto durante le riunioni, ma si compiace di essere un tantino dispettosa e di averla vinta anche nelle situazioni in cui sa di avere torto.
Te go dito de no telefonar quando so drio a far le riunioni!” Il tono del Presidente è visibilmente irritato.
Ma ti sa che no ti me ga da neanca un baseto quando ti xe andà via?” risponde Cocoleta più dolce della pasta di mandorle – il dolce preferito del suo moroso.
Il Presidente tenero di cuore non sa fare altro che scusarsi “Si Cocoleta amor mio te domando perdono ma gero in pensiero per el lavoro!
Ecco no ti pensi mai a mi” Cocoleta soddisfatta di avere la meglio ancora una volta non vuole stravincere “Ciao te laso xe vedemo dopo.”
Il Presidente ha imparato a sue spese che a Cocoleta non si può che dare ragione per averla vinta.
Impunito donnaiolo il Presidente immancabil-mente viene interrotto nelle riunioni dalle sue numerose fiamme.
Non si è mai posto il problema di tenere spento il cellulare perché è fermamente convinto che la sua immagine di macio gli giovi enormemente nella campagna elettorale. Ritiene che accreditare questa sua immagine sia un modo per ottenere consensi in quella società fortemente maschilista che lo sostiene.
Riposto il telefono nelle grosse mani di Filisteo, il Presidente può cominciare finalmente a dare lettura della relazione, scusandosi di questo inopportuno scocciatore.
I consiglieri sanno già benissimo i contenuti del programma di attività dell’ente, perché se ne è già parlato più volte in mille riunioni preparatorie, e seguono con distrazione la relazione.
Il discorso è essenzialmente tecnico, come un notaio il Presidente fa la cronologia dei fatti dalla data di inizio del fenomeno:
“I primi gruppi di mosche che hanno incomin-ciato a notarsi nella periferia non hanno destato una eccessiva preoccupazione. Tale comparsa non è stata sottovalutata perché il nostro ente ha sempre tenuto monitorato il fenomeno.”
Essi sono attenti solo ad appuntare qualche frase, che può dare spazio ad un loro intervento di rettifica, di puntualizzazione o di plauso, a seconda che siano su posizioni a favore o contro il relatore.
“In una successiva fase il fenomeno si è fatto più preoccupante con l’avanzarsi delle mosche nei quartieri vicini al centro.
Abbiamo considerato in un primo tempo che l’avanzata degli insetti poteva debellarsi con una maggiore igiene.”
La soglia di attenzione dei consiglieri si sta alzando mano a mano che l’avanzata delle mosche si avvicina al cuore della città.
“Infine la terza fase è proseguita - tuona il Presidente – con l’attacco ai quartieri centrali che deve essere combattuto con ogni mezzo. Fatta questa indagine non resta che individuare i rimedi.
Le mosche possono esser combattute solo col Distruttore di Mosche”.
A tal punto della riunione il dott. Rossi con un cenno della mano invita Filisteo, secondo precisi accordi presi in precedenza, a portare un proiettore per fare conoscere attraverso le immagini il Distruttore di Mosche.
Il Distruttore di Mosche è un apparecchio brevettato di recente realizzato grazie alle preziose consulenze fornite da un apposito gruppo di tecnici segnalati dai Consiglieri.
Ogni consigliere si fa vanto di segnalare un consulente, anzi ha un diritto non scritto a che essi siano tenuti in debita considerazione.
Una volta iscritto nell’elenco ufficiale il consulente deve essere sollecitato a produrre i suoi lavori nei campi di competenza ed essere profu-matamente pagato dall’ente.
Se no  che senso avrebbe impegnarsi nell’am-ministrazione se non si può fare dei piaceri agli amici?
Il Distruttore di Mosche è formato da un'asti-cella flessibile di legno che termina con una paletta di plastica traforata.
Il legno è stato scelto per la sua assoluta elasticità che consente di colpire la mosca senza che questa abbia il tempo di accorgersene.
La vera novità è la paletta traforata; i fori sono stati studiati appositamente con dimensioni che sono più piccole della normale consistenza dell’in-setto, ma tali da fare passare l’aria di modo che la mosca non abbia neppure il tempo di avvedersi del pericolo perché il Distruttore di Mosche si avvicina senza fare il minimo rumore.
L’aria passando attraverso i fori non causa alcun spostamento che possa mettere in allarme gli insetti che si trovano spiaccicati in un amen.
Il Presidente si aspetta un consenso generale a questa sua brillante proposta, che l’ha impegnato in giorni di preparazione, ma non è così.




























2.              Capitolo. L’accusa.


Politicante ha assistito apparentemente distratto alla relazione, in effetti, ha come sempre soppesato ogni parola.
