mercoledì 22 ottobre 2014

Piano casa Campania Quesiti

Piano casa . Quesiti.

La normativa premiale ed eccezionale di cui alla l. rg. Campania n. 19 del 2009 può porsi come derogatoria rispetto alla speciale disciplina di cui alla l. rg. n. 35 del 1987, adottata peraltro in esecuzione della l. n. 431 del 1985 a tutela del paesaggio?

La l. n. 431 del 1985 a tutela del paesaggio, anche per espressa dizione normativa, si impone alle Regioni, ai sensi dell'art. 2 della legge medesima, in quanto contenente norme fondamentali di riforma economico — sociale della Repubblica (secondo la dizione normativa atta a vincolare anche le Regioni a statuto speciale). Da ciò l'ulteriore necessità di una interpretazione costituzionalmente orientata. T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 09/12/2013, n. 5632

Una norma eccezionale e premiale, quale quella sul piano casa, destinata ad applicarsi solo in relazione alle fattispecie e nei limiti temporali espressamente previsti, non può giammai derogare, in mancanza di espresso riferimento — fatta peraltro salva la questione della legittimità costituzionale della deroga medesima — ad una normativa speciale quale quella recata dalla l. rg. n. 35 del 1987, riferita alla tutela di un bene specifico, quale il paesaggio, e relativa ad un territorio circoscritto dalla Regione Campania con particolare rilevanza paesaggistica.

Il riferimento per le zone vincolate al parere obbligatorio dell'Amministrazione preposta alla tutela del vincolo, secondo le prescrizioni di cui all'art. 32, l. n. 47 del 1985, deve intendersi operato a soli fini procedimentali, potendo l'intervento ammettersi in conformità al vincolo paesaggistico, laddove lo stesso consenta la nuova costruzione a determinate condizioni o al ricorrere di determinati presupposti, ovvero, pur non consentendo la nuova costruzione, ammetta interventi di ristrutturazione con aumento volumetrico, previo parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.

L'art. 3, l. rg. Campania n. 19 del 2009 prevede gli interventi in astratto inammissibili al godimento dei benefici di cui alla predetta legge; in concreto va peraltro di volta in volta verificato se l'intervento sia compatibile con i vincoli paesaggistici di inedificabilità relativa, potendo pertanto ammettersi, laddove il vincolo paesaggistico vieti la sola nuova costruzione e non anche la ristrutturazione con aumento di volumetria — categoria edilizia alla quale vanno rapportati senza dubbio gli interventi previsti dall'art. 4, l. n. 19 del 2009 — ovvero consenta la nuova costruzione a certe condizioni o al ricorrere di certi presupposti od entro certi limiti, come nell'ipotesi di specie.

La l. rg. Campania n. 19 del 2009 che disciplina il Piano casa della Regione Campania prevede che gli interventi oggetto dell'eccezionale e premiale disciplina possano porsi come derogatori dei soli strumenti urbanistici e non anche dei vincoli paesaggistici prescritti da piani paesaggistici od assimilabili ai piani paesaggistici. La disciplina dettata dalla legge de qua regolamenta gli interventi edilizi assentiti in via eccezionale, in rapporto alla connessa disciplina urbanistica, consentendo la deroga alla medesima, senza nulla prevedere in merito alla deroga ai piani paesaggistici o ai piani territoriali di coordinamento con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali.

La disciplina unitaria di tutela del bene ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni e dalle Province autonome, in materia di competenza propria, che riguardano l'utilizzazione dell'ambiente e, quindi, altri interessi.
In tale contesto, è indubbio che le disposizioni del Codice del paesaggio, approvato con il d.lg. n. 42 del 2004, prevedano l'assoluta prevalenza del piano paesaggistico sugli altri strumenti di regolazione del territorio, avendo il medesimo piano la funzione conservativa degli ambiti reputati meritevoli di tutela, che non può essere subordinata a scelte di tipo urbanistico, anche di tipo premiale, per loro natura orientate allo sviluppo edilizio e infrastrutturale.



La normativa premiale ed eccezionale di cui alla l. rg. Campania n. 19 de 2009 giammai può porsi come derogatoria rispetto alla speciale disciplina di cui alla l. rg. n. 35 del 1987, adottata peraltro in esecuzione della l. n. 431 del 1985 a tutela del paesaggio, la quale anche per espressa dizione normativa si impone alle Regioni, ai sensi dell'art. 2, medesima legge, in quanto contenente norme fondamentali di riforma economico — sociale della Repubblica (secondo la dizione normativa atta a vincolare anche le Regioni a statuto speciale). T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 14/10/2013, n. 4617

