martedì 28 febbraio 2017

Il silenzio assenso.

1                    Il silenzio assenso.



In ipotesi tassativamente previste, il silenzio dell’amministrazione sulla domanda del richiedente acquista, nella dizione del legislatore, effetti positivi.
Non si tratta di un rito dimezzato a cognizione ridotta rispetto al rito ordinario a cognizione completa.
L’amministrazione opera nel pieno dell’esercizio della propria discrezionalità poiché il controllo non è di mera legittimità come nella scia.
E’ solo la particolarità della materia che fa ritenere che l’accertamento amministrativo possa concludersi secondo criteri che non richiedono la partecipazione dei contro interessati ovvero che il provvedimento non abbisogna di particolari prescrizioni  (Perfetti L. R., Corso di diritto amministrativo, 2006, 277).
L'art. 20 della l. 241/1990 recepisce un’esigenza rivoluzionaria in quanto sembra capovolgere la normativa precedente che ipotizza il silenzio assenso come istituto previsto dalla legislazione speciale. L’istituto risponde al principio che tende a liberalizzare l’attività dei privati e a migliorare i rapporti tra cittadini e p.a. (Sempreviva M.T., L’accesso ai documenti amministrativi, in Caringella F. (a cura di) Corso di diritto amministrativo 2004, 1361).
La norma quadro stabilisce al contrario l’assoluta normalizzazione dell’ipotesi del silenzio assenso, quasi a corollario del principio - sancito dall’art. 2 della l. 241/1990 - della obbligatorietà del provvedimento amministrativo.
La carenza di provvedimento appare un’ipotesi anormale di disfunzione amministrativa cui appunto il silenzio assenso cerca di porre rimedio, mettendo l’amministrazione nella necessità di intervenire, quanto meno in via repressiva, se essa non vuole che sia realizzata una attività illegittima.
Per giungere a tali risultati la norma capovolge le regole dell’azione amministrativa dando effetti costitutivi all’atto stesso prodotto dal richiedente ed attribuendo all’amministrazione solo i poteri di autotutela.
Nel silenzio-assenso, la tecnica di produzione dell’effetto giuridico è diversa da quella tipica del provvedimento amministrativo: l’effetto non consegue all’esercizio di un potere attribuito da una norma, ma al verificarsi di un fatto (consistente nel mancato esercizio di un potere).D’altra parte, le conseguenze che la norma ricollega al verificarsi di questo fatto sono gli effetti del corrispondente provvedimento amministrativo  (Cassese S. (a cura di), Diritto amministrativo generale,  2000, 803).


2                    L’attuazione del silenzio assenso a mezzo regolamento.


Il vecchio testo dell’art. 20, l. 241/1990, ora abrogato dalla l. 80/2005,  stabiliva la necessità di un apposito regolamento governativo in base al quale si possano individuare i casi in cui, qualora l’amministrazione non si pronunci entro un termine stabilito, la richiesta di rilascio del provvedimento autorizzatorio presentata dal privato debba considerarsi accolta:
Tale regolamento è stato emanato col d.p.r. 26.4.1992, n. 300 che, oltre a prevedere le ipotesi in cui si ritiene formato il silenzio-assenso - ex art. 20, l. 7.8.1990, n. 241 - ha inoltre individuato i casi in cui, in seguito a denuncia di inizio presentata all’autorità competente, si può intraprendere un’attività subordinata ad autorizzazione - art. 19 della l. 241/1990.
Il regolamento, infatti, reca tre allegati che suddividono gli effetti dei procedimenti in questione secondo tre categorie individuate dal legislatore. Tale schematizzazione risponde ad esigenze di un ipotetico minore controllo cui corrisponde un consenso che si produce in presenza della denuncia di attività - immediatamente o dopo un termine stabilito di volta in volta dal legislatore - ovvero attraverso la formazione di un silenzio assenso.
Sono elencate nella tabella A le attività alle quali può darsi inizio immediatamente dopo la presentazione della denuncia. Sono elencate nella tabella B le attività cui può darsi inizio una volta decorso il termine indicato dalla medesima tabella per ciascun tipo di attività. Sono elencate nella tabella C le attività al cui svolgimento si applica il silenzio-assenso ai sensi dell'art. 20, comma 1, della legge, ex art. 2, 3° co., d.p.r. 26.4.1992, n. 300.
Il d.p.r. 9.5.1994, n. 407 ha modificato parzialmente il d.p.r. 300 del 1992, introducendo, in base ai dettami dell’art. 20 della l. 241/1990, nuove attività, ed eliminando, invece, alcune di quelle già previste (Galli R.
Corso di diritto amministrativo, 1996, 493).