Politicante ha sempre dato gran conto al suo fiuto e così ha deciso che è il momento giusto per attaccare e per avere il suo momento di notorietà.
Il Presidente ha sbagliato a non coinvolgerlo di più a non gratificare maggiormente i consulenti che ha proposto e soprattutto gli ha dato poco spazio  e poche risorse da impegnare.
L’attacco è già stato programmato da tempo nella sua mente perché la sua ambizione è infinita e quella è la volta buona.
Lo sente!
Il Presidente non ha neppure il tempo di riprendere la normale posizione rilassata sulla sua poltrona, che le parole di Politicante lo investono come Erinni vendicatrici.
Ha represso fino a quel momento ogni emozione particolare, ma interiormente, come una belva feroce, ha concentrato ogni suo muscolo per lo scatto finale.
No capiso” esclama in dialetto ma poi si riprende subito ritornando alla madre lingua “Non capisco in cosa si differenzia Distruttore di mosche da tutte le normali palette che ci sono in giro.”
“Ma gli studi, le consulenze, le sperimen-tazioni” tenta di interloquire il Presidente.
“Bisogna finirla“ tuona Politicante “bisogna finirla di affrontare i problemi senza una imposta-zione che tenga conto di tutta la composizione dell’intero fenomeno e soprattutto senza una analisi dettagliata del problema.
Soprattutto non si deve tornare indietro ossia non bisogna ritornare all’epoca degli insetticidi perché questi sistemi oramai non ci convincono più”.
”E poi” soggiunge “ è ora di piantarla di indica-re rimedi senza avere compiuto tutte le analisi e le informazioni preliminari”.
“Lo sapete voi” prosegue “che molti dei questionari, che noi abbiamo fatto distribuire nella città, non sono ancora nelle mani dei cittadini che devono compilarli e restituirceli.
E’ necessario che noi facciamo una azione capillare su tutto il territorio per risolvere questo problema dalle radici.
Bisogna convincere tutti” - e la sua voce si è fatta talmente suadente che forse a tal punto lo stesso Politicante crede in quello che sta dicendo - “della necessità di proseguire nella ricerca e nell’informazione.
Dobbiamo contare il numero delle mosche, anche se ciò ci costa fatica, rilevare l’entità del fenomeno complessivo per potere poi adottare i sistemi più adeguati.
Per me il Distruttore di Mosche così come proposto non può andare bene perché il problema è stato impostato, mi si consenta, con un buon grado di pressappochismo.
Non sappiamo se effettivamente il DM - così chiama famigliarmente la paletta - porti dei risultati concreti, scientificamente provati, se tutti siano in grado di usarlo; sono stati fatti dei corsi di formazione, sono state coinvolte le associazioni dei cittadini che devono utilizzare questo prodotto?
Poi voglio rendermi conto del fenomeno personalmente.
Propongo, pertanto, che siano eseguite delle verifiche sul territorio della nostra città e mi impegno, per lo spirito di servizio che ci accomuna, miei cari consiglieri, ad effettuare io stesso una indagine diretta sul territorio, quartiere per quartiere, anche casa per casa se sarà necessario.
Dobbiamo, infatti, essere informati sull’entità del fenomeno: cosa possiamo fare di meglio che verificare direttamente.
Solo così possiamo fare finalmente qualcosa.
Basta con le soluzioni avventate, basta con l’uso dei prodotti che non risolvono il nostro problema e che possono crearne di ben più gravi”.
Il lavoro di Politicante consiste nella ricerca del consenso.
Su cosa debba essere costruito questo sostegno alla causa della battaglia contro le mosche non gli interessa, ma occorre che ci sia.
C’è un’anima romantica in Politicante che vorrebbe lanciarsi a capofitto nelle sue imprese alla testa del suo esercito di prodi.
Ogni sua azione, ogni sua iniziativa è volta a fare in modo che tutti sentano che lui c’è, che è lì pronto a farsi in quattro.
Non c’è battesimo, cresima o funerale di un certo peso in città cui non partecipi.
Non c’è avvenimento politico, sociale, culturale di una qualche importanza a livello locale che non lo veda presente in prima fila anche a costo di andare a tre cene per sera.
Qualunque occasione che raduni un gruppo di persone lo vede in prima fila a salutare e stringere mani.
Politicante costruisce incontro dopo incontro, riunione dopo riunione, una rete fittissima di relazioni assicurando tutti che lui è sempre disponibile.
Lui non si nega mai a chi gli chiede una raccomandazione per un lavoro o un intervento, per una pratica di pensione o per un finanziamento o un intervento teso a perorare la propria causa contro un vicino antipatico.
Lo scopo ultimo non è quello di fare raggiun-gere un obiettivo a chi si rivolge a lui ma quello di aumentare la sua posizione sociale od il suo portafoglio clienti.
