sabato 4 marzo 2017

L’azione ad exhibendum

1                  L’azione ad exhibendum.


Il diritto all’accesso ai documenti amministrativi, riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, si esercita mediante esame ed estrazione di copie dei documenti stessi, ex art. 22, l. 7.8.1990, n. 241,.
La giurisprudenza ha ritenuto legittima la domanda di accesso finalizzata ad acquisire documenti necessari per curare e per difendere i propri interessi giuridici, fermo che il diritto alla trasparenza dell'azione amministrativa non è condizionabile da valutazioni relative alla fondatezza della pretesa alla cui tutela l'acquisizione della documentazione è strumentale e/o all'eventuale inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti, potrebbe proporre, avuto conto che - per costante giurisprudenza - il diritto di accesso costituisce situazione attiva meritevole di autonoma protezione. (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 7.6.2010, n. 12743).
Le modalità di esercizio del diritto di accesso sono determinate dalla legge.
La norma prevede che il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla presente legge. L'esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura.
La richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata. Essa deve essere rivolta all'amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente.
Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell'accesso sono ammessi nei casi e nei limiti stabiliti dall'articolo 24 e debbono essere motivati, ex  art. 25, l. 7.8.1990, n. 241, mod. art. 17, 1° co., lett. a), l. 15/2005.
Il diritto all’accesso non può essere utilizzato per costringere l'amministrazione a formare atti nuovi rispetto ai documenti amministrativi già esistenti ovvero a compiere un'attività di elaborazione di dati e documenti.
Il diritto all’accesso può essere impiegato esclusivamente al fine di ottenere il rilascio di copie di documenti già formati e fisicamente esistenti presso gli archivi dell'amministrazione. Nella fattispecie, la certificazione - richiesta all'Inps al fine di attestare attività lavorative prestate, in relazione ad un giudizio per il pagamento di prestazioni previdenziali - non era già materialmente esistente, ma avrebbe dovuto essere formata dall'amministrazione a seguito dell'elaborazione di dati o atti (T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 21.9.2004, n. 712).
L'ufficio destinatario della domanda di accesso non ha alcun onere di comunicare al richiedente, con forme rituali di notifica, l'avvenuta estrazione degli atti.
L'esercizio del diritto di accesso è autonomo da ogni altra azione giurisdizionale avente ad oggetto lo stesso procedimento (Cerulli Irelli V., Corso di diritto amministrativo , 1997, 471).
Non vi è, quindi, alcuna preclusione nei confronti di tale provvedimento per il fatto di avere sperimentato altri rimedi giurisdizionali.
Il ricorso per l’accesso può essere esperito in via complementare ad una azione giurisdizionale, esso presenta una finalità che supera l’aspetto del contenzioso, essendo rivolto ad assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa ponendo il ricorrente nella condizione di esaminare i documenti che sono per lui rilevanti.
Contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi il ricorso è proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mediante notificazione all’amministrazione e agli eventuali contro interessati, ex art. 116 , d. lgs.  2.7.2010, n.104 (Corrado A. Tempi dimezzati per il deposito del ricorso: l’accesso apre il capitolo dei riti speciali, in Guida Dir., n. 23, 15).
Al giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi si applica l’art. 87, lett. c), d.lgs. 104/2010.
La norma  precisa che  si trattano in camera di consiglio i giudizi in materia di accesso ai documenti amministrativi;
Salva l’ipotesi del giudizio cautelare, tutti i termini processuali sono dimezzati rispetto a quelli del processo ordinario, esclusi quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti.
L’art. 116, d.lgs. 104/2010, riduce il termine di proposizione del ricorso  affermando che questo deve essere presentato entro trenta giorni dalla formazione del silenzio. Così ad esempio il deposito del ricorso è di quindici giorni dall’ultima notificazione, ex art. 45, d.lgs. 104/2010.
La camera di consiglio è fissata d’ufficio alla prima udienza utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate.
Nella camera di consiglio sono sentiti i difensori che ne fanno richiesta.
La trattazione in pubblica udienza non costituisce motivo di nullità della decisione.
La giurisprudenza ha affermato che  l'apprezzamento circa l'esistenza dei presupposti sostanziali per addivenire ad un decisione in camera di consiglio resa con motivazione in forma semplificata costituisce valutazione di merito del giudice di primo grado insindacabile in appello, fermo restando che ogni errore di giudizio contenuto nella decisione può essere devoluto al giudice di appello mediante il relativo atto di gravame. (Cons. St., sez. IV, 13.1.2010, n. 34).
Il giudice decide con sentenza in forma semplificata; sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni, dettando, ove occorra, le relative modalità, ex art. 116, 4° co. , d.lgs. 2010, n.104/2010.
La natura dell’azione è di mero accertamento .
Per la giurisprudenza il giudizio in materia di accesso ai documenti anche se si atteggia quale azione impugnatoria - in quanto il ricorso deve essere proposto nel termine perentorio di 30 giorni avverso l'atto di diniego o il silenzio diniego formatosi sulla relativa istanza - è sostanzialmente rivolto ad accertare la sussistenza o meno del titolo all'accesso nella specifica situazione alla luce dei parametri normativi, e ciò, indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza, ovvero completezza delle ragioni addotte dall'Amministrazione. Per giustificare il diniego, l'Amministrazione può dedurre in giudizio le ragioni che precludono all'interessato di avere copia o di visionare i relativi documenti; pertanto, la decisione da assumere, che deve comunque accertare la sussistenza o meno del titolo all'esibizione, si deve formare tenendo conto anche di tali deduzioni. (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 6.5.2010, n. 9939).
Il giudizio è immediatamente rivolto all'accertamento della sussistenza o meno del diritto dell'istante all'accesso medesimo: è, dunque, un giudizio sul rapporto, come è reso, del resto, palese dall'art. 25, 4° co., l. 7.8.1990, n. 241, il quale, all'esito del ricorso, prevede che il giudice, sussistendone i presupposti, ordini l'esibizione dei documenti richiesti, con ciò postulando che tale ordine debba procedere dalla valutazione, in concreto, dell'esistenza del diritto, alla luce del parametro normativo, indipendentemente dalla ricorrenza di impedimenti oggettivi che possano frapporsi alla effettiva ostensione
(T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 7.12.2004, n. 2912).
L’istanza per l'accesso non comporta alcuna preclusione alla presentazione di una nuova domanda su cui l’amministrazione ha l’obbligo di rispondere anche dopo che sia stata proposta l’azione ad exhibendum.
La giurisprudenza ha precisato che il diritto di accesso ai documenti amministrativi ha il dichiarato fine generale di pubblico interesse di configurare una nuova e più democratica concezione dei rapporti tra amministrazioni e amministrati, il soggetto che non ha proposto tempestivamente ricorso contro il diniego opposto dall'amministrazione ad una sua richiesta, ai sensi dell'art. 25, l. 7.8.1990, n. 241, ben può presentare una nuova domanda (Cons. St., sez. V, 9.12.2004, n. 7900).

























