martedì 24 gennaio 2017

Ministero Sviluppo. Strategia Energetica Nazionale

Ministero Sviluppo. Strategia Energetica Nazionale

Lo scopo di una Strategia Energetica Nazionale dovrebbe essere l'individuazione delle attività che consentono di garantire al Paese un approvvigionamento energetico sufficiente, sostenibile, ambientalmente compatibile e, soprattutto, ad un costo basso e competitivo con altri paesi industrializzati.
La SEN deve quindi basarsi su una visione di politiche produttive di rilancio del sistema Paese.
Per anni, dal dopo guerra, l'Italia ha avuto una chiara e vincente strategia energetica, che ha supportato la costruzione di quello che è stato definito il “miracolo italiano”. Allora, non si usava raccontare le strategie nero su bianco su un documento ufficiale e dando loro nomi solenni. Però si è fatto.
La strategia energetica poggiava su pochi pilastri fondamentali:
1. Ricerca e produzione di idrocarburi in Italia, con la creazione dell'Eni.
Abbiamo messo in produzione, soprattutto in Val Padana, nel Mar Adriatico e in Sicilia, giacimenti di petrolio e di gas naturale, che hanno consentito di metanizzare il Paese e di avviare la nascita dell'industria petrolchimica.
2. Abbiamo costruito un sistema di raffinazione nazionale al servizio del mercato europeo ed americano, che non solo approvvigionava il paese di benzina, gasolio ed olio combustibile, ma produceva valore aggiunto attraverso le esportazioni verso mercati pregiati.
La scelta italiana di divenire la base della raffinazione nel Mediterraneo, consentì di creare un sistema sinergico per tutte le economie europee ed americane di allora. Il greggio arrivava in Italia e veniva raffinato; la gran parte delle benzine (quelle che interessavano ai mercati americani e nord-europei) veniva esportata, generando valore aggiunto; gasolio ed olio combustibile venivano utilizzati in Italia per i trasporti pesanti e per alimentare le centrali elettriche .
3. La nazionalizzazione dell'energia elettrica e la creazione dell'Enel ha completato il quadro.
Oggi questo assetto strategico è entrato fortemente in crisi e, per una serie di ragioni, rischia di sbriciolarsi del tutto, nel silenzio assordante delle istituzioni del paese.
Negli ultimi decenni i vari Piani Energetici Nazionali, si sono concentrati sul problema della produzione e distribuzione di energia elettrica e, tutto sommato (nonostante la sconfitta sul nucleare), sono stati gestiti cambiamenti fondamentali (ristrutturazione Enel, liberalizzazione del mercato, Authority, ..) che hanno consentito al paese di disporre di energia elettrica, come meglio si poteva.
Sul fronte idrocarburi, c'è stato invece un silenzio tombale.
Nel frattempo, abbiamo visto più che dimezzarsi la capacità di raffinazione e non abbiamo alcuna certezza sulla sopravvivenza nel lungo periodo di quella rimasta.
Oggi, siamo di fronte a due possibili alternative:
a. La prima prevede l'elaborazione e l'implementazione di un piano industriale nazionale (ed europeo) che definisca un perimetro di attività da salvaguardare in funzione del livello di autonomia energetica che si vuole perseguire. Con la conseguente individuazione delle risorse necessarie e soggetti da incentivare.
b. La seconda equivale al proseguimento della attuale strategia di non fare nulla, assumendo il rischio concreto che, magari entro dieci anni, tutte le raffinerie italiane possano chiudere, obbligandoci ad acquistare tutti i combustibili per i trasporti e i feedstock per la chimica, di cui avremo ancora bisogno, dal mercato “spot” internazionale, che si preveda essere sempre più complesso, competitivo ed insicuro.
Una SEN non può essere basata solo su incentivi per fonti marginali e minori, ma deve soprattutto individuare gli interventi strategici indispensabili, destinando risorse adeguate all'obbiettivo che ci si propone di raggiungere.