La generalizzata previsione di cui all'art. 12 comma 2 bis, l. rg. Campania n. 19 del 2009 non può in alcun modo leggersi come deroga al P.U.T. — sia pure in relazione a quelle zone sottoposte a vincoli di inedificabilità relativa — anche in considerazione del rilievo che una norma eccezionale e premiale, quale quella sul piano casa, destinata pertanto ad applicarsi solo in relazione alle fattispecie e nei limiti temporali espressamente previsti, non potrebbe giammai derogare, in forza del disposto dell'art. 14 sulle disposizioni della legge in generale, in mancanza di espresso riferimento — fatta peraltro salva la questione di legittimità costituzionale della deroga medesima — ad una normativa speciale quale quella recata dalla l. rg. n. 35 del 1987, riferita alla tutela di un bene specifico, quale il paesaggio e relativa ad un territorio circoscritto della Regione Campania con particolare rilevanza paesaggistica.

La disciplina introdotta dalla l. rg. Campania n. 19 del 2009 regolamenta gli interventi edilizi assentiti in via eccezionale, in rapporto alla connessa disciplina urbanistica, consentendo la deroga alla medesima, senza nulla prevedere in merito alla deroga ai piani paesaggistici o ai piani territoriali di coordinamento con specifica considerazione dei valori paesistici o ambientali.
Né la capacità derogatoria rispetto a vincoli paesaggistici di inedificabilità — sia pure di carattere relativo — può radicarsi dalle disposizioni di cui all'art. 3 disciplinante i casi di esclusione e dall'art. 12 bis comma 2, medesima legge. Infatti, la previsione dell'art. 3, nell'annoverare fra le ipotesi di esclusione alla lett. d) gli interventi edilizi « collocati nelle aree di inedificabilità assoluta ai sensi del d.lg. n. 42 del 2004 e nelle aree sottoposte a vincoli imposti a difesa delle coste marine, lacuali, fluviali secondo le disposizioni dell'art. 142, medesimo decreto legislativo, a tutela ed interesse della difesa militare e della sicurezza interna » non comporta a contrario che, nei casi in cui il vincolo di inedificabilità sia solo relativo, l'intervento comportante il richiesto aumento volumetrico sia ammissibile.
In tale ottica va del pari letta la prescrizione di cui al comma 2 dell'art. 12 bis, legge de qua, secondo cui « le norme della presente legge prevalgono su ogni altra normativa regionale, anche speciale, vigente in materia, fermo restando, per le zone vincolate, il parere obbligatorio delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso, così come individuate dall'art. 32, l. n. 47/85 e successive modifiche », dovendosi la prevalenza della legge medesima, a prescindere dall'ammissibilità di una simile generalizzata ed indifferenziata deroga, correlarsi alla sola materia urbanistica e non anche alla materia paesaggistica.

Il P.U.T., sebbene approvato con legge regionale, da un punto di vista sostanziale si configura come Piano Territoriale di Coordinamento con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali, assimilabile secondo la previsione di cui all'art. 135, d.lg. n. 42 del 2004 ad un piano paesaggistico latu sensu inteso. Le previsioni contenute nel medesimo piano, pertanto, hanno specifica valenza paesaggistica.

Il Piano Urbanistico Territoriale prevede norme generali d'uso del territorio dell'area sorrentino amalfitana e formula direttive a carattere vincolante alle quali i Comuni devono uniformarsi nella predisposizione dei loro strumenti urbanistici o nell'adeguamento di quelli vigenti. Il P.U.T., inoltre, formula indicazioni per la successiva elaborazione, da parte della Regione, di programmi di interventi per lo sviluppo economico dell'area. In considerazione del suo carattere vincolante per i Comuni e della sua specifica valenza di Piano di coordinamento con specifica considerazione dei valori paesaggistici ed ambientali, si spiegano anche le misure di salvaguardia di cui all'art. 5 comma 1, l. n. 35 del 1987, per cui, fatta eccezione per le deroghe previste dai commi successivi, « dalla data di entrata in vigore del Piano Urbanistico Territoriale e sino all'approvazione dei Piani regolatori Generali comunali (ivi incluse le obbligatorie varianti generali di adeguamento ai Piani Regolatori Generali eventualmente vigenti) per tutti i Comuni dell'area è vietato il rilascio di concessioni ai sensi della l. 28 gennaio 1977 n. 10 ».

Il diritto positivo conosce, con la sola eccezione della previsione di cui all'art. 133 comma 2 Cost., in forza di espressa copertura costituzionale, solo leggi statali, costituzionali e ordinarie, rafforzate, ovvero dotate di « forza formale » passiva superiore a quella delle altre leggi di pari rango, in quanto richiedenti particolari ed aggravati procedimenti per la loro modifica. In tale ottica, la l. rg. Campania n. 35 del 1987 appare suscettibile di deroga da parte di leggi regionali successive, fatta salva la possibilità di sollevare eventuali questioni di costituzionalità della normativa derogatoria.