2            L’esclusione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica


La dottrina e la giurisprudenza concordano che si deve ricorrere alla giustizia amministrativa sulle controversie in tema di accesso agli atti amministrativi, ex art. 116, d. lgs. 104/2010.
Il diritto all’accesso si configura come un interesse legittimo, per il quale sussiste una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
La giurisprudenza ha rilevato che  il termine diritto va considerato atecnico, essendo ravvisabile la posizione di interesse legittimo quando il provvedimento amministrativo è impugnabile, come nel caso del diritto di accesso, entro un termine perentorio, pure se incidente su posizioni che nel linguaggio comune sono più spesso definite come di diritto (Cons. St., A. P., 24.6.1999, n. 16).
La giurisdizione amministrativa va affermata anche nel caso in cui il relativo giudizio sia promosso nei riguardi di un ente che, per perseguire le proprie finalità istituzionali, svolga in tutto o in parte un'attività iure privatorum.
L'istituto dell'accesso - che è negato nei soli casi espressamente stabiliti dalla legge e può esser escluso solo nei confronti di chi, senza alcun interesse, intende ingerirsi nella sfera delle libere valutazioni della p.a. in ordine alla convenienza delle scelte da adottare - serve a una più diffusa conoscenza dei processi decisionali e intende favorire la partecipazione e il controllo sui comportamenti dei soggetti che agiscono per conto della p.a.
La legge dispone la giurisdizione amministrativa a garanzia delle posizioni del diritto all’accesso che investono la tutela di interessi legittimi.
Nella specie, un'azienda speciale, costituita da un comune ai sensi dell'art. 23, l. 8.6.1990, n. 142, ha indetto una procedura pubblica di selezione per l'assunzione di alcuni addetti tra i soggetti più capaci e meritevoli, con ciò ponendo in essere un procedimento di natura comparativa con criteri precostituiti, i cui atti sono quindi accessibili come quelli di un concorso a pubblici impieghi, attesa la compresenza dell'aspetto soggettivo e di quello oggettivo della gestione di un servizio pubblico  (Cons. St., sez. V, 1.10.1999, n. 1248).
La giurisdizione amministrativa comporta necessariamente le forme previste dal giudizio amministrativo per la rituale introduzione della causa nello stesso. E’ stata ritenuta necessaria la notifica del ricorso a mezzo ufficiale giudiziario.
La giurisprudenza ha ritenuto che l'invio di raccomandata con ricevuta di ritorno alla p.a. resistente è insufficiente alla corretta evocazione del contraddittorio processuale.
La norma che fonda l'azione espressamente prevede che, contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso, è dato ricorso, nel termine di trenta giorni, al tribunale amministrativo regionale, ove l'espresso richiamo al detto termine implica il rinvio alla disciplina generale di introduzione della causa nel giudizio amministrativo, circostanza che impone la notifica, e non la mera comunicazione, all'amministrazione resistente ed all'eventuale contro interessato (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 7.12.2004, n. 18507).
La giurisprudenza ha escluso la giurisdizione sull’accesso di giudici speciali, come, ad esempio, la Corte dei conti. La giurisdizione in materia di accesso alla documentazione amministrativa spetta in via esclusiva al giudice della legittimità, per questo va escluso il potere della Corte dei conti di esaminare doglianze relative al rifiuto, da parte dell'ente previdenziale, di fornire all'interessato il prospetto di liquidazione della pensione  (Corte Conti reg. Toscana, sez. giurisd., 9.7.1997, n. 478).
La dottrina ammette il ricorso amministrativo contro il silenzio o il diniego sull’accesso al procedimento amministrativo (Sempreviva M.T., L’accesso ai documenti amministrativi, in Caringella F. (a cura di) Corso di diritto amministrativo,  2004, 1994)
Non sussiste in astratto alcun motivo di ordine giuridico per escludere che in materia di accesso sia ammissibile un ricorso di tipo amministrativo, comunque configurato o denominato (riesame, ricorso gerarchico proprio, ricorso gerarchico improprio. (Cons. St., sez. VI, 27.5.2003, n. 2938).
E’ stata invece esclusa la possibilità di utilizzare in tema di accesso il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, vista la specialità del rimedio giurisdizionale offerto dall’art. 25, l. 241/1990 che offre una tutela urgente, soggetta a termini abbreviati e derogatoria dei principi generali (Cons. St., sez. II, 18.6.1997, n. 521).




