domenica 12 febbraio 2017

La partecipazione degli interessati al procedimento di esproprio

7. La partecipazione degli interessati al procedimento.                   

La l. 7.8.1990, n. 241 sul procedimento amministrativo introduce l’obbligo per la pubblica amministrazione della conclusione dell’atto mediante l’adozione di un procedimento espresso e l’obbligo della motivazione espressa. N. CENTOFANTI, L’espropriazione per pubblica utilità, 1999, 166.
Le pubbliche amministrazioni devono precisare il termine entro cui i singoli procedimenti devono concludersi, fissando, qualora esso non sia specificato con dizione espressa, la scadenza massima di 30 giorni, ex art. 2, L. 7.8.1990, n. 241.
La tipicità dell’azione amministrativa richiede la presenza di una serie di operazioni e di atti per l’emanazione del provvedimento, che costituiscono lo schema base del cosiddetto procedimento amministrativo.
Questo si articola in varie fasi che hanno rilevanza o compressione in relazione alla specifica disciplina legislativa, ma che devono necessariamente adeguarsi ai principi generali sul procedimento disposti dalla L. 241/1990.
Si pensi, ad esempio, alle possibili applicazioni nei casi di non definizione dell’indennità definitiva e, soprattutto, nella carenza di procedimento ablatorio a seguito della occupazione illegittima.
La fase preparatoria, parimenti alla fase istruttoria nel processo, serve a raccogliere tutta la documentazione necessaria per fornire alla amministrazione gli elementi indispensabili alla redazione dell’atto.
Talora nel procedimento si innestano vari subprocedimenti che danno vita ad atti amministrativi autonomi, e come tali impugnabili direttamente, che costituiscono presupposti necessari a quello principale. Ad esempio il verbale di consistenza.
In altri casi il subprocedimento produce atti che hanno una rilevanza interna per cui si esclude la loro autonoma impugnazione.
In questa fase si può inserire la presenza dei destinatari dell’atto che partecipano a vario titolo.
Possono verificarsi ipotesi in cui il contraddittorio è requisito sostanziale: quando, ad esempio, la sua mancanza comporta un vizio dell’intero procedimento.
Al privato viene riconosciuto il diritto di accedere alla fase preparatoria del procedimento, prendendo visione degli atti e presentando memorie e documenti.
L'amministrazione è tenuta, ai sensi dell'art. 7 della L. 241/1990, a dare notizia dell'avvio del procedimento al soggetto che, dalla autorizzazione alla visione dei documenti, potrebbe ricevere un pregiudizio, ex art. 7, L. 241/1990.
Conseguenza sostanziale è la possibilità di fare dichiarare illegittimo l’intero procedimento, poiché l’omissione, da parte della amministrazione, della comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo nei confronti dei soggetti relativamente ai quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti, costituisce vizio che determina violazione legge.