La disciplina unitaria di tutela del bene ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, prevale su quella dettata dalle Regioni e dalle Province autonome, in materia di competenza propria, che riguardano l'utilizzazione dell'ambiente e, quindi, altri interessi. In tale contesto, è indubbio che le disposizioni del Codice del paesaggio, approvato con il d.lg. n. 42 del 2004, prevedano l'assoluta prevalenza del Piano paesaggistico sugli altri strumenti di regolazione del territorio, avendo il medesimo Piano la funzione conservativa degli ambiti reputati meritevoli di tutela, che non può essere subordinata a scelte di tipo urbanistico, anche di tipo premiale, per loro natura orientate allo sviluppo edilizio e infrastrutturale.



Sono esclusi dal c.d. piano casa degli edifici collocati in Z.T.O. ad eccezione degli edifici realizzati o ristrutturati negli ultimi cinquanta anni.

Ai sensi dell'art. 1 comma 1 lett. o), l. rg. Campania 5 gennaio 2011 n. 1 (che ha modificato l'art. 3 comma 1 lett. b, l. rg. n. 19 del 2009), sono esclusi dal c.d. piano casa degli edifici collocati in Z.T.O. « A » od assimilabili a favore « degli edifici realizzati o ristrutturati negli ultimi cinquanta anni » (se non rientranti negli altri casi di esclusione).
Art. 3
1. Gli interventi edilizi di cui agli articoli 4, 5, 6-bis e 7 non possono essere realizzati su edifici che al momento delle presentazione della Denuncia di inizio di attività di edilizia (DIA) o della richiesta del permesso a costruire risultano:[12]
b) collocati all’interno di zone territoriali omogenee di cui alla lettera A) dell’articolo 2 del decreto ministeriale n.1444/1968 o ad esse assimilabili così come individuate dagli strumenti urbanistici comunali ad eccezione degli edifici realizzati o ristrutturati negli ultimi cinquanta anni
L’eccezione riguarda soltanto gli edifici di relativamente recente costruzione (« edifici realizzati ») e gli edifici che siano stati oggetto di ristrutturazione in senso stretto e non semplicemente di lavori di restauro e di risanamento conservativo oppure di manutenzione straordinaria (vale a dire, di interventi edilizi aventi uno scopo non conservativo, ma di sostanziale alterazione innovativa). T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 13/09/2013, n. 4265
Le norme richiamate consentono l'aumento della volumetria esistente (in deroga agli strumenti urbanistici ed entro il limite del trentacinque per cento) degli edifici residenziali per interventi di demolizione e ricostruzione, da realizzarsi all'interno dell'area nella quale l'edificio è ubicato, permettendo di mantenere le distanze già esistenti da edifici fronteggianti se inferiori a quelle prescritte per le nuove edificazioni dalla normativa vigente (cfr. art. 5), ma escludono da tale beneficio, tra gli altri, gli edifici "collocati all'interno di zone territoriali omogenee di cui alla lettera A) dell'articolo 2 del decreto ministeriale n. 1444/1968 o ad esse assimilabili così come individuate dagli strumenti urbanistici comunali, ad eccezione degli edifici realizzati o ristrutturati negli ultimi cinquanta anni qualora non rientrino in altri casi di esclusione ai sensi del presente articolo" (cfr. art. 3, lett. b).
Poiché l'edificio per cui è causa è collocato in zona "A" sottozona A3/R4 (Centro storico), del Comune di Grumo Nevano, il permesso di costruire richiama nel preambolo, a giustificazione dell'assentibilità dell'intervento, il certificato attestante che il fabbricato di che trattasi è stato ristrutturato
Detto certificato, rilasciato dal responsabile della Sezione Urbanistica del Comune e versato in copia agli atti del giudizio, attesta infatti che è stato emesso  Buono Contributo per la ristrutturazione del fabbricato
Gli odierni ricorrenti, tuttavia, sostengono che quei lavori non sarebbero stati di ristrutturazione ma di mera "riattazione" , nel senso di lavori di manutenzione, ordinaria e straordinaria, di non rilevante entità, e che, per questa ragione, non potrebbe trovare applicazione la deroga all'esclusione dal c.d. piano casa degli interventi edilizi sui fabbricati in zona "A", la quale, come si è visto, riguarda solo quelli realizzati o ristrutturati negli ultimi cinquanta anni.
Tanto premesso, occorre anzitutto sgombrare il campo dalle possibili suggestioni legate all'uso del termine "riattazione", anziché ristrutturazione, con riferimento agli interventi sugli edifici colpiti dal sisma del 1980/81 finanziati con contributo pubblico.
Il d.l. 26 novembre 1980, n. 776, conv. in l. 22 dicembre 1980, n. 874, aveva inizialmente prevista la concessione, da parte del commissario straordinario nominato per fronteggiare l'emergenza, di "contributi per piccoli interventi di riparazione in abitazioni sinistrate, ivi comprese le parti condominiali, laddove gli interventi consentano la rapida utilizzazione degli immobili ovvero la salvaguardia degli edifici pericolanti" (cfr. art. 3, lett. d) ed il commissario straordinario di Governo, con ordinanza n. 80 del 6 gennaio 1981, aveva approvato i criteri e le norme tecniche e procedurali "per la riattazione di fabbricati lievemente danneggiati a causa del sisma del 23 novembre 1980", specificando, tra l'altro, quali fossero i lavori ammessi negli edifici in muratura. Con successiva ordinanza il commissario aveva poi chiarito che gli interventi erano soltanto quelli "di limitata entità e di sollecita realizzazione che consentono "la rapida utilizzazione degli immobili"", che perciò non consentivano la ricostruzione dei solai in travi di legno e la ricostruzione di coperture a tetto di vecchi fabbricati, trattandosi di opere di ricostruzione esulanti dall'ambito di applicazione dell'ordinanza.