3                  L’intervento del difensore civico sul silenzio nell’accesso agli atti.



Il difensore civico è stato istituito con la funzione di intervenire, a richiesta del singolo cittadino o di associazioni, presso l'amministrazione regionale e presso gli altri enti locali della regione o presso quelli delegati di funzioni regionali, per assicurare che il procedimento amministrativo si svolga regolarmente e secondo i tempi previsti, ex art. 11, d.lg. 267/2000. (De Leonardis F., Il difensore civico nella giurisprudenza del giudice costituzionale e del giudice amministrativo, in Foro amm. CDS, 2009, 12, 2971).
Egli esercita una funzione di tutela nei confronti della eventuale inerzia della pubblica amministrazione nella fase preparatoria del procedimento.
Teoricamente egli potrebbe anche stimolare l'esercizio del potere di autotutela della pubblica amministrazione sull'annullamento di atti viziati. 
Il difensore civico comunale è stato soppresso dall’art. 1, 186° co. , l. 191/2009 finanziaria 2010.
La norma precisa e funzioni del difensore civico comunale possono essere attribuite, mediante apposita convenzione, al difensore civico della provincia nel cui territorio rientra il relativo comune. In tale caso il difensore civico provinciale assume la denominazione di "difensore civico territoriale" ed è competente a garantire l'imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze e i ritardi dell'amministrazione nei confronti dei cittadini;
Le funzioni del difensore civico sono state raccordate alla tutela giurisdizionale dall’art. 25, l. 241/1990 così come mod. dall’art. 17, 1° co., lett. a), l. 15/2005.
L’azione del difensore civico è posta, in sostituzione, ma non in alternativa al ricorso al T.A.R., in caso di rifiuto espresso o tacito o nel caso di differimento dell’accesso alla documentazione amministrativa.
La facoltà di reclamo al difensore civico non è, infatti, alternativa al ricorso giurisdizionale bensì è considerata uno strumento di contenimento del contenzioso in materia che può trovare composizione con l’intervento del difensore.
Il ricorso giurisdizionale può essere sempre proposto.
In tal caso i relativi termini di presentazione decorrono dalla data di comunicazione delle determinazioni del difensore. L'impugnativa contro il rifiuto di accesso, sia esso espresso o tacito, deve essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di 30 giorni dall'atto di diniego o dalla formazione del silenzio, secondo quanto previsto dall'art. 25, 5° co., l. n. 241 del 1990; tuttavia, nel caso in cui l'interessato si sia rivolto al difensore civico, il termine per il ricorso giurisdizionale decorre dalla data di ricevimento della determinazione adottata dal difensore civico sulla sua istanza, fermo restando che l'onere di allegare e provare la data di ricezione della suddetta decisione adottata dal difensore civico incombe sul ricorrente cui sia eccepita la tardività nella presentazione del ricorso (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 26.10.2004, n. 15415).
Il difensore civico si pronuncia entro trenta giorni dall’istanza. Il silenzio del difensore equivale a diniego.
Se il difensore ritiene illegittimo il diniego o il differimento del diritto di accesso comunica le sue conclusioni all’autorità interpellata e al richiedente.
L’autorità adita deve emettere un provvedimento che confermi il suo diniego o, in caso contrario, l’accesso è consentito.
L’accesso può consistere in un atto di esibizione dei documenti.
Al fine di ottenere detto risultato l’autorità adita, oltre che un provvedimento confermativo del diniego, deve emettere un provvedimento espresso in cui siano indicate le modalità di accesso onde consentire l’esercizio del riconosciuto diritto all’accesso del richiedente.
Detto atto può consistere in una semplice comunicazione che determini le modalità per l’esercizio del diritto di accesso.
La norma precisa che il difensore civico o la Commissione per l'accesso si pronunciano entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza. Scaduto infruttuosamente tale termine, il ricorso si intende respinto. Se il difensore civico o la Commissione per l'accesso ritengono illegittimo il diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo comunicano all'autorità disponente. Se questa non emana il provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico o della Commissione, l'accesso è consentito. Qualora il richiedente l'accesso si sia rivolto al difensore civico o alla Commissione, il termine per proporre il ricorso, ex art. 116, d.lgs. 104/2010, decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell'esito della sua istanza al difensore civico o alla Commissione stessa, ex  art. 25, 4° co., l. 7.8.1990, n. 241, mod. art. 17, 1° co., lett. a), l. 15/2005.
Qualora, dopo le determinazioni del difensore civico, persista la mancata ottemperanza all’ordine dell’autorità amministrativa si configura per il responsabile del procedimento la contravvenzione di cui all’art. 650, c.p., che punisce con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206 l’inosservanza dei provvedimenti dell’autorità.
La giurisprudenza ha precisato che anche gli atti del difensore civico sono soggetti al diritto di accesso da parte dei soggetti interessati.
Le domande devono esser rivolte direttamente al difensore civico e non al comune.
Se sono trasmesse al sindaco dette istanze devono essere, ex art. 4, 2° co., d.p.r. 27.6.1992, n. 352, rinviate direttamente al difensore civico per il principio che testualmente dispone che la richiesta formale presentata ad amministrazione diversa da quella nei cui confronti va esercitato il diritto di accesso è dalla stessa immediatamente trasmessa a quella competente.
Di tale trasmissione è data comunicazione all'interessato.
Ogni domanda posta al sindaco per aver accesso agli atti del difensore civico deve comunque essere respinta.
La natura dell'istituto del difensore civico è di autorità indipendente; esso è figura soggettiva pubblica ultra dal Comune da cui trae origine, e conseguentemente ne è distinto sotto i profili dell'attività, delle procedure, delle strutture, dei mezzi.
Il diritto di accesso agli atti del difensore civico deve essere esercitato non nei confronti del Comune ma del difensore civico stesso, ai sensi della l. 241 del 1990 (T.A.R. Veneto, sez. I, 25.6.1998, n. 1178).



