venerdì 16 giugno 2017

Procedimento amministrativo. La revoca del provvedimento:

Procedimento amministrativo. La revoca del provvedimento:
Con la  Legge 11 novembre 2014, n. 164, (c.d. “Decreto Sblocca Italia”), il Legislatore ha introdotto delle rilevanti novità nella disciplina del procedimento amministrativo.
1. La revoca del provvedimento: il nuovo art. 21-quinquies.
L’art. 25, comma 1, lett. b-ter), del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 (c.d. “Decreto Sblocca Italia), convertito con modificazioni in legge 11 novembre 2014, n. 164, reca due importanti novità nella disciplina della revoca del provvedimento amministrativo, di cui all’art. 21-quinquies della L. n. 241/1990.
Le due annunciate novità ineriscono in particolare ai presupposti per l’esercizio del potere di revoca. 
Invero, la revocabilità del provvedimento amministrativo ad efficacia durevole era prima ammessa in questi tre casi:
per sopravvenuti motivi di pubblico interesse;
nel caso di mutamento della situazione di fatto;
nel caso di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.
Adesso, invece, la revoca è ammessa:
per sopravvenuti motivi di pubblico interesse;
nel caso di mutamento  della  situazione  di  fatto  non  prevedibile  al momento  dell'adozione  del  provvedimento;
di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario,  salvo   che   per   i provvedimenti  di  autorizzazione  o  di  attribuzione  di   vantaggi economici.
In altri termini, se è rimasto inalterato il potere di revoca per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, è stato profondamente modificata la disciplina della revoca per mutamento della situazione di fatto o per la nuova valutazione dell'interesse pubblico originario.
Ciò produce delle immediate ricadute pure sulla motivazione del provvedimento di revoca, posto che è proprio la suddetta motivazione che consente al giudice amministrativo di monitorare la legittimità dell’operato dell’Amministrazione. Merita al riguardo sottolineare che, secondo la giurisprudenza, “in una gara d’appalto la stazione appaltante può disporre, nell’esercizio del potere di autotutela, la revoca della procedura di gara, ma è tenuta a darne adeguata motivazione mediante esplicitazione dell’interesse pubblico, concreto e attuale, che giustifica il ritiro stesso. A tal fine, l’amministrazione deve porre a raffronto l’interesse pubblico che sarebbe stato perseguito attraverso la conclusione dell’originaria procedura e quello che si pone come realizzabile con la nuova procedura” (cfr. Tar Lazio, Roma, sez. I-bis, 23 ottobre 2006, n. 10900, che ha nella specie ritenuto illegittima la revoca della procedura di gara relativa ad un appalto di fornitura, disposta dalla stazione appaltante a seguito di valutazioni di merito in ordine all’opportunità di ricorrere a procedure diverse da quella a trattativa privata, indicata nel bando, e giustificata con il mero riferimento ad “osservazioni pervenute da altre imprese, riguardanti gli interventi che avrebbero potuto essere effettuati anche da ditte diverse dal costruttore”: secondo il Tar, infatti, tale richiamo, in assenza di ulteriori precisazioni, non vale ad assolvere il predetto obbligo motivazionale). Conformemente, è stato affermato che, “in caso di revoca di una gara d'appalto, occorre una puntuale ed accurata motivazione sulla sopravvenuta diversa valutazione dell'interesse pubblico che ne aveva consigliato l'indizione, in particolare ove sia intervenuta la stipula del contratto di appalto” (Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, 25 agosto 2011, n. 1168).
Tanto premesso in linea generale, e prima di verificare l’impatto che le novità normative sono destinate a sortire sull’attuale assetto interpretativo, è opportuno analizzare i caratteri generali dell’istituto contemplato dall’art. 21-quinquies della L. n. 241/1990.