È in questo contesto che matura, dunque, l'uso del termine "riattazione" per designare il complesso degli interventi consentiti dalle norme tecniche approvate con la citata ordinanza n. 80 (cfr. i modelli allegati all'ordinanza medesima).
In un secondo momento, a seguito del terremoto del febbraio 1981, il legislatore ha previsto ulteriori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici, intervenendo col d.l. 19 marzo 1981, n. 75, convertito in legge 14 maggio 1981, n. 219.
Per quanto in questa sede interessa, la nuova legge ha distintamente previsto l'assegnazione di provvidenze per la ricostruzione di unità immobiliari ad uso abitativo distrutte o da demolire per effetto del terremoto del novembre 1980 e del febbraio 1981 (contributi e finanziamenti per la ricostruzione: art. 9) e l'assegnazione di provvidenze per la riparazione di unità immobiliari a uso abitativo non irrimediabilmente danneggiati dal sisma (contributi e finanziamenti per la riparazione: art. 10).
I lavori eseguiti sul fabbricato di cui ci si occupa in questa sede sono stati finanziati e realizzati nella vigenza di questo secondo intervento legislativo e, perciò, il ricorso al termine "riattazione" nel buono contributo non può aversi come risolutivo, stando semplicemente a indicare, allora, un contributo erogato per un'unità abitativa non irrimediabilmente danneggiata e, perciò, non soggetta a demolizione e successiva ricostruzione, bensì a riparazione, concetto che nella nuova legge abbracciava ogni altra forma di intervento su immobili suscettibili di recupero.
Occorre, perciò, fare riferimento direttamente alla consistenza degli interventi eseguiti sull'edificio per dirimere il punto focale della presente controversia, che riguarda la questione se l'edificio oggetto del p.d.c. n. 72/2012 del 22 ottobre 2012 possa dirsi o meno ristrutturato ai sensi e per gli effetti dell'art. 3, lett. b, della l.r.c. n. 19/2009.
Prima, però, bisogna osservare che la legge regionale n. 19 del 2009 non contiene, a differenza che per altri termini, un'apposita definizione stipulativa di "ristrutturazione" (cfr. art. 2), la cui nozione va perciò ricavata da quella generale contenuta nell'art. 3, comma 1, lett. d, del d.p.r. n. 380/01.
Quest'ultima disposizione, come è noto, definisce ""interventi di ristrutturazione edilizia", gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica".
Rispetto agli interventi in confronto minori (interventi di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo) quelli di ristrutturazione edilizia si caratterizzano, dunque, perché rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere con finalità di innovazione.
In particolare, essi si distinguono dai lavori di manutenzione straordinaria, perché questi ultimi, pur comprendendo interventi di rinnovo e sostituzione di parti anche strutturali degli edifici, sono comunque diretti a conservare l'edificio e non a trasformarlo, tanto è vero che la giurisprudenza ha osservato che la manutenzione straordinaria è caratterizzata da un duplice limite: uno di ordine funzionale, costituito dalla necessità che i lavori siano diretti alla mera sostituzione o al puro rinnovo di parti dell'edificio, e l'altro di ordine strutturale, consistente nella proibizione di alterare i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari o di mutare la loro destinazione (cfr. C.d.S., sez. IV, 22 marzo 2007, n. 1388; C.d.S., sez. V, 6 febbraio 2003, n. 617, con riferimento all'identica definizione contenuta nell'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457).
Inoltre si distinguono dagli interventi di restauro e di risanamento conservativo, che per legge comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, perché comunque gli interventi di restauro e di risanamento conservativo sono soggetti al rispetto della regola fondamentale che li presiede (cfr. C.d.S., sez. V, 28 giugno 2004, n. 4794) costituita dal "rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo da ristrutturare" (cfr. art. 3, co. 1, lett. c, d.p.r. 380/01), laddove la ristrutturazione edilizia in senso stretto possiede uno scopo non conservativo.
Ciò significa che, nel momento in cui l'art. 1, comma 1, lett. o), della l.r. 5 gennaio 2011, n. 1, modificando l'art. 3, comma 1, lett. b, della l.r.c. n. 19 del 2009, è intervenuto ad introdurre un'eccezione all'esclusione dal c.d. piano casa degli edifici collocati in z.t.o. "A" od assimilabili a favore "degli edifici realizzati o ristrutturati negli ultimi cinquanta anni" (se non rientranti negli altri casi di esclusione), questa eccezione riguarda soltanto gli edifici di relativamente recente costruzione ("edifici realizzati") e gli edifici che, in base a quanto si è detto, siano stati oggetto di ristrutturazione in senso stretto e non semplicemente di lavori di restauro e di risanamento conservativo oppure di manutenzione straordinaria (si badi anche che la norma parla di edifici, e non di semplici unità immobiliari): vale a dire, di interventi edilizi aventi uno scopo non conservativo, ma di sostanziale alterazione innovativa.