4           L’accesso ad  atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato. La Commissione per l’accesso.

 

La Commissione per l’accesso istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ex art. 27, l. 241/1990, decide in ordine alla richiesta di visione di atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato; essa ha una competenza alternativa al ricorso giurisdizionale negli stessi termini di intervento del difensore civico.
Se la richiesta di accesso riguarda dati personali la Commissione deve procedere solo dopo avere sentito il Garante per la protezione dei dati personali.
Il Garante deve rendere il parere entro dieci giorni dalla richiesta.
Decorso detto termine il parere si intende reso e la Commissione deve pronunciarsi.
Vale la regola che se il provvedimento richiesto non è reso l’accesso si intende consentito.
Qualora si verifichi l’ipotesi opposta ossia che la necessità di accesso agli atti amministrativi si manifesti nel corso di un procedimento di tutela amministrativa o giurisdizionale previsto dagli art. 141 e segg., d.lgs. 196/2003, il garante deve richiedere il parere alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi.
Il parere è obbligatorio, ma non vincolante.
La richiesta del parere sospende i termini per la pronuncia del Garante per non oltre quindici giorni.
La dottrina rileva la possibilità di un conflitto di giurisdizioni poiché i ricorsi contro le decisioni del Garante devoluti alla giurisdizione ordinaria vengono, di fatto, attratti, in tema di accesso, nella giurisdizione del giudice amministrativo.
In tal modo, seppure indirettamente, finirebbe per essere devoluta al giudice amministrativo la cognizione anche delle determinazioni del Garante, con una sostanziale deroga al disposto dell’art. 152, 1° co., d.lgs. 196/2003, e soprattutto potrebbe derivare un disorientamento degli operatori a seguito di possibili pronunciamenti di distinti soggetti pubblici in contraddizione tra di loro (Atelli M., Rilascio copia dell’atto graduato dalla privacy, in Guida Dir.,2005,  n. 10, 2005, 94).
La salvaguardia del principio del contraddittorio comporta una eccessiva complicazione del procedimento di accesso che è teso invece a rendere più trasparenti i rapporti tra privato ed amministrazione.





























5           I soggetti legittimati.



L’accesso ai documenti amministrativi è consentito soltanto ai titolari di un interesse attuale, concreto e personale per la tutela delle posizioni giuridicamente rilevanti, ex art. 22, l. 7.8.1990, n. 241.
Deve escludersi l’accesso come azione popolare azionabile indiscriminatamente da cittadini singoli e associati.
La norma  non ha introdotto una forma di azione popolare (diretta a consentire una sorta di verifica diffusa dell'attività amministrativa), ma deve correlarsi ad un interesse qualificato, che giustifichi la cognizione di determinati documenti, onde l'accesso agli atti della p.a. è consentito soltanto a coloro cui gli atti stessi, direttamente o indirettamente, si rivolgano e che se ne possano eventualmente avvalere per la tutela di una posizione soggettiva la quale, anche se non assurta alla consistenza dell'interesse legittimo o del diritto soggettivo, deve comunque essere giuridicamente tutelata, non essendo consentito identificarla con il generico ed indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell'attività amministrativa, ex art. 97, cost. (T.A.R. Emilia Romagna Parma, sez. I, 9.2.2010, n. 52 ).
La dottrina ritiene comunque che il diritto di accesso sia da considerarsi autonomo e non strumentale alla tutela di posizioni giuridiche del richiedente.
Essa rileva che qualora si ritenesse il diritto di accesso strumentale alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, esso risulterebbe esperibile esclusivamente nel caso in cui la situazione che è a fondamento della richiesta di accesso fosse concretamente suscettibile di tutela.
Da ciò ne deriverebbe l’inutilità della richiesta, con conseguente diniego, in quanto formulata in relazione a questioni divenute definitive ed inoppugnabili (Cassese S. (a cura di), Diritto amministrativo generale,  2000, 1039).
L’autonomia del diritto di accesso non impedisce di considerare che esso sia rapportato ad un interesse concreto ed attuale del richiedente per essere azionabile.
Il diritto di accesso consiste nel diritto ad essere informati degli atti e dei procedimenti che possono incidere sulla sfera giuridica del soggetto, al fine di consentirgli le dovute difese.
La giurisprudenza ha definito non tutelabili le posizioni espresse da cittadini, qualora questi tendano a sostituirsi alle stesse amministrazioni nella scelta dei criteri cui uniformare la loro attività amministrativa.
È stato dichiarato inammissibile il ricorso avverso il silenzio-rigetto della Pubblica amministrazione su un'istanza di accesso agli atti nel caso in cui quest'ultima abbia un oggetto generico e indeterminato; sia finalizzata ad un controllo generalizzato sull'operato dei destinatari dell'istanza; per taluni profili non riguardi documenti esistenti, ma postuli una attività di elaborazione di dati; miri ad un controllo di tipo investigativo - preventivo. (T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, 13.5.2010, n. 210 ).
È , invece, ammissibile l'accesso ai documenti attinenti ad una procedura concorsuale ove miri a verificare come sono stati valutati i titoli dei candidati che precedono l'istante in graduatoria, essendo rinvenibile nella fattispecie un interesse concreto ed attuale che non ha certo lo scopo di un controllo generalizzato, bensì solo quello di verificare la legittimità della graduatoria in relazione ai soggetti che precedono la ricorrente. (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 11.6.2010, n. 17301)
Del pari le associazioni dei consumatori non hanno un diritto autonomo di controllo dell’attività amministrativa su provvedimenti specifici attraverso la richiesta dei documenti amministrativi, se questo non è supportato da un interesse effettivo.
La giurisprudenza ha affermato che  legge a tutela dei consumatori non attribuisce alle associazioni dei consumatori un potere di vigilanza a tutto campo da esercitare a mezzo del diritto all'acquisizione conoscitiva di atti e documenti che consentano le necessarie verifiche al fine di stabilire se l'esercizio del servizio pubblico possa ritenersi svolto secondo le prescritte regole di efficienza; sicché un potere di controllo, generale e preliminare, è estraneo alla norma sull'accesso, che non conferisce ai singoli funzioni di vigilanza, ma solo la pretesa individuale a conoscere dei documenti collegati a situazioni giuridiche soggettive.
Le associazioni a tutela dei consumatori non sono titolari di una situazione soggettiva che valga a conferire un potere di vigilanza sull'ente che offre il pubblico servizio, ma solo della legittimazione ad agire perché vengano inibiti comportamenti od atti che siano effettivamente lesivi. (T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 11.12.2009, n. 7602)
Il diritto di accesso non può essere trasformato in un diritto al controllo dell’azione amministrativa che non sia supportato da un interesse puntuale ai provvedimenti di cui si chiede di essere informati.


