Capitolo 5
LA DENUNCIA DI MORTE.
1. I soggetti obbligati.
La denuncia di morte è fatta non oltre le ventiquattro ore dal decesso all’ufficiale dello Stato Civile del luogo dove questa è avvenuta o, nel caso in cui tale luogo si ignori, del luogo dove il cadavere è stato deposto.
La denuncia deve essere redatta: da uno dei congiunti o da persona convivente col defunto o da un loro delegato o, in mancanza, da persona informata del decesso, se la morte avviene nell'abitazione del defunto; da persona informata, se la morte avviene fuori dell'abitazione del defunto; dal direttore o dal delegato dell'amministrazione, se la morte avviene in ospedale, collegio, istituto o stabilimento qualsiasi.
L'obbligo della denuncia sussiste anche per i nati morti.
All'atto della denuncia dovranno essere fornite all'Ufficiale dello Stato Civile tutte le indicazioni stabilite dall'art. 73 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.
Il denunziante la morte di una persona deve enunciare il luogo, il giorno e l'ora della morte, il nome e il cognome, il luogo e la data di nascita, la residenza e la cittadinanza del defunto, il nome e il cognome del coniuge, se il defunto era coniugato, vedovo o divorziato; il nome e il cognome, il luogo e la data di nascita e la residenza del dichiarante.
Se taluna delle anzidette indicazioni non è nota, ma il cadavere è stato tuttavia riconosciuto, l'ufficiale dello stato civile fa di ciò espressa menzione nell'atto.
In qualunque caso di morte violenta o avvenuta in un istituto di prevenzione o di pena non si fa menzione nell'atto di tali circostanze, ex art. 73 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.
In qualunque caso di morte violenta o avvenuta in un istituto di prevenzione o di pena non si fa menzione nell'atto di tali circostanze, ex art. 73 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.
I medici, a norma dell'art. 103, sub a ), del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, devono per ogni caso di morte di persona da loro assistita denunciare al Sindaco la malattia che, a loro giudizio, ne sarebbe stata la causa.
Spetta al Comune fare le opportune denunce all’autorità sanitaria nel caso in cui la morte sia avvenuta per malattia.
Nel caso di morte per malattia infettiva compresa nell'apposito elenco pubblicato dal Ministero della sanità, il Comune deve darne informazione immediatamente alla Azienda sanitaria locale dove è avvenuto il decesso.
Nel caso di morte di persona cui siano somministrati nuclidi radioattivi la denuncia della causa di morte deve contenere le indicazioni previste dall'art. 100 del D.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185.
Nel caso di decesso senza assistenza medica la denuncia della presunta causa di morte è fatta dal medico necroscopo.
Nel caso di morte per malattia infettiva compresa nell'apposito elenco pubblicato dal Ministero della sanità, il Comune deve darne informazione immediatamente alla Azienda sanitaria locale dove è avvenuto il decesso.
Nel caso di morte di persona cui siano somministrati nuclidi radioattivi la denuncia della causa di morte deve contenere le indicazioni previste dall'art. 100 del D.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185.
Nel caso di decesso senza assistenza medica la denuncia della presunta causa di morte è fatta dal medico necroscopo.
Il medico necroscopo ha il compito di accertare la morte, redigendo l'apposito certificato.
L'obbligo della denuncia della causa di morte è fatto anche ai medici incaricati di eseguire autopsie disposte dall'autorità giudiziaria o per riscontro diagnostico.
La denuncia della causa di morte deve essere fatta entro 24 ore dall'accertamento del decesso, su apposita scheda di morte stabilita dal Ministero della sanità, d'intesa con l'Istituto nazionale di statistica.
La denuncia della causa di morte deve essere fatta entro 24 ore dall'accertamento del decesso, su apposita scheda di morte stabilita dal Ministero della sanità, d'intesa con l'Istituto nazionale di statistica.
Le schede di morte hanno esclusivamente finalità sanitarie, epidemiologiche e statistiche.
Copia della scheda di morte deve essere inviata, entro trenta giorni, dal comune ove è avvenuto il decesso alla Azienda sanitaria locale nel cui territorio detto comune è compreso.
Copia della scheda di morte deve essere inviata, entro trenta giorni, dal comune ove è avvenuto il decesso alla Azienda sanitaria locale nel cui territorio detto comune è compreso.
