sabato 16 luglio 2016

falsa attestazione della presenza in servizio

Il D.Lgs. 20 giugno 2016, n. 116,  viene ad introdurre una normativa speciale con riferimento alla sola “falsa attestazione della presenza in servizio”, a fronte di una sconfinata varietà di possibili illeciti contro la Pubblica Amministrazione (si pensi all’utilizzo di certificati medici compiacenti o materialmente falsi) che quotidianamente vengono registrati e indicati all’opinione pubblica.
Costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l'amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell'orario di lavoro dello stesso. Della violazione risponde anche chi abbia agevolato con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta. Il comma, in sostanza, introduce una nuova e diversa qualificazione della “falsa attestazione”, ampliandone la portata e le conseguenze.
Per tutti gli altri illeciti rimane la disciplina del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, già ampiamente ridisegnata con il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.
La Pubblica Amministrazione non solo non attende più i tempi della giustizia penale, ma realizza in completa autonomia il“buon andamento” dei pubblici uffici.
La giustizia penale farà il suo corso con i tempi che le sono propri, ma che ben difficilmente reggeranno al ritmo impresso all’inizio e alla celebrazione del procedimento disciplinare.
L’unica certezza è che magistratura penale e la procura della Corte dei conti saranno obbligatoriamente coinvolte, a completamento di un quadro sanzionatorio e risarcitorio che si delinea pesantissimo.
Si dà luogo ad un immediato provvedimento di sospensione dal servizio, disposto con provvedimento motivato dal responsabile della struttura in cui il dipendente lavora o anche, ove ne venga a conoscenza per primo, da parte dell'ufficio per i procedimenti disciplinari previsto dall’articolo 55-bis, comma 4, del decreto 165. In ogni caso il provvedimento deve essere adottato in via immediata e comunque entro quarantotto ore dal momento in cui dirigente o ufficio competente ne sono venuti a conoscenza.
Qualora il predetto termine non venga rispettato  non si determina la decadenza dall'azione disciplinare (l’amministrazione potrà comunque procedere anche oltre tali termini) e neppure l'inefficacia della sospensione cautelare: sarà eventualmente chiamato a rispondere del ritardo il dipendente cui esso sia imputabile.
Come detto il provvedimento di sospensione ha natura cautelare e quindi ad esso deve far seguito l’avvio del procedimento disciplinare. La nuova norma (comma 3-ter) prevede che con il medesimo provvedimento si proceda anche alla contestazione per iscritto dell'addebito e alla convocazione del dipendente dinanzi all'Ufficio per i procedimenti disciplinari. Il dipendente è convocato, per il contraddittorio a sua difesa, con un preavviso di almeno quindici giorni e può farsi assistere da un procuratore ovvero da un rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato. Fino alla data dell'audizione, il dipendente può inviare una memoria scritta o, in caso di grave, oggettivo e assoluto impedimento, chiedere il rinvio del termine per l'esercizio della sua difesa, termine che non potrà essere dilazionato per più di cinque giorni e per una sola volta nel corso del procedimento.

Il procedimento deve essere concluso entro trenta giorni dalla ricezione, da parte del dipendente, della contestazione dell'addebito. Tuttavia, contrariamente a quanto previsto dalla normativa generale, la violazione dei termini prescritti per l’avvio e la conclusione del procedimento, non determina la decadenza dall'azione disciplinare né l’invalidità della sanzione irrogata. Uniche eccezioni previste: che il mancato rispetto dei termini determini l’irrimediabile compromissione del diritto di difesa del dipendente e che sia stato superato il termine di 120 giorni per la conclusione del procedimento di cui all'articolo 55-bis, comma 4. L’Amministrazione potrà comunque procedere nei confronti del dipendente cui sia imputabile il mancato rispetto dei termini, contestandogli l'eventuale responsabilità.
La immediata sospensione cautelare dal servizio è, logicamente, anche sospensione dallo stipendio: il diritto all’assegno alimentare “nella misura stabilita dalle disposizioni normative e contrattuali vigente” è poco risolutivo dei problemi legati alla perdita dei proventi economici perché l’accelerazione dei tempi del procedimento disciplinare significa tempi più brevi per il licenziamento che determina contestualmente la venuta meno anche dell’assegno alimentare.
L’effettiva applicazione del nuovo regime  è ragionevolmente rafforzata dal licenziamento comminato al dirigente che rimanga inerte dinanzi all’illecito e non attivi il procedimento disciplinare
La previsione della sanzione del licenziamento vale anche per il terzo e per chi abbia agevolato con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta, così da costringere il dipendente infedele ad autogestire il proprio comportamento illecito.
L’ambito di applicazione ristretto della fattispecie è giustificato dala necessità delle prove rappresentate dalla flagranza o da strumenti di sorveglianza e di registrazione degli accessi e delle presenze.



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