5.1          Il diritto del consigliere comunale.



La posizione giuridica del consigliere comunale è stata considerata dalla giurisprudenza differenziata da quella degli altri ricorrenti.
L’azione è concessa a detto soggetto al fine di rendere pieno ed effettivo l'esercizio della funzione pubblica di sua pertinenza quale componente del consiglio comunale, consistente nel controllo sulla amministrazione dell'ente stesso.
La giurisprudenza ha affermato che il diritto di accesso del consigliere comunale non riguarda soltanto le competenze attribuite al consiglio comunale, ma, essendo riferito all'espletamento del mandato, investe l'esercizio del munus in tutte le sue potenziali implicazioni per consentire la valutazione della correttezza ed efficacia dell'operato dell'amministrazione comunale.
A differenza dei soggetti privati, il consigliere non è tenuto a motivare la richiesta né l'ente ha titolo per sindacare il rapporto tra la richiesta di accesso e l'esercizio del mandato, altrimenti gli organi dell'amministrazione sarebbero arbitri di stabilire essi stessi l'ambito del controllo sul proprio operato. (T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 25.6.2010, n. 9584).
Il consigliere comunale non è legittimato a richiedere l'accesso indiscriminato a qualsiasi documento detenuto dall'amministrazione presso la quale esercita il proprio mandato.
Egli non può richiedere documenti risalenti ad un'epoca molto lontana rispetto al periodo di espletamento del medesimo.
L'accesso da lui azionato non può convertirsi nell'esercizio di una funzione ispettiva sulla trascorsa attività dell'amministrazione stessa, non connessa al vigente mandato (T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 12.11.2004, n. 5804).
Si è posto il problema se il consigliere comunale possa accedere alla visione del progetto in una fase antecedente alla adozione del piano regolatore.
La giurisprudenza ha escluso tale possibilità affermando che il consigliere comunale non è titolare del diritto di accesso o di visione degli elaborati progettuali relativi ad una variante al piano regolatore generale quando detti elaborati non siano stati ancora recepiti dalla giunta, rimanendo così al livello di mero studio preliminare. (T.A.R. Umbria, 21.12.1994, n. 899, in T.A.R., 1995, I, 692).
La giurisprudenza però ammette il diritto del consigliere comunale alla visione ed all'accesso alla documentazione relativa alla fase preparatoria della revisione del piano regolatore generale.( T.A.R. Liguria, sez. I, 3.12.1994, n. 448).





6           L’oggetto del ricorso.



Oggetto del ricorso è l’esibizione dei documenti richiesti che devono essere esattamente individuati dal richiedente.
L’azione innanzi al giudice amministrativo è  tesa ad accertare il diritto di ottenere l’esibizione degli atti richiesti oltre che la condanna dell’amministrazione alle spese processuali.
La giurisprudenza ha dichiarato  inammissibile il ricorso avverso il silenzio-rigetto della Pubblica amministrazione su un'istanza di accesso agli atti nel caso in cui quest'ultima abbia un oggetto generico e indeterminato; sia finalizzata ad un controllo generalizzato sull'operato dei destinatari dell'istanza; per taluni profili non riguardi documenti esistenti, ma postuli una attività di elaborazione di dati; miri ad un controllo di tipo investigativo - preventivo. (T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, 13.5.2010, n. 210).
Il ricorso deve essere diretto all’acquisizione di documenti amministrativi detenuti dall'Amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, e non atti processuali di parte, la cui visione soggiace alle norme che disciplinano la trasposizione del ricorso amministrativo in sede giurisdizionale. È legittimo il diniego di accesso e di estrazione di copia del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, opposto dall'Amministrazione al controinteressato che ne aveva chiesto ed ottenuto la trasposizione in sede giurisdizionale e che aveva motivato la sua istanza con la necessità di integrare le argomentazioni già svolte con intervento ad opponendum  (T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, 10.3.2010, n. 166 ).
Il ricorso per l’accesso, anche se esperito in via complementare ad un'azione giurisdizionale, è  rivolto ad assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa, sempre a tutela di situazioni giuridicamente rilevanti.
L'interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi costituisce "un bene della vita" autonomo e distinto rispetto alla situazione legittimante all'impugnazione ovvero ad altra iniziativa giudiziale.
Tale interesse gode di un autonomo sistema di protezione giurisdizionale, per il quale sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
La pendenza di un altro giudizio, avente ad oggetto principale la situazione legittimante, lungi dall'essere un fattore preclusivo, è piuttosto indice sintomatico della correttezza dell'interesse ad agire (T.A.R. Lazio, sez. II, 8.3.2004, n. 2206).
La tutela, infatti, non appare coordinata con l’attivazione di poteri alternativi - o gerarchicamente superiori all’amministrazione emanante o facenti parte dell’ordinamento giudiziario - che possano risolvere il problema ultimo che è quello di fare adottare il provvedimento.
Grava sull'interessato il dovere di indicare gli estremi del documento oggetto della richiesta di accesso ovvero gli elementi che ne consentano l'individuazione, con la conseguenza che, in mancanza di tale indicazione, non è configurabile alcun obbligo dell'amministrazione di provvedere sulla richiesta, ai sensi degli art. 3, comma 2, e 4, d.p.r. 27.6. 1992, n. 352.
 E’stato ritenuto legittimo il diniego di accesso a tutti gli atti amministrativi inerenti il procedimento, motivato sulla considerazione della mancata specificazione degli atti nei cui confronti si intendeva esercitare l'accesso. (T.A.R. Toscana Firenze, sez. I, 20.3.2006, n. 1994).
Un salto qualitativo è quello di consentire un più stretto collegamento tra la fase preparatoria del procedimento e quella del sindacato giurisdizionale sul provvedimento.