La produzione di idrocarburi nazionale è oggetto di una battaglia ideologica che ne vorrebbe la totale distruzione. E sappiamo bene che insieme alla produzione di idrocarburi verrebbe anche demolito il sistema di aziende che intorno ad essa sono cresciute e sono ancora una eccellenza del sistema Italia.
Conviene sempre sottolinearlo, la ricerca e la produzione degli idrocarburi, è l'unica attività che si autofinanzia e che genera ricchezza per lo Stato, per le imprese e per i consumatori.
Le nuove tecnologie di ricerca ci consentono oggi di individuare potenzialità ancora ampie di scoperte di idrocarburi nel nostro Paese. Molte aziende italiane ed estere sarebbe interessare ad investire (con i loro soldi), contribuendo al nostro fabbisogno energetico ed al nostro sviluppo.
Perché di tutto questo non si riesce nemmeno a parlare? Perché non si ha consapevolezza del ruolo fondamentale che l'industria petrolifera italiana ha avuto nella rinascita del Paese nel dopo guerra, non solo per il contributo energetico fornito ed il supporto allo sviluppo industriale, ma per aver consentito il miglioramento della qualità della vita a cominciare dalla metanizzazione del paese, che ha portato in ogni casa, fino ai sperduti paesini dell'appennino, il gas e l'acqua calda. Tutto realizzato con il massimo rispetto e valorizzazione dell'ambiente. Le foto storiche mostrano la devastazione delle nostre montagne provocata dal sistematico taglio degli alberi per procurarsi la legna da ardere. Oggi il rifiorire dei boschi è uno spettacolo bellissimo, grazie al metano.
Di recente, una tavola rotonda organizzata dall'Unione Petrolifera insieme alla Luiss sulla “Realtà dell'Industria petrolifera nella transizione energetica”, ha messo in luce alcuni aspetti critici attuali di un problema nazionale (quello dell'industria petrolifera), tanto drammatico quanto ignorato dal mondo politico e da troppi esperti di energia. Sono stati forniti dati interessanti e visioni dello scenario internazionali, dai quali emerge la fragilità del sistema paese, che non può non preoccupare ogni cittadino consapevole.
Ha sorpreso, nel contesto di grande professionalità e altissimo livello degli intervenuti, l'assenza di due temi fondamentali: quello delle dinamiche del Brent (parola mai pronunciata nel corso della mattinata) e quello dei possibili sviluppi della crisi della raffinazione e dell'approvvigionamento di prodotti finiti.
Sembra ci sia il terrore ad ammettere che gli idrocarburi, ovvero il petrolio ed il gas naturale, sono e saranno a lungo essenziali per il mantenimento del nostro sistema di vita e del nostro benessere. Non disponiamo ancora di uno sviluppo tecnologico che ci permetta di superare l'uso degli idrocarburi. Tutto il mondo che ci circonda (i nostri arredamenti, i vestiti, le autovetture, le medicine, gli elettrodomestici e tanto altro) è fatto di petrolio e gas.
L'aumento della domanda di petrolio mondiale è più che raddoppiata nel corso degli ultimi decenni, consentendo ad una parte sempre maggiore dell'umanità di migliorare sostanzialmente la qualità e durata della vita. La tecnologia di ricerca e produzione degli idrocarburi hanno fatto dell'industria petrolifera una delle attività umane più sicure e rispettose dell'ambiente, con gli standard di sicurezza e rispetto ambientale più alti di ogni altro settore produttivo.
Occuparsi di energia non può essere la fuga nel mondo delle rinnovabili, (destinate ad essere, ancora per lungo tempo, marginali) o dell'ambientalismo ideologico.
Per produrre energia, fatta eccezione per il nucleare e le poche marginali rinnovabili, dobbiamo bruciare “qualcosa” per produrre energia. Ci vorrà una innovazione “break-through” per fare il salto di qualità che serve. Occorre esserci in questa gara della ricerca nel mondo.  staffettaonline.com.23.1.2017.



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