Qualora il deceduto fosse residente nel territorio di una unità sanitaria locale diversa da quella ove è avvenuto il decesso, quest'ultima deve inviare copia della scheda di morte alla Azienda sanitaria locale di residenza.
Ogni Azienda sanitaria locale deve istituire e tenere aggiornato un registro per ogni comune incluso nel suo territorio contenente l'elenco dei deceduti nell'anno e la relativa causa di morte, ex art. 1, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Sono sottoposti al riscontro diagnostico, secondo le norme della L. 15 febbraio 1961, n. 83, i cadaveri delle persone decedute senza assistenza medica, trasportati ad un ospedale o ad un deposito di osservazione o ad un obitorio, nonché i cadaveri delle persone decedute negli ospedali, nelle cliniche universitarie e negli istituti di cura privati quando i rispettivi direttori, primari o medici curanti lo dispongano per il controllo della diagnosi o per il chiarimento di quesiti clinico-scientifici.
Il coordinatore sanitario può disporre il riscontro diagnostico anche sui cadaveri delle persone decedute al proprio domicilio quando la morte sia dovuta a malattia infettiva e diffusiva o sospetta di esserlo, o a richiesta del medico curante quando sussista il dubbio sulle cause di morte.
Il riscontro diagnostico è eseguito, alla presenza del primario o medico curante, ove questi lo ritenga necessario, nelle cliniche universitarie o negli ospedali dall'anatomopatologo universitario od ospedaliero ovvero da altro sanitario competente incaricato del servizio i quali devono evitare mutilazioni e dissezioni non necessarie a raggiungere l'accertamento della causa di morte.
Eseguito il riscontro diagnostico, il cadavere deve essere ricomposto colla migliore cura.
Le spese per il riscontro diagnostico sono a carico dell'ente che lo ha richiesto, ex art. 37, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Il coordinatore sanitario può disporre il riscontro diagnostico anche sui cadaveri delle persone decedute al proprio domicilio quando la morte sia dovuta a malattia infettiva e diffusiva o sospetta di esserlo, o a richiesta del medico curante quando sussista il dubbio sulle cause di morte.
Il riscontro diagnostico è eseguito, alla presenza del primario o medico curante, ove questi lo ritenga necessario, nelle cliniche universitarie o negli ospedali dall'anatomopatologo universitario od ospedaliero ovvero da altro sanitario competente incaricato del servizio i quali devono evitare mutilazioni e dissezioni non necessarie a raggiungere l'accertamento della causa di morte.
Eseguito il riscontro diagnostico, il cadavere deve essere ricomposto colla migliore cura.
Le spese per il riscontro diagnostico sono a carico dell'ente che lo ha richiesto, ex art. 37, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
La giurisprudenza ha ritenuto legittimo il riscontro diagnostico a mezzo di autopsia disposto autonomamente dall'autorità sanitaria, con salvezza dei poteri dell'autorità giudiziaria, tutte le volte in cui la morte sopraggiunga in soggetti che, ancorché non si trovino ancora materialmente inseriti nella struttura ospedaliera, risultino, comunque, ad essa già affidati, perché ne ricevono di fatto l'assistenza che è loro prestata dai presidi sanitari agenti all'esterno sul territorio.
Nel caso in cui il decesso avvenga durante il trasferimento dell’ammalato in ospedale è del tutto coerente e legittima la interpretazione dell'art. 37, primo comma, del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, nel senso che, agli effetti previsti dalla norma circa l'ammissibilità del riscontro diagnostico disposto dall'autorità sanitaria, il decesso debba essere considerato come avvenuto in ospedale.
Se lo scopo della norma, infatti, è quello, espressamente previsto, di consentire con l'autopsia il "controllo della diagnosi o il chiarimento di quesiti clinico-scientifici" nel caso di persone decedute negli ospedali, nelle cliniche universitarie e negli istituti di cura privati, corrisponde indubbiamente alla ratio della disposizione in oggetto ritenere che il riscontro diagnostico è ammesso tutte le volte che la morte riguardi soggetti che, ancorché ancora non si trovino già inseriti nella struttura ospedaliera in senso stretto, risultino, comunque, ad essa già affidati perché ne ricevono, di fatto, l'assistenza, che è loro prestata dai presidi sanitari agenti all'esterno sul territorio, secondo le modalità di quello che è definito intervento extra moenia della guardia medica ospedaliera.