3                     Il nuovo regime del silenzio assenso introdotto dalla l. 80/2005.


L’art. 3, 6° ter co., l. 80/2005, innova l’istituto del silenzio assenso in relazione al disposto dell’art. 117, 2° co., lett. g), cost.
La costituzione attribuisce alla legislazione esclusiva dello Stato l’ordinamento e l’organizzazione amministrativa dello Stato la regolamentazione del procedimento.
La norma è da intendersi limitata ai soli procedimenti gestiti da amministrazioni statali e da enti pubblici nazionali.
La dottrina ritiene a questo effetto fondamentale il rinvio all'art. 2, l. 241/1990, e l’esame dei casi di esclusione e dalla prevista possibilità di individuarne altri con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Viene abbandonato il sistema precedente basato sul principio della tassatività delle ipotesi soggette a detto procedimento, senza peraltro comportare alcuna abrogazione espressa delle normative regolamentari vigenti.
Essa  segnala tra gli aspetti di maggiore novità introdotti dalla l. n. 80 del 2005 il ribaltamento del principio fino ad allora vigente e già illustrato, secondo il quale il silenzio su un'istanza, salvo previsioni in senso sostanziale, vale come rifiuto di provvedere. (Parisio V., Il silenzio della pubblica amministrazione tra prospettive attizie e fattuali, alla luce delle novità introdotte dalla l. 11 febbraio 2005 n. 15 e dalla l. 14 maggio 2005 n. 80, in Foro amm. TAR , 2006, 7-8, 2798).
La giurisprudenza ritiene che la l. n. 80 del 2005, che ha riformato l'art. 20, l. n. 241 del 1990, in quanto finalizzata alla semplificazione dell'attività amministrativa, è da qualificare come norma fondamentale di riforma economico-sociale. Essa prevale sulla disciplina settoriale di carattere regionale anche avente natura di fonte normativa esclusiva. Conseguentemente, va ritenuta applicabile anche in Sicilia la disciplina dell'art. 20, l. 241/1990, in ordine alla formazione del silenzio-assenso. (T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 26.10.2009, n. 1716).
La fattispecie del silenzio assenso è caratterizzata, salve le materie oggetto di espressa esclusione, da due elementi costitutivi che consistono nella mancata comunicazione nei termini di legge del provvedimento negativo e nella mancata convocazione della conferenza di servizi (Forlenza O., Difensore civico, tutela alternativa al giudice, in Guida Dir., 2005, 139).
La norma precisa che nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di trenta giorni o in quello fissato dai regolamenti, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ad indire una conferenza di servizi.
La giurisprudenza conferma che è ormai prevista la formazione del silenzio assenso in via generalizzata sulle domande dei privati tendenti ad ottenere il rilascio di autorizzazioni al compimento di attività private, tra cui è da ricomprendere l'esercizio dell'attività di vendita e somministrazione di alimenti e bevande. (T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 26 .10. 2009, n. 1716).
Il meccanismo che è sotteso a tale istituto prevede, com'è noto, che la presentazione da parte del privato di un'istanza alla pubblica amministrazione , ove non seguita entro un termine prestabilito dall'adozione da parte di quest'ultima di un provvedimento espresso, si converta in un assenso all'istanza medesima.
La generale applicazione del silenzio-assenso introdotta con la novella della l. 80/2005 ha radicalmente capovolto la prospettiva risultante dal quadro normativo precedente nel quale si era demandato ad un atto di normazione secondaria la individuazione delle fattispecie alle quali applicare il meccanismo di semplificazione amministrativa di cui si tratta.
Nelle ipotesi non espressamente previste, il privato che aspiri ad un provvedimento esplicito, a fronte dell'inerzia dell'amministrazione, conserva la possibilità di proporre ricorso avverso il c.d. silenzio-rifiuto (o silenzio-inadempimento).
Se dunque, dapprima, il meccanismo di cui all'art. 20, l. 241/1990,  poteva essere considerato un'eccezione al principio della conclusione del procedimento mediante provvedimento espresso ed era ammesso solo in ipotesi tassativamente determinate, ora con la l. 80/2005, esso diviene una regola generale, mentre sono divenute tassative le eccezioni a tale regola.
Tale sovvertimento di prospettiva, in forza del quale il comportamento omissivo della p.a. viene equiparato all'atto di accoglimento dell'istanza del privato, si inferisce agevolmente dalla piana lettura del novellato art. 20 della legge n. 241/90, che prevede l'applicazione del silenzio - assenso nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi
Il riferimento alla macrocategoria del provvedimento amministrativo appare comprensivo di tutti gli atti di natura autorizzatoria, con la sola esclusione di quelle fattispecie relative a beni sottoposti al vincolo storico-artistico e al vincolo paesaggistico, all'adempimento di obblighi internazionali e alla tutela di interessi pubblici fondamentali, legati all'igiene, all'incolumità ed alla sicurezza pubblica  (T.A.R. Veneto Venezia, sez. III, 11.3.2009, n. 596).




4                    Le materie escluse dal procedimento di silenzio assenso


Il legislatore contempla alcune materie che sono escluse dal procedimento di silenzio assenso e per le quali è previsto come obbligatorio il provvedimento espresso.
Le disposizioni del art. 20, l. 241/1990,  non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i ministri competenti. Si applicano gli artt. 2, 4° co., e 10 bis, ex  art. 20, l. 7.8.1990, n. 241, art. 9, 3° co., l. 69/2009.
La giurisprudenza precisa che l'istituto del silenzio-assenso non si applica agli atti e ai procedimenti riguardanti, tra l'altro, la pubblica sicurezza, quale quello oggetto di impugnativa nel caso di specie, in cui è fatta applicazione delle disposizioni del t.u.l.p.s. (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 23.2.2009, n. 1014).
La generalizzazione dell’ipotesi del silenzio assenso contraddice a quanto affermato dalla giurisprudenza che ritiene come il giudice amministrativo possa analizzare autonomamente i requisiti costitutivi della fattispecie che devono essere quindi essere necessariamente tipiche.





5                    Il diniego nel procedimento del silenzio assenso.



L'amministrazione, che intenda contestare l’attività prevista dalla denuncia ed escludere il perfezionarsi del silenzio assenso, non ha altra scelta e possibilità se non quella di intervenire con un diniego espresso e motivato nei termini perentori espressi dalla norma.
In caso contrario si forma il provvedimento tacito di approvazione.
I termini fissati dalla legislazione speciale per materializzare il silenzio assenso hanno natura perentoria.
La scadenza del termine ha natura sostanziale perché perfeziona la realizzazione di un atto amministrativo che ha i contenuti che necessariamente fanno rinvio per relationem a quanto emerge dall’istanza del richiedente.
L’approvazione consente di dare attuazione al provvedimento. La dottrina rileva che maturato il provvedimento tacito volto a dare udienza all’istanza privata, la p.a. consuma automaticamente il potere di provvedere, in senso positivo come in senso negativo, in ordine alla stessa.
La  p.a. conserva, per converso, la sola possibilità di attivarsi in sede di autotutela con atto di annullamento del silenzio illegittimamente formatosi ovvero con provvedimento di revoca (Sempreviva M.T., L’accesso ai documenti amministrativi, in Caringella F. (a cura di) Corso di diritto amministrativo,  2004, 1365).
Il conseguimento di un provvedimento favorevole da parte del privato, formatosi a seguito di silenzio-assenso, non esclude che la pubblica amministrazione. possa disporre, in via di autotutela l'annullamento postumo di quanto tacitamente assentito, ma è illegittimo il provvedimento che non abbia né la forma, né la sostanza di un atto di autotutela, atteggiandosi a mero diniego tardivo. (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 20 marzo 2009, n. 544).





