giovedì 15 giugno 2017

Foglio matricolare.La "Sforzesca”

La "Sforzesca”.


La "Sforzesca" era classificata come divisione di fanteria di montagna e come tale destinata all'impiego nei  settori alpini. In realtà la dotazione di armi e mezzi era di poco differente da quella di una normale divisione di fanteria di linea ed i fanti ne pagarono le conseguenze in tutte le fasi del combattimento in cui vennero impiegati sia all’attacco sia in ritirata.
Inviata in Russia nel luglio 1942, la "Sforzesca" venne subito impiegata sul fronte del medio Don, sostituendo la divisione "Torino" appartenente al XXXV Corpo d'Armata (ex CSIR). A comandare la ottava armata italiana il Russia ARMIR  era stato designato il generale Gariboldi.
Arrivare in zona di guerra a Giani aveva fatto una strana impressione,  perché non andava a difendere la patria in pericolo, ma ad aggredire un nemico pacifico.
I russi erano contadini e gente del popolo come lui.
L’armata di Gariboldi aveva agito in pianura.
La sua insufficienza di automezzi la condannava ad una staticità che sarebbe stata componente essenziale della tragedia finale.
Giani faceva parte di quella fortunata squadra dotata di mezzi da trasporto che avrebbe avuto più possibilità di cavarsela se i Russi avessero contrattaccato in forze.
Qualcuno come il generale Cavallero, eterno ottimista, sosteneva di avere risolto i problemi della motorizzazione non dando camion alla truppa, ma portando la tappa quotidiana della fanteria da 18 a 40 chilometri.
Davvero un vero dirigente che sapeva risolvere i problemi seguendo acriticamente le direttive di chi comandava veramente: un perfetto carrierista.
Chi aveva una visione realistica della situazione era stato messo a tacere.
Il generale Messe, che aveva accumulato un esperienza preziosa sulle difficoltà e sulle esigenze della guerra, aveva capito presto che i soldati italiani venivano mandati allo sbaraglio senza un equipaggiamento ed un armamento che dessero un minimo di garanzia.
Messe aveva confidato queste sue perplessità a Mussolini, ma il Duce aveva  confermato che l’Italia non doveva figurare da meno di altri alleati e doveva trovarsi a fianco della Germania su quel fronte, così come la Germania affermava la sua cooperazione con l’esercito italiano in Africa
In tal modo l’Italia avrebbe tratto vantaggi e benefici maggiori  dalla presenza di un corpo d’armata piuttosto che di una sola armata.
Di queste strategie a Giani e alla maggior parte della truppa non interessava molto.
“Quando se torna a casa”.  I fanti chiedevano ai loro sottufficiali che erano lì con loro a combattere in prima linea e che erano gli unici che avrebbero fatto il possibile per riportarli indietro, anche a costo della vita, a differenza di quelli dello stato maggiore.
La ragion di Stato, o meglio le pericolose motivazioni del dittatore avevano  avuto il sopravvento poiché nessuno, salvo rare eccezioni, voleva contrariare il Duce ed esprimere un parere diverso dal suo.
L’ARMIR aveva preso posizione sulla sponda destra del Don.
L’armata doveva lanciarsi alla conquista di Stalingrado, ma a questo compito erano state destinate la 6 e la 4 armata tedesca. I tedeschi non volevano dividere l’onore e i privilegi della vittoria, ritenuta in un primo momento molto facile, con nessuno.
Gariboldi doveva limitarsi  a presidiare il settore del nord in vista di future minacce.
Il generale aveva protestato.
Lui aveva capito perfettamente la situazione, aveva, infatti, pensato: “Se l’attacco sovietico non verrà saremo inutili e se verrà saremo troppo deboli”. (Indro Montanelli, Storie d’Italia, Vol  8, 2003, 477).
Nell’agosto dello stesso anno, i fanti della "Sforzesca" ed i resti della 3ª divisione "Celere" avevano ingaggiato durissimi combattimenti con le forze russe.
Il 20 agosto 1942 era incominciata la prima battaglia difensiva del Don e il 79° Btg. CC.NN. era stato impegnato a contenere al fianco della 2ª Divisione fanteria "Sforzesca" gli attacchi sovietici.
Il 21 agosto all'alba un nuovo attacco aveva determinato il cedimento della "Sforzesca" che aveva abbandonato le posizioni e a Margini, comandante del 79°, era stato dato l'ordine di occupare il più rapidamente possibile le posizioni abbandonate non ancora prese dal nemico per costituire dei capisaldi.
Le posizioni abbandonate dalla Sforzesca erano state rilevate dal 79º Battaglione M del seniore Silvio Margini che ne aveva protetto la ritirata.
Per fortuna che Margini aveva fatto fino in fondo il suo dovere!

Era un battaglione di camicie nere più addestrato, più equipaggiato e più motorizzato della fanteria di montagna che aveva dato il suo contributo di sangue per salvare la vita dei fanti della Sforzesca troppo poco mobili per sfuggire agli attacchi dei russi.

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