Nel caso di specie, la Corte suprema ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittima l'autopsia disposta dai medici ospedalieri per una donna deceduta mentre si era già affidata alle cure della guardia medica esterna all'ospedale, non rilevando se la morte fosse sopraggiunta mentre la donna si trovava ancora presso la sua abitazione o quando era già stata collocata in ambulanza per il ricovero in ospedale (Cass. Civ. , sez. III, 26 marzo 2004, n. 6051, in Ragiusan, 2004, 6, 449).
Se lo scopo della norma, infatti, è quello, espressamente previsto, di consentire con l'autopsia il "controllo della diagnosi o il chiarimento di quesiti clinico-scientifici" nel caso di persone decedute negli ospedali, nelle cliniche universitarie e negli istituti di cura privati, corrisponde indubbiamente alla ratio della disposizione in oggetto ritenere che il riscontro diagnostico è ammesso tutte le volte che la morte riguardi soggetti che, ancorché ancora non si trovino già inseriti nella struttura ospedaliera in senso stretto, risultino, comunque, ad essa già affidati perché ne ricevono, di fatto, l'assistenza, che è loro prestata dai presidi sanitari agenti all'esterno sul territorio, secondo le modalità di quello che è definito intervento extra moenia della guardia medica ospedaliera.
Nel caso di specie, la Corte suprema ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittima l'autopsia disposta dai medici ospedalieri per una donna deceduta mentre si era già affidata alle cure della guardia medica esterna all'ospedale, non rilevando se la morte fosse sopraggiunta mentre la donna si trovava ancora presso la sua abitazione o quando era già stata collocata in ambulanza per il ricovero in ospedale (Cass. Civ. , sez. III, 26 marzo 2004, n. 6051, in Ragiusan, 2004, 6, 449).
2. Le iscrizioni e trascrizioni negli archivi di stato civile.
In ciascun ufficio dello stato civile sono registrati e conservati in un unico archivio informatico tutti gli atti eseguiti nel Comune riguardanti la morte dei soggetti residenti nello stesso Comune.
In particolare devono iscriversi:
a) le dichiarazioni di morte che sono fatte direttamente all'ufficiale dello stato civile.
b) gli atti di morte che l'ufficiale dello stato civile forma in seguito ad avviso, notizia e denuncia avuti da ospedali, da case di cura o di riposo, da collegi, da istituti o da qualsiasi altro stabilimento, da magistrati o da ufficiali di polizia giudiziaria.
c) gli atti di morte ai quali, per la particolarità del caso, non si adattano le formule predisposte.
d) gli atti formati ai sensi degli artt. 75 e 78, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.
Nei medesimi archivi si trascrivono:
a) gli atti di morte ricevuti dall'estero.
b) gli atti e i processi verbali relativi a morti avvenute durante un viaggio marittimo, aereo o ferroviario.
c) gli atti di morte, compilati dagli ufficiali designati nelle zone di operazioni eseguite come forze di pace o di guerra, ex art. 71, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.
Qualora l'ufficiale dello stato civile, nell'accertare la morte di una persona ai fini dell'autorizzazione alla inumazione o alla tumulazione, o il Sindaco, ai fini dell'autorizzazione alla cremazione, rilevi qualche indizio di morte dipendente da reato, o ne abbia comunque conoscenza, deve farne immediata denuncia al Procuratore della Repubblica dando, intanto, se occorre, le disposizioni necessarie affinché il cadavere non sia rimosso dal luogo in cui si trova, ex art. 76, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.
a) le dichiarazioni di morte che sono fatte direttamente all'ufficiale dello stato civile.
b) gli atti di morte che l'ufficiale dello stato civile forma in seguito ad avviso, notizia e denuncia avuti da ospedali, da case di cura o di riposo, da collegi, da istituti o da qualsiasi altro stabilimento, da magistrati o da ufficiali di polizia giudiziaria.
c) gli atti di morte ai quali, per la particolarità del caso, non si adattano le formule predisposte.
d) gli atti formati ai sensi degli artt. 75 e 78, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.
Nei medesimi archivi si trascrivono:
a) gli atti di morte ricevuti dall'estero.
b) gli atti e i processi verbali relativi a morti avvenute durante un viaggio marittimo, aereo o ferroviario.
c) gli atti di morte, compilati dagli ufficiali designati nelle zone di operazioni eseguite come forze di pace o di guerra, ex art. 71, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.
