venerdì 10 febbraio 2017

L’azione popolare in materia di ineleggibilità

1           La giurisdizione del giudice ordinario. Le controversie in tema di eleggibilità.


Le cause di ineleggibilità trovano la loro ragione nell’intento di evitare indebite pressioni che i titolari di alcuni alti uffici possono esercitare sull’elettorato, altre cause trovano la loro ragione nella antinomia che si determinerebbe per la situazione di controllore, altre cause di ineleggibilità trovano la loro giustificazione nel fatto che una stessa persona si trova ad essere contitolare di più uffici.
La giurisprudenza ha precisato che la domanda azionata nella forma di annullamento della delibera di convalida degli eletti e del sottostante verbale di proclamazione ma rivolta, nella sostanza a contestare l'eleggibilità di un candidato in quanto eletto sindaco pur avendo già espletato due mandati consecutivi e dunque in violazione dell'art. 51 comma 2, D. L.vo 267 del 2000 rientra tra le questioni di « eleggibilità » e pertanto esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo.
Tale domanda e rientra in quella devoluta al giudice civile, ex art. 70, D. L.vo 267 del 2000, né su tale criterio di riparto, può incidere, nel senso di attrarre la giurisdizione nell'alveo della materia elettorale il fatto che il ricorrente abbia impugnato anche il verbale di proclamazione degli eletti ed abbia chiesto l'annullamento delle operazioni elettorali, in via derivata dall'annullamento della delibera di convalida. T.A.R. Veneto Venezia, sez. III, 20 ottobre 2006, n. 3533, in Foro amm. TAR, 2007, 1, 70.
La giurisprudenza ha affermato, ad esempio, in tema di ineleggibilità del personale delle Usl, anche prima delle modifiche introdotte dalla nuova normativa contenuta nel D.L.vo n. 502 del 1992 e nel D.L.vo n. 517 del 1993, al primario ospedaliero non poteva essere preclusa l'eleggibilità né in virtù della disposizione di cui al n. 8 dell'art. 2 della legge n. 154 del 1981, la quale riguardava i soggetti che, nell'ambito della Usl, svolgevano funzioni di direzione di tutto il personale, né di quella contenuta nel n. 11 dello stesso articolo, la quale non riguardava affatto il personale dipendente delle Usl. Cass. civ., sez. I, 15 maggio 1996, n. 4511, in Giust. civ. Mass., 1996, 733.
Esse possono essere rimosse prima del giorno utile per la presentazione della candidatura. P. VIRGA, Diritto Amministrativo, Amministrazione locale, III, 1988, 68.
Le cause di incompatibilità trovano, invece, di regola la loro ragione giustificatrice in un potenziale conflitto di interessi con l'ente territoriale, l’eletto piò rimuovere la causa di incompatibilità entro un termine che decorre dalla data di convalida dell’elezione dato che è in quella data che avviene l'effettivo inizio dell’esercizio della carica di consigliere comunale.
Le controversie relative alla eleggibilità alla carica ,come quelle concernenti la decadenza e la incompatibilità, sono devolute al giudice ordinario, in quanto attinenti a diritti soggettivi perfetti.
Non comportano nessuna modifica al riparto della giurisdizione la disciplina introdotta dalla successiva L. 154/1981 sulla incompatibilità alla carica di consigliere comunale, provinciale e regionale, l'art. 1 della legge 16/1992, che ha introdotto un'ampia disciplina in tema di eleggibilità e di decadenza dalle cariche nelle regioni, comuni e province per delitti di particolare gravità.
La giurisdizione del giudice ordinario deve essere affermata pure dopo l'entrata in vigore del D. L.vo 267/2000, che ha mutato le procedure per la proclamazione degli eletti, ma non ha inciso sui criteri di riparto della giurisdizione.
Non mutano le regole del riparto di giurisdizione neppure le norme di cui alla L. 81/1993 e alla L. 415/1993, che hanno introdotto l’elezione diretta del sindaco del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio regionale.
La giurisdizione del giudice ordinario a conoscere le controversie in tema di eleggibilità o di decadenza dalla carica di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale non trova limitazioni o deroghe per il caso in cui la questione di eleggibilità sia introdotta mediante impugnazione del provvedimento del consiglio di convalida degli eletti o di impugnazione dell'atto di proclamazione o d'impugnazione del provvedimento di decadenza.
In tali ipotesi, la decisione verte non sull’annullamento dell'atto amministrativo, ma sul diritto soggettivo perfetto inerente all'elettorato attivo.
La verifica della eleggibilità dei propri componenti spetta al neoeletto consiglio comunale; alla commissione provinciale di controllo spettano poteri sostitutivi, nell'ipotesi che il consiglio abbia omesso di pronunziarsi, nonché il potere di controllo formale sulla delibera consiliare; spetta al giudice ordinario il controllo di merito sull’eleggibilità dei consiglieri, su ricorso di qualsiasi cittadino elettore, del prefetto o del presidente della commissione provinciale di controllo. T.A.R. Sicilia sez. III, Catania, 29 ottobre 1991 n. 448, 1991, 669.


