Renzi Matteo. Congresso previsioni
Il congresso del Pd comincia con Matteo Renzi che al
Lingotto di Torino parla: “Siamo eredi della migliore tradizione, non reduci, ripartiamo
dai luoghi che hanno segnato la nostra storia”. L’ex segretario e candidato
prende la scena, leopoldizza un po’ il congresso, dunque fa gli auguri agli
avversari candidati alla segreteria – “un caloroso in bocca al lupo a Michele
Emiliano e Andrea Orlando” – auguri che a tutti suonano come sinceri anche
perché abbastanza facili, visto che secondo quei sondaggi riservati che lui ha
già compulsato sarà lui a vincere, e non di poco: Renzi 67 per cento, 20
Emiliano, 15 Orlando.
La nuova versione renziana non sembra ancora trovare il suo
format. Abbandonata (inevitabilmente) la parola “rottamazione”, proprio lui sembra
infatti non aver ancora scoperto gli ingredienti di una nuova sceneggiatura.
Dunque, nel suo discorso, Renzi dà una botta agli
“speculatori politici della paura”, Grillo, Salvini e Le Pen, dà una botta, ma
senza insistere troppo, alla sinistra “rancorosa” e scissionista, dà una botta
ai tecnici.
Renzi alterna una visione da “società aperta”, globalista e
antisovranista, a critiche anche puntute ai meccanismi europei. Dosa
considerazioni di buon senso sul reddito d’inclusione, e spruzza tutto, qui e
lì, con parole chiave, quasi degli hashtag che ritornano, che ricorrono più
volte nel corso dell’intervento, ma che pure non bastano a dare un sapore
definito a questo lungo discorso d’esordio e di programma: “cultura” e poi “comunità”,
“popolo” e anche “partito”. “D’ora in poi ci sarà maggiore collegialità”, dice
infatti a un certo punto Renzi.
C’è di tutto un po’ in questo nuovo Renzi che lancia anche
una piattaforma digitale, in concorrenza con la Casaleggio Associati. Si
chiamerà Bob, come Bob Kennedy. Chi vorrà avrà la sua password con il suo pin.
E’ la piattaforma che si collega con le feste dell’Unità.
Non lasceremo la straordinaria invenzione del web nelle mani di chi fa business
e soldi con gli ideali degli altri”.
Quanto al governo, solo messaggi distensivi, in linea con
l’impressione ormai diffusa che la legislatura sia destinata ad arrivare al
2018, alla sua scadenza fisiologica. “Noi siamo qui per far ripartire l’azione
del governo. Siamo convintamente al fianco di Gentiloni”.
Ma la sola idea che il prossimo candidato premier non sia
lui, non sia Renzi, l’ex segretario – e quasi certamente futuro segretario – la
respinge: “L’identificazione tra segretario e candidato premier non è una
questione di statuto o di ambizione, ma è una consuetudine europea”.ilfoglio.it/politica/2017/03/10/
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