6                    Il silenzio assenso sulla domanda di condono.



L'art. 35, 12° co., l. 47/1985 sul condono edilizio  disciplina un’ipotesi di silenzio assenso (Centofanti N., Diritto a costruire. Programmazione urbanistica. Espropriazione, 2010, 1186).
Il decorrere del termine di 24 mesi dalla presentazione dell'istanza di condono per opere oggettivamente sanabili – aventi cioè i requisiti previsti dalla legge - ha come effetto che il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento.
La giurisprudenza ha precisato che il silenzio-assenso non si forma per il solo fatto dell'inutile decorso del termine indicato da tale norma (ventiquattro mesi dalla presentazione dell'istanza) e del pagamento dell'oblazione, senza alcuna risposta del comune, ma occorre altresì la prova della ricorrenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dagli art. 31 ss., l. n. 47/1985, cui è subordinata l'ammissibilità del condono. Nella specie, pur essendo decorso il termine di ventiquattro mesi dalla presentazione dell'istanza di condono, è stato ritenuto legittimo il diniego della stessa sul presupposto che le opere realizzate avevano comportato modifiche di carattere sostanziale del manufatto, dando luogo ad una entità edilizia ben diversa da quella rappresentata nell'istanza medesima (T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 23 febbraio 2010, n. 137).
Nel caso di opere in aree vincolate è necessario il parere dell’autorità preposta al vincolo stesso.
In caso di parere negativo il silenzio non può mai formarsi. La giurisprudenza ha stabilito che il rilascio della concessione in sanatoria per abusi realizzati su aree soggette a vincolo paesaggistico presuppone in ogni caso il parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, in virtù del combinato disposto degli art. 32, 1° co., e art. 35, l. n. 47 del 1985, e che ciò vale anche nel caso di condono tacito.
Il silenzio assenso si forma (decorsi ventiquattro mesi dall'emissione del parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo) solo in caso di parere favorevole, e non anche in caso di parere negativo, sicché l'eventuale inerzia dell'Amministrazione non può far conseguire agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero mai ottenere col provvedimento espresso (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 1.12.2004, n. 17812).
Si forma in capo al richiedente un diritto soggettivo perfetto accertabile in sede di giurisdizione amministrativa che ha competenza esclusiva in tema di permesso di costruire.
Il pagamento delle somme dovute, una volta determinata in via definitiva l'oblazione, è condizione di efficacia per la formazione del silenzio assenso la cui validità è connessa invece al fatto che l'opera sia oggettivamente condonabile.
Il comune ha, comunque, il diritto di richiedere i conguagli anche dopo la formazione del silenzio assenso.
L'intervenuta formazione del silenzio assenso sulle istanze di sanatoria, presentate ex l. 28.2.1985, n. 47, se produce l'effetto di impedire alla p.a. di adottare un provvedimento esplicito di diniego.
Per la giurisprudenza'eventuale provvedimento espresso di diniego di condono edilizio che intervenga successivamente alla formazione del silenzio-assenso, previsto dall'art. 35 l. n. 47 del 1985, è illegittimo, considerato che il potere sindacale di provvedere sulla domanda si è consumato; residua, comunque, in capo all'ente pubblico, la potestà di autotutela, da attuarsi con provvedimento di annullamento, qualora siano ravvisabili nella concessione tacita profili di illegittimità. (T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 8 maggio 2009, n. 2476).
Il decorso del tempo non impedisce alla p.a. di richiedere le somme eventualmente dovute a titolo di conguaglio di oblazione e oneri concessori, poiché risulta pacificamente ammesso che la stessa possa, anche successivamente al rilascio del provvedimento concessorio, correggere o determinare l'importo dovuto a titolo di oneri concessori od oblazione, purché detta correzione avvenga entro i rispettivi termini di prescrizione (T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 5.6.2004, n. 3394).
L'accertamento dell'avvenuta formazione del silenzio accoglimento è affidato alla giustizia amministrativa che rileva la ricorrenza dei presupposti di fatto cui la legge condiziona la legittimità di un provvedimento formatosi per silenzio, in quanto non è configurabile un eccesso di potere giurisdizionale, sotto il profilo dello sconfinamento nei poteri di merito riservati alla p.a., né un sindacato sull'opportunità o convenienza delle sue scelte (Cass. Civ., sez. un., 1.8.1994, n. 7148).
La giurisprudenza riconosce il risarcimento del danno nel caso in cui la p.a. abbia opposto un diniego avverso un'istanza di condono edilizio, e detto diniego sia stato ritenuto illegittimo ed annullato in sede giurisdizionale con sentenza passata in giudicato per la pregressa formazione del silenzio-accoglimento sull'istanza prodotta ex art. 35, l. n. 47 del 1985.
Qualora a seguito della decisione di annullamento sia stata rilasciata la concessione in sanatoria, può essere accolta la domanda di risarcimento del danno per lesione del correlato interesse legittimo pretensivo, successivamente avanzata in via pura ed autonoma innanzi al giudice amministrativo dal beneficiario del titolo in sanatoria, finalizzata ad ottenere il ristoro della perdita di utilità conseguente alla mancata utilizzazione dell'immobile sanato e dei maggiori costi sostenuti per l'ultimazione dello stesso (T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 26.7.2004, n. 3472).