Con educazione si presenta, con insistenza si propone e con arroganza presenta sempre il conto.
Politicante non ha mai lavorato – intendendo per lavoro quella che è la accezione corrente della parola.
Non ha mai svolto un lavoro né dipendente né autonomo.
E’ sempre stato con l’Organizzazione, ha parte-cipato a tutte le riunioni; è sempre stato presente a tutte le votazioni, dando la sua preferenza a chi gli hanno detto di nominare.
Politicante ha raccolto intorno alla sua persona una trama di intrecci e di legami talmente fitta che se lui chiede qualcosa è impossibile negargliela.
Nessuno di quelli che contano può ormai rifiu-targli una presidenza, un posto che gli consen-ta di avere un’esistenza agiata senza problemi economi-ci, a fronte del suo innegabile spirito di servizio.
Il Presidente non si aspetta di certo un simile attacco.
Non si scompone più di tanto perché si sa che in politica le parole non contano niente.
Uno ti può attaccare oggi ed essere il tuo più fedele sostenitore domani. L’importante è capire quali sono i veri significati.
E’ un attacco voluto dall’Organizzazione che ha deciso di cambiare sistema nella gestione del Consorzio per la Lotta alle Mosche?
E’ giunto il momento di cambiare gli uomini in seno all’ente ed in particolare di cambiare lui il Presidente?
L’Organizzazione è l’organismo che raggruppa tutti coloro che vogliono partecipare attivamente alla gestione del paese.
E’ all’interno degli apparati dell'Organiz-zazione che si formano le classi dirigenti.
Bisogna dare prova di grande disponibilità.
Essere in grado di recuperare il consenso ad ogni livello.
Il consenso a tutti i costi.
Promettere sempre tutto a tutti.
Ti serve un lavoro: ci pensa l’Organizzazione a raccomandarti presso coloro che contano e a darti le dritte per superare un concorso pubblico.
Devi farti ricoverare in ospedale e ci sono dei problemi: ci pensa l’Organizzazione.
Devi ricoverare il nonno all'Ospizio. Basta trovare l’uomo giusto dell’Organizzazione.
In cambio basta solo sostenere gli uomini della Organizzazione nelle tornate elettorali affinché possano installarsi ai vertici delle strutture pubbliche ed essere in grado di fornirti anche per il futuro i loro servigi.
Il Presidente si rivolge, quasi istintivamente, verso il dott. Rossi che siede alla sua destra.
Lo fissa con uno sguardo interrogativo, quasi voglia da lui la risposta a quegli interrogativi che gli frullano nella testa.
Il dott. Rossi ha una reazione inattesa che mal si collega con l’austerità dell’ambiente.
E’ stato preso ancora una volta dalla irrefrenabile consuetudine che deriva dalla sua origine di uomo del meridione che si sente incapace di reagire all’ineluttabilità del destino avverso.
Il dott. Rossi alza le braccia al cielo, ruotando i polsi all’esterno, e ammicca leggermente gli occhi reclinando la testa verso sinistra come a dire: “Ma che ce posso fa?”
L’attacco è stato condotto con tale celerità e segretezza che pure il dott. Rossi è stato tenuto all’oscuro di tutto per non fare fallire con qualche inopportuna indiscrezione l’operazione.
Il segretario subito si ricompone quasi in una subitanea richiesta di scuse al consiglio per l’involontario gesto.
A quel punto, per una ricerca estrema di alleanze per sostenere la sua nobile causa e la sua poltrona, il Presidente rivolge gli occhi verso gli altri consiglieri che di solito lo affiancano nelle sue decisioni e che naturalmente si collocano nella sua linea di gestione dell’ente.
Essi, però, sono talmente sbalorditi da quell’in-tervento così improvviso e soprattutto così fuori da quegli schemi consueti di battaglia verbale fi-nora usati che non riescono a spiaccicare parola alcuna.
Il Commendatore assume un’espressione pen-sosa.
Questo atteggiamento ha l’effetto immediato di distoglierlo dall’urgenza di rispondere ad eventuali interrogativi che gli sono rivolti dagli occhi imploranti del Presidente.
Di solito è il primo ad intervenire con la sua faccia rotonda ed i suoi occhi grandi che ti guardano sempre indagatori a cogliere ogni sfumatura del tuo animo.
Ha maturato la sua esperienza nelle fabbriche, organizzando picchetti e cortei, raccogliendo adesioni per mille battaglie.
Questa volta è rimasto spiazzato perché le cose lui le prepara: non gli piacciono le improv-visazioni per questo lui preferisce stare a guardare cosa succede.
Il signor Consenso è, invece, più impacciato degli altri in quanto la sua impossibilità congenita di spiaccicare un discorso di più di tre parole (tartaglia tremendamente) lo mette nella impos-sibilità di assumere posizioni immediate.
