sabato 25 gennaio 2014

Racconti. Mestiere di vivere

Bozze non corrette

17.       Il leader.                         
















1.      Il mestiere di vivere. Modalità. Il soddisfatto.

 

La vita è un difficile mestiere e non c’è da fare pratica perché ne hai un asola e te la puoi giocare una volta sola.
Io ne viste parecchie e considero fortunato perché nonostante tutte le cose grame molte ne ho avute di positive.
Devi essere  soddisfatto .
Certo che sì perché la vita è un dono e a caval donato non si guarda in bocca si vive e basta cercando di assaporare i piaceri e cercando di digerire nella maniera più consona al proprio carattere i dispiaceri.
Di grane ce ne sono tante ma se non ci fossero cosa staremmo a fare tutto il giorno se non a tentare di risolverle?
Fra l’essere e il non essere non ci sono alternative l’esistenza è sempre meglio del nulla.




2.      L’impulsivo.


Il modo peggiore di affrontare la vita  è agire d’impulso.
Dire la prima cosa che ti viene in mente, scattare senza riflettere a sufficienza per una piccola cosa che ti sembra subito una offesa .
Non si sa bene chi o cosa ha subito l’onta:
Il buonsenso?
La tua sacra maestà? 
Il modo di vivere di cui tu hai tracciato gli angusti confini e di cui tu solo sai le regole auree di comportamento?
No così non puoi andare da nessuna parte: devi cambiare.
Non ti preoccupare, però, il peso degli anni metteranno la briglia al tuo indomito andare.
Magari il classico colpetto alle tue energia alla tua esuberante aurea vitale.
Appesantito diverrai più riflessivo.






3.      La prima età.


Sicuramente l’impulsivo trae dalla sua prima giovinezza  la voglia di volere risolvere le situazioni. 
Le condizioni di vita che l’ambiente famigliare gli impone sicuramente temprano il suo carattere volitivo.
Una situazione agiata o quanto meno normale rende il giovane meno grintoso più disposto a  godersi la sua rendita di posizione senza eccessivi patemi.
La maggiore età è vista come un traguardo di partenza per fare valere la propria personalità e per raggiungere quegli obiettivi di benessere che la società dei consumi ti indica.
Quando sarò maggiorenne potrò fare potrò difendermi potrò raggiungere un benessere più consistente.
L’attesa è centellinata a forgiarti nella prova futura per prepararti  ad entrare determinato nell’agone.








4.      La seconda età.


Non è vero che il raggiungimento della maggiore età non cambi  nulla.
Se poi ci aggiungi un diploma o la laurea le cose cambiano radicalmente.
Diventi un protagonista del mondo del lavoro dove puoi dimostrare la tua capacità di competere.
La tua voglia di emergere si proietta nel mondo del lavoro.
Finché noi  raggiungi i tuoi obiettivi non sei contento.
Colloqui , trasferimenti, stage all’estero , un mazzo triplo per arrivare dove?
I tuoi sforzi talvolta non valgono a niente per raggiungere il tanto agognato benessere economico,  se non hai un ambiente favorevole a sostenerti, a supportarti nel raggiungimento dei tuoi obiettivi.
Se non spunta fuori il classico padrino quando hai fatto i primi passi nella tau personale scalata sei destinato a fermarti.
Ai piani superiori giungi solo se fai parte dell’apparato, se trovi un mediatore o se hai capacità fuori della norma.



5.      La terza età.


Dopo tanto sbattimento giunge la terza età.
Propria quando eri soddisfatto ti sentivi in capo al mondo arrivato si è presentata la terza età coi capelli grigi ed un vestito troppo serio, troppo scuro.
Fortunato se ci arrivi senza che il classico colpetto ti abbia improvvisamente, senza alcun palese preavviso,  fatto capire che l’esuberante, il sano, il vigoroso corpo non è più quello di qualche anni prima.
Le forse non sono più le stesse , ti stanchi prima , non puoi berti una bottiglia di vino senza sentire dei bruciori di stomaco, non puoi farti le tue classiche mangiate con gli amici senza soffrire di cattiva digestione.
Arrivano poi i controlli medici. Torni fra sei mesi che rifacciamo l’esame. Teniamo sotto controllo il cuore , i reni, il fegato.
Contratti con lo specialista i termini per i successivi controlli cercando di riacquistare con un scansione più blanda degli stessi l’antico vigore e la sicurezza di un tempo dovuta ad un corpo sano.
Così dopo tutto questo diventi meno impulsivo.
Sei sempre disposto a  scattare, ad appassionarti ad alzare la voce, ma con più giudizio che ti viene dal peso degli anni che si fa sentire anche sul tuo carattere.
Ti sei finalmente  ammorbidito.