7           L’azione ad exhibendum in pendenza del processo amministrativo.



Un collegamento tra rimedio giurisdizionale e fase dell’accesso è sancita dall’art. 116, 2° co., d. lgs. 104/2010, che consente di porre il ricorso in pendenza di impugnativa.
La norma  prevede che in pendenza di un giudizio cui la richiesta di accesso è connessa, il ricorso di cui al comma 1 può essere proposto con istanza depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso principale, previa notificazione all'amministrazione e agli eventuali controinteressati. L'istanza è decisa con ordinanza separatamente dal giudizio principale, ovvero con la sentenza che definisce il giudizio.
Il legislatore ha superato il precedente orientamento giurisprudenziale secondo cui l’esperibilità dell’actio ad exhibendum doveva ritenersi esclusa in pendenza di giudizio, in quanto si riteneva che il diritto di accesso non potesse riguardare l’acquisizione del materiale probatorio necessario nel processo amministrativo sottratto alla disponibilità della parte (Sempreviva M.T. L’accesso ai documenti amministrativi, in Caringella F. (a cura di) Corso di diritto amministrativo,  2004, 1966).
La decisione presuppone un duplice accertamento: da un lato, la sussistenza delle condizioni legittimanti l'accesso ai sensi delle generali previsioni di cui alla l. n. 241 del 1990, dall'altro, l'astratta pertinenza dei documenti all'oggetto del giudizio pendente.
La formulazione letterale qualifica espressamente come istruttoria l'ordinanza tesa a dare risposta all'istanza sulla quale si innesta, in seno ad un processo già pendente, il ricorso ex art. 116, 2° co., d. lgs. 104/2010.
Il legislatore intende il processo già pendente non già quale mero contenitore al cui interno inserire, per pure ragioni di economia processuale, un diverso ed autonomo subprocedimento, bensì, al contrario, come vertenza principale rispetto alla quale va effettuata la suddetta valutazione di pertinenza della documentazione non ottenuta in prima battuta dall'amministrazione (Cons. St., sez. VI, 10.10.2002, n. 5450).
La giurisprudenza si è adeguata al nuovo principio per cui ne consegue che il diritto di accesso ai documenti amministrativi prevale sull’esigenza di riservatezza del terzo, ogniqualvolta l'accesso venga in rilievo per la cura o la difesa di dimostrati interessi giuridici del richiedente, fatti valere in giudizio.
La giurisprudenza ha precisato che qualora l’istanza di accesso sia del tutto strumentale all’azione giurisdizionale esperita dinanzi al T.A.R., la impugnativa per l'accesso deve essere proposta nell'ambito del predetto giudizio e non già con altro autonomo ricorso.
La disposizione afferma che la impugnativa delle determinazioni sull'accesso ove si tratti di documenti relativi ad un ricorso pendente può essere proposta nell'ambito del giudizio già intrapreso per essere decisa con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio.
La facoltà di accedere alla documentazione in sede di istruttoria sul ricorso già pendente non preclude all'interessato di esperire la specifica actio ad exibendum; ma la scelta tra l'una e l'altra via processuale non può essere rimessa al mero arbitrio del soggetto, dovendo invece sussistere - in relazione alle diverse finalità cui sono preordinati i due procedimenti - i presupposti propri di ciascuno di essi.
Allorquando il soggetto intenda acquisire la documentazione che a lui occorre per comprovare la illegittimità di un provvedimento della Amministrazione - già oggetto di un giudizio pendente - la impugnativa del diniego di accesso (opposto dalla Amministrazione) deve trovare la sua sede naturale nell'ambito dello stesso giudizio, mentre l'azione, ex art.25, l. 241, si porrebbe in conflitto con le esigenze di concentrazione e di economia processuale e concreterebbe inoltre un abuso dello strumento giuridico
La  norma semplifica anche le modalità di patrocinio consentendo alla parte e all’amministrazione di stare in giudizio personalmente.
La norma prevede che l'amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente a ciò autorizzato, ex art. 116, 2° co., d. lgs. 104/2010.
La notifica del ricorso nei confronti di una amministrazione statale deve essere in ogni caso effettuata presso l’Avvocatura dello Stato.
La giurisprudenza ha dichiarato  inammissibile il ricorso proposto nei confronti di un'amministrazione statale, che non sia stato ad essa notificato presso l'Avvocatura dello Stato, salvi gli effetti di sanatoria derivanti dall'eventuale costituzione in giudizio dell'amministrazione stessa.
L'introduzione della possibilità per le amministrazioni statali di stare in giudizio per mezzo di un proprio dipendente nelle controversie in materia di accesso, operata dall'art. 4, l. n. 205/2000, non ha abrogato le disposizioni sulla notificazione degli atti alle amministrazioni statali.
La rinuncia al patrocinio tecnico ha natura facoltativa e dunque, come frutto di una scelta discrezionale, formulabile solo successivamente all'introduzione del giudizio da parte del ricorrente; questa è pienamente compatibile col regime ordinario delle notifiche (Cons. St., sez. IV, 23.1.2003, n. 257).






















8           I terzi controinteressati.



La legge codifica la presenza nel processo di uno o più soggetti che possono essere lesi dalla richiesta di accesso.
La dottrina definisce controinteressato nel giudizio amministrativo quel soggetto titolare di un interesse che lo ponga in veste di contraddittore necessario del ricorrente e che, pertanto, deve essere informato della presentazione del ricorso.
Il ricorso deve essere notificato a chi comunque ritragga un vantaggio personale, diretto ed attuale dal provvedimento, il cui annullamento viene ex adverso invocato (Perfetti L. R., Corso di diritto amministrativo, 2006, 512).
La norma definisce espressamente quelli che devono considerarsi i terzi controinteressati individuandoli in coloro che possono essere lesi, attraverso l’esercizio all’accesso del ricorrente, nel loro diritto alla privacy.
Si intendono  per controinteressati, tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza, ex art. 22, l. 7.8.1990, n. 241, mod. art. 15, l. 15/2005.
Nella disciplina dell’accesso il ricorrente deve tenere in debita considerazione la situazione dei terzi interessati al provvedimento per valutare la loro posizione di controinteressati, al fine della notifica del ricorso.
La giurisprudenza ha precisato che l’apprezzamento circa la sussistenza di profili di tutela del diritto alla riservatezza della sfera personale e il connesso giudizio di bilanciamento con l'esercizio del diritto di accesso non possono essere condotti senza che venga assicurato il contraddittorio con il soggetto al quale si riferiscono i dati richiesti. (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 3.11.2009, n. 10730 ).
Il ricorso avverso il diniego, esplicito o tacito, dell'accesso deve essere notificato ai soggetti cui si riferiscono gli atti oggetto di accesso. Nel caso di notifica a soli due controinteressati, a fronte di un numero elevato di essi, va integrato il contraddittorio, anche mediante la notifica del ricorso per pubblici proclami (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 12.11.2009, n. 11094 ).
La giurisprudenza non è unanime nel definire le conseguenze della mancata notifica al terzo controinteressato.
Secondo un indirizzo essa determina l’inammissibilità del ricorso con conseguente eventuale annullamento della decisione presa dal giudice amministrativo. Nel giudizio sull'accesso ai documenti amministrativi che coinvolgano aspetti di riservatezza di un altro soggetto, sono considerati controinteressati in senso tecnico coloro cui si riferiscono i documenti richiesti.
Pertanto, il ricorso proposto ai sensi dell'art. 25, l. n. 241 del 1990 deve essere notificato a tutti i controinteressati e la mancata integrazione del contraddittorio in primo grado costituisce vizio di procedura, che determina l'annullamento della sentenza con rinvio al primo giudice  (Cons. St., sez. VI, 18.11.2000, n. 6012).
La dottrina si schiera per l’inammissibilità del ricorso soprattutto dopo che l’art. 15, l. 15/2005, espressamente codifica la presenza di detti soggetti nell’azione ad exhibendum (Mezzocampo  S., Il diritto di accesso. Entrata in vigore solo dopo il regolamento, in Guida Dir., n. 10,  2005, 86).
Altro orientamento giurisprudenziale, pur considerando i terzi contraddittori necessari, non ritiene che la mancata notificazione del ricorso determini la dichiarazione della sua inammissibilità.
Infatti, dovendosi il diritto di accesso configurare alla stregua di un autonomo diritto soggettivo all'informazione, si seguono nelle relative controversie le regole proprie delle questioni sui diritti soggettivi, anche sotto il profilo processuale.
Si deve applicare l'art. 102, c.p.c., ed il giudice deve ordinare l’integrazione del contraddittorio, configurandosi un'ipotesi di litisconsorzio necessario, atteso che il rapporto giuridico controverso è comune a più parti e necessita di una pronuncia inscindibile.  Si afferma che il giudizio introdotto con il ricorso previsto a tutela del diritto di accesso ai documenti amministrativi, ex art. 25, l. 241 del 1990, ha natura impugnatoria di un provvedimento autoritativo di diniego (o dell'inerzia) dell'amministrazione, per cui tale giudizio è sottoposto alla generale disciplina del processo amministrativo; ne consegue che il ricorso deve essere notificato a pena di inammissibilità tanto all'organo che ha emanato l'atto impugnato quanto ai controinteressati, i quali debbono considerarsi i soggetti determinati cui si riferiscano i documenti richiesti, nel termine perentorio di trenta giorni fissato dalla legge.
E', infatti, comunque ravvisabile una posizione di interesse legittimo, tutelata dall'art. 103 cost., quando un provvedimento amministrativo è impugnabile come di regola entro un termine perentorio; e ciò anche se esso incide su posizioni che, nel linguaggio comune, sono più spesso definite come di diritto. Nella fattispecie il Consiglio di Stato non ha peraltro dichiarato inammissibile il gravame non notificato al controinteressato, ma ha concesso d'ufficio al ricorrente il beneficio della rimessione in termini, per errore scusabile, ai fini dell'effettuazione di detta notificazione, annullando con rinvio la sentenza di primo grado
(Cons. Stato, A. P., 24.6.1999, n. 16).
L’art. 116, 1° co., d.lgs. 104/2010, afferma che si deve  applicare  l'art. 49 della stessa legge che ordina l’integrazione del contradditorio qualora il ricorso sia notificato solo ad uno dei controinteressati.
Resta il fatto che, in carenza di notifica ad almeno uno dei controinteressati, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.