Prima di dire qualunque cosa ha la necessità di scrivere anche il più breve discorso e di rileggere il contenuto più di una volta prima di essere sicuro di pronunciarlo tutto di un fiato, si fa per dire.
Il signor Speraindio ha inavvertitamente incro-ciato le mani, quasi a volere assumere un atteggiamento di preghiera.
Sembrava voglia dire al Presidente: “Che Dio te la manda bona.
Non è abituato a prendere iniziative se non sono prima concordate con l’Organizzazione bisogna riflettere e soprattutto gli altri devono decidere per lui prima di prendere l’iniziativa.
Il signor Virgineo ha assunto una espressione pensosa perché percepisce che si tratta di una situazione straordinaria e che tutti devono dire subito qualcosa, che non c’è tempo da perdere; bisogna chiarirsi le idee, pilotare le decisioni prima di esserne travolti.
E’ sul punto di prendere la parola, ma ha preso il sopravvento la sua cronica abitudine di rinviare ogni decisione, perché, come dice sempre lui: “Prima dormi e dopo parla .”
Dall’altra parte del tavolo i rappresentanti dell’Opposizione, che non sembra troppo sorpresa dal discorso di Politicante, non sta più nella pelle.
L’Opposizione tenta invano da tempo di raggiungere la struttura messa a punto dell’Organizzazione.
Gli aderenti all’Opposizione costituiscono una grande forza d’urto, ma non sufficientemente forte per impensierire l’Organizzazione.
L’Opposizione è perennemente incerta sulla strategia da proporre ai suoi seguaci.
Deve indicare una lotta più dura nelle piazze, dando più spazio agli oltranzisti, ai duri, a quelli del bastone, che scendono in piazza preferi-bilmente con qualche corpo contundente oppure deve tentare di modificare il tiro e cercare di cam-biare sostanzialmente la gestione indicando la necessità di una maggiore partecipazione e consenso.
Al potere, si sa, non si può rimanere sempre; non tanto per merito di chi contesta, ma per gli stessi errori che inevitabilmente chi si assume delle responsabilità di governo prima o poi commette.
Il signor De Contrari continua ad assentire col capo e mugugna a bassa voce parole di approvazione per questo colpo di maglio calato senza complimenti sulla testa del Presidente.
Non può che associarsi ad una serrata contestazione, lui è per la linea dura!
Ha la faccia severa e sempre imbronciata di chi non è mai contento di niente.
Il signor Falcidia guarda con provocazione coloro che dinanzi a lui, colti di sorpresa da quell’intervento, non riescono ad abbozzare una qualsiasi risposta.
Ha lo sguardo di ghiaccio, rimane sempre freddo ed imperturbabile, ma stavolta è legger-mente imbarazzato, non sa bene che iniziativa prendere.
Politicante evidentemente ha agito di sorpresa spiazzando, oltre che i suoi stessi associati, anche l’Opposizione.
Il signor Naturista è indubbiamente soddisfatto di quelle parole, anche se non completamente.
Per lui il discorso ecologico, di protezione del-l’ambiente, non è mai sufficientemente sviluppato.
Non che abbia capito come il Distruttore di Mosche possa creare dei danni al territorio, ma è bene diffidare ugualmente.
Si chiede anche lui il significato di un simile intervento che è chiaramente di rottura e di contrapposizione netta e decisa alla linea di gestione del Consorzio seguita dal Presidente.
D’altronde in politica bisogna inventarsi delle contrapposizioni nette.
Delineare con precisione il contorno del nemico perché i nostri amici si convincano che solo la nostra gestione è buona, l’altra è da rigettare totalmente.
Una linea di leggera modifica alle posizioni di chi governa non può consentire una vittoria dell’opposizione.
Perché cambiare la strada vecchia per una che propone modifiche di poco conto?
Solo grandi battaglie possono spingere anche i più renitenti a grandi cambiamenti.
D’altronde i numeri nelle votazioni non lasciano spazio alle opposizioni per prendere l’iniziativa di un cambiamento di linea e di poltrone.
Questo lo sa bene anche Politicante.
Sa che abbandonare l’Organizzazione è un suicidio perché è troppo forte e lo sarà ancora per molto.
Sa che non può contare sull’Opposizione, che non ha alcuna possibilità di prevalere sull’Organizzazione.
Perché dunque è partito lancia in resta per una battaglia perduta a tavolino?
Qualcuno del suo gruppo ha deciso di abbandonarlo?
Ma no, è una ipotesi del tutto infondata anche perché nessuno ha chiesto la parola dopo Politicante.
Una votazione così a sorpresa senza nemmeno una dichiarazione che la giustifichi è al di fuori di ogni codice di comportamento politico.
In ogni modo xe meio trovarse con i me amighi” pensa il Presidente per saggiare gli umori e per verificare se c’è veramente la volontà di sostituirlo non c’è altro modo.
