domenica 12 febbraio 2017

Le possibilità legali ed effettive di edificazione

1               Le possibilità legali ed effettive di edificazione. Requisiti.


L’area è edificabile se sussistono le possibilità legali ed effettive di edificazione, valutando le caratteristiche oggettive dell’area, art. 37, 6° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Le possibilità legali di edificazione non sussistono qualora l’area sia sottoposta a inedificabilità assoluta in base alla normativa o ad un atto di pianificazione territoriale, art. 37, 4° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Il criterio dell'edificabilità di fatto ricorre in difetto della disciplina legale, in assenza cioè di un vigente piano regolatore generale o in caso di decadenza del vincolo quinquennale.
Le caratteristiche dell’edificabilità di fatto sono valutate in base alla effettive possibilità di edificazione fino alla redazione del regolamento demandato al Ministero LLPP, art. 37, 5° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
In carenza di regolamento valgono i criteri interpretativi fissati dalla giurisprudenza
In primis, l’area può appartenere solo a queste due categorie: o è edificabile o non lo è.
L'art. 5 bis, L. 8 agosto 1992, n. 359 ha introdotto una generale ed incondizionata bipartizione dei suoli, agricoli ed edificabili, che non ammette figure intermedie, ed è associata ad una verifica oggettiva e non legata a valutazioni opinabili, che può essere data solo dalla classificazione urbanistica dell'area in considerazione.
Ne consegue che non può essere classificata come edificabile un'area che gli strumenti urbanistici non preordinati alla espropriazione assoggettino a vincolo di inedificabilità, o alla quale gli stessi attribuiscano destinazione agricola, dovendo, in tal caso, la relativa indennità di espropriazione essere determinata secondo il criterio agricolo In applicazione del principio, è stato ritenuto irrilevante il parere espresso dal dirigente dell'ufficio legale dell'ente territoriale espropriante in ordine alla edificabilità del suolo a fronte della classificazione dell'area in zona "E" ovvero a destinazione agricola. Cass. Civ., sez. I, 28 gennaio 2010, n. 1890.
L’indirizzo giurisprudenziale prevalente afferma che per il riconoscimento della natura edificatoria del terreno non è necessario che ricorrano le due condizioni della edificabilità legale e della edificabilità di fatto.
La norma viene intesa nel senso che anche una sola delle due condizioni sia sufficiente per considerare edificabile il terreno.
L'inclusione di un terreno nella cosiddetta "zona omogenea", destinata dal piano regolatore generale alla espansione edilizia, ne comporta il riconoscimento, tout court, della natura edificatoria, indipendentemente da ogni ulteriore valutazione in ordine alle concrete condizioni di fatto del bene, che assumono rilevanza esclusiva nella sede della determinazione concreta dell'indennità di espropriazione.
Si deve, in tal caso, tenere conto delle specifiche caratteristiche del suolo, influenti sull'apprezzamento economico di mercato, quali la posizione di contesto, le eventuali prescrizioni di distanze da costruzioni limitrofe o infrastrutture pubbliche, l'esistenza di opere di urbanizzazione, l'incidenza differenziata degli oneri di urbanizzazione, ecc., non dovendo in alcun modo concorrere, con il requisito della edificabilità legale, l'ulteriore, positivo accertamento di fatto circa le oggettive e concrete possibilità di edificazione dell'area espropriata. Cass. civ. , sez. I, 01 febbraio 2007, n. 2207, in Resp. civ. e prev., 2007, 4, 969.
Né limita le possibilità edificatorie dell’area il fatto che la sua edificazione sia condizionata all’approvazione di strumenti attuativi.
Lo strumento urbanistico attuativo, ancorché previsto dal piano regolatore generale, è necessario solo quando si tratta si asservire un'area non ancora urbanizzata (o parzialmente urbanizzata) ad un insediamento di carattere residenziale, mediante la costruzione di uno o più fabbricati che obiettivamente esigono, per il loro armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, la realizzazione ed il potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Nel caso di specie non è, pertanto, stato ritenuto applicabile ad area collocata all'interno di zona omogenea classificata come totalmente edificata B1" l'eventuale disposizione del P.R.G. (nella specie quella del comune di Ovada) che preveda l'edificabilità di aree, divenute libere in seguito alla cessazione di attività produttiva, solamente attraverso piani esecutivi obbligatori, con la conseguenza che, ai fini del calcolo dell'indennità d'espropriazione, il valore dell'area va determinato in base all'indice fondiario della zona in cui essa è collocata. Cass. civ., sez. I, 12 gennaio 2000, n. 277, in Giust. civ. Mass. 2000, 47.
Per i proprietari coltivatori diretti l’art. 37, 9° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327, prevede che l’area edificabile utilizzata per scopi agricoli sia indennizzata con una somma pari al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura effettivamente praticato (quindi anche detta area deve considerarsi edificabile pur priva di opere di urbanizzazione).
L'art. 37, 7° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327, ispirandosi al principio per il quale non può essere riconosciuta ad un soggetto una indennità di esproprio che abbia un valore superiore a quello dichiarato dalla stesso soggetto ai fini fiscali, prevede che l'indennità di esproprio deve essere ridotta ad un importo pari al valore denunciato nell'ultima dichiarazione ICI.
Nel caso in cui il proprietario abbia dichiarato ai fini dell’ICI un maggior valore rispetto all’indennità corrispostagli, gli è dovuta una maggiorazione pari alla differenza fra l’importo dell'imposta pagata dall’espropriato, con riferimento all'ultimo quinquennio, e quello risultante dal computo dell’imposta effettuato sulla base dell’indennità, unitamente agli interessi legali, ex art. 37, 8° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327.



Nessun commento:

Posta un commento