2. I caratteri generali del potere di revoca.
I caratteri peculiari dell’istituto della revoca del provvedimento amministrativo sono sostanzialmente cinque:
la revoca prescinde dall’esistenza di vizi di legittimità, potendo essere disposta in presenza dei tre presupposti individuati nel paragrafo che precede, per come modificati dalla L. n. 16/2014. Come si è già detto, ciò influisce sulla motivazione del provvedimento assunto dalla p.a., che deve essere proiettata verso la valorizzazione del sopravvenuto interesse pubblico ovvero del mutamento della situazione di fatto o della nuova valutazione dell’interesse pubblico originario;
oltre al rispetto dell’obbligo motivazionale, l’adozione del provvedimento di revoca è soggetta al rispetto di tutte le regole sul procedimento amministrativo: fra queste, e in considerazione della forte incidenza che produce la revoca sulle posizioni giuridiche soggettive, riveste grande importanza l’ottemperanza dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del relativo procedimento (cfr. Tar Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 18 maggio 2011, n. 435, secondo cui “il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione (e, a maggior ragione, quello di revoca dell’intera gara) richiede l'avviso di avvio del procedimento, nel caso in cui risultanze della procedura siano state approvate e la relazione fra le parti sia entrata già nella fase paritetica dell'esecuzione delle prestazioni, senza che, in tal caso, sia neppure applicabile il disposto dell’art. 21-octies l. n. 241/1990”); 
la revoca produce effetti ex nunc, salvaguardando quelli medio tempore prodotti dal provvedimento revocato;
l’adozione di questo atto di ritiro fa sorgere un obbligo di indennizzo in capo alla p.a., che non esclude la possibilità di una richiesta risarcitoria in caso di revoca illegittima: in ogni caso, la domanda di indennizzo presuppone l'avvenuto riconoscimento (da parte del ricorrente) della legittimità del provvedimento di revoca, dal quale scaturisce comunque un'obbligazione indennitaria da atto lecito a carico dell'Amministrazione, senza che a tal fine occorra la dimostrazione della sua colpevolezza (cfr. Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, 25 agosto 2011, n. 1168; Tar Basilicata, Potenza, sez. I, 14 gennaio 2011, n. 36). Infatti, l'indennizzo di cui all'art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 delinea una fattispecie riconducibile al modello dogmatico della responsabilità da atto lecito dannoso in cui l'atto di revoca rileva di per sé, prescindendo dall'elemento soggettivo della colpa, quale fattore cui conseguono risvolti patrimoniali a carico dell'amministrazione in relazione agli eventuali pregiudizi che dovessero verificarsi a carico degli amministrati (cfr. Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, 12 gennaio 2011 , n. 47);
sulle controversie in materia di determinazione e corresponsione dell'indennizzo da revoca, decide il giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva: questa regola sulla giurisdizione, originariamente contenuta nell’art. 21-quinquies, comma 1, ultimo alinea, della L. n. 241/1990, è adesso opportunamente contemplata nella disciplina del processo amministrativo, ex art. 133, comma 1, lett. a), num. 4, del c.p.a.
In considerazione di tanto, è facile asserire che gli elementi di diversità che caratterizzano la disciplina della revoca  da quella dell’annullamento d’ufficio sono sostanzialmente tre: 
in primo luogo, il diverso motivo che induce l’amministrazione ad adottare l’atto di ritiro; 
in secondo luogo, le conseguenze patrimoniali che derivano dall’atto di ritiro: mentre l’atto revocato, essendo originariamente legittimo, fa sorgere in capo alla P.A. l’obbligo di indennizzare il privato, viceversa l’annullamento d’ufficio di un atto illegittimo fa sorgere in capo al privato il diritto al risarcimento del danno;
in terzo luogo, il ruolo attribuito all’“affidamento” vantato dal privato: nella disciplina dettata dall’art. 21-nonies, l’affidamento rappresenta un limite al potere di annullamento (Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 2006, n. 564); viceversa, nella disciplina contenuta nell’art. 21-quinquies l’affidamento costituisce il parametro di valutazione dell’indennizzo da corrispondere a favore del privato (Tar Lazio, Roma, sez. III, 10 gennaio 2007, n. 76).


3. I criteri per la quantificazione dell’indennizzo in caso di revoca del provvedimento.
Posto che l’indennizzo è diretto a ristorare un pregiudizio che il privato subisce a causa di un affidamento “tradito”, è evidente che l’indennizzo stesso debba mutare al variare della consistenza dell’affidamento in questione. La conoscibilità (o addirittura la conoscenza) della contrarietà dell’atto all’interesse pubblico certamente ridimensiona l’affidamento del privato e, quindi, giustifica la decurtazione dell’indennizzo.
Tuttavia, sul piano applicativo competerà alla P.A. dimostrare che il privato conosceva (o poteva conoscere) la contrarietà dell’atto all’interesse pubblico: è questo il profilo maggiormente problematico della nuova disciplina, dato che il privato non può conoscere il vizio di merito (tradizionalmente insindacabile sia da parte dei soggetti estranei all’amministrazione, sia dal G.A.) che affligge l’atto revocato, non avendo egli le capacità e le competenze per valutare la conformità all’interesse pubblico della scelta amministrativa.
In merito all’argomento adesso trattato, in sede interpretativa si è discusso sulla riconoscibilità in capo al privato, nel caso di revoca di una gara che viola delle  norme imperative, del diritto ad ottenere il risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale.
Sul punto, con sentenza Cons. Stato, sez. VI, 3 febbraio 2011, n. 780, il Consiglio di Stato ha offerto una risposta negativa, fondando il proprio convincimento sui seguenti rilievi:
l’Amministrazione pubblica, quando abbia posto in essere trattative per addivenire alla stipula di un contratto da concludere a seguito di un procedimento ad evidenza pubblica, può senz’altro recedere dalle trattative senza incorrere in alcuna responsabilità, non potendosi in tal caso ravvisare un “ragionevole affidamento”, giuridicamente tutelato, alla relativa stipula;

secondo un principio generale, l’Amministrazione deve sempre evitare di concludere un contratto contrastante con norme imperative: in particolare essa deve interrompere la trattativa privata avviata quando sia prescritta la gara ad evidenza pubblica; annullare gli atti della gara ad evidenza pubblica, se il previsto contratto di per sé risulta in contrasto con una norma imperativa. www.iusexplorer.it

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