6.      Il fattivo.


Agire, agire sempre, darsi da fare, sentire tutti per poi trarre le personali conclusioni.
Questo è il modo di comportarsi di un imprenditore rampante che aspiri ad un giusto successo personale , beninteso con un consistente ritorno economico.
Correre sempre alla ricerca di un miglioramento nell’attività aziendale,  per trovare nuovi clienti, nuove alleanza commerciali nuovi mercati.
Non ti fermi mai?
Più corri più avanzano gli anni ed il peso del passato si fa sempre più pesante.
Minimizzi gli acciacchi e te ne freghi dei malanni che ti danno qualche timido segnale.
Finché posso tiro avanti con nuovi programmi non mi posso fermare.
Anche il relax lo concepisci in fretta fra un impegno di lavoro e l’altro, così ritorni ai tuoi impegni più stanco di rima.
La tua dirompente energia ha bisogno di continui ostacoli per potersi confrontare con impegni sempre più gravosi anche nei momenti di riposo.


7.      L’imprenditore  a vita.

 

Antonio ha finito di lavorare per l’ente di previdenza è in pensione.
Un conto, però, è avere diritto ad avere la pensione di anzianità e un conto è smetter di lavorare staccare la spina definitivamente col mondo del lavoro.
Se hai ancora  margini di guadagno ed una attività impiantata è difficile dire basta.
Il rumore della fabbrica, il rapporto con i dipendenti che credono in te perché gli risolvi i problemi economici e gli consenti di tirare avanti colla famiglia decorosamente è troppo forte.
Abbandonare vuol dire mollare.
Antonio non è uno che molla.
Non si è perso d’animo agli inizi quando tutto era in salita, deve smettere ora che ha esperienza?
Lui è un imprenditore navigato.
Lui conosce tutti i trucchi per mantenere una commessa sa cosa vuole il cliente e sa come accontentarlo.
No lui deve morire davanti alla porta della sua azienda.
Solo così si può sentire soddisfatto a meno che il lavoro finisca del tutto e non ci sia proprio alcuna possibilità di tirare avanti dignitosamente.





8.      Il riflessivo.

 

Il riflessivo ha sempre ragione.
Tutti apprezzano la sua calma il suo buon senso che snocciola con pazienza dopo avere valutato minuziosamente e senza alcuna fretta i pro e i contro della situazione.
Chi decide dopo averci pensato sopra per tutto il tempo che è necessario ha sempre ragione.
Vederlo ragionare con calma sui problemi rassicura chi gli sta vicino.
Non è detto però che la sua calma sia segno di forza . Può essere che sia insicuro e che nasconda la sua perplessità nel prendere del tempo. Riflettere troppo può essere un segno manifesto di debolezza.








9.      Giorgio.

 

Non ho mai visto nessuno che prima di decidere  su di una cosa ci  medita su quindici volte e dopo averci pensato si consulta con altre persone per valutare fra i suoi interlocutori ha formulato la proposta migliore.
Poi si prende una pausa di riflessione.
Dopo di ciò cambia idea o quanto meno la modifica oppure cambia interlocutore selezionando con cura tutte le persone che possono su quella proposta avere qualcosa  da dire da suggerire a favore o a contrario per poi prendersi un’altra pausa di riflessione  e così via.







10.  L’arte di arrangiarsi.

 

C’è della gente che non ha mai veramente lavorato in vita sua .
Ha campato facendo finta di impegnarsi in qualche attività confidando soprattutto sul patrimonio familiare.
Basta accampare qualche malanno reale o immaginario no  importa fare finta di interessarsi a  qualche lavoretto per poi piantare lì dopo un timido tentativo.
Qualche compassionevole lo trovi sempre.
Devi tenertelo aggrappato stretto salvo litigare anche con lui se non ti dà quanto chiedi.
Le grane arrivano quando il compassionevole scompare dalla scena e non ci sono più denari.
Allora c’è il rischio concreto di finire sotto i  ponti.
I tuoi vestiti di un tempo finiscono in una valigia che contiene tutto quello che ti rimane.



11.  Il politichese.

 

Una categoria che ha fatto dell’arte di arrangiarsi uno stile di vita la si ritrova in coloro che nulla hanno fatto tutta la vita se non attività politica.
Per molti l’attivista di partito è stato l’unico lavoro che hanno saputo inventarsi nella vita.
Nulla da criticare perché ogni attività se svolta onestamente è da ammirare.
Se questi politichesi hanno saputo convincere qualcuno dell’utilità del loro lavoro perché criticarli.
Evidente mente in una società opulenta c’è bisogno di questi mediatori fra la gente ed i potenti.
Il loro intervento sicuramente garantisce la pace sociale e pertanto sotto tal profilo è assolutamente meritorio.









12.  Il ladro.

 

A chi non ha mai fatto  nulla nella vita non resta che rubare e l’unica residualità per sopravvivere e crearsi un futuro.
Ci sono molte maniere di rubare .
La più pericolosa è quella che caratterizza il furto più comune a danno di chi non conosci  di chi passa per la strada a cui tu vuoi sottrarre qualcosa per ricavarci qualche moneta.
Molto più semplice è rubare specie al coniuge al padre o al figlio o ad un fratello o ad una sorella in tal caso non si procede neanche penalmente contro di lui.
D’altronde se uno condivide la tua casa deve essere punito per un furto?
Devi tu pensare a tenerlo a bada?
Ci deve forse pensare lo Stato?
Lo Stato buonista costringe i più indifesi ad essere in balia dei più spregiudicarti.