7                    Il silenzio assenso su domanda di licenza di agibilità.



Il certificato di agibilità è destinato ad accertare la sicurezza, l’igiene, la salubrità, il risparmio energetico dell’immobile rispetto alle specifiche destinazioni d’uso di tutti i fabbricati siano essi residenziali, commerciali o industriali, ex art. 24, d.p.r. 6.6.2001, n. 380.
Il procedimento amministrativo, che sfocia nel provvedimento autorizzatorio, tende a verificare la presenza di detti requisiti, come definiti dalla legislazione vigente.
L'ispezione dei locali per il rilascio dell'abitabilità, oltre a dover essere accurata, deve sfociare in un verbale che analiticamente dia conto della situazione e delle carenze igieniche riscontrate in relazione alla natura dell'immobile, all'epoca di realizzazione, alla situazione complessiva del fabbricato entro il quale le singole unità ispezionate si collocano: il tutto puntualmente riferito alla destinazione di ciascun locale (T.A.R. Liguria, sez. I, 25.9.2004, n. 1473).
Il certificato non accerta, quindi, la rispondenza della costruzione alla normativa urbanistica; conseguentemente il suo rilascio non implica alcun provvedimento implicito di sanatoria sotto il profilo urbanistico.
In conformità a quanto stabilito dagli artt. 107 e 109 del d.lgs. 267/2000 il certificato di agibilità è rilasciato dal dirigente di servizio o dal responsabile del competente ufficio comunale.
Il provvedimento è impugnabile davanti alla giustizia amministrativa (Centofanti N., Diritto a costruire. Programmazione urbanistica. Espropriazione, 2010 1102).
Il provvedimento amministrativo viene variamente configurato come una abilitazione, in quanto presuppone una valutazione tecnica di idoneità, ovvero come una autorizzazione amministrativa.
La natura di autorizzazione appare conforme alla struttura dell'istituto che è quella di consentire l'esercizio di un diritto preesistente - ossia potere utilizzare la costruzione - valutando che siano rispettate le esigenze di tutela dell'igiene.
Le implicazioni sono importanti poiché chi ritiene autorizzatoria la natura della licenza ne restringe la portata alla tutela sanitaria e alla sicurezza; essa, pertanto, non può essere negata per motivi urbanistici .
L'immobile diventa oggetto delle normali misure sanzionatorie urbanistiche.
Chi ritiene che il provvedimento abbia effetti abilitativi è portato ad estendere il contenuto del provvedimento all'esame urbanistico dell'immobile.
Tale soluzione è accolta dalla norma che prevede la presentazione di dichiarazione di conformità al progetto in sede di domanda di rilascio del certificato, ex art. 25, d.p.r. 6.6.2001, n. 380.
Viene così esercitato un controllo urbanistico attraverso un atto che, sia pure rapportato a parametri igienico sanitari, è condizionato al rispetto delle norme urbanistiche e all’imparzialità dell’azione amministrativa.
Il procedimento di rilascio del certificato di agibilità è disciplinato dall’art. 25, d.p.r. 6.6.2001, n. 380.
Tale atto deve essere richiesto allo sportello unico per l’edilizia entro quindici giorni dall’ultimazione dei lavori, allegando obbligatoriamente:
a) la richiesta di accatastamento dell’immobile, da presentare a cura dello sportello agli uffici catastali;
b) la dichiarazione del richiedente che deve certificare sotto la sua responsabilità la conformità dei lavori al progetto approvato e l’avvenuta prosciugatura dei muri e la salubrità degli ambienti;
c) la dichiarazione dell’impresa installatrice che attesta la conformità degli impianti alle norme di legge.
Il responsabile del procedimento rilascia il certificato entro trenta giorni dalla ricezione della domanda, potendo peraltro disporre un’ispezione da parte degli uffici comunali che verifichi l’esistenza dei requisiti richiesti.
In caso di silenzio dell’amministrazione, trascorsi 30 giorni dalla data di presentazione della domanda, qualora sia intervenuto il parere della Azienda sanitaria locale circa la conformità dell’intervento edilizio alle prescrizioni igienico sanitarie, l’abitabilità si intende attestata.
Un più lungo termine di sessanta giorni è previsto, invece, per la formazione del silenzio assenso nel caso in cui il parere dell’A.S.L. sia stato sostituito da una autocertificazione.
Per la giurisprudenza  il rilascio della licenza di abitabilità l'applicazione dell'istituto del silenzio assenso è preclusa ove non sussistano i presupposti e requisiti per il rilascio (T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 30.9.2004, n. 2746, in Foro Amm.T.A.R., 2004, 2736).
Il silenzio dell’amministrazione equivale ad assenso, anche se, in tal caso, l’amministrazione conserva un potere di intervento successivo, come ha precisato anche la giurisprudenza per quanto riguarda il procedimento disciplinato dall'art. 4, del d.p.r. 22.4.1994, n. 425, ora abrogato dall’art. 136, d.p.r. 6.6.2001, n. 380.
Sebbene la norma preveda che il silenzio dell'amministrazione comunale protrattosi per oltre quarantacinque giorni sulla richiesta di rilascio della licenza comporti che l'abitabilità si intende attestata, nondimeno il silenzio non costituisce una forma di silenzio assenso in senso tecnico, ma solo una legittimazione ex lege che prescinde dalla pronuncia della p.a.
La licenza di abitabilità trova il suo fondamento nella effettiva sussistenza di tutti i presupposti richiesti dalla legge per il rilascio della licenza. La situazione determinatasi a seguito del silenzio potrà perciò ritenersi legittima solo nel caso in cui la costruzione sia conforme alla concessione edilizia e agli strumenti urbanistici vigenti e sussistano le condizioni igienico sanitarie per la concreta abitabilità.  (Cass. pen., sez. III, 20.5.1997, n. 2113, in Cass. Pen., 1998, 1760).
L’autorità competente, infatti, può disporre l’ispezione di verifica ed eventualmente dichiarare la inagibilità qualora essa accerti l’assenza dei requisiti richiesti per la costruzione, ex art. 26, d.p.r. 6.6.2001, n. 380.
La norma legittima l'istante, trascorso il termine di 45 giorni dalla presentazione della domanda, ad intraprendere l'attività sia essa abitativa o di altro genere nei locali per i quali è stata rispettivamente richiesta l'abitabilità o l'agibilità, ma non fa venire meno il potere di controllo e di verifica sulla effettiva sussistenza dei requisiti igienici richiesti. (T.A.R. Liguria, sez. I, 25.10.2004, n. 1473).





