sabato 2 dicembre 2017

Giorgio Gori candidato Presidente Regione Lombardia

Era il 24 marzo 2014 quando l’allora candidato del centrosinistra alle Comunali di Bergamo incassò il sostegno dei «Popolari per l’Italia», movimento fondato da una vecchia conoscenza del mondo ciellino, quel Mario Mauro che da marzo 2017 è tornato a militare in Forza Italia. Quella presa di posizione in favore di Gori fu firmata anche da Pietro Sbaraini, allora coordinatore regionale dei «Popolari per l’Italia», che qualche mese più tardi, alle Europee del 2014, si candidò nelle fila di Ncd, allora ancora forte della presenza di un altro ciellino doc quale Maurizio Lupi e guidato da quell’Angelino Alfano da sempre inviso a certa sinistra-sinistra, a partire dai pisapiani oggi ritrovatisi in Campo Progressista. Tra parentesi: alle Comunali del 2016, l’emanazione milanese dei Popolari, vale a dire «Milano Popolare», sostenne Stefano Parisi non Sala. Non solo Comunione e Liberazione, però. A sostenere la corsa di Gori a sindaco ci fu pure un altro esponente mica male dei cosiddetti poteri forti: «Il movimento – si legge – ha individuato in Giorgio Gori un candidato sindaco moderato, grazie anche al forte, presente e discreto impegno dell’onorevole Gregorio Gitti», poi confluito, almeno lui, nel Pd.

Gitti è marito di Francesca Bazoli, figlia del banchiere Giovanni Bazoli. Non è di osservanza ciellina, ma è l’uomo che ha supervisionato la nascita per fusione di una grande banca a trazione bergamasca: Ubi Banca. Dati di fatto che semplicemente descrivono quale sia la sensibilità di Gori per le alleanze e, soprattutto, fanno capire come la corsa ai voti del mondo ciellino, anche attraverso l’elogio di una parte di formigonismo, non sia per il candidato del centrosinistra una strategia contingente, dettata dalle insidie di queste Regionali, ma qualcosa di già esperito. 

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