13.  Chi l’ha scampata bella. Peretti.


Ci sono dei ladri che hanno la fortuna di essere perdonati.
Non capita spesso perché di solito il ladro viene emarginato non per razzismo ma per paura di essere derubati.
L’isolamento del ladro è una difesa per quelli che gli stanno attorno e ne temono le mosse.
Quella del geom. Peretti è una storia strana.
Peretti  è un funzionario ispettivo della Azienda sanitaria.
Lui ha funzioni delicate in quanto deve controllare il rispetto delle normative in materia di iigene da parete dei ditte che operano nel settore alimentare.
Approfittando del suo ruolo e conoscendo che non  sempre i produttori sono in linea con una normativa sempre più complicata ed articolata Peretti  è diventato esperto in contravvenzioni.
Trovare qualcosa da sanzionare per lui è estremamente facile  e se non trova nulla se lo inventa.
Cosa è più semplice che inventarsi una norma restrittiva nel mezzo di un amare di insidie normative?
Peretti è uno dal cuore tenero e per non sanzionare il suo prossimo ha trovato un modo non assolutamente originale ma funzionale .
Farsi pagare quel tanto che basta  non fargli riconosce re le più evidenti sanzioni.
Basta chiudere un occhio e talvolta tutti e due ed il produttore più incallito nel non rispettare le norme igieniche diviene il soggetto cui non c’è nulla da accertare come fuori norma.
Quella volta Peretti però non si è accorto di esagerare.
Lui ha insistito per ricevere un contributo da parte di un imprenditore super scrupoloso che non ha nulla proprio nulla da temere da qualsivoglia controllo.
Sembra impossibile persino al Pedretti che in tanti anni di onorata carriera non ha trovato mai uno in perfetta regola.
Certo lui ha voluto esagerare nell’insistere a  non sanzionare contravvenzioni inesistenti , ma trovare uno così a norma non gli è mai successo!
La osa è andata mal e.
Lui stavolta invece di denunciare è stato oggetto  di un verbale lungo una decina di pagine dove tutte le sue contestazioni immaginarie sono state riportate per irrobustire una procedimento penale a suo danno veramente pesante.
Pedretti  è uscito malconcio da un processo che ha rivelato a tutta la comunità le sue imprese.
Un pubblico ufficiale che chiede mazzette realizza un pesante reato di concussione che ti stronca la carriera e a volte anche gli affetti più cari.
Pedretti però ha resistito.
La moglie non lo ha abbandonato e se lo è tenuto.
Lo ha imposto alla sua famiglia che pur  storcendo la bocca non lo ha ripudiato.
“ Glielo avevamo detto di smetterla , ma lui non ci ha voluto ascoltare .” è il massimo rimprovero che ha ricevuto.
Lui non ha fatto una piega con un sorriso ha accolto il processo, lo sguardo dei vecchi conoscenti quando lo incrociano per strada e sono perplessi se salutarlo o meno.
Pedretti si è pure tenuto qualche amico che lo ha perdonato.
Sicuramente di condanno Pedretti , però,  l’amore che vedo attorno a te da parte di parte consistente della tua famiglia  induce  a concederti almeno le attenuanti generiche.












14.  La frode fiscale. Corte Conti.

 

Lo Stato non ti perdona se hai commesso un fatto che cagiona un danno erariale.
Finito il processo penale o amministrativo inizia quello contabile.
E’ un processo documentale quindi le possibilità di svicolare è abbastanza scarsa.
Se non sei uno bravo a nascondere le tue sostanze con prestanomi o società nei paradisi fiscali sei destinato ad essere colpito in pieno dalla tardiva collera dello Stato.
Viene da pensare che chi si fa trovare con dei beni dopo avere combinato frodi  a danno dello Stato senza prendere le dovute contromisure risapute dai truffatori professionisti, cui la normativa statale offre comodi appigli, sia un semplice dilettante.
Gli specialisti scompaiono con i loro soldi facili e nessuno li trova più.
Il sig. Antonio ci è finito dentro in una truffa colossale sulle accise .
Alcuni più furbi di lui lo hanno messo in mezzo.
Lui doveva controllare , ma non lo ha fatto.
C’è poco da spiegare al magistrato. Non ci ha creduto il giudice penale che lo ha condannato, non ci crederà inevitabilmente il giudice contabile che gli porterà via fino all’ultimo centesimo.
Il  giudice non ammette scuse. Non si può assolvere uno che si fa mettere in mezzo.
Non è credibile.
La legge non consente di crederci.
Il popolo dei colpevolisti ha bisogno di essere soddisfatto.
Questi inquisiti devono capire che il giudice è li per condannare  neon per assolvere il suo mestiere se c’è un accusa è quello di condannare, se assolve farà poca carriera.
Così ha perso il lavoro e la tranquillità.
Deve essere innocente o sprovveduto per ché se no altrimenti non sarebbe finito senza un becco di un quattrino pignorato ed esecutato .
Ma si sa le a legge è legge e se gli indizi sono contro di te e se non riesci a convincere i magistrati con prove che loro ritengono valide sei fregato.
Il funzionario poco esperto che si fa tirare dentro non ha scampo.
Deve rassegnarsi  e convincersi di dovere pagare per quelli di cui a torto si è fidato.


























