giovedì 23 marzo 2017

L’esclusione della prevenzione. Disciplina distanze

 L’esclusione della prevenzione.


La facoltà di costruire sul confine secondo gli schemi sopra indicati  può essere esercitata solo nel caso in cui i regolamenti edilizi o le norme di piano o atti negoziali fra gli stessi privati confinanti non impongano l’osservanza di una distanza minima dal confine.

In tema di costruzioni sulla zona di confine, la scelta offerta al preveniente, dal combinato disposto degli artt. 873, 874, 875, 877 c.c., è subordinata alla possibilità, per il vicino, di esercitare, a sua volta, nella prima e nella terza ipotesi, il diritto di costruire in appoggio o in aderenza al  muro del preveniente.
La predetta facoltà deve essere negata al preveniente se, in forza di un divieto di legge - norme del regolamento edilizio - o di particolari vincoli nascenti da negozio privato - servitù - o di situazioni giuridiche - canali di  bonifica, corsi  d'acqua - o dell'appartenenza a terzi di tale zona - o di parte di essa - non sia possibile al vicino spingere il proprio fabbricato sino a quello del preveniente.
In questo caso è il preveniente che deve rispettare il distacco legale dal confine.
Nella specie, si è ritenuto inoperante il principio della prevenzione per  l'esistenza di una servitù di passaggio che veniva esercitata su una  striscia
di terreno contigua al confine e che impediva al prevenuto di avanzare la sua costruzione fino a quella del preveniente, posta a distanza illegale
(Cass. civ., sez. II, 20 aprile 1996, n. 3769, GCM, 1996, 1217).

Nel caso in cui le norme di piano escludano la prevenzione non solo non è consentito al prevenuto di costruire in aderenza, ma anche deve essere esclusa la possibilità che il preveniente possa costruire sul confine, salva l’azione da  parte del confinante di remissione in pristino.

Le disposizioni dei regolamenti comunali edilizi che impongono una distanza minima tra pareti finestrate e pareti degli edifici antistanti, con esclusione della facoltà di costruire in aderenza, rendono inapplicabile il criterio della prevenzione, con conseguente esclusione della possibilità di costruire sul confine, dovendo colui che  costruisce  per primo osservare una distanza minima dal confine del proprio fondo, non inferiore alla metà di quella prescritta
(Cass. civ., sez. II, 1 luglio 1996, n. 5953, GCM, 1996, 929).

In tema di costruzioni sulla zona di confine, la scelta offerta al preveniente dal combinato disposto degli artt. 873, 874, 875, 877 c.c. (costruzione  sul  confine ovvero con distacco legale dal confine o a distanza inferiore al distacco legale) è subordinata  alla possibilità, per il vicino, di esercitare, a sua volta, nella prima e  nella terza  ipotesi,  il  diritto di  costruire  in appoggio o in aderenza al muro  del preveniente con la conseguenza che la predetta facoltà deve essere negata al preveniente se, in forza di un divieto di  legge (norme del  regolamento edilizio) o di particolari vincoli nascenti da negozio privato (es. servitù) o di situazioni giuridiche (canali  di  bonifica, corsi  d'acqua) o dell'appartenenza a terzi di tale  zona (o di parte di essa), non sia possibile al vicino spingere il proprio fabbricato sino a quello del preveniente.
In questo caso, è il  preveniente che deve rispettare il distacco legale dal confine e che si espone al rischio, nel caso di costruzione a distanza inferiore, di essere  costretto dal vicino ad  arretrare  la  sua costruzione  fino a  raggiungere la prescritta distanza  legale dal confine. 
Nella specie, si è ritenuto inoperante il principio della prevenzione  per l'esistenza di una servitù di passaggio che veniva esercitata su  una striscia di terreno contigua al confine e che impediva al prevenuto di  avanzare la sua costruzione fino a quella del preveniente, posta a distanza illegale
(Cass. civ., sez. II, 20 aprile 1996, n. 3769, GCM, 1996, 616).

Secondo la giurisprudenza il principio codicistico della prevenzione si applica anche alle situazioni nelle quali opera la disciplina dell'art. 17, l. 6 agosto 1967, n. 765, la dove la norma fissa la distanza da tenere rapportandola all’altezza dei fabbricati.

La prevenzione, poiché regola la distanza tra fabbricati, sia pure in funzione di quello costruito successivamente - la distanza degli edifici vicini non può essere inferiore all'altezza di ciascun fronte dall'edificio da costruire - è integrativa dell'art. 873 c.c.; e, pertanto, ad eccezione della maggiore entità del distacco, devono ad essa applicarsi le regole ed i principi previsti dal codice civile per la disciplina della distanza fra costruzioni su fondi finitimi, compreso quello della prevenzione, perché non escluso dalla legge speciale
(Cass. civ., sez. II, 27 gennaio 1998, n. 784, GC, 1998, I, 965, nota Mannetta).

La scelta effettuata dal preveniente legittima la sua posizione solo se essa è conforme alle norme di legge e di regolamento sulle distanze.
La prevenzione può essere esercitata solo se viene dato il nulla osta all’esercizio del corrispondente diritto del confinante prevenuto.
Se questo non può esercitare il suo diritto parallelamente di deve escludere l’esercizio della prevenzione da parte del preveniente

In tema di costruzioni sulla zona di confine, la scelta offerta al preveniente dal combinato disposto degli artt. 873, 874, 875, 877 c.c. - costruzione  sul  confine ovvero con distacco legale dal confine o a distanza inferiore al distacco legale - è subordinata alla possibilità,  per il vicino, di esercitare, a sua volta, nella prima e  nella terza  ipotesi,  il  diritto di  costruire  in appoggio o in aderenza  al muro  del preveniente.
La predetta facoltà deve essere negata al preveniente se, in forza di un divieto di  legge - norme del  regolamento edilizio - o di particolari vincoli nascenti da negozio privato – come, ad esempio, l’esistenza di una servitù - o di situazioni giuridiche - come, ad esempio, la presenza di canali  di  bonifica o di corsi  d'acqua - o dell'appartenenza a terzi di tale  zona o di parte di essa, non sia possibile al vicino spingere il proprio fabbricato sino a quello del preveniente.
In questo caso, è il  preveniente che deve rispettare il distacco legale dal confine e che si espone al rischio, nel caso di costruzione a distanza inferiore, di essere  costretto dal vicino ad  arretrare la sua costruzione  fino a  raggiungere la prescritta distanza  legale dal confine. 
Nella specie, si è ritenuto inoperante il principio della prevenzione per l'esistenza di una servitù di passaggio che veniva esercitata su  una striscia di terreno contigua al confine e che impediva al prevenuto di avanzare la sua costruzione fino a quella del preveniente, posta a distanza illegale
(Cass. civ., sez. II, 20 aprile 1996, n. 3769, GCM, 1996, 616).

La giurisprudenza si è posta il problema se il prevenuto possa realizzare una propria costruzione illegittima ed evitare la domanda di demolizione del preveniente, proponendo soluzioni che possano sanare la situazione pregressa.
La giurisprudenza appare orientata negativamente sulla possibilità di invocare soluzioni a sanatoria che non rivestano una concreta possibilità di realizzazione tenendo conto anche delle possibilità del preveniente di opporsi all'iniziativa.

In tema di distanze fra le costruzioni il principio che la scelta, in concreto operata dal convenuto di una delle soluzioni costruttive - a distanza legale, in aderenza o in appoggio - consentitegli può essere successivamente mutata qualora la situazione lo consenta, opera incondizionatamente soltanto allorché la soluzione originariamente adottata sia legittima.
Il principio non è invocabile quando la scelta originaria sia in contrasto con la legge, ed il preveniente, titolare di un diritto soggettivo al rispetto delle norme sulle distanze fra le costruzioni, agisca in giudizio per l'eliminazione della situazione illegittima.
In tal caso, se al convenuto è consentito di contrastare la domanda dell'attore medesimo mediante la deduzione, in via di eccezione riconvenzionale, della sua intenzione di modificare la costruzione - già effettuata in violazione di legge - in maniera da realizzare una delle soluzioni consentitegli nell'ambito del meccanismo della prevenzione, tale deduzione non è da sola sufficiente a paralizzare la domanda di demolizione, essendo altresì necessario accertare sia la serietà che la concreta realizzabilità del proposito del prevenuto di attuare una soluzione costruttiva diversa da quella originariamente scelta.
Al qual fine deve tenersi conto degli strumenti vigenti all'epoca in cui dovesse eliminarsi l'illegittima intercapedine.

(Cass. civ., sez. II, 24 giugno 1996, n. 5825, GCM, 1996, 913).

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