sabato 24 dicembre 2016

Mori Cesare

Mori Cesare

Benito Mussolini nominò Mori prefetto di Palermo, dove si insediò il 20 ottobre 1925, con poteri straordinari e con competenza estesa a tutta la Sicilia, al fine di sradicare il fenomeno mafioso nell'isola. Questo il testo del telegramma inviato da Mussolini: «vostra Eccellenza ha carta bianca, l'autorità dello Stato deve essere assolutamente, ripeto assolutamente, ristabilita in Sicilia. Se le leggi attualmente in vigore la ostacoleranno, non costituirà problema, noi faremo nuove leggi».
Mori si insediò quindi a Palermo il 1º novembre dello stesso anno e vi rimase fino al 1929.
Qui attuò una durissima repressione verso la malavita e la mafia, colpendo anche bande di briganti e signorotti locali; anche attraverso metodi extralegali (fra cui la tortura, la cattura di ostaggi fra i civili e il ricatto), con l'esplicito appoggio di Mussolini. La sua azione continuò per tutto il biennio 1926-27 e ottenne significativi risultati.
Il 1º gennaio 1926 compì quella che probabilmente fu la sua più famosa azione, e cioè quello che viene ricordato come l'assedio di Gangi, paese roccaforte di numerosi gruppi criminali.
Un esempio di una tipica operazioni di Mori fu l’assedio di Gangi, nel gennaio del 1926, e la cattura dei banditi che vi trovarono rifugio con la complicità delle autorità locali. La tattica fu quella già sperimentata, durante la guerra, nella cattura del bandito Grisafi. Mori riconobbe esplicitamente che la propria azione repressiva includeva momenti di arbitrarietà, ma sostenne che tale comportamento era giustificato dagli eccessi cui la mafia era giunta. Dal punto di vista repressivo, l’azione di Mori si esplicò in una serie di retate nei comuni in provincia di Palermo, Agrigento, Caltanissetta, Enna, condotte soprattutto nel 1926, con migliaia di arresti, seguite da grandi processi per associazione a delinquere, a partire dall’ottobre 1927.Sul terreno giudiziario, trovò la piena collaborazione del nuovo procuratore generale di Palermo Luigi Giampietro. Le armi principali della campagna repressiva contro i mafiosi furono così lo spregiudicato uso del confino e dell’accusa di associazione a delinquere: bastò spesso la sola testimonianza dei funzionari di Pubblica Sicurezza per essere condannati. Più difficile fu, anche durante il fascismo, trovare i colpevoli dei singoli reati: molti omicidi rimasero, anche in quegli anni, senza responsabile.
Nel 1927 arrestò e fece condannare all'ergastolo Vito Cascio Ferro, boss della mafia siciliana e americana, che aveva assassinato Joe Petrosino.
Intanto si iscrisse al Partito nazionale fascista il 21 febbraio 1926.
Anche nei tribunali le condanne per i mafiosi cominciarono a essere durissime. Qualcuno riporta tra le "vittime eccellenti" anche il generale di Corpo d'Armata, ed ex ministro, Antonino Di Giorgio, che avrebbe richiesto sostegno, in un colloquio riservato, a Mussolini, cosa che non impedirà né il processo né il pensionamento anticipato dell'alto ufficiale e le dimissioni da deputato nel 1928.
Ben presto però circoli politico-affaristici di area fascista collusi con la mafia riuscirono a indirizzare, con attività di dossieraggio, le indagini di Mori e del procuratore generale Luigi Giampietro sull'ala radicale del fascismo siciliano, coinvolgendo anche il federale e deputato del PNF Alfredo Cucco, uno dei massimi esponenti del fascio dell'isola.
Cucco nel 1927 venne addirittura espulso dal PNF e dalla Camera "per indegnità morale" e sottoposto a processo con l'accusa di aver ricevuto denaro e favori dalla mafia, venendo assolto in appello quattro anni dopo.
Nel frattempo il fascio siciliano fu decapitato dei suoi elementi radicali. L'eliminazione di Cucco dalla vita politica dell'isola favorì l'insediamento nel PNF siciliano dei latifondisti dell'isola, talvolta essi stessi collusi o quantomeno contigui alla mafia. Al posto di Cucco venne nominato segretario federale del PNF Ugo Parodi di Belsito.
Il 22 dicembre 1928 Mori fu nominato Senatore del Regno e insieme con lui anche il procuratore Luigi Giampietro.
Pochi mesi dopo, nel giugno 1929 il prefetto Mori fu posto a riposo "per anzianità di servizio" dal successivo 16 luglio (35 anni per i prefetti), mentre Giampietro lasciò per limiti d'età nel 1931. Il regime fascista dichiarò orgoglioso che la mafia è stata sconfitta. Treccani.it

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