8. Applicabilità della l. 241/1990 al procedimento di espropriazione.

In relazione al principio della specialità procedimentale, un filone  giurisprudenziale ha ritenuto che non sussista alcun obbligo per  l'amministrazione di  comunicare all'interessato, ai sensi degli artt. 7 e ss. L. 7.8.1990, n. 241, l'avvio del procedimento espropriativo. 
Nella specie si trattava della mancata comunicazione della localizzazione di un’opera pubblica in difformità dagli strumenti urbanistici vigenti da parte di un’amministrazione statale, successivamente approvata con deliberazione regionale, ai sensi dell'art. 81, 3° co., D.P.R. 24.7.1977, n. 616.
L'obbligo di comunicazione non ricorre nei casi nei quali il legislatore abbia previsto procedure specifiche per garantire tempestivamente la difesa del  soggetto vulnerato dall'attività amministrativa posta in essere ovvero una forma di partecipazione, in senso lato, di quest'ultimo all'attività istruttoria. La comunicazione di avvio del procedimento non è necessaria in tutti quei  casi in cui leggi speciali, predispongono strumenti partecipativi  diversi e alternativi, comunque adeguati al fine, come avviene ad esempio nei  procedimenti di espropriazione per pubblica utilità o di occupazione d'urgenza, in  quelli  disciplinari e in quelli di sospensione dei lavori. T.A.R. Lombardia sez. Brescia, 17.3.1994, n. 133, in T.A.R. 1994, 1901. T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 13.1.1997, n. 17, in T.A.R., 1997, 997.
La giurisprudenza ribadisce la possibilità di posporre la formalità procedimentali garantistiche che consentono una effettiva partecipazione, rendendola praticamente ininfluente ai fini della tutela. Tale interpretazione impedisce alla proprietà di porre osservazioni al progetto e consente, quindi, solo una azione risarcitoria.
E’ stata affermato che l'approvazione di un progetto di opera  pubblica, anche quando comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza  ex   art. 1, L. 3.1.1978, n. 1,  non  deve  essere necessariamente preceduta  dalle formalità garantistiche di cui agli art. 10  e 11,  l. 22.10.1971,  n. 865, fermo restando che queste formalità devono comunque essere compiute, anche se successivamente, nel corso del procedimento espropriativo. Cons. St., sez. IV, 2.2.1998, n. 147, in Foro Amm., 1998, 332. Cons. St., sez. IV, 23.10.1998, n. 1368, in Riv. Giur. Ed., 19998, 328.
Questo indirizzo assolutamente non convince poiché non appare in linea con i principi della L. 241/1990.
Esso si fonda su di un precedente orientamento che riteneva sussistesse la possibilità di rinnovare adempimenti procedurali, anche successivamente alla scansione logicamente prevista.
La giurisprudenza ha affermato l'obbligo di seguire la procedura di cui all'art. 10 della L. 865/1971 solo qualora si debba richiedere una dichiarazione espressa di pubblica utilità. Cons. St., Ad. Pl., 9.10.1986, n. 6, in Foro Amm., 1986, 1010.
La partecipazione dei privati al procedimento espropriativo è prevista negli artt. 5 e 17 della L. 2359/1865 e sostanzialmente tali principi sono ribaditi negli artt. 10 e 11 della L. 865/1971.
La sequenza procedimentale richiede, infatti, un necessario contraddittorio con gli interessati.
In via generale, la disciplina del procedimento amministrativo è portata dalla L. 241/1990 che accentua, anche in chiave di tutela, l’interesse del  soggetto passivo dall’atto amministrativo al procedimento, inteso in senso dinamico, consentendo agli interessati una serie di verifiche, accertamenti, acquisizioni conoscitive.
L’esclusione dall’applicazione della L. 241/1990 è espressamente disposta solo per atti a carattere generale per i quali sono dettate discipline speciali, in ordine anche alla riservatezza che deve tenere l’amministrazione fino all’adozione del provvedimento, art. 13, l. 241/1990.
La dizione legislativa non include la materia espropriativa tra quelle ivi indicate con la conseguenza che per essa trova applicazione la disciplina della partecipazione, specificamente prevista dall’art. 8, L. 241/1990, che impone la comunicazione dell’avvio del procedimento ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti.
Negare la partecipazione equivale contrastare la ratio ispiratrice della L. 241/1990 che prevede, in via generale, l’accesso al procedimento, ma anche la ratio della L. 865/1971 che ora regola puntualmente il procedimento ablatorio.
E’ inaccettabile la costruzione tradizionale, secondo cui l’inadempimento delle formalità garantistiche, nel caso di approvazione del progetto di opera pubblica (anche con valore di variante), legittimamente avrebbe potuto essere posposto al suddetto atto di approvazione. S. DE SANTIS, Dichiarazione di pubblica utilità implicita, formalità garantistiche e partecipazione al procedimento amministrativo, in Giur. Civ., 1998, 3310.
La giurisprudenza ha aderito alle posizioni dottrinali, modificando le affermazioni precedenti è stato dichiarato che nel caso in cui la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera consegua ex lege, e pertanto il proprietario inciso non abbia avuto modo di rappresentare le proprie ragioni nella fase di approvazione del progetto, è illegittimo il provvedimento di occupazione d'urgenza che sia stato adottato. Deve essere, infatti, data al privato la possibilità di interloquire quanto meno prima del materiale impossessamento del bene, specie se egli era in grado di prospettare soluzioni alternative. T.A.R. Campania, sez. V, Napoli, 21.12.1996, n. 640, in T.A.R., 1997, 687.
L’indirizzo non è, però, univoco stante che alcune pronunce ritengono non necessarie le garanzie procedimentali nelle procedure destinate alla dichiarazione di pubblica utilità implicita.
La questione, pertanto, è stata deferita all’adunanza plenaria del consiglio di stato. Cons. St., sez. IV, 9.4.1999, n. 604, in Gazz. Uff. Giuffrè, 1999, n. 22, 112.
E’ esclusa, pertanto, la possibilità di sanare l’omissione precedente con atti successivi, non restando che ripetere il procedimento. T.A.R. Abruzzo, sez. Pescara, 10.4.1997, n. 172, in Foro Amm., 1997, 3214.

9. Le novità del d.p.r. 8.6.2001, n. 327.

Nell’elaborazione dell’art. 11, D.P.R. 8.6.2001, n. 327, si afferma il principio che il proprietario oggetto di esproprio può accedere al procedimento sin dalla fase della pianificazione territoriale.
Fin dalla fase dell’istituzione del vincolo preordinato all’esproprio - che si concretizza con l’approvazione del piano urbanistico generale ex art. 9, D.P.R. 8.6.2001, n. 327, anche se manca ancora la dichiarazione di pubblica utilità - 
L’obbligo non sussiste nel caso di adozione ex novo di uno strumento urbanistico o variante generale, ma sussiste nel caso in cui sia in corso l’adozione di una variante al piano regolatore per la realizzazione di un’opera pubblica, anche nell’ipotesi che la variante venga adottata mediante conferenza di servizi o accordo di programma che comporti variante allo strumento urbanistico, art. 10, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Al proprietario che risulti dai registri catastali va inviato l’avviso dell’avvio del procedimento venti giorni prima dell’adozione, art. 11, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Le osservazioni vengono valutate ai fini dell’approvazione dello strumento urbanistico e le relative determinazioni possono essere sottoposte al vaglio della giustizia amministrativa.
Naturalmente il proprietario può censurare le scelte anche sotto il profilo urbanistico seguendo le norme che consentono di portare osservazioni e opposizioni al piano urbanistico. G. PAGLIARI, Corso di diritto urbanistico, 1999, 106.




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