8                    Il silenzio assenso su richiesta di autorizzazione al commercio per medie strutture di vendita.


Il  d.lgs. 31 marzo 1998 n. 114 (c.d. « decreto Bersani ») stabilisce la nuova disciplina del commercio al minuto nella prospettiva della semplificazione dell'azione amministrativa. Questo decreto, infatti, prevede la riduzione o, a volte, l'eliminazione dei poteri autorizzatori della p.a. e l'applicazione di tipici istituti di semplificazione, che dovrebbero conciliare esigenze contrapposte, come l'economicità e l'efficacia delle procedure amministrative e il controllo e la regolazione dell'iniziativa economica privata. (Morzenti Pellegrini R.. Il procedimento amministrativo di autorizzazione nel settore del commercio e delle attività produttive: dalla semplificazione all'unificazione, in Foro amm. CDS, 2003, 2, 761).
Il commercio al dettaglio su aree e in locali privati  può essere svolto solo dopo il rilascio di una autorizzazione da parte dei comuni.
Le ipotesi sono diverse a seconda del tipo di attività per la quale l’autorizzazione è richiesta.
Nella domanda l'interessato dichiara di essere in possesso dei requisiti richiesti e specifica il settore merceologico del quale chiede la concessione.
La presenza dei requisiti determina, infatti, la possibilità di ottenere l’autorizzazione  ((Narducci F:, Guida Normativa  per l’amministrazione locale , 2010, 2679).
Con riferimento alla fattispecie delle medie strutture di vendita l'art. 8 del d.lgs. n. 114/1998, precisa che il comune deve adottare le norme sul procedimento concernente le domande relative alle medie strutture di vendita; deve stabilire il termine, comunque non superiore ai novanta giorni dalla data di ricevimento, entro il quale le domande devono ritenersi accolte qualora non venga comunicato il provvedimento di diniego, nonché tutte le altre norme atte ad assicurare trasparenza e snellezza dell'azione amministrativa e la partecipazione al procedimento ai sensi della l. 7.8.1990, n. 241.  
La giurisprudenza ha precisato che la possibilità di configurare il silenzio assenso postula la sussistenza di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi necessari per l'esercizio dell'attività commerciale, in quanto gli stessi rappresentano elementi costitutivi della fattispecie di cui si invoca il perfezionamento (T.A.R. Lombardia, Sez. III, 14 .5.2003, n. 1781).
Il difetto del requisito essenziale consistente nella compatibilità urbanistica dell'intervento impedisce che sulla domanda possa formarsi il silenzio assenso per il decorso del termine di novanta giorni .
Colui che invoca la formazione, a proprio vantaggio, di un'utilità giuridica per silenzio assenso della p.a. ha l'onere di dimostrare la ricorrenza di tutti i presupposti necessari, essendo questi ultimi gli elementi costitutivi della fattispecie (Cons. St.,, Sez. V, 11 .2.1999, n. 145).
La possibilità di conseguire l'autorizzazione implicita non è legata solamente al decorso del termine, ma esige anche la ricorrenza di tutti gli elementi richiesti dalla legge per il rilascio del titolo abilitativo (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II ter, 6.3. 2002, n. 1745).
La giurisprudenza esclude  che l'interessato, il quale non sia in grado di ottenere l'autorizzazione perché privo di tutti o di alcuni dei requisiti oggettivi o soggettivi, possa eludere le prescrizioni fissate dalla legge o dai regolamenti comunali attraverso la procedura del silenzio assenso fidando nei ritardi della pubblica amministrazione.


















9                    Il silenzio assenso sulla domanda di rilascio del nulla-osta da parte dell'Ente parco.


Le richieste di concessione o di autorizzazione per realizzare opere od interventi all’interno del parco devono essere sottoposte al preventivo nulla-osta dell’Ente parco. (Ceruti M., L'istituzione ed il nulla osta delle aree naturali protette nella recente giurisprudenza ordinaria, amministrativa e costituzionale, in Riv. giur. Amb., 2003, 1, 185).
Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato. Il diniego, che è immediatamente impugnabile, è affisso contemporaneamente all'albo del comune interessato e all'albo dell'Ente parco e l'affissione ha la durata di sette giorni. L'Ente parco dà notizia per estratto, con le medesime modalità, dei nulla osta rilasciati e di quelli determinatisi per decorrenza del termine, ex art. 13, l. 6.12.1991, n. 394.
La giurisprudenza ha precisato che anche dopo l'entrata in vigore delle modifiche all'art 20, l. n. 241 del 1990 ad opera della l. n. 15 del 2005, va affermata la piena vigenza del silenzio assenso in materia ambientale codificato dall'art. 13 l. n. 394 del 1991 sul nulla osta dell'Ente Parco, destinato ad inserirsi in un procedimento in cui ulteriori specifici interessi ambientali (paesaggistici, idrogeologici) vengono valutati in modo espresso, essendo comunque il legislatore statale libero di qualificare in termini di silenzio-assenso il decorso del tempo entro cui l'amministrazione competente deve concludere il procedimento, esclusi i procedimenti c.d. complessi caratterizzati da elevato tasso di discrezionalità. (T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 14.1. 2010, n. 53).
Il regime è quello del silenzio-assenso, costituendo eccezione alla regola che nega detto sistema alle autorizzazioni inerenti la tutela dell’ambiente (Desideri C. e Fonderico F., I parchi nazionali per la tutela della natura, 1998, 120).
Successivamente al rilascio o al formarsi del silenzio assenso, i comuni o le altre amministrazioni possono procedere al rilascio del permesso di costruire.
La giurisprudenza ha confermato che la sottoposizione a nulla osta da parte del consorzio del parco delle concessioni edilizie relative ad opere interne al parco della Maremma e la prevalenza delle prescrizioni al piano territoriale di coordinamento sulle diverse previsioni degli strumenti urbanistici locali non violano le attribuzioni urbanistiche dei comuni, bensì realizzano il necessario coordinamento tra competenze urbanistiche e competenze in materia di tutela della natura  (Cons. St., sez. VI, 10.8.1988, n. 976, in Riv. Giur.Urb., 1989, 111).

