Da buon lottatore quale egli è non avrebbe di certo mollato la poltrona senza dare battaglia e soprattutto non avrebbe mai consentito che lo lascino a piedi senza incarichi.
Quello oramai è diventato il suo lavoro, ed una volta che si è assaggiato il gusto piacevole del potere e del comando, difficilmente si ha voglia di rinunciarvi spontaneamente.
Dopo l’intervento di Politicante per qualche secondo che sembra una eternità nessuno prende la parola.
Contento che l’attacco sia finito lì, Presidente accoglie l’invito- sfida e propone “Allora facciamo una grande ispezione lunedì prossimo. Poi decidiamo.”
L’alzata di mano di tutti i consiglieri compone all’unisono una vicenda che apparentemente li divide e tutti concordano per una ispezione generale per constatare di persona l’ampiezza dei disagi che le mosche stanno creando.

3.              Capitolo. Una serata tra amici che contano.


La macchina inchioda, dopo l’ultima accelerata, davanti al cancello della villa.
La costruzione è nascosta dagli alberi che sopravanzano il muro di cinta e che formano, messi in doppia fila, una barriera intricata ed invalicabile per tutelare la privacy del proprietario.
Gli occhi nascosti di una telecamera avvertono del suo arrivo i domestici che azionano dall’interno il pesante cancello che, come per incanto, si apre.
La vettura, percorso il viale d’accesso, dopo pochi metri si ferma dinanzi ad una costruzione illuminata a giorno.
La facciata di gusto neoclassico in marmo bianco candido della villa splende nel buio della notte alla luce delle torce elettriche.
Lasciata la macchina accanto alla grande fontana, fra una jaguar ed una mercedes, Presidente sale con sicurezza i tre scalini che lo portano al porticato palladiano.
Dopo il duro attacco subito da Politicante l’insigne uomo di apparato sente che è giunto il momento di dovere consolidare amicizie verificare rapporti e soprattutto lavorare di più.
E’ necessario trovare più opportunità di coinvolgimento per tutti gli amici ed in particolare per Politicante per evitare che avvenga la sua cancellazione dalla lista di quelli che contano.
Deve assolutamente impedire di dovere essere annoverato fra breve fra gli ex presidenti.
Quando sei al massimo del potere è un vero guaio perché precipitare nella normalità ci si mette un attimo e a quel punto la risalita è difficilissima.
Bisogna trovare assolutamente il sistema di rimanere in piedi ben solidi sul piedistallo di potere che con pazienza si è costruito. La porta d’ingresso è presidiata da un robusto maggior-domo che, riconoscendolo, lo fa accomodare nel salone già affollato di ospiti.
Di mosche lì non ce ne sono, perché i proprietari abbondano nell’uso di insetticidi e poi le mosche hanno paura delle case dei potenti e girano al largo.
Con un cenno della mano saluta gli ospiti abituali che sorseggiano un long drink nell’in-gresso.
Attraversata con passo sicuro la sala, Presidente si dirige nel successivo salone di rappresentanza, dimostrando di conoscere bene dove si deve dirigere per incontrare il padrone di casa.
Tutti quelli che contano nell’ambito dell’Orga-nizzazione e dell’Opposizione sono lì.
L’ambiente è alquanto eterogeneo; il padrone di casa ama circondarsi di persone che appar-tengono ai più diversi ceti sociali.
Presidente è sempre un ospite gradito perché avvince tutti con la sua abilità dialettica.
Non c’è affare di cui non gli si possa parlare senza trovarlo disponibile ad interessarsi.
Discariche, cave, smaltimento liquami, snelli-mento pratiche o loro insabbiamento, appalti, incarichi da attribuire e assunzioni protette sono tutte specialità in cui il nostro beniamino eccelle.
Non ha ancora provato a cimentarsi nella difficile arte della corruzione internazionale e della finanza creativa un sistema che dà grande prestigio e consente di fare grandi utili, ma col tempo non si sa mai.
Il padrone di casa si alza e gli va incontro saltandolo calorosamente.
E’ un omone imponente dall’aria sempre sorridente, lo chiamano Flash perché possiede una fabbrica di lampadine, ma si fa coinvolgere in ogni affare dove si può realizzare un qualche guadagno.
La sua specialità è quella di comprare capannoni industriali da persone in procinto di fallire.
Flash si inserisce al punto giusto nelle procedure concorsuali per aggiudicarsi il bene prima dell’asta convincendo le banche creditrici della bontà della sua offerta.
L’immobile di solito viene frazionato e riconvertito alle destinazioni d’uso più redditizie.
Qui scattano l’abilità di Flash e le relazioni che gli consentono di avviare la struttura verso un nuovo utilizzo.
L’arte di trovare i contributi è la sua specialità.
