sabato 4 marzo 2017

tutela cautelare nell’ambito del ricorso per l’accesso agli atti amministrativi.

1           La tutela cautelare.


La dottrina riconosce in via di principio la possibilità della tutela cautelare nell’ambito del ricorso per l’accesso agli atti amministrativi.
Tale impostazione nella pratica trova scarso consenso poiché la procedura ex art. 25, l. 241/1990, è scandita da termini ridotti.
Essi difficilmente consentono la creazione di presupposti per una tutela cautelare che, presupponendo il pericolo del danno grave ed irreparabile, si configura di difficile attuazione.
Si tratta, infatti, di imporre il diritto di accesso con una misura acceleratoria da valutarsi caso per caso dal giudice amministrativo.
Per la dottrina la comparazione degli interessi, alla luce della irreparabilità del pregiudizio subito da chi ha interesse contrario all'accesso e della tendenziale possibilità di successiva soddisfazione della pretesa all’ostensione, dovrebbe limitare a casi marginali, caratterizzati da profili particolarmente eclatanti di giudizio, l’accoglimento dell’istanza cautelare avverso un diniego di accesso (Sempreviva M.T., L’accesso ai documenti amministrativi, in Caringella F. (a cura di) Corso di diritto amministrativo,   2004, 1955).
La giurisprudenza nega l’ammissibilità di domande cautelari nel rito ex art. 25, l. 241/1990, ritenendo inammissibile il ricorso cautelare urgente a protezione del diritto di accesso ai documenti amministrativi la cui tutela è rimessa alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (Trib. Brindisi, 22.12.2000).






2           La sentenza di condanna.



La violazione del diritto all’accesso comporta la condanna dell’amministrazione all’esibizione dei documenti. Secondo la giurisprudenza l'azione per il giudizio di cui all'art. 25, 5° co. della l. 241/1990 è costruita non come demolitoria di atti amministrativi, bensì come accertamento del diritto fatto valere dal privato e come condanna dell'amministrazione. L'azione proposta in sede di giudizio amministrativo a tutela del diritto di accesso ai documenti è intesa non già alla demolizione di atti amministrativi, bensì all'accertamento del diritto fatto valere e alla condanna dell'Amministrazione ad esibire i documenti richiesti; pertanto, qualora i terzi sul cui diritto alla riservatezza la domanda incide sono contraddittori necessari, la mancata notifica agli stessi del ricorso determina non già l'inammissibilità del gravame (proprio per la qualificazione dell'accesso come autonomo diritto soggettivo), bensì la sola necessità di integrazione del contraddittorio (T.A.R. Lazio, sez. II, 13.10.1999, n. 1904).
La condanna dell’amministrazione all’esibizione dei documenti è vista dalla dottrina come eccezione al principio generale che vieta di imporre un facere alle pubbliche amministrazioni (Parisio V., I silenzi della pubblica amministrazione 1996, 119).
Non si concorda con tale impostazione, ma, conformemente alla giurisprudenza, si ritiene che il diritto di accesso si configuri come giudizio di accertamento sulla sussistenza, in capo al richiedente, del diritto all'informazione (Cons. St., sez. IV, 11.6.1997, n. 643).
L’amministrazione, inoltre, deve essere condannata al pagamento delle spese del relativo giudizio.
La giurisprudenza ha precisato che, in base al principio della soccombenza virtuale, deve essere condannata alle spese di giudizio l'amministrazione che, soltanto successivamente alla notifica e al deposito del ricorso avverso il silenzio serbato sull'istanza di accesso, ex art. 25, l. 7 agosto 1990 n. 241, abbia comunicato l'accoglimento dell'istanza determinando l'estinzione del giudizio per sopravvenuta carenza di interesse. (T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 24.5.2007, n. 388 ).





3           Il risarcimento del danno.



L’art. 30,  d.lgs. 104/2004,   afferma che può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto di natura patrimoniale derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria.
La dottrina non ritiene ammissibile la domanda di risarcimento nel caso di negato accesso al procedimento amministrativo se tale domanda è posta col rito accelerato anziché con quello ordinario. (Caringella F.,
Corso di diritto processuale amministrativo, 2005, 919).
Per la giurisprudenza il rito delineato nella disposizione citata, infatti, consente soltanto la tutela giurisdizionale del diritto di accesso alla documentazione amministrativa, non ammettendo la introduzione di domande diverse da quelle dirette all'accesso stesso. In ogni caso, va osservato che, al limite, connessa e consequenziale alla richiesta di accesso potrebbe ritenersi soltanto la domanda per risarcimento dei danni derivanti dalla mancata (o tempestiva) ostensione, mentre esulerebbe in ogni caso la domanda di risarcimento dei danni derivanti quale conseguenza degli effetti (non già del negato o ritardato accesso, ma) degli atti dei quali si chiede l'accesso, ritenuti illeciti e/o illegittimi, in quanto violativi del diritto alla riservatezza e alla segretezza professionale.( Cons. Stato, sez. IV 10.8.2004 n. 5514).



4           L’appello al Consiglio di Stato.


La decisione del giudice amministrativo è appellabile entro trenta giorni dalla notifica al Consiglio di Stato da parte di tutte le sole parti necessarie anche non costituite.
Il Consiglio può confermare la decisione impugnata ovvero annullarla senza rinvio o annullarla rinviando la controversia al T.A.R, ex art. 105, d. lgs. 104/2010.
Il giudice d'appello, rilevata l'incompletezza del contraddittorio in primo grado, configurandosi una ipotesi di litisconsorzio necessario, deve annullare la decisione con rinvio degli atti al primo giudice ex art. 354, c.p.c. (Cons. St., sez. IV, 11.6.1997, n. 643).
Sono previsti tempi strettissimi per l’appello che deve essere proposto entro trenta giorni dalla notifica formale della sentenza. Si applicano infatti, i termini previsti per il giudizio di primo grado, ex art. 116, 5° co., d.lgs., 104/2010.
La giurisprudenza ha precisato che i termini per la proposizione dell'appello contro le sentenze rese dal T.A.R. in materia di diritto di accesso sono stabiliti in trenta giorni, decorrenti dalla notifica, dall'art. 25, 5° co., l. 7.8.1990, n. 241.
E’ irricevibile l'appello notificato il sessantesimo giorno dalla notifica all'amministrazione della sentenza di prime cure  (Cons. St., sez. IV, 10.2.2000, n. 709).
La mancata notifica della sentenza non comporta la riduzione del termine annuale di decadenza a partire dalla produzione dell’atto di appello (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. consult., 3.6.1999, n. 247, in Cons. St., 1999, I, 1033).
Subisce riduzione il termini per il deposito dell’atto di appello applicandosi il rito camerale, ex art. 87, d.lgs. 104/2010.


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