martedì 13 ottobre 2015

IL POTERE DI CONTROLLO SULLE COSTRUZIONI ABUSIVE DEL GIUDICE PENALE ​

IL POTERE DI CONTROLLO SULLE COSTRUZIONI ABUSIVE DEL GIUDICE PENALE

 1  Il controllo sostitutivo del giudice penale. La verifica di costituzionalità
Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, conferma i poteri attribuiti al giudice penale in materia di repressione dell'abusivismo, consentendogli l'emissione di provvedimenti di demolizione e di confisca oltre all'adozione della misura cautelare del sequestro preventivo (1).
Tali poteri devono considerarsi sostitutivi dell'intervento repressivo del comune e della giunta regionale, pure essendovi estrema incertezza nel definire la sua reale portata.
Bisogna valutare se esso debba considerarsi autonomo ed indipendente dall'azione amministrativa comunale ovvero debba considerarsi subordinato alla azione della pubblica amministrazione con importanti conseguenze, come vedremo (2).
La questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della L. 28 febbraio 1985 n. 47, sollevata con riferimento agli artt. 117 e 111 della Cost., è stata dichiarata manifestamente infondata.
È stato dichiarato, infatti, che il potere riconosciuto all'autorità giudiziaria di ordinare la demolizione delle opere abusive non sottrae al legislatore regionale una materia legislativa costituzionalmente riservatagli, dato che tale ordine si risolve in una misura amministrativa che non viola l'autonomia della pubblica amministrazione. Questa resta libera di provvedere diversamente in merito ordinando, ad esempio, l'acquisizione del manufatto al patrimonio pubblico e rilasciando concessione in sanatoria.
Non sussiste, inoltre, il lamentato contrasto con l'art. 111 cost. in quanto il provvedimento di demolizione non richiede una particolare motivazione, trattandosi di misura non giurisdizionale ma amministrativa che consegue di diritto alla sentenza di condanna (3).
È stata dichiara manifestamente infondata l'eccezione di costituzionalità dell'art. 7, L. n. 47 del 1985 in relazione agli artt. 3 e 97 cost., in quanto la previsione legislativa consente all'amministrazione di acquisire l'area e di mantenere la proprietà della stessa anche quando l'immobile venga demolito. A fronte di un comportamento illecito del proprietario dell'area che ha realizzato costruzione in assenza di titolo abilitativo rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire quali siano le conseguenze derivanti da detto comportamento e appare non irragionevole, alla stregua dell'art. 3 cost., in relazione alla finalità dell'interesse pubblico la previsione di affidare alla discrezionalità amministrativa la scelta di demolire il bene ovvero di utilizzarlo per il soddisfacimento di interessi pubblici (4).
 1.1  La sospensione del dibattimento
L'imputato può chiedere al giudice penale nel corso dell'udienza preliminare e del dibattimento di disporre la sospensione del dibattimento qualora la decisione sull'esistenza del reato dipenda dalla risoluzione di un controversia civile o amministrativa di particolare complessità, per la quale sia in corso un procedimento presso il giudice competente, ex art. 479, c.p.p.
Il giudice penale ha la facoltà di disporla. Il provvedimento del giudice è discrezionale e non è soggetto ad autonoma impugnazione (5).
L'ordinanza emessa in dibattimento con la quale viene respinta la richiesta di sospensione del processo a causa della pendenza della procedura di sanatoria di un illecito urbanistico deve essere impugnata insieme alla sentenza secondo il principio generale fissato dall'art. 586, c.p.p.
La sospensione è, invece, obbligatoria nel caso in cui il costruttore abusivo abbia prodotto istanza di condono edilizio, ai sensi dell'art. 22 della L. 47 del 1985, mod. art. 45, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
La giurisprudenza ritiene che l'azione penale debba essere sospesa fino alla decisione dei ricorsi innanzi alla giurisdizione amministrativa, per le seguenti ragioni:
1) il legislatore ha disciplinato la materia delle sanzioni amministrative in modo autonomo, conferendo al giudice ordinario un ruolo di mera supplenza e lasciando intatta in capo all'amministrazione, nel cui patrimonio è acquisito il bene, ogni decisione definitiva sulla destinazione del medesimo che può essere utilizzato per prevalenti interessi pubblici;
2) non è vero che, a seguito dell'intervento dell'autorità giudiziaria, la pubblica amministrazione perda il potere di iniziativa, poiché tale limitazione dei poteri del consiglio comunale non trova riscontro nell'art. 7 della L. 28 febbraio 1985 n. 47;
3) ogni volta che il legislatore ha voluto conferire al giudice penale un potere più penetrante lo ha detto espressamente, come nel caso di confisca conseguente a lottizzazione abusiva, ai sensi dell'art. 19 della L. 47/1985, o nel caso di confisca di opere abusive, realizzate dai condannati per il delitto di cui all'art. 416 bis c.p., da eseguire attraverso l'acquisizione al patrimonio indisponibile del comune, ai sensi dell'art. 39, c. 12, della L. 23 dicembre 1994, n. 724 (6).
La sospensione dell'azione penale disposta dal giudice, che si ricollega alla richiesta di concessione in sanatoria, può durare, invece, per il periodo di sessanta giorni previsto dall'art. 13 della L. 47 del 1985 per il formarsi del silenzio rifiuto (7).
L'evento conclusivo del periodo di sospensione del giudizio penale è costituito dal rigetto dell'istanza di concessione in sanatoria richiesta in base agli artt. 13 e 22, L. 47 del 1985, sia esso espresso o tacito. Il processo non può essere ulteriormente sospeso, ad nutum, in virtù della presentazione di altre domande relative alla medesima costruzione, pur se contenenti differenti prospettazioni ed avanzate dopo aver ottenuto altri provvedimenti amministrativi.
In tal caso, può configurarsi soltanto, attraverso un'esegesi estensiva in bonam partem dell'art. 479 c.p.p., una sospensione facoltativa del processo per la cui effettuazione, però, è necessario accertare la complessità della questione e la sua rilevanza al fine di decidere sull'esistenza del reato (8).

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