Contributi nazionali, o internazionali, sgravi fiscali, tutto serve per realizzare generosi utili.
Lui stima profondamente Presidente.
Sa che milita nell’Organizzazione, che conta pesantemente in ogni decisione importante e che è in grado di condizionare gli equilibri e questo gli basta.
La stima è ricambiata. Flash è uno degli interlocutori preferiti, con lui il nostro può snocciolare dati e cifre di contributi statali, fondi europei da cui attingere abbondantemente per mettere in moto affari e per fare vedere la sua effettiva influenza.
Parlare di investimenti è per Presidente come per un musicista parlare di una sinfonia o di un concerto; sono piacevoli note, in questo caso dora-te, che gli piovono addosso dandogli la felicità.
E’ disponibile dal più piccolo intervento, ad esempio, per far funzionare la biblioteca del paesino sperduto nella pianura, all’intervento industriale più impattante, purché ci sia bisogno di lui per trovare i contributi, organizzare una riunione per sensibilizzare l’amministrazione al progetto, modificare piani, realizzare strade e urbanizzare il territorio.
Tutto va bene perché ogni riunione, ogni progetto approvato è un tassello che si unisce per creare il grande mosaico della sua influenza.
Tutti devono poter assicurare che Lui c’è, che è stato lui a mettere la parola decisiva per fare decollare l’iniziativa e per contribuire al suo finanziamento.
Se l’iniziativa non parte, non importa purché se ne parli e tutti sappiano che Presidente si è battuto come un leone e che sono stati gli altri a bloccarla.
Le riunioni, i progetti e i contributi sono tutto per lui.
Sono la sua casa, la sua famiglia e i suoi affetti.
Cosa può fare senza riunioni, senza cene, senza il continuo compiacimento che gli piove addosso per aver trovato un finanziamento e aver portato avanti un progetto, abbattendo opposizioni, ricucendo alleanze e distribuendo prebende, incarichi e favori?
Che novità ghe xe al Consorzio per il controllo delle mosche” chiede Flash.
Presidente assume la sua espressione più seria, che gli è consueta quando parla di politica, corruga la fronte, scuote la testa e allarga le braccia.
Ghe xe tanti problemi ma femo el nostro meio!” Esclama.
Come la metemo per la me pratica?” soggiun-ge sottovoce, con tono circospetto, il proprietario della villa che non esita ad entrare nel vivo degli argomenti senza molti preliminari.
No state a preocupar, tuto va ben semo con ti. Fra do mesi e tuto xe fato”.
Flash è soddisfatto: non c’è nessuno che può fare ottenere favori come Presidente.
Il padrone di casa ha comperato una grossa area strategica alla prima periferia della città sita su di un via di grande comunicazione.
L’Organizzazione aveva negato al precedente proprietario la possibilità di costruire un grosso centro commerciale.
Il progetto è stato respinto più volte ritenendo insufficiente la viabilità della zona, ma ora Presidente ha fatto realizzare espressamente una variante alla tangenziale cittadina.
E’ riuscito a gratificare contemporaneamente due persone su cui potrà contare per una vita intera di piaceri.
Flash che ha ottenuto il permesso richiesto grazie alla mediazione dell’ ingegnere Carotina uno che chiede sempre di lavorare. Un esempio di professionalità.
Lui i piani li fa in fotocopia, ma è bravo e soprattutto è disponibile a giustificare con pro-spetti e relazioni tutto ed il contrario di tutto.
Chi avrà l’ardire di affermare che quella modifica alla la viabilità non è necessaria che non servono infrastrutture?
Non saremo mica pazzi?
Il lavoro è lavoro.
Imponendo una bretella di collegamento al quartiere il novello urbanista ha radicalmente cambiato la situazione.
La realizzazione del centro commerciale è apparsa naturale.
Scaricando i costi delle infrastrutture sulla collettività, Politicante ha ottenuto per Flash il massimo profitto e per l’ingegnere una parcella sostanziosa.
Se ne ricorderanno entrambi per gratificare con una elargizione l’Organizzazione ed il contributo servirà per la prossima durissima campagna elettorale.
E’ una soluzione impeccabile da manuale.
Nessuno sa gestire i contributi pubblici come Politicante perché lui ha entrature in tutte le stanze del potere ed i suoi protetti non devono temere.
Sotto la sua azione le norme e i regolamenti si interpretano e le situazioni più complicate si modificano fino ad ottenere la soluzione desiderata.
Non c’è dirigente che conta che lui non abbia contribuito a fare assumere e amministratore che non abbia contribuito a fare eleggere.
Per i nemici dell’Organizzazione, invece, le cose si complicano, le pratiche sono sempre impossibili o incomplete, è necessario integrare la documentazione o modificare la domanda.
Il risultato però non cambia e l’iniziativa rimane ferma ad aspettare che il richiedente abbia imparato come deve comportarsi.