In coerenza con la ratio della novella legislativa, tutto ciò si giustifica perché in quest'ultimo caso (come anche in quello delle costruzioni realizzate non più di cinquanta anni addietro), in cui l'edificio ha perduto le caratteristiche originali (gli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo storico) per effetto della ristrutturazione, il legislatore ha ritenuto non sussistere quella esigenza di tutela di valori estetici e, più in generale, culturali che presiede altrimenti all'esclusione dal c.d. piano casa degli edifici situati in zona territoriale omogenea "A" (cioè in parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale), anche quando non vincolati.
È alla luce di queste considerazioni che va, dunque, risolto il caso in esame.
I lavori che hanno interessato l'edificio, danneggiato dal sisma del 23 novembre 1980, sono descritti nella variante tecnica .
Nella variante si legge che le opere che formavano oggetto dell'originario progetto di riattazione del fabbricato "comprendevano tra l'altro la demolizione e ricostruzione di alcuni solai di interpiano e di copertura, formazione di piattabande con travi in ferro e opere di cuci e scuci per il consolidamento delle murature, la ricostruzione dei solai era prevista con travette prefabbricate e laterizi", ma che "durante l'esecuzione dei lavori, meglio ispezionati i luoghi si è ravvisata la indispensabile necessità di rifare i tetti di copertura in quanto le murature perimetrali presentavano un completo distacco dal solaio e lo scollamento degli stessi tra le pareti ortogonali, con fuoriuscita dalla sede naturale"; vi si legge ancora che, una volta demoliti i solai, era stata constatata l'impossibilità di rifacimento del solaio con travette prefabbricate, per la mancanza di adeguato appoggio all'incastro, dovendosi perciò procedere a rifarli con putrelle in ferro e tavelloni; che anche il consolidamento delle murature non era stato possibile nelle forme previste, determinando la necessità della variante tecnica che, tuttavia, avrebbe previsto opere da eseguire o eseguite rientranti nelle categorie di lavoro di cui all'ordinanza commissariale n. 80 e successive modificazioni ed integrazioni.
Secondo l'amministrazione comunale  gli interventi descritti nel complesso della relativa documentazione tecnico-contabile avrebbero profondamente rinnovato il fabbricato originario, già parzialmente ricostruito alla metà degli anni Cinquanta del secolo appena trascorso, tanto da poterlo fare agevolmente definire "ristrutturato": sostituzione degli originari solai intermedi in legno con altri in ferro e tavelloni e sovrastante getto di calcestruzzo; sostituzione della vecchia copertura a tetto con altra in lamiere di eternit; inserimento di elementi strutturali nelle murature quali piattabande in ferro e cemento armato; rifacimento di tramezzature interne, degli impianti idrici, elettrici e dell'intonaco; rifacimento parziale delle muratore; e così via, ivi compresa la modifica di vani esterni mediante chiusura con muratura in tufo di finestrini bagni al piano terra e di un vano al secondo piano.
In senso contrario, tuttavia, si deve anzitutto escludere che questi ultimi interventi siano stati di entità tale da innovare realmente l'edificio nel suo complesso: testimonia ciò il computo metrico, alla voce "muratura di tufo per chiusura di alcuni vani finestrino p.t., p.t., vano 2° piano", dove se ne riportano le limitate dimensioni (ed un incidenza di costo sul totale delle opere di circa il 2,5 per mille).
Per il resto, si tratta di interventi di riparazione ai sensi della legge n. 219 del 1981, a ben vedere in larghissima parte inclusi già nell'elenco di lavori originariamente ammessi dalla precedente ordinanza commissariale n. 80.
Il semplice catalogo dei lavori effettuati sull'edificio, registrati nel computo metrico e negli altri documenti agli atti del presente giudizio, appare invero compatibile con un intervento di risanamento conservativo, che, come detto, può comprendere anche il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, senza che per questo solo trasmodi in ristrutturazione edilizia in senso proprio.
La documentazione tecnico-contabile dell'epoca, prodotta in giudizio dalle parti, non dimostra un'alterazione sostanziale degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo originario (rammentandosi nuovamente che persino il rinnovo di elementi costituitivi dell'edificio può rientrare nel perimetro del risanamento conservativo, così come la manutenzione straordinaria può comprendere la sostituzione di parti anche strutturali degli edifici) e, in particolare, non dimostra affatto - come sarebbe stato necessario per resistere al gravame (non potendosi accollare al ricorrente la prova diabolica del fatto negativo) - che l'intervento posto in opera all'indomani dei due sismi del 1980 e del 1981 avesse una finalità non semplicemente conservativa dell'edificio danneggiato, ma di sua sostanziale trasformazione.
Nessun rilievo assume, inoltre, la circostanza che l'edificio fosse stato parzialmente ricostruito cinquantotto anni fa, in quanto la legge regionale, come si è visto, assegna rilevanza soltanto a vicende più recenti (cfr. art. 3, lett. b, l.r.c. n. 19 del 2009).
Tanto basta per accogliere il ricorso, assorbita ogni altra censura, ed annullare, per l'effetto, il permesso di costruire.

La individuazione delle aree da destinate all'edilizia residenziale sociale richiede la variante degli strumenti urbanistici?.
L'art. 7 comma 4, l. rg. n. 19 del 28 dicembre 2009, c.d. « Piano Casa »  ha previsto la possibilità per le amministrazioni comunali di individuare aree da destinate all'edilizia residenziale sociale, alle condizioni ivi individuate.
La norma consente che l'individuazione delle relative aree avvenga, a differenza della fattispecie prevista dai precedenti commi 2 e 3, in variante ma non anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti. In tal senso depone non solo l'interpretazione letterale della disposizione ma anche, sul piano teleologico e sistematico, la specifica finalità perseguita (agevolazione di giovani coppie e nuclei familiari con disagio abitativo), che il legislatore ha opportunamente contemperato con l'esigenza di preservare un ordinato assetto e sviluppo del territorio, che viene assicurato, nell'ipotesi di insussistenza della conformità urbanistica delle aree da destinare a tale scopo, proprio attraverso la procedura di variante. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 03/05/2013, n. 2281

La realizzazione di interventi straordinari di demolizione e ricostruzione con incremento volumetrico del 35% degli edifici può trovare applicazione in relazione agli edifici residenziali nella loro unità ed interezza?
L'art. 5 l.rg. Campania n. 19 del 28 dicembre 2009, cd. "Piano Casa" consente, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, la realizzazione di interventi straordinari di demolizione e ricostruzione con incremento volumetrico del 35% degli edifici residenziali esistenti.
La norma  ha di mira il miglioramento della qualità urbana attraverso il recupero del patrimonio edilizio esistente, per cui non può trovare applicazione in relazione a singole porzioni dei fabbricati, ma agli edifici residenziali nella loro unità ed interezza. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 22/03/2013, n. 1581

L'art. 5, l. rg. Campania n. 19 del 2009  contrasta con l'art. 117 della Costituzione?
L'art. 5, l. rg. Campania n. 19 del 2009 (che consente, per gli interventi di demolizione e ricostruzione, l'aumento entro il limite del 35% della volumetria esistente) non contrasta con l'art. 117 della Costituzione (in riferimento alla diversa previsione della norma statale di cui all'art. 3 comma 1 lett. d ), d.P.R. n. 380 del 2001, che non prevede alcun aumento di volumetria per tale tipologia di interventi edilizi), dal momento che, in ordine a tale aspetto, è pienamente conforme all'Intesa sancita tra Stato, Regioni ed autonomie locali in sede di Conferenza Unificata in data 1 aprile 2009. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 18/03/2013, n. 1502.
La l. rg. Campania n. 19 del 28 dicembre 2009, cd. "Piano Casa", nella dichiarata finalità di contrastare la crisi grave economica in atto e di tutelare i livelli occupazionali attraverso il rilancio delle attività edilizie, ha disciplinato interventi di incremento volumetrico e di superfici da attuare sui singoli edifici, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, in relazione ad un arco di tempo limitato, con casi di esclusione ben determinati, realizzabili sull'intero territorio regionale, prescindendo dall'esistenza o meno di previsioni urbanistiche vigenti (nonché dalla classificazione in zone omogenee eventualmente operata in sede di pianificazione urbanistica dai singoli Comuni), ma avendo di mira esclusivamente, in attuazione della dichiarata finalità legislativa, il recupero del patrimonio edilizio esistente.

Il Piano Casa consente il cambio di destinazione d’uso?
L'ubicazione in zona D non può costituire impedimento al cambio di destinazione d'uso, trattandosi proprio dell'effetto riconosciuto dalla norma derogatoria di cui all'art. 7 commi 6 e 6 bis, l. rg. Campania n. 19 del 2009. T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 07/03/2013, n. 1292.
Ai fini del mutamento di destinazione d'uso di alcune categorie di edifici in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, il rinvio operato dal comma 6 bis dell'art. 7, l. rg. Campania n. 19 del 2009, al precedente sesto comma non comporta che la destinazione d'uso originaria debba essere necessariamente prevalentemente - e non anche esclusivamente - una di quelle contemplate nel combinato disposto delle due disposizioni regionali, cioè « uffici e residenze o alloggi di servizio (comma 6) e residenze turistico-alberghiere (comma 6 bis ). Invero, un'interpretazione letterale del sesto comma può legittimare un'accezione della nozione di destinazione urbanistica prevalente intesa sia in senso qualitativo, cioè come sussistenza di una commistione di categorie tout court , sia in senso quantitativo, assegnando a tale concetto il significato di parametro minimale, ove a rilevare sarebbe l'esistenza almeno in parte di una delle destinazioni urbanistiche tra quelle indicate dalla legge; in tale ultima ipotesi, la destinazione esclusiva costituirebbe, capovolgendo il ragionamento, la migliore condizione per ottenere il mutamento di destinazione d'uso in deroga. Pertanto, tra le due opzioni, l'indagine deve completarsi attraverso lo strumento dell'interpretazione logico-funzionale della normativa in esame. A tal fine, la soluzione ermeneutica della nozione di prevalenza, intesa come dato qualitativo, condurrebbe ad una non persuasiva lettura teleologica del dato legislativo, dal momento che non si comprenderebbe la ragione di limitare il mutamento della destinazione d'uso di specifici edifici per il solo fatto che la relativa destinazione urbanistica originaria non sia plurima; in realtà, appare più aderente al dato legislativo limitare il regime derogatorio alle sole ipotesi in cui, per un medesimo edificio, sussista una commistione di destinazioni d'uso diffusa, senza che prevalga nessuna tra quelle specificamente individuate dalla norma. In altri termini, la disciplina derogatoria prevedrebbe, non già un doppio limite di natura qualitativa, tipologico e di commistione tout court tra tipi, ma rispettivamente un limite qualitativo, riferito alle categorie individuate dal legislatore regionale, ed uno quantitativo, tale cioè che la categoria o le categorie per cui è ammessa la deroga siano presenti in una misura minima sufficiente, con la conseguenza di ritenere la destinazione esclusiva come possesso assoluto del requisito.

Il piano casa consente l’intervento sui ruderi?
Ai sensi dell'art. 7 comma 8 bis , l. rg. Campania n. 19 del 2009, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, è consentito il recupero edilizio di edifici diruti e ruderi mediante intervento di ricostruzione in sito, purché ne sia comprovata la preesistenza alla stessa data di entrata in vigore della citata legge, nonché la consistenza e l'autonomia funzionale, con obbligo di destinazione del manufatto ad edilizia residenziale e secondo le disposizioni di cui all'art. 5 della medesima legge regionale. T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 28/12/2012, n. 5367.

Il piano casa consente sanatoria di immobili abusivi?
Con la l.reg. n. 19 del 28 dicembre 2009, cd. Piano Casa, il legislatore campano ha intesto promuovere gli investimenti privati per il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente nel territorio regionale, con la funzione primaria, sebbene non esclusiva, di contrastare la grave crisi economica che ha investito anche il settore edilizio, senza tuttavia operare alcuna sanatoria delle opere edilizie; la l. reg. n. 19 del 2009 reca, infatti, non già una normativa di condono o di sanatoria ma, rispondendo all'esigenza di promuovere gli investimenti privati nel settore dell'edilizia, ha introdotto una disciplina di natura eccezionale in relazione a specifici interventi, destinata ad operare per un arco temporalmente limitato, sempre dietro presentazione di un'istanza che deve precedere la loro esecuzione e dalla quale deve, peraltro, emergere la rispondenza dell'intervento alle specifiche finalità perseguite dal legislatore regionale. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 14/12/2012, n. 5203.
Il piano casa, approvato con l.reg. Campania n. 19 del 2009, è invocabile per una richiesta di sanatoria di abusi edilizi?