10                Il silenzio assenso sulla domanda di installazione di impianti di distribuzione dei carburanti.


L'installazione e l'esercizio di impianti di distribuzione dei carburanti è attività soggetta all'autorizzazione del comune in cui essa è esercitata, ex art. 1, d.lgs. 11.2.1998, n. 32.
L'autorizzazione è subordinata esclusivamente alla verifica della conformità alle disposizioni del piano regolatore, alle prescrizioni fiscali e a quelle concernenti la sicurezza sanitaria, ambientale e stradale, alle disposizioni per la tutela dei beni storici e artistici nonché alle norme di indirizzo programmatico delle regioni.
Il richiedente trasmette al comune, unitamente alla domanda di autorizzazione, un'analitica autocertificazione corredata dalla documentazione prescritta dalla legge e da una perizia giurata, redatta da un ingegnere o da un altro tecnico competente per la sottoscrizione del progetto presentato, iscritto al relativo albo professionale, attestanti il rispetto delle prescrizioni.
Trascorsi novanta giorni dal ricevimento degli atti, la domanda si considera accolta se non è comunicato al richiedente il diniego. Per la giurisprudenza la carenza di pareri ritenuti essenziali impedisce la formazione del silenzio assenso.
Non può considerarsi automaticamente accolta, in forza del meccanismo di formazione tacita del provvedimento positivo previsto dal legislatore con l'art. 20, l. 7.8.1990, n. 241, l'istanza relativa alla concessione per l'installazione di impianti automatici di carburanti nell'ipotesi in cui, dopo la presentazione della domanda, vi sia stata richiesta di pareri di altre Autorità che siano presupposti indispensabili per l'istruttoria della domanda, fermo restando l'ininfluenza di pareri ultronei, chiesti al solo fine di interrompere il decorso del predetto termine (T.A.R. Lazio, sez. II, 7.4.2004, n. 3267, in Foro Amm. T.A.R., 2004, 1101).
Il sindaco, sussistendo ragioni di pubblico interesse, può annullare l'assenso illegittimamente formatosi, salvo che l'interessato provveda a sanare i vizi entro il termine fissato dal comune stesso.
La giurisprudenza ha precisato che il quadro normativo vigente in materia di impianti distributori di carburanti è nel senso che, una volta intervenuto il silenzio assenso, in conseguenza dell'inutile decorso del termine di novanta giorni, previsto dall'art. 1 comma 3, d.lgs. n. 32 del 1998, l'unico rimedio giuridico esperibile dalla stessa amministrazione, che ritenga illegittima l'autorizzazione per silentium assentita, è il suo annullamento d'ufficio nella via di autotutela, previa valutazione dell'interesse pubblico alla rimozione. Va tuttavia considerato che il termine funzionale alla formazione del silenzio assenso decorre solo dal momento in cui il compendio documentale tipizzato dalla norma sia stato interamente trasmesso all'amministrazione e che grava sul ricorrente, il quale invoca la formazione della fattispecie silenziosa, l'onere probatorio in ordine alla ricorrenza di tutti gli elementi formativi della stessa. (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 11.6.2007, n. 6067).























11                Il procedimento di autorizzazione alla realizzazione di stazioni radio base per la telefonia mobile .

 

Il procedimento di autorizzazione alla realizzazione di stazioni radio base per la telefonia mobile è un procedimento ad istanza di parte nel quale il legislatore ha individuato l'esistenza di un forte interesse pubblico alla realizzazione della rete tecnologica necessaria per la fornitura di un servizio essenziale,. ai sensi dell'art. 87, nono comma, del d. lgs. 1.8.2003, n. 259 (Ungar P., Pianificazione e procedimento di autorizzazione delle installazioni (il d.lgs. n. 259 del 2003; possibili aggravi del procedimento; rapporto tra normativa edilizia ed ambientale), in Foro amm. CDS 2007, 10, 2937).
Le istanze di autorizzazione e le denunce di attività di cui al presente articolo, nonché quelle relative alla modifica delle caratteristiche di emissione degli impianti già esistenti, si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego. Gli Enti locali possono prevedere termini più brevi per la conclusione dei relativi procedimenti ovvero ulteriori forme di semplificazione amministrativa, nel rispetto delle disposizioni stabilite dal presente comma.
Qualora il motivato dissenso, a fronte di una decisione positiva assunta dalla conferenza di servizi, sia espresso da un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla tutela della salute o alla tutela del patrimonio storico-artistico, la decisione è rimessa al Consiglio dei Ministri e trovano applicazione, in quanto compatibili con il Codice, le disposizioni di cui agli artt. 14 e seguenti della l. 7.8.1990, n. 241.
Il titolo abilitativo per la realizzazione degli impianti di telefonia mobile si costituisce in forza di un silenzio-assenso, atteso che le  istanze si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla relativa domanda, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego.
Si tratta di una previsione coerente con la ratio sottesa all'intero codice delle comunicazioni elettroniche, desumibile dai criteri di delega contenuti nell'art. 41 l. 166/2002 e prima ancora nelle direttive comunitarie da recepire
Tali direttive prevedono procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti per la concessione del diritto di installazione di infrastrutture e ricorso alla condivisione delle strutture, riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi, nonché regolazione uniforme dei medesimi procedimenti anche con riguardo a quelli relativi al rilascio di autorizzazioni per la installazione delle infrastrutture di reti mobili, in conformità ai principi di cui alla l. 7.8.1990, n. 241. (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 5.8.2009, n. 4712).
Sulla base di tale motivazione la norma ha imposto tempi certi per la sua definizione, all'interno dei quali il comune ha la possibilità di far valere eventuali elementi ostativi all'accoglimento dell'istanza.
La necessità di completare la rete della telefonia mobile ha indotto il legislatore ha sancire con il silenzio assenso il mancato rispetto, da parte del comune, dei tempi a sua disposizione per l'esame dell'istanza.
Ai sensi dell'art. 87 comma 9, d.lgs. 1 .8.2003 n. 259, il
silenzio-assenso si forma una volta che siano trascorsi 90 giorni dalla presentazione di una domanda intesa ad ottenere l'autorizzazione all'installazione di un impianto di telefonia mobile corredata degli elementi previsti dalla normativa ed il Comune non abbia adottato un provvedimento espresso di diniego o rappresentato nei termini di legge esigenze di approfondimento istruttorio ovvero non sia intervenuto il dissenso di un'Amministrazione preposta alla tutela della salute, dell'ambiente o del patrimonio culturale. (T.A.R. Umbria Perugia, sez. I, 15 .5. 2009, n. 242).
La giurisprudenza ha precisato che qualora il Comune abbia respinto l'istanza prima della formazione del silenzio assenso e il relativo provvedimento sia stato annullato dal T.A.R. la sentenza di annullamento impone all'amministrazione di esercitare nuovamente la propria potestà, ai sensi dell'art. 45, secondo comma, del r.d. 26 .6.1924, n. 1054, e dell'art. 65, primo comma n. 5, del r.d. 17.8.1907, n. 642. (Cons. St. , sez. VI, 16 .12. 2009, n. 8075):