Qualora l'ufficiale dello stato civile, nell'accertare la morte di una persona ai fini dell'autorizzazione alla inumazione o alla tumulazione, o il Sindaco, ai fini dell'autorizzazione alla cremazione, rilevi qualche indizio di morte dipendente da reato, o ne abbia comunque conoscenza, deve farne immediata denuncia al Procuratore della Repubblica dando, intanto, se occorre, le disposizioni necessarie affinché il cadavere non sia rimosso dal luogo in cui si trova, ex art. 76, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.
3. Gli obitori.
I Comuni sono obbligati a predisporre un obitorio per l'assolvimento delle seguenti funzioni obitoriali:
a) mantenimento in osservazione e riscontro diagnostico dei cadaveri di persone decedute senza assistenza medica;
b) deposito per un periodo indefinito dei cadaveri a disposizione dell'autorità giudiziaria per autopsie giudiziarie e per accertamenti medico-legali, riconoscimento e trattamento igienico-conservativo;
c) deposito, riscontro diagnostico o autopsia giudiziaria o trattamento igienico conservativo di cadaveri portatori di radioattività, ex art. 13, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
a) mantenimento in osservazione e riscontro diagnostico dei cadaveri di persone decedute senza assistenza medica;
b) deposito per un periodo indefinito dei cadaveri a disposizione dell'autorità giudiziaria per autopsie giudiziarie e per accertamenti medico-legali, riconoscimento e trattamento igienico-conservativo;
c) deposito, riscontro diagnostico o autopsia giudiziaria o trattamento igienico conservativo di cadaveri portatori di radioattività, ex art. 13, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
I depositi di osservazione e gli obitori possono essere istituiti dal Comune nell'ambito del cimitero o presso ospedali od altri istituti sanitari ovvero in qualche particolare edificio rispondente allo scopo per ubicazione e requisiti igienici.
Nei Comuni con popolazione superiore ai cinquemila abitanti il locale destinato a deposito di osservazione deve essere distinto dall'obitorio.
I Comuni costituitisi in consorzio per l'esercizio di un unico cimitero possono consorziarsi anche per quanto concerne il deposito di osservazione e l'obitorio, ex art. 14, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Nei Comuni con popolazione superiore ai cinquemila abitanti il locale destinato a deposito di osservazione deve essere distinto dall'obitorio.
I Comuni costituitisi in consorzio per l'esercizio di un unico cimitero possono consorziarsi anche per quanto concerne il deposito di osservazione e l'obitorio, ex art. 14, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
L'Azienda sanitaria locale comprendente più Comuni individua gli obitori e i depositi di osservazione che devono essere dotati di celle frigorifere per la conservazione dei cadaveri; al loro allestimento ed all'esercizio provvede il Comune cui obitorio e deposito di osservazione appartengono. Nel territorio di ciascuna Azienda sanitaria locale le celle frigorifere devono essere non meno di una ogni ventimila abitanti e, comunque, non meno di cinque. Nel caso di un Comune il cui territorio coincide con quello di una Azienda sanitaria locale, oppure comprende più Aziende sanitarie locali, le determinazioni in proposito sono assunte dal Comune e il rapporto quantitativo di cui sopra è riferito alla popolazione complessiva del Comune.
Con le stesse modalità si provvede a dotare gli obitori di celle frigorifere isolate per i cadaveri portatori di radioattività o di malattie infettive-diffusive, in ragione di una ogni centomila abitanti, ex art. 15, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Con le stesse modalità si provvede a dotare gli obitori di celle frigorifere isolate per i cadaveri portatori di radioattività o di malattie infettive-diffusive, in ragione di una ogni centomila abitanti, ex art. 15, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
4. L’autorizzazione alla sepoltura.
L’art. 6, D.P.R. 285/1990, prevede che l'autorizzazione per la sepoltura nel cimitero è rilasciata, a norma dell'art. 141 del R.D. 9 luglio 1939, n. 1238, sull'ordinamento dello stato civile, dall'Ufficiale dello stato civile.
La norma è stata sostituita D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.
La norma è stata sostituita D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.
Il principo è stato ribadito dall’art. 74, di detta provvedimento legislativo che prevede la preventiva autorizzazione dell'Ufficiale dello stato civile, da rilasciare al richiedente in carta semplice e senza spesa per procedere a inumazione o tumulazione di un cadavere.