1.1         L’azione popolare. Le parti.


L'azione è detta popolare, a norma degli art. 82 del D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, n. 1 della l. 23 dicembre 1966 n. 1147 e 19 della l. 17 febbraio 1968 n. 108, poiché consente ad ogni elettore, iscritto nelle liste ed a chiunque altro ne abbia interesse, di agire in giudizio o di intervenire in quello da altri iniziato per invocare il controllo giurisdizionale sul rispetto delle norme in materia di ineleggibilità.
La parte del giudizio è colui contro il quale il ricorso è diretto, anche se il giudizio è instaurato attraverso l'impugnazione della delibera del consiglio comunale che ha pronunziato al riguardo, e, quindi, anche in caso di notificazione al sindaco, ai sensi dell'art. 9 della l. 23 dicembre 1966 n. 1147, del ricorso introduttivo, il comune non assume la qualità di parte.
Il comune può solo proporre un intervento ad adiuvandum. Corte app., Salerno, 25 novembre 2004.


1.2         Il ricorso.


La deliberazione di convalida dell'eletto costituisce presupposto processuale dell'azione.
La delibera deve essere pubblicata all’albo pretorio.
L'impugnativa va proposta nel termine perentorio di trenta giorni dalla data finale di pubblicazione della deliberazione, ovvero dalla data della notificazione di essa, quando sia necessaria. Trib. Brindisi, 10 luglio 2002.
Il ricorso va depositato presso la segreteria del Tribunale civile della circoscrizione territoriale in cui è ricompreso il comune capoluogo di provincia, ai sensi dell’art. 7, L. 1147/1966, per le elezioni comunali e provinciali ovvero del capoluogo di regione, ai sensi dell’art. 19, L. 17/2/1968 n. 108, per le elezioni regionali.
La procedura è disciplinata dall’art. 82 della L. 570/1960, mod. dall’art. 2 della L. 1147/1966.
Il presidente del tribunale con decreto fissa l’udienza di discussione della causa in via di urgenza e provvede alla nomina del giudice relatore.
La comunicazione del provvedimento presidenziale di fissazione d’udienza fa decorrere il termine perentorio di dieci giorni entro il quale deve essere notificato al controinteressato.
919
Il preventivo deposito del ricorso presso la segreteria e successiva notifica ai controinteressati del ricorso stesso con il pedissequo decreto di fissazione d'udienza è dettata dall'esigenza di incardinare al più presto il giudizio al fine di consentire una sollecita definizione della controversia.
Nel caso di proposizione dei motivi aggiunti, conseguenti ad una verificazione disposta dal giudice, questi vanno prima notificati ai controinteressati e poi depositati. Cons. giust. amm. Sicilia, 26 aprile 1996, n. 119, in Cons. Stato, 1996, 685.
Quanto alla qualifica di controinteressato la giurisprudenza ha precisato che parti necessarie del giudizio elettorale sono i candidati eletti e l'ente ai quali la consultazione si riferisce ma non anche i partiti politici.
Ai fini della ritualità dell'impugnazione, quindi, è necessaria, entro il termine di decadenza, la notificazione del ricorso almeno ad uno dei controinteressati, salva la successiva integrazione nei confronti degli altri.
Nella specie, stante la notifica ad un controinteressato, si è ritenuta non necessaria quella ad un partito. Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 1993, n. 1408, in Cons. St., 1993, 1645.
Il termine perentorio di 10 giorni, a partire dalla notificazione, per il deposito di copia del ricorso introduttivo con il decreto di fissazione dell'udienza, che l'art. 82/1 del D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570 (modificato dall'art. 1 della l. 23 dicembre 1966 n. 1147) prevede, a pena d’improcedibilità, rilevabile d'ufficio, decorre indipendentemente dall'eventuale mancanza, invalidità o tardività della comunicazione, con cui il cancelliere deve dare notizia alla parte istante del provvedimento di fissazione dell'udienza.
L'onere del ricorrente - ai sensi dell'art. 82, comma 3, D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570 - di depositare nel termine perentorio di dieci giorni il ricorso originale con la prova dell'avvenuta notifica, non implica, quando questa sia stata eseguita per mezzo del servizio postale, l'onere di depositare, entro tale termine, anche l'avviso di ricevimento.
La regola generale dettata dall'art. 5, comma 3, l. 20 novembre 1982 n. 890, consente alla parte, anche prima del ritorno dell'avviso di ricevimento, di farsi consegnare dall'ufficiale giudiziario l'originale dell'atto per ottenere l'iscrizione della causa a ruolo, salvo restando che la causa non potrà essere messa in decisione se non sia allegato agli atti l'avviso di ricevimento, a meno che il convenuto non si sia costituito. Cass. Civ., sez. I, 15 gennaio 2002, n. 382
Questa perentorietà non implica contrasto con l'art. 24 Cost., in quanto risponde ad esigenze di celerità di dette controversie, senza menomare l'esercizio del diritto di difesa.
La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso, da depositare in cancelleria, coi relativi atti e documenti, entro quindici giorni dalla data della ricevuta notificazione.