15.  Il fratello.

Mio fratello è sempre stato una persona libera.
Una libertà tutta sa per cui ha sempre fatto quello che gli è passato per la testa.
Neppure lui sa quello che fa perché se gli frulla una idea bislacca non ci mette un secondo e subito si prepara  per  realizzarla.
Non  ti dice mai dove va perché neppure lui sa dove lo porta il cuore.
Una telefonata di una amica o di un amico e lui parte.
Via verso il lontano dalla parte opposta di dove voleva andare un minuto prima.
Chi gli può rimanere vicino?
Eppure ha sempre qualcuno che lo segue che ha bisogno della sua compagnia, della sua voglia di vivere della sua capacità di inventarsi. Fino  a quando ce la potrà fare ?
I soldi finiscono e se sei solo capace a realizzare casini nella tua vita deve puoi finire? In mezzo ad una strada?
Per mantenere il suo tenore di vita che nostro padre gli ha consentito di mantenere si è messo a rubare  i denari di famiglia . Tutto quello che si può trasformare facilmente in euro è stato arraffato.
Aveva trovato un sistema originale per finanziarsi sottraeva gli assegni dal blocchetto del disordinato genitore, che non si curava di controllare gli estratti conto, e poi falsificando le firme andava a riscuotere.
Il quel periodo mio fratello era stranamente contento.
Aveva denari per tutto quello che gli,poteva servire per vivere agiatamente fuori casa senza lavorare.
Lui voleva lavorare, ma nessuno gli ha mai offerto una occupazione consona alle sue aspettative.
Pensare a mia madre che era così gelosa della sua argenteria a sapere che è stata tutta sottratta e messa al sicuro presso le casse del Monte di Pietà. Sicuramente avrebbe fatto un colpo.
Pensare a nostro padre che pensava di metterlo in riga.
“Magari trova un a persona giusta che lo comprenda così può essere supportato a comportarsi più normalmente, mettersi a lavorare.” diceva.
Non ha mai perso la speranza nostro padre che lui potesse mettersi in riga.
Gli voleva bene era il suo figlio preferito . si voleva bene anche agli altri figli ma a lui voleva un bene particolare gli avrebbe dato tutto anche perché lo riteneva il figlio più debole quello che non si  era sistemato che era rimasto in casa e quindi lui doveva aiutarlo.
Doveva tirarlo fuori da una situazione poco normale. Non si  rendeva conto che se uno non ne ha voglia non viene fuori dal buco nero nel quale tutto sommato si trova bene a rimanere.
L’amore paterno è sordo ai ragionamenti soprattutto se riguardano l figlio che ha più bisogno di aiuto.
Così il figlio gli ha portato via tutto anche la casa dove abitava.
Con uno strattagemma la ha venduta ad un immobiliarista che ha sfrattato in due e due quattro il vecchio genitore .
Lui è finito all’Ospizio  incredulo che la casa non sia più sua .
La legge è severa con gli onesti e comprensibile con i ladri che hanno una fedina penale corposa.
“Cosa facciamo li mandiamo in galera tutta la vita magari senza una querela da parte del diretto interessato?
Non c’è appropriazione indebita fra familiari conviventi. Al massimo potete fare una causa civile (così se la briga un altro giudice pensava).”
Motivazioni sacrosante che hanno indotto il p.m. a richiedere l’archiviazione .
“Sono le solite liti fra parenti . “ ha sentenziato.
Quando un giudice sentenzia bisogna solo applicare i suoi dettati.
L’alternativa è proporre appelli e ricorsi in Cassazione che ti fanno perdere anche i soldi da dare a chi ti difende in giudizio quando oramai la casa di famiglia ed il peculio  se ne sono  andati e non c’è più nessuno che li possa fare tornare.








16.  Il boia.


Per fortuna non ci sono molti posti ufficiali, ma purtroppo è un mestiere che molti svolgono cambiando nome alla loro attività , ma di fatto rimangono dei boia.
E’ un mestiere ingrato che serve  a ristabilire un rapporto di forza fra chi comanda  echi deve obbedire nella forma più cruda , ma ci sono tante maniere per svolgere questo incarico.
Ne sono portati quelli che  pur di avere una ricompensa sono disposti ad ignorare le norme fondamentali che invitano al rispetto verso l’altro.
Non dico di amare il prossimo che si sa è un fatto impegnativo, ma almeno di rispettarlo.
Il boia invece no.
Lui è disposto per ordine di qualcuno (o anche d’iniziativa propria)  a fare male  fino a sopprimere fisicamente l’individuo designato.
A parte quelli ufficiali incaricati dalla comunità in maniera ufficiale di boia ce ne sono molti in giro che per un compenso economico sono disposti ad azzannare l’altro a fargli male pur di avere un proprio tornaconto.
E’ un mestiere che può assumere connotati diversi.
Se i boia ufficiali – per precisione quelli che ti tagliano la testa – sono sempre meno, i boia di basso rango disposti a fare del male per pochi spiccioli sono sempre più numerosi.
La cosa più vergognosa è quando l’incarico di diventare boia lo assume addirittura un popolo nei confronti di una minoranza .
Si chiama polizia etnica.
Non è una guerra che ha dei canoni d’onore e che impegna uno contro l’altro degli eserciti o quanto meno degli uomini armati.
In una città oggetto di un recente conflitto ho notato che le case crivellate di colpi non erano quelle del centro ma solo quelle della periferia.
In centro neppure il segno di qualche colpo di mortaio.
“ Si,” ha risposto un vecchio al mio interrogativo “ loro volevano che la povera gente della periferia se ne andasse per fare posto a quelli della loro razza ed era più facile impaurire gli abitanti della periferia più indifesi per farli scappare così il cerchio si sarebbe stretto attorno al centro e se sarebbero andati via tutti.”
E’ per questo che le guerre hanno più morti fra i civili che tra i militari che si combattono sul fronte.
Spregevole boia il tuo è il mestiere più vomitevole , spero solo che la legge del taglione ti colpisca al più presto.























17.  Il leader.

Molti ci provano a diventare  leader ma pochi  ce la fanno.
E’ un mestiere molto difficile  .
Lui deve necessariamente raccontare delle panzane.
Il capo deve tenere assieme tante persone, più è importante e più il numero dei suoi seguaci deve aumentare .
La verità è un collante che non tiene.
A tutti bisogna promettere qualcosa, poi finisce che non puoi mantenere la parola data.
Purtroppo tutti non solo vogliono qualcosa di diverso , ma rimangono insoddisfatti anche di quello che dai agli altri.
“Perché gli hai dato quell’incarico … io sono più bravo e mi hai dato solo una onorificenza da nulla!”
Il leader deve sopportarsi ogni sorta di lamentala
Più una persona è limitata e più guarda nella tasca del vicino se ha avuto dal grande capo qualcosa in più o di diverso da lui.
E’ veramente difficile accontentare tutti.
Una volta era più semplice .
A chi si lamentava veniva tagliata  la testa e tutto filava più liscio.
Oggi con la scusa che non si può più eliminare nessuno senza avere dei problemi le cose si complicano.
Il leader si affanna  a tentare  di accontentare tutti,  a mediare,  a parlare con uno alla volta , ma poi alla fine qualcosa necessariamente non quadra.
Gelosie, ripicche e invidie rendono il suo scettro sempre più debole e vacillante.
E’ una vita d’inferno devi far finta di credere a tutti, ma in realtà un vero leader se vuol sopravvivere non deve fidarsi di nessuno.
Loro però non credono a quello che dico e vogliono fare il leader a tutti i costi.
 Cosi quelli ce pensano di esserlo ma in realtà sono delle persone  normali se hanno al fortuna di capirlo possono ravvedersi  se no saranno sempre lo zimbello dei loro compagni.
Gli altri che hanno la caratura per farlo sono destinati ad un periodo di gloria che però pagheranno con gli interessi.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

18.  Il senso dell’onore.


Molti vivono non per sé stessi ma per l’immagine che gli altri hanno di loro.
Non gli interessa di essere felici per quello che fanno ma per quello che pensano gli altri di loro.
Per cui si rovinano la vita perché non ammettano che gli possono accorgersi di un a mossa sbagliata non dico di un fallimento o di un crac economico.
Questi hanno un grande stima di loro stessi si sentono i migliori e si confrontano con quello che la gente pensa di loro.
Amano essere salutati e soprattutto amano essere adulati.
Puoi ottenere quello che credi se gli dici
“Professore, lei è il migliore ingegnare di tutti !”
Puoi vendergli qualsiasi patacca che la crederanno buona; puoi indurli a concludere l’affare più sgangherato che lo considereranno una scelta felice.
Chi che li mette in guardia; chi li avviva di possibili grane in vista viene considerato come un imbecille che non ha stima nelle loro capacità di giudizio.
“Ma questo crede che io possa fare delle stupidate, che mi faccia turlupinare come un fesso qualsiasi.”
E’ cosi che ingenti patrimonio sono andati alla malora.