Nel rilascio dell’autorizzazione l'Ufficiale dello stato civile deve verificare che siano trascorse ventiquattro ore dalla morte, salvi i casi espressi nei regolamenti speciali, e dopo che egli si è accertato della morte medesima per mezzo di un medico necroscopo o di un altro delegato sanitario.
Nel rilascio dell’autorizzazione l'Ufficiale dello stato civile deve verificare che siano trascorse ventiquattro ore dalla morte, salvi i casi espressi nei regolamenti speciali, e dopo che egli si è accertato della morte medesima per mezzo di un medico necroscopo o di un altro delegato sanitario.
Il medico necroscopo deve rilasciare un certificato scritto della visita fatta nel quale, se del caso, deve indicare la esistenza di indizi di morte dipendente da reato o di morte violenta.
L’inumazione o la tumulazione avvenuta senza l'autorizzazione dell'Ufficiale dello stato civile deve essere riferita immediatamente al Procuratore della Repubblica.
Allo stesso modo l'Ufficiale dello stato civile che, nell'accertare la morte di una persona ai fini dell'autorizzazione alla inumazione o alla tumulazione, rilevi qualche indizio di morte dipendente da reato, o ne abbia comunque conoscenza, deve farne immediata denuncia al Procuratore della Repubblica dando, intanto, se occorre, le disposizioni necessarie affinché il cadavere non sia rimosso dal luogo in cui si trova, ex art. 74 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.
5. L’autorizzazione alla cremazione.
La cremazione di ciascun cadavere deve essere autorizzata dal Sindaco.
Il richiedente deve esibire un documento testamentario che esprima la volontà del defunto.
In mancanza di disposizione testamentaria, la volontà deve essere manifestata dal coniuge e, in difetto, dal parente più prossimo.
La volontà del coniuge o quella dei parenti deve risultare da atto scritto con sottoscrizione autenticata da notaio o dai pubblici ufficiali abilitati ai sensi dell'art. 20 della L. 4 gennaio 1968, n. 15.
Per coloro i quali al momento della morte risultino iscritti ad associazioni riconosciute che abbiano tra i propri fini quello della cremazione dei cadaveri dei propri associati è sufficiente la presentazione di una dichiarazione in carta libera scritta e datata, sottoscritta dall'associato di proprio pugno o, se questi non sia in grado di scrivere, confermata da due testimoni, dalla quale chiaramente risulti la volontà di essere cremato.
La volontà del coniuge o quella dei parenti deve risultare da atto scritto con sottoscrizione autenticata da notaio o dai pubblici ufficiali abilitati ai sensi dell'art. 20 della L. 4 gennaio 1968, n. 15.
Per coloro i quali al momento della morte risultino iscritti ad associazioni riconosciute che abbiano tra i propri fini quello della cremazione dei cadaveri dei propri associati è sufficiente la presentazione di una dichiarazione in carta libera scritta e datata, sottoscritta dall'associato di proprio pugno o, se questi non sia in grado di scrivere, confermata da due testimoni, dalla quale chiaramente risulti la volontà di essere cremato.
La dichiarazione deve essere convalidata dal presidente dell'associazione.
L'autorizzazione non può essere concessa se la richiesta non è corredata da certificato in carta libera redatto dal medico curante o dal medico necroscopo, con firma autenticata dal coordinatore sanitario, dal quale risulti escluso il sospetto di morte dovuta a reato.
In caso di morte improvvisa o sospetta occorre la presentazione del nulla osta dell'autorità giudiziaria, ex art. 79, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
L'autorizzazione non può essere concessa se la richiesta non è corredata da certificato in carta libera redatto dal medico curante o dal medico necroscopo, con firma autenticata dal coordinatore sanitario, dal quale risulti escluso il sospetto di morte dovuta a reato.
In caso di morte improvvisa o sospetta occorre la presentazione del nulla osta dell'autorità giudiziaria, ex art. 79, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
L’ufficiale di stato civile, qualora rilevi che la cremazione sia avvenuta senza l'autorizzazione del Sindaco ovvero qualora rilevi da qualche indizio che la morte dipenda da reato, deve riferire immediatamente al Procuratore della Repubblica, ex art. 76 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.
3. 6. L’espianto degli organi dal cadavere.