Le norme ed i regolamenti, come intricate macchie di vegetazione ricche di arbusti e liane, impediscono il passaggio e imprigionano l’incauto viandante senza guida.
D’altronde semplificare le norme fare funzionare gli uffici è un danno inimmaginabile per l’Organizzazione.
Primo se le norme sono chiare che ci stanno a fare quelli che devono redigerle?
Li lasceremo senza lavoro?
 Non saremo mica pazzi!

























4.              Capitolo. Saluti e baci.


Con l’aria raggiante, l’occhio brillante ed il sorriso appena abbozzato, Presidente fa l’ingresso nella sala dove si aspetta di trovare molti dei suoi protetti.
Nel breve percorso che lo conduce verso i rinfreschi si trova al centro dell’attenzione.
Tutti fanno a gara per dimostrare agli altri, e per provare a loro stessi, il grado di familiarità, oltre che di semplice conoscenza, con il nostro uomo.
I più taciturni, quelli che non ti rivolgono la parola e che, quando ti sono dinanzi, girano la faccia per non salutare diventano loquaci e fanno a gara per scambiare con lui due parole anche solo di saluto.
Sorrisi e saluti si sprecano in un crescendo; l’adagio molto della sinfonia si trasforma, abban-donando senza pudore i più elementari concetti di armonia, in un allegro con brio senza avere minimamente sviluppato il primo movimento.
Tutti ci tengono a salutare Presidente dimo-strando, con lo stesso modo di rendere omaggio al personaggio più importante del momento, il loro grado di famigliarità.
Fare vedere che si conosce qualcuno di importante è il mezzo per dimostrare, per la proprietà transitiva che anche noi siamo un tantinello in vista.
Un saluto rispettoso del tipo “Buongiorno signor Presidente” dimostra una conoscenza superficiale.
Un saluto più famigliare sul genere “Ciao Presidente” denota una maggior confidenza.
Una battuta od una confidenza sussurrata all’orecchio significa una assoluta intimità che consente di chiedere favori di ogni tipo.
Molti fanno a gara per farsi invitare al ricevimento solo per essere lì in prima fila a salutare a fare vedere che ci sono anche loro.
Ad ogni saluto c’è un sorriso adatto alla persona cui si stringe la mano.
A denti stretti di circostanza, se qualcuno poco importante che ti ferma e ti fa perdere dei minuti preziosi.
Con gli occhi luminosi se hai di fronte un potente, uno che conta e che può risolvere come d’incanto i tuoi problemi.
Può farti avere il posto per tuo figlio socone che è da anni parcheggiato all’Università ed aspira ad un ruolo di dirigente, possibilmente in una municipalizzata dove assicurano il lavoro non ti ammazza, ma, in compenso, la retribuzione è buona, fissa e garantita.
Nondimeno, se non hai nulla da chiedere, salutare una persona influente ti dà un senso di importanza quasi che con la stretta di mano acquisti anche tu un po’ di considerazione fra i presenti.
Presidente è sopraffatto solo dopo pochi passi dalle manifestazioni di plauso.
Calorose strette di mano, colpetti di intesa sulla schiena, inviti ripetuti a fermarsi nei vari gruppi di conversazione.
Gli ospiti sono seduti attorno ai tavoli, sprofondati nelle preziose poltrone di morbida pelle nera, sono quasi tutti uomini, poche le donne.
Il tavolo della grande finanza è quello che si nota per il prestigio dei notabili che si contraddistinguono per il numero degli incarichi nei consigli di amministrazione delle Banche.
Il tavolo dei commercianti è un altro importante riferimento della serata.
I commercianti sono sempre in lotta colla grande distribuzione.
Presidente ha promesso loro numerosi parcheggi gratuiti nel centro storico e bus navetta per collegare i parcheggi periferici col centro al fine di privilegiare l’arrivo dei clienti e i loro buoni affari.
Ghe xe tropi supermercati! I guadagni xe grami!” Suggeriscono di bloccare ogni nuova licenza alla grande distribuzione.
Per i parchegi ghe penso mi” assicura il garante di ogni ingiustizia.
Nulla può farli più contenti della garanzia di un maggiore afflusso di persone per incrementare i loro affari, poco importa se un momento prima Presidente ha contribuito a realizzare la costru-zione del centro commerciale voluto fortemente da Flash in diretta concorrenza con loro.
Gli industriali sono forse i clienti più difficili soprattutto quelli più importanti che vogliono impegni sempre più gravosi.
Energia meno costosa, depositi di petroli, centrali elettriche vicine al centro abitato, sempre più attaccate alle case.
L’ospite più desiderato è risucchiato dal tavolo ed è costretto a fermarsi.