12                L’autotutela.


Nelle ipotesi di silenzio assenso, una volta decorso il termine fissato dalla legge per provvedere, il relativo potere dell'Amministrazione deve considerarsi consumato, potendo quest'ultima procedere solo in sede di autotutela all'annullamento dell'atto illegittimamente formatosi.
Conseguentemente, se deve ritenersi pacificamente ammessa per l'Amministrazione la possibilità di disporre, in via di autotutela ed in costanza dei necessari presupposti, l'annullamento postumo dell'autorizzazione tacitamente assentita, deve ritenersi illegittimo il provvedimento che non abbia né la forma, né la sostanza di un atto di autotutela, atteggiandosi a mero diniego tardivo dell'autorizzazione, privo della necessaria fase partecipativa, nonché dell'esplicazione dei motivi di interesse pubblico posti a sostegno dell'intervento postumo in autotutela. (T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 4 .6.2009, n. 1358).
La l.80/2005 conferma espressamente l’ammissione dei provvedimenti di autotutela sia della revoca che dell’annullamento di ufficio nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l’amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli artt. 21 quinquies e 21 nonies, ex art. 20, l. 7.8.1990, n. 241, art. 3, 6° ter co., l. 80/2005.
La norma rinvia l’applicazione degli articoli 2, comma 7,della l. 241/1990, che consente la sospensione dei termini, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l’acquisizione di informazioni o di certificazioni e 10-bis della l. 241/1990, e che obbliga l’amministrazione alla comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza prima della formale adozione di un provvedimento negativo.
Il silenzio assenso formatosi può essere rimosso solo mediante l'esercizio del potere di annullamento di ufficio da parte del comune, misura di autotutela che consente di contemperare il ripristino della legalità con l'esigenza, pure avvertita dal legislatore, di rendere effettivamente praticabile l'istituto del silenzio accoglimento. (T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 9.10.2007, n. 1633).
La giurisprudenza ha precisato che l’annullamento del provvedimento, qualora questo non sia conforme ai dettati legislativi, è consentito in rapporto a fattispecie previste anche dalla legislazione regionale.
E' da ritenere perentorio il termine di trenta giorni, decorrente dalla data di comunicazione dell'inizio dei lavori, fissato dall'art. 2, 8° co., l. r. Sicilia 31.5.1994, n. 17 per l'annullamento doveroso o la revoca da parte del sindaco in sede di autotutela della concessione assentita per silenzio assenso qualora si riscontri la mancanza dei requisiti per il rilascio dell'atto.
Tale previsione non esclude tuttavia il potere di esercizio, anche oltre il suddetto termine di trenta giorni, del generale potere discrezionale dell'amministrazione di annullare, dandovi adeguata motivazione, la concessione, anche se rilasciata per silenzio assenso  (T.A.R. Sicilia, sez. I, Palermo, 13.1.1997, n. 55).






Il silenzio rigetto o diniego.

1           Il silenzio rigetto o diniego.




Il meccanismo del silenzio rigetto o diniego è espressamente disciplinato dalla legislazione speciale che assegna all’amministrazione un termine per esaminare l’istanza prodotta dal richiedente e per provvedere.
Il silenzio rigetto equivale a diniego per cui, decorso il tempo assegnato dalla norma speciale alla pubblica amministrazione, l'interessato può direttamente ricorrere alla giustizia amministrativa .
Il procedimento che disegna il silenzio rigetto è quindi tipico e può ravvisarsi in presenza di una fattispecie espressamente disciplinata dal legislatore.
Altra dottrina ritiene che possa ravvisarsi un silenzio rigetto in presenza di alcuni presupposti che peraltro restano sempre caratterizzati dall’obbligo giuridico a provvedere.
I presupposti perché l’omissione della p.a. sull’istanza del privato assuma rilievo di silenzio rifiuto sono, quindi, individuati: a) in un obbligo giuridico a provvedere; b) nell’interesse del privato; c) nell’esistenza di una facoltà discrezionale dell’amministrazione (Sempreviva M.T., Il procedimento amministrativo, in Caringella F. (a cura di) Corso di diritto amministrativo,   2004, 1300).