L'art. 1, L. 29 dicembre 1993 n. 578, identifica la morte con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo.
Nel nostro ordinamento si assume il criterio della morte cerebrale totale, introdotto dalla L. 29 dicembre 1993, n. 578, che reca norme per l'accertamento e la certificazione di morte, in armonia con gli esiti di un vivace dibattito internazionale.
Sulla base di tale normativa la morte deve essere identificata con la cessazione definitiva ed irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo, della corteccia cerebrale − che presiede all'attività cosciente − e del tronco cerebrale sede del sistema nervoso centrale. Questa presa di posizione del legislatore italiano recepisce le conclusioni del Comitato Nazionale di Bioetica e ha ricevuto l'autorevole avallo della Corte Cost. n. 414/1995 (S. CANESTRARI, Le diverse tipologie di eutanasia: una legislazione possibile, in Riv. it. Med. Leg., 2003, 5, 751).
La giurisprudenza ha precisato che il soggetto in stato vegetativo persistente, che presenti attività respiratorie e cardiovascolari spontanee, necessitando unicamente di nutrizione artificiale, non è morto (Corte app. Milano, 31 dicembre 1999, in Giur. Milanese, 2000, 279).
Sulla base di tale normativa la morte deve essere identificata con la cessazione definitiva ed irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo, della corteccia cerebrale − che presiede all'attività cosciente − e del tronco cerebrale sede del sistema nervoso centrale. Questa presa di posizione del legislatore italiano recepisce le conclusioni del Comitato Nazionale di Bioetica e ha ricevuto l'autorevole avallo della Corte Cost. n. 414/1995 (S. CANESTRARI, Le diverse tipologie di eutanasia: una legislazione possibile, in Riv. it. Med. Leg., 2003, 5, 751).
La giurisprudenza ha precisato che il soggetto in stato vegetativo persistente, che presenti attività respiratorie e cardiovascolari spontanee, necessitando unicamente di nutrizione artificiale, non è morto (Corte app. Milano, 31 dicembre 1999, in Giur. Milanese, 2000, 279).
Il medico deve cessare ogni attività terapeutica qualora abbia accertato la morte alla stregua della disciplina vigente,
La L. 1 aprile 1999, n. 91, consente il prelievo di organi e di tessuti previo accertamento della morte ai sensi della L. 29 dicembre 1993, n. 578.
A tal fine i medici forniscono informazioni sulle opportunità terapeutiche per le persone in attesa di trapianto nonché sulla natura e sulle circostanze del prelievo al coniuge non separato o al convivente more uxorio o, in mancanza, ai figli maggiori di età o, in mancanza di questi ultimi, ai genitori ovvero al rappresentante legale.
La dottrina rileva che le condizioni di liceità del prelievo sono essenzialmente due. La prima, prevista all'art. 3, comma 1, l. 29 dicembre 1993, n. 578, consiste nell’accertamento della morte cerebrale, da accertarsi secondo il disposto della legge citata.
La dottrina rileva che le condizioni di liceità del prelievo sono essenzialmente due. La prima, prevista all'art. 3, comma 1, l. 29 dicembre 1993, n. 578, consiste nell’accertamento della morte cerebrale, da accertarsi secondo il disposto della legge citata.
La seconda condizione, invece, consiste nel consenso reale o presumibile del soggetto che subisce il prelievo. È questo un punto centrale della nuova disciplina che attiene al potere di disporre del cadavere e alla sua titolarità. La soluzione del problema va ricercata all'interno di due modelli di disciplina opposti, che costituiscono le coordinate logiche dell'intera tematica.
Il primo modello è quello materialistico-collettivistico, che, considerando res il cadavere, lo nazionalizza, destinandolo, se del caso, agli impieghi che possono risultare socialmente utili - siano essi trapianti, sperimentazioni o studi - indipendentemente dalla volontà della persona cui un tempo sono appartenute le spoglie mortali.
Il secondo modello è quello personalistico che, vedendo nel cadavere una proiezione ultraesistenziale dell'uomo ovvero una res che porta l'impronta di una personalità, subordina il suo impiego a un'espressa autorizzazione in tal senso del donatore.
Per tradizione culturale e legislativa, il nostro sistema si ispira a questo secondo modello
Per tradizione culturale e legislativa, il nostro sistema si ispira a questo secondo modello
La L. 91 del 1999 riafferma la tradizionale concezione personalistica del cadavere.