Fasemo nove centrali” promette “ma bisogna farle funzionar co prodotti meno inquinanti del gasolio” impone.
Cosa avrebbero detto gli ambientalisti?
Come affrontare le ire degli abitanti che invece del verde si trovano a due passi dell’abitazione un traliccio?
Anche per un esperto quelli sono problemi seri che si devono glissare secondo gli insegnamenti di Quinto Fabio Massimo.
i� Ct o `p' �_) argin-left:1.0cm;margin-bottom:.0001pt;text-indent:12.75pt;line-height:normal'>E’ giunta la sera e Presidente, riaccompagnati a casa i compagni di viaggio, rimane solo con l’autista; per finire la giornata in allegria decide di distrarsi andando a trovare un altro vecchio amico.
La giornata è stata particolarmente lunga e faticosa.
Giungono, appena fuori dalla città, in una grande casa padronale che si affaccia su una grande aia chiusa da un recinto.
A fianco dell’abitazione principale sono collocate delle case coloniche da una parte e dei barchessali dall’altra.
Nei barchessali riposano alcune macchine agricole che hanno smesso da tempo di fare il loro mestiere.
Viene loro incontro un cane festoso che scodinzola allegro come se li conoscesse da sempre.
Con la coda riesce a scacciare un numero esiguo di mosche, le altre lo seguono, ma deve esserci abituato e non gli danno fastidio più di tanto.
Dalla casa provengono i suoni festosi di un gruppo di musicisti.
E’ la casa della musica di Antonio Zameldi.
La casa è grande, ci sono una serie di stanze una dentro l’altra; Antonio ha sacrificato le prime due per potere isolare le mosche che entrano con i suoi numerosi visitatori.
Antonio è ingegnoso ed ha, inoltre, limitato il problema dell’entrata degli insetti ponendo dinanzi alle porte di ingresso dei filamenti di plastica che scendono fino a terra.
I filamenti sono sottili e spessi come una cortina morbida che avvolge gli ospiti che spariscono entro di essi con una leggera pressione del corpo mentre le mosche non riescono a passare non potendo spingere quella massa.
Ti ga visto come gavemo risolto il problema dele mosche con un poco de fantasia” gli dice Antonio che non perde mai la sua calma ed il suo buon umore anche nelle situazioni più complicate.
E’ forse uno dei pochi che non si lamenta anche se le mosche gli danno molto fastidio.
Vive quasi sempre rintanato in casa, ma ciò gli dà piacere.
La forzata immobilità, infatti, gli ha fatto aumentare la voglia di fare musica.
La casa è grande e mai come in quel periodo è invasa da musicisti che passano gran parte del giorno a mangiare, bere e suonare.
E’ un continuo andare e venire di amici che all’imbrunire, finito il lavoro, lascia ogni altra occupazione all’aperto, impossibile da svolgersi in quelle condizioni, per arrivare da Antonio.
Entrano di corsa affrontando con allegria lo sciame delle mosche che in campagna aumenta di intensità
Arrivano carichi di ogni ben di Dio.
Culatelli, salami, polli, uova e torte: tutto quello che serve per continuare quella kermesse musicale. La colazione è gentilmente offerta ai musici che si alternano agli strumenti.
Chi non è capace di suonare canta e, se è stonato in maniera esagerata, si limita a fare coro.
Presidente non può fare a meno di complimentarsi con chi ha trasformato l’invasione delle mosche in un’occasione per divertirsi.
Bravo Toni sona per mi: Non ti fidar ” gli sussurra avvicinandosi e dimenticando per un momento le tensioni della battaglia contro le mosche.
Ama molto quel motivo che nei tempi in cui l’Organizzazione gli lasciava dei momenti liberi cantava facendo la seconda voce.
Non sa resistere e si mette, con i boiardi che sono entrati con lui, a cantare.
E’ difficile resistere alla forza travolgente delle note che escono dagli strumenti degli scatenati amici di Antonio.
E’ lui il gran cerimoniere della Musa che celebra i suoi riti con tutti gli altri che gli fanno corona.
Lui suona e canta; nei momenti di raro inter-vallo racconta barzellette per fare riprendere fiato ai suoi scatenati suonatori.
Antonio trasmette allegria e buon umore a tutti i commensali; essi sorridono felici, scordano persino l’attacco delle mosche che devono affrontare ancora all’uscita.
Antonio ha dimostrato ancora una volta la sua grande saggezza nell’affrontare la vita per il suo verso.
Ha trasformato in allegro un avvenimento ciò che per altri è fonte di angoscia.
Ancora un paio di canzonette e Presidente esce dal sogno di una vita spensierata per rituffarsi nei suoi obblighi pubblici.
Deve ritornare a fare la persona seria e ad interessarsi di problemi seri.
“Ciao Antonio” saluta e con un tenue rimpianto ritorna a fare il capopopolo.