19.  Pasquale e l’azienda.


La città, adagiata in riva al fiume, è legata indissolubilmente nel bene e nel male al corso d’acqua.
A volte nei momenti di piena Lui, come lo chiamano i contadini della bassa, incute  paura.
Quando le acque si ingrossano, il fiume esce dagli argini e allora son dolori per quelli che lo hanno voluto sfidare da vicino.
Gli argini sono stati costruiti  sempre più imponenti nel tentativo di proteggere le terre che alle acque sono state strappate per soggiogarle ad una urbanizzazione dissennata, ma non bastano mai.
Una difesa, che si rompe per caso o perché qualcuno ha preso pale e picconi per proteggere i suoi campi contribuendo a fare riversare altrove le acque, un fontanazzo, che si apre, un canale di irrigazione che tracima perché non è stato pulito a dovere, sono fatti sufficienti perché le acque con un rombo assordante allaghino cascine e terreni.
Il Pasquale è uno dei tanti che, incuranti dei ritmi naturali, sono desiderosi di potenziare le proprie attività costruendo strutture e coltivando i terreni anche in golena.
L’azienda agricola è posta in una località che l’uomo da sempre contende alle acque.
E’ impensabile che in zone intensamente popolate si trovino terreni dove a distesa d’occhio non si vedono abitazioni o strutture agricole.
Dopo avere attraversato ordinati campi coltivati si arriva all’ultimo argine prima del fiume.
Bisogna ancora proseguire all’ombra degli ultimi solitari  pioppeti prima di arrivare. Gli unici compagni che incontri nel solitario cammino sono i corvi, che fanno buon pasto del mais appena seminato osservandoti a debita distanza, i fagiani, che si rifugiano paurosi nelle boschine, e le lepri, che scappano via zigzagando al primo rumore.
Eccoli i sabbioni maestosi e deserti del grande fiume.
Il piede affonda in una sabbia fine, sembra di camminare su lidi lontani ed invece siamo a due passi dalla città.
Un angolo di paradiso incontaminato a qualche chilometro dalla città.
Il Pasquale  ha acquistato queste terre ed ha deciso di ritornare alle tradizioni agricole della sua famiglia per dimostrare le sue capacità di essere il migliore anche nell’agricoltura ne va  il suo senso dell’onore.
Incurante dei consigli di tutti quelli che hanno il giusto rispetto del fiume ha realizzato una mega stalla a due passi da un primo argine che il più delle volte riesce a fermare l’impeto delle acque, ma è ancora lontano dalla protezione dell’argine maestro.
Deve essere la stalla più bella e invidiata della provincia.
Lui ha disegnato anche il progetto della stalla con le sale di mungitura e le sale parto per i vitelli.
Cosà ci vuole per un professionista come lui occuparsi anche di questi problemi che necessitano di soluzioni elementari?
Giancarlo è un agricoltore della bassa dalla faccia larga e le mani enormi aduse al lavoro nei campi.
E’ un grande mangiatore, un  intrepido bevitore, un incallito amatore, un divertente narratore di barzellette e di storie della gente del fiume.
Giancarlo è uno degli amici veri che anche a costo di ricevere qualche insulto ha cercato invano di fare capire a Pasquale  che, quando il fiume si scatena, quell’argine non è una difesa sufficiente.
Lui era lì quando il Po ha rotto gli argini in Polesine e tanti hanno dovuto abbandonare cascine stalle e animali, perdendo tutto quello che avevano realizzato con lunghi anni di fatiche.
Il Pasquale è convinto che quello che è capitato agli altri non necessariamente debba capitare anche a lui e va avanti imperterrito nel suo progetto di realizzare una azienda modello con una stalla imponente che tutta la provincia deve ammirargli.
Il senso dell’onore è un cattivo consigliere soprattutto se non hai nessuna intenzione di ascoltare le opinioni diverse dalle tue.
La voglia di essere il più grande, il più bravo, è una molla che ti spinge a fare le cose più insensate.
La stalla più imponente è realizzata in un battibaleno.
Con essa nascono anche i problemi finanziari, di gestione del personale e delle vendite.
Sono questioni difficili da affrontare come secondo lavoro.
Non fidandosi di nessuno Pasquale gestisce tutto da solo facendosi aiutare dalla moglie che non sembra né un manager affidabile né ha particolari vocazioni agresti che la tengano lontana dalle molteplici occasioni di svago  della città.
La vita del proprietario terriero è un po’ monotona.
In azienda bisogna starci il più possibile per affermare con la presenza il possesso di quelle terre lontane dalla vita concitata delle città. Se non ci stai qualcuno ti fa vedere lucciole per lanterne, ma poi i conti vengono a galla e i debiti saltano fuori soprattutto sei tassi dei mutui, fatti per pagare i debiti  contratti per fare l’azienda sempre più bella per il senso dell’onore, aumentano.
Per pagare i mutui l’azienda è stata venduta.
Le banche come al solito si sono mangiati i risparmi di chi non valuta i costi degli investimenti in rapporto alla capacità di ricavare dei guadagni.
Se incassi meno di quello che ti costa l’investimento non sei un buon imprenditore.
Pasquale però è contento perché era l’azienda più bella della provincia. Il suo senso dell’onore era salvo.
“L’azienda, però non è più tua ?” gli ricordo.
“Ma che importa era la più bella della provincia!”
















20.  Chi non ce la fatta. Francesco.


Il mestiere di vivere non è facile per tutti. Qualcuno non ce la fa e conclude prima la sua esistenza incurante del dono che ha ricevuto.
Quando uno non ce la fa , non ce la fa: chi può condannarlo.
Forse a saperlo avrei potuto parlare a Francesco, dirgli che la vita deve essere vissuta.
Forse ce l’avrei fatta o forse lui avrebbe saputo convincermi del contrario.
Lui era una persona orgogliosa .
Lui era convinto di essere il funzionario più solerte.
Conosceva tutte le leggi e le circolari.
Nelle ispezioni era il migliore non gli sfuggiva nulla.
Noi in ufficio glielo dicevamo che era un po’ troppo fiscale che si sarebbe procurato dei nemici.
Lui no andava per la sua strada.
Voleva fare un concorso al Ministero raggiungere gradi più elevati uscire da una anonima città di provincia
Aveva un intuito particolare per cogliere in fragrante chi non si era uniformato anche al più recondito comma della legge a chi non aveva compilato i numerosi registri obbligatori.
Non aveva nessuna remora  ad applicare contravvenzioni a tutti; non scusava nessuno.