L'art. 4 l.reg. Campania n. 19 del 2009 (cd. Piano Casa) non consente di sanare opere già realizzate in assenza di idoneo titolo abilitativo.
Al riguardo, infatti, l'art. 3, citata l. reg. n. 19 del 2009 stabilisce, tra l'altro, che gli interventi edilizi di cui all'art. 4 non possono essere eseguiti su edifici "a) realizzati in assenza o in difformità al titolo abilitativo". In altri termini, la legislazione regionale non consente di ampliare l'oggetto della disciplina del condono edilizio attraverso un improprio cumulo dei benefici concessi dalle rispettive norme di favore, le quali operano su piani distinti, risultando ancorate a presupposti diversi.
In altri termini, la legislazione regionale non consente di ampliare l'oggetto della disciplina del condono edilizio attraverso un improprio cumulo dei benefici concessi dalle rispettive norme di favore, le quali operano su piani distinti, risultando ancorate a presupposti diversi. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 26/06/2012, n. 3013.

I comuni possono limitare sul proprio territorio l'applicazione della l. reg. Campania n. 19 del 2009?
Il potere dei comuni di limitare sul proprio territorio l'applicazione della l. reg. Campania n. 19 del 2009 è connotato da un'estesa sfera di discrezionalità, considerato che l'autonomia dei comuni nel governo del proprio territorio è garantita, nella fattispecie, al massimo grado, come si desume dalla norma di riferimento, costituita dall'art. 5 comma 7 (secondo periodo) l. reg. cit., che richiede unicamente che il provvedimento del Consiglio comunale sia "motivato da esigenze di carattere urbanistico ed edilizio". Tale previsione è del resto coerente con i principi generali in materia urbanistica, secondo cui le scelte compiute nell'esercizio della potestà pianificatoria - alla quale quella in esame è strettamente connessa - sono espressione di ampia discrezionalità nel definire la tipologia delle utilizzazioni delle singole parti del territorio e non sono sindacabili (impingendo nel merito dell'azione amministrativa), salvo che risultino incoerenti con l'impostazione di fondo dell'intervento pianificatorio o manifestamente incompatibili con le caratteristiche oggettive del territorio, ovvero ancora affette da vizi macroscopici di logicità e razionalità riconducibili all'alveo dell'eccesso di potere. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 28/05/2012, n. 2501.
L'art. 5 comma 7 (secondo periodo), l.reg. Campania 19 dicembre 2009 n. 19 sul cd. Piano casa statuisce che l'ampliamento fino al 35% della volumetria esistente non può essere realizzato "in aree individuate, dai comuni provvisti di strumenti urbanistici generali vigenti, con provvedimento di consiglio comunale motivato da esigenze di carattere urbanistico ed edilizio, nel termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente legge". La successiva l.reg. n. 1 del 2011 non ha riaperto il suddetto termine perentorio di 60 giorni (decorrente dalla data di entrata in vigore della l. reg. n. 19 del 2009) concesso ai Comuni per stabilire limitazioni all'applicazione delle disposizioni previste dal legislatore regionale, con conseguente consumazione del relativo potere non esercitato entro il suddetto termine. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 02/05/2012, n. 1980.

E’ incostituzionale la norma che istituisce  il fascicolo di fabbricato?

È inammissibile la q.l.c., sollevata in riferimento agli art. 3, 23, 41, 42, 97, 117, commi 2, lett. l) e 3, cost., dell'art. 9 commi 2 e 3 l.reg. Campania 28 dicembre 2009 n. 19, i quali prescrivono l'obbligo del fascicolo di fabbricato per ogni incremento volumetrico o mutamento d'uso, da redigere con le modalità e i contenuti definiti da apposito regolamento. Le doglianze vengono basate esclusivamente sull'assunto (non altrimenti dimostrato) della non conformità delle previsioni oggetto di impugnazione ai parametri di volta in volta evocati: esse, dunque, non rispondono ai requisiti di chiarezza e completezza richiesti per la valida proposizione di una q.l.c., a maggior regione nei giudizi proposti in via principale (sent. n. 139 del 2006, 45, 119 del 2010). Corte Costituzionale, 05/11/2010, n. 312.

2 commenti:

Unknown ha detto...

da parte del mio comune si ritiene che l'applicazione dell'art. 7 comma 6 il cambio di destinazione d'uso può essere applicato solo alle aree degradate e non a tutti i fabbricati in zona D questa considerazione nasce dal fatto che il comma 6 e inserito dell'art, 7 Riqualificazione Aree urbane degradate.

Unknown ha detto...

In regione Campania un mezzadro o affittuario, in zona agricola, può richiedere un titolo edilizio in luogo del proprietario?

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