lunedì 6 marzo 2017

Il giudizio di ottemperanza.

1           Il giudizio di ottemperanza.


Il giudizio di ottemperanza non è un giudizio di esecuzione, o quanto meno questo non è l'aspetto preminente, esso può pertanto definirsi giudizio di cognizione.
Scopo del giudizio non è quello di conseguire forzatamente la pretesa su cui l'amministrazione è rimasta soccombente, ma quello di dare al giudice la possibilità di decidere, in relazione al pubblico interesse, quale sia la forma più congrua per la esecuzione del giudicato.
Il giudice deve approfondire anche i motivi di opportunità che possono meglio indicare le modalità per l'esecuzione del giudicato, poiché esso ha la funzione di individuare l'azione più opportuna fra quelle possibili con i limiti derivanti dai motivi di interesse pubblico che regolano l'azione amministrativa.
I poteri del giudice dell’ottemperanza sono stati delineati dalla giurisprudenza sono sicuramente costitutivi di obblighi nei confronti dell’amministrazione.
Il giudice può esercitare un vero e proprio potere sostitutivo nei confronti dell’amministrazione (Clarich M, L’effettività della tutela nell’esecuzione delle sentenze del giudice amministrativo, in Dir. Proc. Amm., 1998, 539).
Il giudizio di ottemperanza risponde all'esigenza di garantire che l'azione amministrativa si conformi ad una decisione vincolante del giudice amministrativo od ordinario.
Nel giudizio di ottemperanza è ammesso l'esame nel merito.
Il giudice deve approfondire anche i motivi di opportunità che possono meglio indicare le modalità per l'esecuzione del giudicato, poiché esso ha la funzione di individuare l'azione più opportuna fra quelle possibili con i limiti derivanti dai motivi di interesse pubblico che regolano l'azione amministrativa.
L’art. 112, comma 2, d. lgs. 2.7.2010, n.104, precisa che l'azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l'attuazione:
a) delle sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato. La giurisprudenza precedente ha precisato che il giudizio di cognizione per la dichiarazione di illegittimità del silenzio inadempimento della pubblica amministrazione e il relativo giudizio di ottemperanza per la pronuncia positiva confluiscono in un giudizio unitario, posto che la sequenza tra i due giudizi è assorbita in un unico procedimento e la nomina del commissario ad acta su istanza di parte è consentita già al momento dell'emissione della sentenza declaratoria dell'illegittimità. (T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 19 .12. 2008, n. 3148).
b) delle sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo. Le sentenze rese in primo grado dal giudice amministrativo sono esecutive ancorché appellate e, per l'esecuzione delle decisioni non sospese dal Consiglio di Stato, il T.A.R. esercita i poteri inerenti al giudizio di ottemperanza al giudicato .
c) delle sentenze passate in giudicato, e degli altri provvedimenti ad esse equiparati, del giudice ordinario, al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato;
d) delle sentenze passate in giudicato, e degli altri provvedimenti ad esse equiparati, di quei giudici davanti ai quali non sia previsto il rimedio dell'ottemperanza, al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato;
e) dei lodi arbitrali divenuti inoppugnabili al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato.
Nel processo di ottemperanza può essere altresì proposta la connessa domanda risarcitoria, nel termine di decadenza di centoventi giorni fissato dall’art. 30, comma 5, d.lgs. 2.7.2010, n.104.
La giurisprudenza precedente ha affermato che sussiste quindi la competenza giurisdizionale del giudice dell'ottemperanza in ordine alla richiesta di restituzione-risarcimento avanzata a seguito del passaggio in giudicato della sentenza che ha annullato gli atti di una procedura espropriativa, costituendo tale giudizio la naturale prosecuzione del precedente. (Cons. St, sez. IV, 30.1.2006, n. 290).
In tal caso il giudizio di ottemperanza si svolge nelle forme e nei termini del processo ordinario.




2           Il giudice competente.


L’art. 113, d. lgs. 2.7.2010, n.104,  precisa  che il ricorso si propone, nel caso di sentenze passate in giudicato e sentenze esecutive, al giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta; la competenza è del tribunale amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti confermati in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado.
Nei casi sentenze emesse dal giudice ordinario di giudici speciali e dei lodi arbitrali, il ricorso si propone al tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di cui è chiesta l'ottemperanza.




3           Il ricorso. Le modalità.


L'azione si propone, anche senza previa diffida, con ricorso notificato alla pubblica amministrazione e a tutte le altre parti del giudizio definito dalla sentenza o dal lodo della cui ottemperanza si tratta ; l'azione si prescrive con il decorso di dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza.
Non è più prevista come condizione di ammissibilità la preventiva messa in mora dell'amministrazione.
La giurisprudenza precedente aveva dichiarato inammissibile il ricorso volto ad ottenere l'esecuzione del giudicato, ove lo stesso non sia stato preceduto dal propedeutico atto di diffida e messa in mora previsto dagli artt. 90 e 91, r.d. n. 642 del 1907 ora abrogati (T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 13 .10. 2008, n. 1813).
Al ricorso è allegata in copia autentica la sentenza di cui si chiede l'ottemperanza, con l'eventuale prova del suo passaggio in giudicato, ex art. 114,  d.lgs. 2 .7.2010, n.104.
















4           La sentenza.


Il giudice dell’ottemperanza in caso di accoglimento del ricorso:
a) ordina l'ottemperanza, prescrivendo le relative modalità, anche mediante la determinazione del contenuto del provvedimento amministrativo o l'emanazione dello stesso in luogo dell'amministrazione;
b) dichiara nulli gli eventuali atti in violazione o elusione del giudicato;
c) nel caso di ottemperanza di sentenze non passate in giudicato o di altri provvedimenti, determina le modalità esecutive, considerando inefficaci gli atti emessi in violazione o elusione e provvede di conseguenza, tenendo conto degli effetti che ne derivano;
d) nomina, ove occorra, un commissario ad acta;
e) salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato ; tale statuizione costituisce titolo esecutivo.
Se è chiesta l'esecuzione di un'ordinanza il giudice provvede con ordinanza.
Il giudice conosce di tutte le questioni relative all'esatta ottemperanza, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario.
Il giudice fornisce chiarimenti in ordine alle modalità di ottemperanza, anche su richiesta del commissario e  decide con sentenza in forma semplificata, ex art. 114, d.lgs. 2 .7.2010, n.104.



5           La nomina del commissario ad acta.


Il giudizio di ottemperanza può sfociare nella nomina di un commissario ad acta che deve procedere, in via sostitutiva dell'amministrazione, a compiere quegli atti amministrativi disposti dal giudice amministrativo.
Il commissario ad acta deve procedere, in via sostitutiva all'amministrazione, a compiere quegli atti amministrativi secondo i contenuti e le indicazioni disposti dal giudice amministrativo.
La sua funzione è completamente autonoma rispetto a quella dell’amministrazione; essa è posta a garanzia dell'effettività della tutela giurisdizionale e consiste nel portare ad effettiva realizzazione la decisione del giudice di cui egli è organo ausiliario.
La giurisprudenza ha ritenuto che legittimamente il commissario ad acta opera un'autonoma valutazione di merito delle risultanze procedimentali, in luogo dell'amministrazione inottemperante; ciò implica, nella specie, il compimento di ogni necessario riscontro tecnico direttamente da parte del Commissario e l'attività del commissario ad acta è integralmente sostitutiva di quella dell'amministrazione inottemperante. (T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 30.12.2004, n. 4076).
Il commissario agisce pertanto in luogo dell'amministrazione inadempiente (Galli R. Corso di diritto amministrativo, 1996, 1033).
L’attività del commissario non è necessariamente condizionata dall’acquisizione dei pareri obbligatori previsti per legge nel procedimento, trattandosi di una sostituzione sull’intero procedimento che si è concluso coll’inadempimento dell’amministrazione.
Per la giurisprudenza il commissario nell'eseguire un giudicato che impone una determinazione in ordine a domanda di concessione edilizia non deve richiedere il parere della commissione edilizia, ma almeno il suo avviso per ottenere specifici elementi di valutazione in ordine alla assentibilità della domanda medesima
(Cons. St., sez. V, 28.2,1995, n. 298, in Foro Amm., 1995, 359).
Il commissario ad acta è organo del giudice dell'ottemperanza e le sue determinazioni vanno adottate esclusivamente in funzione dell'esecuzione del giudicato, e non in funzione degli interessi pubblici il cui perseguimento costituisce il normale canone di comportamento dell'Amministrazione sostituita; da ciò consegue che i suoi provvedimenti sono immediatamente esecutivi e non sono assoggettati all'ordinario regime dei controlli (interni ed esterni) degli atti dell'Amministrazione presso la quale lo stesso si insedia.
Essi vanno sottoposti unicamente all'immanente controllo dello stesso giudice, al quale le parti interessate possono rivolgersi affinché venga verificata la loro rispondenza alle disposizioni impartite in sede di ottemperanza, nonché ai principi vigenti in materia. (T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 13.5.2010, n. 1429 , in Red. amm. T.A.R., 2010, 5).
Il compenso, determinato dal giudice, è da porsi a carico dell'amministrazione inadempiente (T.A.R. Campania sez. IV, Napoli, 4.5.1993, n. 77, in T.A.R., 1993, I, 2740).
Il compenso del commissario è rapportato a quello spettante all’organo sostituito.
Il compenso può essere rapportato all’indennità mensile corrispondente a quella prevista per gli organi deliberativi in sostituzione dei quali è stata svolta l'attività.
Ad ogni modo spetta al giudice dell'ottemperanza stabilire il compenso per l'attività espletata dal commissario da porre a carico dell'amministrazione inottemperante, con riferimento alla complessità, alla durata e alle modalità di svolgimento dell'incarico (Cons. St., sez. IV, 11.6.1996, n. 769, in Foro Amm., 1996, 1848).
La giurisprudenza ha però precisato che, laddove l'indennità sia prestabilita dalla legge o da un atto generale, la controversia avrà ad oggetto un diritto soggettivo con consequenziale devoluzione all’autorità giudiziaria ordinaria (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 7.10.2004, n. 13591).
Un parametro per determinare il compenso è quello di rapportarlo all’indennità corrisposta dall’ente sostituito.
E' stata dichiarata  illegittima per eccesso di potere la decurtazione del compenso spettante al commissario ad acta nominato dalla Regione in attuazione di controlli sostitutivi nei riguardi di un'unità sanitaria locale, posto che l'atto di nomina, in mancanza di altre e specifiche norme, resta soggetto ai criteri di logicità dell'azione amministrativa anche per ciò che attiene al predetto compenso, il quale non può perciò essere inferiore, in relazione alla qualità ed alla quantità del lavoro svolto dal commissario, a quello stabilito per l'organo sostituito (Cons. St., sez. V, 13.8.1996, n. 916, in Foro Amm., 1996, 2296).
Il termine assegnato dal giudice al commissario ad acta per dare concreta attuazione al giudicato non è perentorio e la sua inutile scadenza non determina alcuna decadenza dei poteri commissariali, il che è coerente con la stessa natura e funzione del commissario ad acta, quale organo ausiliario del giudice la cui attività è necessaria, a causa dell'inerzia dell'Amministrazione, per rendere effettiva la tutela giurisdizionale e cioè far conseguire all'interessato il bene della vita già definitivamente riconosciutogli in sede cognitoria, cessando quindi soltanto con la piena ed integrale attuazione del comando contenuto nella sentenza ottemperanda. (Cons. St., sez. V, 18.1.2010, n. 136, in Foro amm. CDS , 2010, 1, 128).