21.  Chi lascia perdere.


“Se vuoi vincere lascia perdere” recita il titolo di un libro di Gianni Lodi.
L’autore ha ragione se vuoi liberarti dallo stress , rilassarti e affrontare la vita con serenità devi lasciare perdere.
Devi affrontare la vita nel modo che puoi reggere e se non ce la fai più hai solo una possibilità per resistere: lascia perdere.
Mollare non vuol dire gettare la spugna .
Significa, invece, valutare con cervello quali sono le tue reali possibilità.
Lasciare scorrere un’opportunità non vuol dire cedere su tutta la linea, ma semplicemente attendere, rimandare le scelte  a tempi migliori.
Prendere un opportunità che può causarti stress e sofferenza non è indice di coraggio , ma di ottusità.




















22.  Chi ha capito


Non molti , ma qualcuno ha capito come si affronta il mestiere di vivere.
Ci vuole molta saggezza e molto buon senso per capire qualcosa che in fondo e molto naturale.
Basta vivere seguendo delle regole semplici. Voler bene al prossimo e considerarlo sempre come un ospite nella propria casa.
Svolgere un lavoro che ti da molte soddisfazioni. Vivere contento di se stessi per come si programma la propria giornata.
Le grane così ti scivolano via , le ansie le affoghi nella tua attività, il tuo lavoro diventa il tuo piacere ed il mestiere di vivere diventa la cosa più semplice di questo mondo.





23.   Natale.


Natale è un falegname antiquario esperto di mobili antichi.
Nella sua bottega puoi trovare una cassapanca del settecento o una libreria dell’inizio dell’otto o una specchiera impero o una libreria in noce con una fiammata che ti scalda il cuore.
Natale riesce a restaurare ogni mobile ridan-dogli l’aspetto e la vitalità che il passare degli anni gli hanno tolto.
E’ come una casa di riposo per mobili che Natale ama profondamente e cui restituisce la giovinezza.
Il segreto di quest’arte è una grande conoscenza di ogni tipo di legno e delle tecniche idonee per procedere alla sua lavorazione.
In una grande confusione - che è ordine solo per la mente di Natale - i mobili sono addossati l’uno sull’altro.
Non vi sono mobili restaurati ma solo da restaurare perché, secondo la teoria di Natale, solo così il cliente ha la prova che il pezzo è autentico vedendolo com’é prima dell’intervento di restauro.
Natale si diverte a trovare le soluzioni più articolate su come procedere al restauro.
Per ogni mobile stabilisce la giusta consistenza di colla di pesce per procedere agli incolli e la giusta misura di stucco per sigillare i buchi che i tarli dispettosi hanno fatto.
La sua tecnica consiste nel cercare di con-servare il più possibile la struttura originale del mobile ed eliminare tutte quelle incrostazioni che nel corso degli anni lo hanno deturpato.
La bottega è un susseguirsi di clienti che vogliono acquistare o che vogliono vendere.
I maligni dicono che alcuni mobili sono stati recuperati presso la locale discarica.
Raccontano che gli operatori ecologici incaricati da Natale si recano nel deposito di rifiuti per vedere se qualcuno abbia scaricato qualche mobile vecchio.
Qualcuno che si stanca di avere in casa un mobile antico di storia magari con qualche tarlo di troppo e che preferisce acquistare un mobile nuovo all’Ikea, magari quelli lucidi di plastica che si trovano in offerta.
Molti non riescono a riconoscere il bello e si accontentano dei mobili fatti coi pannelli di truciolato che è di moda al momento.
Natale si ricorda perfettamente di come ha sistemato i vari mobili.
Per ragioni fiscali tiene i pezzi divisi.
L’armadio è smembrato e l’anta si trova da una parte e la schiena dall’altra.
Natale lo ricostruisce mentalmente ricompo-nendo con estrema facilita quel piccolo puzle.
E’ in grado di seguire mentalmente le fasi del restauro intuendo anche chi può essere il futuro proprietario fra i suoi affezionati clienti.
Unica eccezione alla sua raccolta sono i mobili nuovi in legno pressato dipinto con colori innaturali.
Xe mobili senz’anima” dice Natale “senza color, senza storia, nisun pol conoser da che pianta i provien”.
Se poi passa qualcuno disposto a portarsi via il mobile anche così concio per restaurarselo in proprio Natale è ben contento. In questa maniera ci ha guadagnato subito il giusto senza perdere tempo e può così essere libero di intraprendere un nuovo affare.
Nella bottega di Natale si può incontrare un universo di persone.
Amanti del fai da te che chiedono un consiglio, l’esercito degli scrocconi che chiede il piacere di avere in prestito una sgorbia o di un morsetto o di saldare con la colla di pesce un pezzo di legno.
Lui ha sempre sul fuoco la colla di pesce e se hai voglia di rispettare i suoi tempi non rimani deluso.
Natale ha una pazienza infinita: non dice di no a nessuno un po’ per eccesso di cortesia e un po’ perché non vuole perdere i clienti.
La bottega di Natale è anche un ritrovo dove chi non ha fretta può passare del tempo; si può vedere sempre un gruppo di persone.
Sono lì per discutere del più o del meno o per verificare se c’è della roba nuova da mettere in casa o da rivendere per lucrarci qualcosa.
Natale tiene banco per illustrare le qualità della merce nuova.
Con una lente d’ingrandimento controlla i particolari, specie se c’è da decifrare la storia del pezzo.
Natale con competenza ipotizza le soluzioni possibili per identificare l’autore.
Lui è un amante oltre che di mobili anche della pittura e della grafica.
Conosce i pittori e gli artisti della zona ed è in grado di stabilire con certezza anche il periodo in cui sono stati eseguite le opere. Individua la data di realizzazione dei quadri dal tipo della tela e della grafica o dei disegni dalla consistenza della carta .
La sua bottega è una piccola Atene dove si discute di arte e di artisti che hanno saputo realizzare un dipinto, una scultura, un tavolo o un cassettone con grande maestria, di artisti magari non di grande successo ma che hanno saputo resistere con le opere alla cancellazione della loro memoria da parte del tempo inesorabile.
Natale coniuga questo suo amore per l’arte con la pratica commerciale.
Tutti possono portare da Natale mobili od oggetti da lasciare in conto vendita.
La stima la fa Natale che mantiene il prezzo entro limiti contenuti per consentire la vendita in tempi brevi secondo il motto “I schei meio pochi ma subito”.
Saluta la moglie è un elemento fisso dell’arredamento della bottega.
Se ne sta lì gran parte del pomeriggio a guardare Natale che sta parlando con un cliente per illustrargli le caratteristiche di un tavolo.
Accortosi che la colla raffredda e che deve sal-dare con urgenza un’anta di una libreria l’attento restauratore si sposta rapidamente all’altro lato della bottega scusandosi col suo interlocutore.
La donna non fa nulla salvo dare sfoggio della sua cultura sulla pittura locale affermando la sua passione soprattutto per i pittori che interpretano nelle loro tele il paesaggio della sua terra.
Natale è tutto intento al restauro di un vecchio pavimento a quadroni che deve arredare la sua nuova casa e non può preoccuparsi, dato il suo elevato livello di concentrazione, dell’indubbio fastidio che gli insetti provocano.
Ha accuratamente smontato un parquet proveniente da una demolizione: ogni riquadro è realizzato con legni diversi che compongono un quadrato.
I legni sono di spessore diverso e non coincidono perfettamente fra di loro.
Natale li ha lavati, asciugati e piallati per ridurli allo stesso spessore e ha ricomposto con pazienza infinita il disegno avendo cura che i pezzi si incastrino perfettamente.
Ha realizzato una vernice inodore a base di essenza di trementina che emana un odore piace-vole invece della puzza che di solito lasciano le vernici più dure da parquet poiché l’appartamento è già in parte abitato.
Questo restauro lo assorbe completamente.
I problemi risolti per recuperare il parquet lo entusiasmano.
Hai visto che spettacolo che è questo pavimento. Piallare, lavare e mettere in sesto questi quadrati mi ha fatto girare la testa.
Natale è talmente preso del suo lavoro che non si accorge di nulla. Vive nel suo mondo, felice di fare rivivere vecchi mobili e di godersi il piacere di ammirare pitture e stampe, del resto non gli importa granché.
Tutti invidiano la sua grande serenità.
Stai bene tu al mondo, Natale.







24.  Claudio.


Claudio abita, appena fuori dalla città, in una grande casa padronale che si affaccia su una grande aia chiusa da un recinto.
A fianco dell’abitazione principale sono collocate delle case coloniche da una parte e dei barchessali dall’altra.
Sotto i portici riposano alcune macchine agri-cole che hanno smesso da tempo di fare il loro mestiere.
Nn cane festoso scodinzola allegro come se li conoscesse da sempre.
Dalla casa provengono i suoni festosi di un gruppo di musicisti.
E’ la casa della musica di Claudio.
La casa è grande, ci sono una serie di stanze una dentro l’altra; il proprietario ha sacrificato le prime due per potere isolare le mosche che entrano con i suoi numerosi visitatori.
La casa è invasa da musicisti che passano gran parte del giorno a mangiare, bere e suonare.
E’ un continuo andare e venire di amici che all’imbrunire, finito il lavoro, lascia ogni altra occupazione all’aperto, impossibile da svolgersi in quelle condizioni, per arrivare da Antonio.
Arrivano carichi di ogni ben di Dio.
Culatelli, salami, polli, uova e torte: tutto quello che serve per continuare quella kermesse musicale. La colazione è gentilmente offerta ai musici che si alternano agli strumenti.
Chi non è capace di suonare canta e, se è stonato in maniera esagerata, si limita a fare coro.
Cantano sempre una vecchia canzone Non ti fidar ”.
E’ difficile resistere alla forza travolgente delle note che escono dagli strumenti degli scatenati amici di Claudio.
E’ lui il gran cerimoniere della Musa che celebra i suoi riti con tutti gli altri che gli fanno corona.
Lui suona e canta; nei momenti di raro inter-vallo racconta barzellette per fare riprendere fiato ai suoi scatenati suonatori.
Claudio trasmette allegria e buon umore a tutti i commensali; essi sorridono felici.
Lui ha dimostrato la sua grande saggezza nell’affrontare la vita per il suo verso.


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