1.3         La sentenza.


Il giudice ordinario può o respingere il ricorso o, in caso di accoglimento del ricorso medesimo, correggere il risultato dell'elezione stessa, sostituendo ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno il diritto di esserlo o di porre nel nulla il provvedimento di decadenza, se emesso al di fuori delle condizioni che lo legittimano. Cass. Civ., Sez. Un., 24 marzo 1993, n. 3518, in Giust. civ. Mass., 1993, 546.
I pieni poteri di cognizione del giudice ordinario, comprendenti anche quello di correggere il risultato delle elezioni, non sono influenzati da eventuali provvedimenti del Consiglio comunale né il relativo procedimento amministrativo incide sulla procedibilità dell'azione giudiziaria. Cass. Civ., sez. I, 12 febbraio 1990 n. 1009.
Il termine previsto per il deposito della sentenza con cui il tribunale si pronuncia sull'azione popolare promossa dal cittadino elettore non è perentorio, al contrario di quelli indicati dal comma 5 dell'art. 82 D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, per cui la sua violazione non è causa di nullità della sentenza di primo grado. Cass. Civ., sez. I, 19 dicembre 2002, n. 18128.


1.4         L’appello.


Le sentenze pronunciate dal tribunale possono essere impugnate con appello alla Corte d’Appello territorialmente competente, ai sensi dell’art. 82 bis della L. 570/1960, mod. dall’art. 2 della L. 1147/1966.
Anche in tale caso il ricorso deve essere depositato, entro 20 giorni dalla notifica dello stesso, nella Cancelleria della Corte.
Il presidente fissa con decreto l’udienza di discussione e nomina il relatore.
Entro 10 giorni dalla comunicazione l’appellante deve notificare ricorso o decreto di fissazione di udienza alle parti interessate.
L'ampio richiamo operato dall'art. 82/2, comma 3, D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570,
alle norme di procedura ed ai termini stabiliti, per il giudizio di primo grado, dal precedente art. 82, comporta che, dopo la notificazione del ricorso - unitamente al decreto di fissazione dell'udienza - alle parti interessate, la copia del ricorso e del decreto deve essere depositata in cancelleria nel termine di dieci giorni dalla data di notificazione.
Tale termine, ai sensi del comma 5 dell'art. 82 cit., ed in conformità alla ratio del contenzioso elettorale, caratterizzato da peculiari esigenze di celerità, ha natura perentoria e la sua inosservanza determina l'improcedibilità dell'appello, senza che ciò si ponga in contrasto con l'art. 24 cost., per menomazione del diritto di difesa, atteso che il termine in esame, giustificato dalle anzidette esigenze del processo elettorale, appare congruo in relazione alla semplicità degli adempimenti da compiere. Cass. Civ., sez. I, 4 maggio 2002, n. 6425.


1.5         Il ricorso in Cassazione.


Le sentenze pronunciate in secondo grado possono essere impugnate con ricorso in Cassazione entro 20 giorni dalla loro notificazione.
Il Presidente della Corte di Cassazione fissa con decreto l’udienza in calce al ricorso.
Valgono le norme per il giudizio di Cassazione con termini ridotti della metà, ai sensi dell’art. 82 ter della L. 570/1960, mod. dall’art. 2 della L. 1147/1966.
In sede di giudizio di cassazione avverso le sentenze pronunciate in secondo grado dalla corte d'appello non può disporsi il rinvio dell'udienza di discussione, atteso che dette controversie sono da ritenersi urgenti per espressa valutazione e definizione data dal legislatore. Cass. Civ., sez. I, 19 ottobre 2002, n. 14856.









Nessun commento:

Posta un commento