Corte di Cassazione, sezione V Penale
Sentenza 3 marzo – 7 maggio 2015, n. 19055
Il Tribunale di Chieti, con sentenza confermata dalla Corte di appello di L’Aquila in data 20/1/2014, all’esito di giudizio abbreviato, ha condannato C.L. per aver partecipato ad una rissa, in cui riportava lesioni lo stesso C..
Secondo la ricostruzione operata dalla Corte d’appello, il C. ebbe, in un primo momento, un alterco col coimputato M., dal quale era stato colpito al volto; successivamente, ingaggiò una colluttazione, con reciproca volontà offensiva, con alcuni giovani intervenuti in difesa del M..
Sentenza 3 marzo – 7 maggio 2015, n. 19055
Il Tribunale di Chieti, con sentenza confermata dalla Corte di appello di L’Aquila in data 20/1/2014, all’esito di giudizio abbreviato, ha condannato C.L. per aver partecipato ad una rissa, in cui riportava lesioni lo stesso C..
Secondo la ricostruzione operata dalla Corte d’appello, il C. ebbe, in un primo momento, un alterco col coimputato M., dal quale era stato colpito al volto; successivamente, ingaggiò una colluttazione, con reciproca volontà offensiva, con alcuni giovani intervenuti in difesa del M..
2. Contro la sentenza suddetta ha proposto
personalmente ricorso per Cassazione l’imputato lamentando una illogicità della
motivazione. Deduce che la Corte territoriale ha posto a base della decisione
una ricostruzione congetturale e “verosimile” dei fatti, senza tenere conto
delle precise indicazioni provenienti dal teste oculare G., il quale avrebbe
invece ricostruito diversamente l’episodio (nel senso che C. fu aggredito dagli
amici di M.).
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato. I giudici di merito hanno
ricostruito la vicenda – sostanzialmente – in base alle dichiarazioni dei teste
G., che era in compagnia del C., logicamente interpretandole. Per tale via è
stato accertato che C., irritato per la sparizione dei suo casco da
motociclista, si rivolse ad un gruppo di giovani, di cui faceva parte M., evidentemente
sospettando che tra essi vi fosse il ladro dei casco. Ne nacque un alterco con
M., che degenerò in lite con la partecipazione iniziale dei due, a cui si
associarono ben presto gli amici di M.. Fin dall’inizio l’imputato non assunse
affatto un atteggiamento di difesa, ma, dopo essere stato colpito
dall’interlocutore, atterrò, con un pugno ben assestato, il M., suscitando la
reazione dei presenti, che apprezzarono l’energia fisica mostrata dall’imputato
(“bravo, hai un bel destro”), salvo avventarsi immediatamente su di lui. In
tale atteggiamento è da ravvisare il concorso in rissa, perché, per la
configurazione del reato, è necessario e sufficiente che, nella violenta
contesa, vi siano gruppi contrapposti, con volontà vicendevole di attentare
all’altrui incolumità personale (Cass., n. 24630 dei 15/5/2012) e, come è stato
correttamente rilevato dal giudicante, una delle parti in contesa può essere
rappresentata da una sola persona, purché si raggiunga o si superi il numero
complessivo di tre persone. Né assume rilievo il fatto che M. si sia
allontanato dopo la prima fase, perché accompagnato da un amico presso una
fontana, giacché il reato di rissa è configurabile anche nel caso in cuì i
partecipanti non siano stati coinvolti tutti contemporaneamente nella
colluttazione e l’azione si sia sviluppata in varie fasi e si sia frazionata in
distinti episodi, tra i quali non vi sia stata alcuna apprezzabile soluzione
di’ continuità, essendosi tutti seguiti in rapida successione, in modo da
saldarsi in un’unica sequenza di eventi (Cass., n. 7013 del 3/11/2010). Nessuna
ricostruzione congetturale dell’episodio è pertanto avvenuta, essendosi i
giudici strettamente attenuti al risultato della prova testimoniale,
logicamente e congruamente interpretata, ed avendo fatto corretta applicazione
dei principi giuridici che regolano la materia.
Ne consegue che il ricorso va rigettato con condanna
dei ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali
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