2           Il procedimento di rilascio del permesso di costruire in sanatoria.



Pari natura di diniego è attribuita al silenzio tenuto dall'amministrazione sull'istanza di permesso di costruire in sanatoria, disciplinata dall'art. 36, d.p.r. 380/2001, anche se, in tal caso, il valore di diniego del silenzio è espresso chiaramente dal legislatore.
Il silenzio dell'Amministrazione, a fronte di un'istanza di sanatoria, costituisce un'ipotesi di silenzio - significativo, al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento di rigetto dell'istanza, così determinandosi una situazione del tutto simile a quella che si verificherebbe in caso di provvedimento espresso; ne consegue che tale provvedimento, in quanto tacito, è già di per sè privo di motivazione - tant'è che l'art. 13 della l. n. 47 del 1985 attribuisce al silenzio serbato dalla p.a. il valore di diniego vero e proprio - ed è impugnabile non per difetto di motivazione, bensì per il contenuto reiettivo dell'atto.
Questo articolo pone le condizioni per il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria, ossia la valutazione della conformità dell'opera abusiva agli strumenti urbanistici, e fissa il termine di sessanta giorni entro il quale il sindaco si deve pronunciare (Centofanti N., Diritto a costruire. Programmazione urbanistica. Espropriazione,  2010, 1160).
Decorsa inutilmente tale scadenza la richiesta si intende respinta.
Ai sensi dell'art. 13, l. 28 febbraio 1985 n. 47, il silenzio formatosi sull'istanza di condono oltre il termine di sessanta giorni dalla presentazione della relativa istanza ha valore di rigetto implicito, con efficacia simile a quella che si avrebbe con il provvedimento espresso di diniego, con la conseguenza che ad esso non è applicabile lo speciale rito del silenzio previsto dall'art. 21 bis, l. 6 .12.1971, n. 1034 che è esperibile, alternativamente al rito ordinario, solo per i casi di silenzio inadempimento o rifiuto, e non anche per il silenzio rigetto. (Cons. St., sez. IV, 26.3.2010, n. 1763).
Tale indirizzo appare più in linea con la lettera della legge (che costituisce un caso di esplicita tipizzazione legale del silenzio come atto tacito di diniego) e con la ratio ispiratrice della stessa, consistente nella pronta difesa del corretto assetto del territorio con la rimozione, senza indebite dilazioni, degli abusi edilizi.
La norma trasferisce l'onere di tempestiva attivazione (mediante domanda di accertamento di conformità e successiva impugnazione del diniego tacito eventualmente formatosi sulla domanda) sul privato che, violando la legge, ha omesso di chiedere preventivamente il permesso di costruire ed ha in via di fatto realizzato la sua pretesa edificatoria sottraendosi al previo controllo di conformità alla pianificazione urbanistica.


3           Il procedimento di rilascio dell'autorizzazione per interventi su beni ambientali.


Il cod. beni cult. sottopone gli interventi di modifica o di alterazione dei beni ambientali, oggetto di tutela, ad autorizzazione ambientale di competenza della regione o dell’autorità da essa delegata (Logozzo D., La nuova disciplina in materia di autorizzazione paesaggistica, 2010, 909).
I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge hanno l'obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall'avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione, ex art. 146, 1° co., d.lgs. 22.1.2004, n. 42, mod. art. 2, d. lgs. 63/2008. (Caracciolo La Grotteria A., Aspetti della tutela paesaggistica , in Foro amm. TAR , 2009, 7-8, 2319).
La documentazione a corredo del progetto - preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato- è stata individuata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri  12.12.2005 con criteri di uniformità per tutte le regioni
Vi è un primo controllo che verifica la rispondenza del progetto presentato alla disciplina urbanistica comunale.
Solo  nel  caso di esito positivo della verifica di conformità urbanistica ed edilizia , l'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione valuta la conformità dell'intervento alle specifiche prescrizioni d'uso contenute nel piano paesaggistico o nella dichiarazione di pubblico interesse o nel provvedimento di integrazione del vincolo, ex art 4, 3° co.,d.p.r.9 .7.2010, n. 139.
Il soprintendente rende il parere di cui all’art 4, 5° co.,d.p.r.9 .7.2010, n. 139, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all'art. 140, 2° co. , d. lgs. 22.1.2004, n. 42,  entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l'amministrazione rilascia l'autorizzazione ad esso conforme oppure comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell'art. 10-bis, l. 7.8.1990, n. 241, e successive modificazioni, ex art. 146, 8° co., d.lgs. 22.1.2004, n. 42, mod. art. 2, d. lgs. 63/2008.








4           Il silenzio del soprintendente e dell’amministrazione.


Il procedimento disciplina separatamente gli effetti del silenzio del soprintendente e quello dell’amministrazione  competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
Il soprintendente deve rendere  il prescritto parere entro il termine di quarantacinque giorni.
Nel caso di silenzio  l'amministrazione competente può indire una conferenza di servizi, alla quale il soprintendente partecipa o fa pervenire il parere scritto. La conferenza si pronuncia entro il termine perentorio di quindici giorni. In ogni caso, decorsi sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione, ex art. 146, 1° co., d.lgs. 22.1.2004, n. 42, mod. art. 2, d. lgs. 63/2008. 10.
In tal caso il parere in materia paesaggistica può essere superato se la conferenza di servizio non rispetta i termini perentori.
Neppure l’amministrazione può essere inadempiente  senza che si attivino procedimenti sostitutivi  al suo silenzio (Logozzo D., La nuova disciplina op.cit., 2010, 9111).
Decorso inutilmente il termine di venti giorni dalla ricezione del parere del soprintendente senza che l'amministrazione si sia pronunciata, l'interessato può richiedere l'autorizzazione in via sostitutiva alla regione, che vi provvede, anche mediante un commissario ad acta, entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta. Qualora la regione non abbia delegato gli enti indicati al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, e sia essa stessa inadempiente, la richiesta del rilascio in via sostitutiva è presentata al soprintendente.
L'autorizzazione paesaggistica diventa efficace decorsi trenta giorni dal suo rilascio ed è trasmessa, senza indugio, alla soprintendenza che ha reso il parere nel corso del procedimento, nonché, unitamente allo stesso parere, alla regione ovvero agli altri enti pubblici territoriali interessati e, ove esistente, all'ente parco nel cui territorio si trova l'immobile o l'area sottoposti al vincolo. (Gentile A., L’autorizzazione paesaggistica nel d.lgs. n. 42/2004, in Nuova Rass.,  2005, 737).
L'autorizzazione paesaggistica è impugnabile, con ricorso al tribunale amministrativo regionale o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, dalle associazioni portatrici di interessi diffusi, e da qualsiasi altro soggetto pubblico o privato che ne abbia interesse.
Le sentenze e le ordinanze del Tribunale amministrativo regionale possono essere appellate dai medesimi soggetti, anche se non abbiano proposto ricorso di primo grado.

L’art. 149, d.lgs. 22.2.2004, n. 42, riconferma che il nulla osta non è necessario per gli interventi - da esso tassativamente previsti - di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo.