lunedì 6 marzo 2017

Il risarcimento del danno per silenzio diniego in materia edilizia


1.                  Il risarcimento del danno per silenzio diniego in materia edilizia.


L'accoglimento del gravame relativo ad un diniego in materia edilizia ed il conseguente pregiudiziale annullamento dei dinieghi, impone di certo l'analisi della ulteriore domanda di risarcimento, qualora sia proposta da parte ricorrente, ma non determina automaticamente il risarcimento dei danni subiti da parte dei ricorrenti in conseguenza dell'illegittimità degli atti impugnati.
La giurisprudenza ha precisato che il risarcimento del danno derivante dal provvedimento illegittimo non è una conseguenza automatica del suo annullamento in sede giurisdizionale, richiedendo la presenza di tutti i requisiti previsti dalla legge; non è, quindi, sufficiente l'illegittima lesione derivante dal provvedimento ma occorre anche, oltre alla colpa (o dolo) dell'amministrazione, la puntuale dimostrazione, da parte del ricorrente, dell'esistenza di un danno patrimoniale e del nesso causale tra l'illecito e il danno subito. (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 22.8.2005, n. 6265, in Foro Amm. T.A.R., 2005, 7/8, 2451).
L'ipotesi più ricorrente di risarcimento del danno in materia edilizia ricorre nel caso di illegittimo diniego di rilascio di un provvedimento autorizzatorio o nel caso di silenzio sulla richiesta di provvedimento (Satta F., Impugnativa del silenzio e motivi di merito, in Foro Amm. CS, 2002, 47).
In generale, va ribadito che la domanda di risarcimento del danno per illegittimità del diniego opposto al rilascio di titolo edilizio non è ammissibile nel caso in cui non si abbia la certezza che il provvedimento autorizzatorio debba essere rilasciato.
Se il diniego è annullato a causa di un difetto di motivazione, per cui sussiste l’obbligo per le amministrazioni interessate di riesaminare la relativa domanda con salvezza degli ulteriori provvedimenti, non è ancora possibile affermare che la richiesta autorizzazione edilizia debba essere effettivamente rilasciata, né l'esistenza di un siffatto obbligo può essere dichiarata dal giudice amministrativo, anche in considerazione del fatto che la sua giurisdizione esclusiva in materia non si estende al merito amministrativo.
Nel caso di specie, visto che il diniego è stato annullato a causa di un difetto di motivazione del parere presupposto, sussiste l'obbligo per le amministrazioni interessate di riesaminare la relativa domanda con salvezza degli ulteriori provvedimenti, di conseguenza non è ancora possibile affermare che la richiesta autorizzazione edilizia debba essere effettivamente rilasciata. L'esistenza di un siffatto obbligo non può essere dichiarata dal giudice amministrativo dal momento che la sua giurisdizione esclusiva in materia non si estende al merito amministrativo (T.A.R. Marche, 9.5.2002, n. 363, in Foro Amm. T.A.R., 2002, 1591).
La giurisprudenza negando la richiesta di risarcimento in tali fattispecie rileva il rischio che il giudice abbia a sostituirsi all'amministrazione, sia pure in modo virtuale e nella sola prospettiva risarcitoria; esso diventa tanto più consistente quanto più sono intensi i margini di valutazione rimessi alla seconda nel riconoscere al privato leso il bene della vita.
Tale rischio è più forte nel caso un cui l'amministrazione è chiamata al riesame dell'istanza con i margini valutativi propri dell'attività discrezionale, salvo il vincolo derivante dai vizi accertati avverso il precedente diniego, anche a fronte della necessità di rivalutare le prescrizioni imposte.
La giurisprudenza ha precisato che nei casi in cui, pur a seguito dell'annullamento dell'atto illegittimo, persistano in capo all'Amministrazione spazi di discrezionalità amministrativa di riesame della questione controversa, il g.a. non può attribuire autonomo rilievo risarcitorio alla mera violazione dell'obbligo di comportamento imposto all'amministrazione indipendentemente dalla soddisfazione dell'interesse finale, e il risarcimento può essere riconosciuto solo dopo e a condizione che l'Amministrazione, riesercitato il proprio potere, abbia effettuato ogni valutazione - a seconda che il soddisfacimento della pretesa sia correlato ad attività vincolata, tecnico-discrezionale o discrezionale pura - circa la spettanza dell'utilità finale cui aspira la parte istante, e abbia riconosciuto all'istante medesimo il bene della vita (T.A.R. Liguria, sez. I, 13.5.2003, n. 627, in Dir. Formaz., 2003, 900).
E’ stato riconosciuto il danno alla  parte ricorrente che non aveva potuto esercitare un'attività imprenditoriale a seguito del mancato rilascio di un'autorizzazione, ritenuta, invece, dovuta, attività relativa allo sfruttamento della terrazza esterno al bar, nella quale si ipotizza il collocamento di altrettanti tavolini rispetto a quelli posti all'interno del bar. Il danno patito è stato quantificato in circa 125.000 euro (T.A.R. Liguria, sez. I, 13.5.2003, n. 627, in Dir. Formaz., 2003, 900).
Non è stato chiesto, quindi, il mero danno che potrebbe ricollegarsi per effetto di una illegittimità procedimentale sintomatica di una modalità comportamentale non improntata alla regola della correttezza, ma l'intero pregiudizio derivante dal mancato conseguimento del bene della vita costituito dalla richiesta autorizzazione.












