lunedì 26 dicembre 2016

Ambrosoli Giorgio

Ambrosoli Giorgio
Nel settembre 1974 fu nominato dall'allora governatore della Banca d'Italia Guido Carli commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, guidata sull'orlo del crack finanziario dal banchiere siciliano Michele Sindona, al fine di esaminarne la situazione economica prodotta dall'intricato intreccio tra la politica, alta finanza, massoneria e criminalità organizzata siciliana.
I sospetti sulle attività del banchiere siciliano nascono già nel 1971, quando la Banca d'Italia, attraverso il Banco di Roma, inizia a investigare sulle attività di Sindona nel tentativo di evitare il fallimento degli Istituti di credito da lui gestiti: la Banca Unione e la Banca Privata Finanziaria. L'allora governatore Guido Carli, chiaramente motivato dalla volontà di non provocare il panico nei correntisti, decide quindi di accordare un prestito a Sindona.
Tale prestito fu accordato con tutte le modalità e transazioni necessarie e fu incaricato il direttore centrale del Banco di Roma, Giovanbattista Fignon, di occuparsi della vicenda.
Le banche di Sindona vennero fuse e prese vita la Banca Privata Italiana di cui Fignon divenne vicepresidente ed amministratore delegato. Contro tutte le aspettative, Fignon andò a Milano a rivestire la carica e comprese immediatamente la gravità della situazione.
Nel settembre del 1974, Fignon consegnò a Giorgio Ambrosoli la relazione sullo stato della Banca. Fignon continuò nel suo operato, tanto da essere citato anche nelle agende dell'avvocato Ambrosoli. Ciò che emerse dalle investigazioni indusse, nel 1974, a nominare un commissario liquidatore che venne individuato nella figura di Giorgio Ambrosoli.
In questo ruolo, Ambrosoli assunse la direzione della banca e si trovò ad esaminare tutta la trama delle articolatissime operazioni che il finanziere siciliano aveva intessuto, principiando dalla controllante società "Fasco", l'interfaccia fra le attività palesi e quelle occulte del gruppo. Nel corso dell'analisi svolta dall'avvocato emersero le gravi irregolarità di cui la banca si era macchiata e le numerose falsità nelle scritturazioni contabili, oltre alle rivelazioni dei tradimenti e delle connivenze di ufficiali pubblici con il mondo opaco della finanza di Sindona.
Contemporaneamente a questa opera di controllo Ambrosoli cominciò ad essere oggetto di pressioni e di tentativi di corruzione. Queste miravano sostanzialmente a ottenere che avallasse documenti comprovanti la buona fede di Sindona. Se si fosse ottenuto ciò lo Stato Italiano, per mezzo della Banca d'Italia, avrebbe dovuto sanare gli ingenti scoperti dell'istituto di credito. Sindona, inoltre, avrebbe evitato ogni coinvolgimento penale e civile.
Ambrosoli non cedette, sapendo di correre notevoli rischi. Nel 1975 indirizzò una lettera alla moglie in cui scrisse:
Nel corso dell'indagine emerse, inoltre, la responsabilità di Sindona anche nei confronti di un'altra banca, la statunitense Franklin National Bank, le cui condizioni economiche erano ancora più precarie.
L'indagine, dunque, vide coinvolta non solo la magistratura italiana, ma anche l'FBI. Ai tentativi di corruzione fecero presto seguito minacce esplicite. Malgrado ciò, Ambrosoli confermò la necessità di liquidare la banca e di riconoscere la responsabilità penale del banchiere. Nella sua indagine sulla banca di Sindona, Ambrosoli poté contare solo su Ugo La Malfa come referente politico, mentre il maresciallo della Guardia di Finanza Silvio Novembre gli fece da guardia del corpo.
Nonostante le minacce di morte, infatti, ad Ambrosoli non fu accordata alcuna protezione da parte dello Stato. In Bankitalia, poté contare sul sostegno di Paolo Baffi, il governatore, e di Mario Sarcinelli, capo dell'Ufficio Vigilanza, ma solo fino al marzo del 1979, quando entrambi furono incriminati per favoreggiamento personale e interesse privato in atti d'ufficio nel corso di un'inchiesta sul mancato esercizio della vigilanza sugli istituti di credito legata al caso Roberto Calvi-Banco Ambrosiano. Entrambi furono però integralmente prosciolti in istruttoria nel 1981. Baffi si dimise il 16 agosto 1979, lasciando l'incarico di Governatore a Carlo Azeglio Ciampi, mentre per Sarcinelli fu eseguito il mandato di arresto in carcere.
In un clima di tensione e di pressioni anche politiche molto forti, Ambrosoli concluse la sua inchiesta. Avrebbe dovuto sottoscrivere una dichiarazione formale il 12 luglio 1979.
La sera dell'11 luglio 1979, rincasando dopo una serata trascorsa con amici, Ambrosoli fu avvicinato sotto il suo portone da uno sconosciuto. Questi si scusò e gli esplose contro quattro colpi 357 Magnum.
Il 18 marzo 1986, a Milano, Michele Sindona e l'italo-americano Robert Venetucci furono condannati all'ergasto-lo per l'uccisione dell'avvocato. Restano invece ancora sconosciuti i mandanti, sebbene sia stata più volte accreditata l'ipotesi di Giulio Andreotti. Wikipedia.

Nessun commento:

Posta un commento