9           Il silenzio rifiuto alla domanda di accesso.


La mancata risposta dell’amministrazione si concretizza in un silenzio diniego una volta che siano trascorsi inutilmente trenta giorni dal momento della richiesta.
In caso di diniego espresso o tacito la richiesta può essere riesaminata dal difensore civico o alternativamente esso può essere impugnato al T.A.R. (Forlenza O., Difensore civico, tutela alternativa al giudice, in Guida Dir., 2005, 96).
Contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi il ricorso è proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mediante notificazione all'amministrazione e agli eventuali controinteressati., ex art. 116, 1° co., d.lgs. 104/2010
La giurisprudenza ha precisato che il termine dei  trenta giorni decorre dal momento in cui si è concretizzato l’inadempimento ossia trenta giorni dopo la presentazione dell’istanza.
Ai sensi dell'art. 25, 4° co., l. 7.8.1990, n. 241, il silenzio serbato per trenta giorni dall'amministrazione destinataria di motivata istanza di accesso ai documenti è normativamente equiparato al rifiuto di accesso; pertanto, ai sensi del successivo art. 25, 5° co., l. 7.8.1990, n. 241, il termine entro cui è dato ricorrere al giudice amministrativo è di trenta giorni anche nei casi in cui siano decorsi inutilmente i trenta giorni dalla richiesta, intendendosi questa come rifiutata  (T.A.R. Molise, 8.10.1997, n. 205).
Non è necessaria da parte del ricorrente la proposizione di una specifica diffida.
Per la giurisprudenza la fattispecie del silenzio rifiuto si forma in seguito al comportamento inerte dell'amministrazione per il termine di 30 giorni dalla richiesta di accesso alla documentazione amministrativa, senza che all'uopo sia necessario un apposito atto di diffida; pertanto, deve essere considerato inammissibile il ricorso presentato oltre il termine decadenziale di trenta giorni, decorrente dal momento in cui deve considerarsi formato il silenzio rifiuto. (T.A.R. Abruzzo L'Aquila, 27.3.2002, n. 139).
La giurisprudenza ha precisato che, nel caso in cui l'interessato si sia rivolto al difensore civico, il termine per il ricorso giurisdizionale decorre dalla data di ricevimento della determinazione adottata dal difensore civico sulla sua istanza, secondo il disposto del comma 4 del citato art. 25, fermo restando che l'onere di allegare e provare la data di ricezione della suddetta decisione adottata dal difensore civico incombe sul ricorrente cui sia eccepita la tardività nella presentazione del ricorso (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 26.10.2004, n. 15415).
Al procedimento giurisdizionale di accesso alla documentazione amministrativa è applicabile la sospensione feriale dei termini processuali.
La sospensione feriale dei termini processuali - prevista dalla l. 7.10.1969, n. 742, art. 5 - è applicabile al procedimento giurisdizionale di accesso alla documentazione amministrativa disciplinato dall'art. 25, l. 7.8. 1990, n. 241, non essendo ad esso applicabile in via analogica la disposizione eccezionale circa la non sospendibilità dei termini del procedimento cautelare per la sospensione degli effetti del provvedimento impugnato (Cons. St., sez. V, 27.9.2004, n. 6326).






9.1         Il termine per proporre ricorso.


Il termine, fissato dall'art. 25, l. 7.8.1990, n. 241, mod. art. 116, d. lgs. 104/2010, per proporre ricorso contro il diniego di accesso ai documenti ha natura perentoria.
Qualora tale scadenza sia decorsa, l'azione giurisdizionale a tutela della stessa posizione deve intendersi preclusa.
Una interpretazione giurisprudenziale ritiene che la mancata presentazione del ricorso nei termini prescritti precluda la tutela giurisdizionale in relazione a quella specifica istanza, ma non escluda la possibilità di riproporre una ulteriore richiesta - attesa la natura di diritto soggettivo della situazione legittimante - anche per il medesimo oggetto, che consente di azionare legittimamente nei termini il silenzio dell’amministrazione.
Il decorso del termine di trenta giorni per la proposizione del ricorso non impedisce la presentazione di un'ulteriore istanza d'accesso, che comporta l'obbligo per l'amministrazione di pronunciarsi nuovamente; inoltre, un eventuale secondo rigetto determina la riapertura del termine per la proposizione del ricorso, in quanto la facoltà di accesso ha natura non di interesse legittimo ma di diritto soggettivo e la sua tutela non può essere subordinata ad un termine di decadenza (T.A.R. Piemonte, sez. II, 11.10.2004, n. 2232).
La tesi è da condividere poiché il silenzio serbato dalla amministrazione sulla prima istanza di accesso non concretizza alcun provvedimento fittizio, idoneo ad esplicare effetti sostanziali - da rimuoversi a mezzo di tempestiva impugnazione nel termine di legge - quindi, non si determinano effetti estintivi del potere-dovere della amministrazione di pronunciarsi sulla domanda di accesso, ove permanga l'interesse del privato all'esercizio di detto potere.
L’interesse all’accesso può essere fatto valere attraverso la reiterazione della domanda di accesso e, nel caso di inadempienza, attraverso l'attivazione della tutela giurisdizionale per ottenere l'eliminazione degli effetti del silenzio inadempimento (T.A.R. Lazio, sez. II, 30.10.1997, n. 1720, T.A.R., 1997, 3888).
L’orientamento non è, però, univoco e un ulteriore indirizzo non ammette la nuova proposizione dell’istanza di accesso, ma la tesi non si coniuga con l’obbligo dell’amministrazione a provvedere.
Secondo altra giurisprudenza con la ripresentazione dell'istanza di accesso l'azione processuale risulterebbe proponibile, ad arbitrio dell'interessato, senza alcun limite temporale (Cons. St., sez. V, 12.12.1997, n. 1537).
Tale interpretazione non è da condividere, poiché preclude la possibilità di intervenire sul procedimento che, nello spirito del legislatore, deve ritenersi esperibile fino alla fase obbligatoria della adozione del relativo provvedimento.
Il diritto al provvedimento giustifica la proposizione di istanze di accesso che non concretizzano un esercizio arbitrario del potere di intervento, ma che, al contrario - in relazione al principio dell’economicità e della celerità dell’azione amministrativa - sono un necessario stimolo all’esercizio del potere amministrativo.
E’ interesse pubblico, infatti, che si concluda il procedimento che può giungere a determinazioni anche in difformità dalla richiesta dell’interessato.
Il T.A.R. decide entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito, in camera di consiglio, sentiti i difensori che ne abbiano fatto richiesta.
La giurisprudenza ha precisato che le deroghe introdotte dall'art. 25, l. n. 241 del 1990, in materia di termini processuali sono da considerarsi di carattere eccezionale. Per il deposito del ricorso - anche incidentale - trova applicazione il termine ordinario di trenta giorni dall'ultima notifica; di conseguenza è inammissibile porre in decisione il ricorso prima dello spirare di detto termine (Cons. St., sez. VI, 16.12.1998, n. 1683, GI, 1999, 849).
Sotto il profilo sostanziale è stato dichiarato improcedibile il ricorso avverso il silenzio-rifiuto, quando l'amministrazione abbia emesso, sia pure in ritardo rispetto al termine assegnatole dalla legge, un provvedimento espresso sull'istanza di accesso (T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 9.9.2004, n. 3881).








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