2.                  La documentazione del danno.


La giurisprudenza ha precisato che, per quanto riguarda i danni derivanti dall'ingiustificato ritardo nel rilascio del permesso di costruire e dal conseguente ritardo nell'esecuzione dei lavori, se ne deve ammettere in astratto la risarcibilità, con la precisazione che grava sulla parte che chiede il risarcimento l'onere di indicare con sufficiente precisione l'entità del danno subito, in relazione ai costi sostenuti (TAR Marche, Ancona, 20.1.2003, n. 6, in Foro Amm. T.A.R., 2003, 126).
In altri termini, il risarcimento da ritardo comporta un riequilibrio per equivalente rispetto al concreto conseguimento del bene della vita avvenuto, appunto, in maniera differita per l’operato di un altro soggetto quanto meno colpevole.
Ai fini del riconoscimento del danno da illegittimo ritardo nel rilascio di un  permesso di costruire la configurabilità del danno emergente (maggiore costo di costruzione) e del lucro cessante (mancata maturazione del reddito per lo sfruttamento degli immobili) richiede quale necessario termine di paragone la realizzazione della costruzione, mancando la quale, viene meno la base di calcolo su cui liquidare il danno
(T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 3.7.2007, n. 1158, Foro Amm. T.A.R., 2007, 7-8, 2676).
La domanda di risarcimento deve contenere la puntuale dimostrazione del danno subito dal richiedente nonché il nesso eziologico con gli atti illegittimi; del resto il danno non consegue automaticamente all'accoglimento del ricorso, per cui la domanda di risarcimento formulata in termini generici deve essere dichiarata inammissibile. (T.A.R. Emilia Romagna, sez. I, Bologna, 8.2.2001, n. 145, in Comuni It., 2001, 605).
Il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell'illegittimo diniego di permesso di costruire deve essere determinato in misura uguale all'aumento dei costi di costruzione dal momento in cui è intervenuto l'illegittimo diniego fino al nuovo provvedimento che sarà legittimamente adottato (Cons. St., sez. IV, 2.6.2000, n. 3177, in Giust. Civ., 2000, I, 3049).
La richiesta di risarcimento del danno da ritardo nell'inizio di un'attività imprenditoriale presuppone la compiuta prova dell'evento impedito e per lo meno la probabilistica quantificazione dei proventi non conseguiti; pertanto, deve essere respinta la pretesa essendo l'inizio dell'attività imprenditoriale, peraltro, collegata in modo del tutto indiretto all'edificazione che il provvedimento impugnato negava (T.A.R. Puglia, sez. II, Bari, 21.8.2001, n. 3244).
Permane l'interesse al risarcimento del danno per l'illegittimo diniego di permesso di costruire, anche se questa è stata successivamente assentata in via di autotutela dal Comune.
Se, infatti, viene meno l'interesse alla coltivazione del ricorso per l'intervenuto assenso in termini satisfattivi, ma con tempi e modalità da arrecare danno risarcibile, questo deve essere riconosciuto (T.A.R. Lazio, sez. II, 19.10.2002, n. 8909).
La giurisprudenza ha stabilito che il giudice amminsitrativo che abbia accertato l'esistenza del diritto al risarcimento danni patiti dalla ricorrente a seguito dell'illegittimo pretestuoso diniego di permesso di costruire può limitarsi a pronunciare con sentenza la condanna generica alla prestazione, basata sull'astratta oggettiva idoneità dell'atto censurato ad arrecare un danno patrimoniale, a norma dell'art. 278 c.p.c.
La sicura spettanza del relativo risarcimento troverà la sua sostanziale ragion d'essere a seguito dell'espletamento dell'attività amministrativa volta a dare esecuzione alla pronuncia di annullamento, perché solo in quel momento sarà possibile stabilire se davvero spetta alla ricorrente la realizzazione del bene cui aspirava (T.A.R. Campania, sez. II, Salerno, 5.2.2002, n. 85, in Foro Amm.T.A.R., 2002, 659).



Nessun commento:

Posta un commento