6            La tutela sull’attività del commissario.



Contro l’attività del commissario sono esperibili i rimedi giurisdizionali.
Il reclamo avverso gli atti del commissario ad acta è possibile unicamente nelle forme dell'incidente di esecuzione avanti al giudice amministrativo.
Il giudizio di ottemperanza assume contorni sempre più simili all'esecuzione forzata in forma specifica prevista dall'art. 2932, c.c., in cui il potere di concretizzare il giudicato sul bene della vita che ha mosso l'azione giudiziaria è esercitato dal giudice direttamente o per il tramite di un suo ausiliario e cioè il commissario ad acta.
Quando ciò avviene, la p.a. risulta per ciò solo esautorata e privata, dallo stesso momento, di ogni residuale potere di provvedere in via autonoma e definitiva sulla questione, dovendo gli atti che siano stati eventualmente emessi, passare per il vaglio diretto del giudice dell'ottemperanza o del suo organo ausiliario che ne valutano la conformità o meno alle statuizioni contenute nel giudicato
E’ il giudice dell’ottemperanza che deve sancire, in via confermativa, l'efficacia, o privare gli atti stessi di ogni potenziale efficacia in ordine al rapporto la cui definizione resta affidata al giudice dell'ottemperanza.
In tale prospettiva, è da condividere il punto di arrivo cui è pervenuta la giurisprudenza, secondo cui qualsiasi attività posta in essere dall'amministrazione può essere presa in considerazione in quanto sia stata non solo assunta, ma anche portata legalmente a conoscenza del giudice sino al momento in cui egli adotta la pronuncia in sede di ottemperanza.
Qualsiasi altra determinazione, o non conosciuta tempestivamente ovvero posta in essere dopo la adozione della decisione di ottemperanza, non può comunque spiegare alcun effetto per l'assorbente considerazione che da tale soglia temporale prende avvio una procedura di adempimento diversa da quella ordinaria che non coinvolge più, almeno direttamente, le istituzionali competenze dell'amministrazione inadempiente.
I provvedimenti del commissario ad acta costituiscono attuazione del comando vincolato del giudice devono essere impugnati dalle parti davanti al giudice dell'ottemperanza in sede di incidente di esecuzione, ma, una volta dichiarata l'intervenuta esecuzione del giudicato, non è ammissibile nessun ulteriore possibilità di dialogo tra il giudice dell'esecuzione ed il commissario, che, pertanto, non è legittimato, né avrebbe interesse, a richiedere l'autorizzazione del primo per emettere un ulteriore provvedimento per dare più compiuta attuazione al giudicato (Cons. St., sez. IV, 4.5.2004, n. 2739, in Foro Amm. C.D.S., 2004, 1347).
Le determinazioni del commissario ad acta, quale organo ausiliario del giudice amministrativo, sono, infatti, suscettibili solo di impugnazione dinanzi al giudice che ha disposto l'esecuzione.
La giurisprudenza ha dichiarato l'inammissibilità dei ricorsi proposti in via di cognizione di legittimità ordinaria (Cons. St., sez. VI, n. 481/1999).
L’amministrazione che contesta il provvedimento del commissario deve rivolgersi al giudice dell’ottemperanza, poiché essa non può procedere autonomamente all’annullamento dell’atto.
Non potendo l'amministrazione sostituita operare in sede di autotutela sull'atto del commissario ad acta - atto che non ha, in rapporto alla fonte da cui promana, natura amministrativa - il rimedio offerto alle parti è il ricorso al giudice dell'ottemperanza,
Gli  atti del commissario  non possono che ritenersi atti giurisdizionali, sono impugnabili con reclamo al giudice dell'ottemperanza in base al principio generale secondo il quale l'organo legittimato ad avere cognizione degli incidenti verificatisi in sede esecutiva è lo stesso deputato a dirigere l'esecuzione. (T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, 13.4.2010, n. 180, in Foro amm. TAR , 2010, 4, 1375).
La dottrina prevalente segue la tesi della natura giurisdizionale della carica di commissario poiché questo deriva i suoi poteri da una specie di atto di delega promanante dal giudice di ottemperanza; per questo motivo deve essere considerato organo giurisdizionale, in quanto ausiliario del giudice e giurisdizionali saranno da ritenere i suoi atti ((Perfetti L. R., Corso di diritto amministrativo, 2006, 629).
La giurisprudenza ritiene che quando l’impugnativa riguardi scelte discrezionali che il giudicato lasciava alla discrezionalità dell’amministrazione la giurisdizione sia quella del giudice di legittimità.
È inammissibile il ricorso per incidente di esecuzione con il quale si chiede l'annullamento delle determinazioni del Commissario ad acta che deve costituire oggetto di un autonomo e distinto giudizio di cognizione.
Il Commissario dispone di una discrezionalità amministrativa tale da assimilarlo ad organo straordinario della pubblica amministrazione; infatti il regime di impugnazione dei provvedimenti commissariali opera sulla base della natura del potere concretamente esercitato dal Commissario: ove il Commissario sia rigidamente vincolato alla statuizioni disposte in sentenza per lo svolgimento del proprio incarico, lo strumento di impugnazione dei provvedimenti commissariali è dato dall'incidente di esecuzione innanzi allo stesso giudice del merito, se, invece, - come nel caso de quo - il Commissario dispone di una discrezionalità amministrativa tale da assimilarlo ad organo straordinario della pubblica amministrazione, l'unico rimedio avverso le sue determinazioni non può che essere il ricorso ordinario, da proporsi nel termine decadenziale di legge. (T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 22/12/2009, n. 2192 , in Foro amm. TAR, 2009, 12, 3643).
Tutti gli atti del commissario ad acta, s'intendono emessi nell'esercizio del potere dell'autorità amministrativa soccombente nel giudizio sul silenzio e sono impugnabili, secondo i principi generali, con un ulteriore ricorso di legittimità e non nella sede del giudizio di ottemperanza che, conclusosi con la nomina del commissario, ha completamente esaurito il suo scopo. (Cons. St., sez. IV, 29.2.2008, n. 793, in Foro amm. CDS, 2008, 2, 424).


Nessun commento:

Posta un commento