L'art. 4 di detta legge afferma che il prelievo è possibile solo quando il soggetto abbia espresso in vita una dichiarazione favorevole alla donazione che risulti da un apposito archivio, ovvero allorché, informato dagli organi competenti della possibilità di esprimersi liberamente in ordine alla destinazione del proprio cadavere, non abbia espresso alcuna volontà.
Entro i termini, nelle forme e nei modi stabiliti dalla legge i cittadini sono tenuti a dichiarare la propria libera volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti del proprio corpo successivamente alla morte, e sono informati che la mancata dichiarazione di volontà è considerata quale assenso alla donazione.
Il silenzio-assenso presunto dal legislatore non può essere considerato di per sé in contrasto con il principio personalistico.
Si tratta di una soluzione di compromesso tra l'istanza solidaristica, intesa a favorire i trapianti, e quella personalistica che riafferma il valore del consenso.
La clausola della "non opposizione" sarà compatibile con il primato dei diritti della persona nella misura in cui l'ordinamento renderà effettivo e agevole il diritto del cittadino di opporsi al futuro prelievo dei propri organi.
La norma impone poi una serie di obblighi in capo alle amministrazioni competenti, allo scopo di sollecitare attivamente e in modo ripetutoil possibile pronunciamento dei cittadini contro il prelievo dei propri organi, art. 5, lett. d), L. 91 del 1999 (F. GIUNTA, La nuova disciplina dei trapianti d'organo: principi generali e profili penali, in Riv. it. Med. Leg., 2001, 1, 68).
7. La sepoltura dei feti.
L'art. 7, D.P.R. 285/90, per gli aborti di 20 settimane o superiori prevede l’assimilazione a resti mortali e quindi l’applicazione della conseguente normativa che impone la sepoltura nel cimitero (G. BALDINI, Il nascituro e la soggettività giuridica, in Dir. fam., 2000, 1, 334).
La stessa norma per gli aborti di età inferiore lasciava la facoltà e non l'obbligo per i genitori di richiedere la sepoltura come resti mortali, secondo le indicazioni della organizzazione mondiale della sanità (OMS).
Il D.P.R. 285/1990 recita a richiesta dei genitori, nel cimitero possono essere accolti con la stessa procedura sepoltura anche prodotti del concepimento inferiori alle 20 settimane.
Il D.P.R. 285/1990 recita a richiesta dei genitori, nel cimitero possono essere accolti con la stessa procedura sepoltura anche prodotti del concepimento inferiori alle 20 settimane.
Il D.P.R. 285 del 1990, all'art. 7, prevede, infatti, la sepoltura dei prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane solo su esplicita richiesta dei genitori all'ASL.
I parenti o chi per essi sono tenuti a presentare, entro 24 ore dall'espulsione od estrazione del feto, domanda di seppellimento all'unità sanitaria locale accompagnata da certificato medico che indichi la presunta età di gestazione ed il peso del feto.
Le norme di attuazione del cosiddetto Decreto Ronchi prescrivono che le parti anatomiche non riconoscibili (residui operatori, placente, feti non richiesti o per i quali non sia obbligatoria la sepoltura) sono da considerare rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo e come tali non sono da accettare in cimitero o in crematorio, ma sono da avviare a termodistruzione, ai sensi dell'art. 10, D. M. Ambiente n. 219 del 2000.
E’ possibile in Italia per la donna che ha un aborto provvedere a proprie spese alla sepoltura dell'embrione.
Le norme di attuazione del cosiddetto Decreto Ronchi prescrivono che le parti anatomiche non riconoscibili (residui operatori, placente, feti non richiesti o per i quali non sia obbligatoria la sepoltura) sono da considerare rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo e come tali non sono da accettare in cimitero o in crematorio, ma sono da avviare a termodistruzione, ai sensi dell'art. 10, D. M. Ambiente n. 219 del 2000.
E’ possibile in Italia per la donna che ha un aborto provvedere a proprie spese alla sepoltura dell'embrione.
Questa opportunità in caso di aborto dei primi mesi di gravidanza è stata scarsamente utilizzata probabilmente perché non se ne è sentita la necessità o non si è ritenuto giustificata la spesa o forse perché alla norma non è stata data una sufficiente informazione.
Nessun commento:
Posta un commento