venerdì 3 febbraio 2017

Processo amministrativo I mezzi di impugnazione .


I mezzi di impugnazione delle sentenze di primo grado sono l'appello, la revocazione, l'opposizione di terzo e il ricorso per cassazione per i soli motivi inerenti alla giurisdizione, ex art. 91, D.L.vo  cod. proc. amm.  203
M. LIPARI, Impugnazioni in generale, in A. QUARANTA e V. LOPILATO, Il processo amministrativo, 2011, 685.

Le impugnazioni in appello si propongono con ricorso e devono essere notificate entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla notificazione della sentenza, ex art. 92, D.L.vo cod. proc. amm.   
L'impugnazione deve essere notificata nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto dalla parte nell'atto di notificazione della sentenza o, in difetto, presso il difensore o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio e risultante dalla sentenza, ex art. 93, D.L.vo  cod. proc. amm.   
In mancanza di notifica trova applicazione la norma dell'art.327 del cpc.,in quanto è compatibile con il processo amministrativo, che fissa il termine di un anno dalla data di deposito della decisione.
Il ricorso va notificato a tutte le parti del precedente giudizio anche se non costituite.
Non vi è sanzione di inammissibilità potendo il giudice disporre l'integrazione del contraddittorio, purchè l'errore sia ritenuto scusabile.
La notifica alle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici patrocinati dall'avvocatura dello Stato va effettuata presso l'avvocatura generale, ai sensi dell'art. 1 L. 260/1958 e dell'art. 10 della L. 103/1979.
Nei giudizi di appello, di revocazione e di opposizione di terzo il ricorso deve essere depositato nella segreteria del giudice adito, a pena di decadenza, entro trenta giorni dall'ultima notificazione unitamente ad una copia della sentenza impugnata e alla prova delle eseguite notificazioni, ex art. 94, D.L.vo cod. proc. amm.
L’ooriginale del ricorso con la prova della eseguita notificazione,con l'atto di notificazione della decisione amministrativa,e con i documenti sui quali il ricorso si fonda , deve essere depositato nella segreteria del Consiglio di Stato entro trenta giorni successivi alla data di notifica dello stesso ricorso.
La giurisprudenza ha precisato che l'originale del ricorso con la prova delle eseguite notificazioni deve essere depositato nella segreteria del giudice amministrativo a pena di decadenza entro i 30 giorni successivi alla notificazione, atteso che il mancato rispetto del suddetto termine perentorio incide sulla regolare costituzione del rapporto processuale governato da norme espressive di principi di ordine pubblico processuale e sottratti, in quanto tali, alla disponibilità delle parti. Cons. St. , sez. V, 14 maggio 2009, n. 2967
Il mancato deposito in giudizio a cura dell'appellante o delle altre parti dell'atto di appello, con conseguente omesso suo inserimento nel fascicolo d'ufficio, comporta l'obbligo per il giudice di dichiarare l'improcedibilità dell'appello, senza dover e poter fissare con decisione interlocutoria un termine entro il quale l'incombente possa essere eseguito dall'appellante o dalla parte più diligente, salvo il caso di impossibilità obiettiva del deposito, ciò in quanto il mancato deposito della decisione appellata non consente di verificarne la data di pubblicazione e dell'eventuale notifica e, quindi, il rispetto dei termini per l'impugnazione, né di conoscerne le motivazioni per poter attribuire contenuto, prima ancora che eventuale fondatezza, alle doglianze formulate dall'appellante. Consiglio Stato , sez. V, 17 settembre 2008, n. 4427.
L’art. 95 , D.L.vo  cod. proc. amm.,  precisa che l'impugnazione deve essere notificata, nelle cause inscindibili, a tutte le parti in causa e, negli altri casi, alle parti che hanno interesse a contraddire.
L'impugnazione deve essere notificata a pena di inammissibilità nei termini dilòegge almeno una delle parti interessate a contraddire.
Se la sentenza non è stata impugnata nei confronti di tutte le parti, il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio, fissando il termine entro cui la notificazione deve essere eseguita, nonché la successiva udienza di trattazione.
L'impugnazione è dichiarata improcedibile se nessuna delle parti provvede all'integrazione del contraddittorio nel termine fissato dal giudice.


2           La riunione delle impugnazioni.


L’art. 96 , D.L.vo  cod. proc. amm.,  dispone che tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza devono essere riunite in un solo processo.
In caso di mancata riunione di più impugnazioni ritualmente proposte contro la stessa sentenza, la decisione di una delle impugnazioni non determina l'improcedibilità delle altre .
La giurisprudenza ha precisato che il mancato rispetto, in appello, della regola processuale concernente la riunione di impugnazioni separate ha come conseguenza che la sentenza che ha deciso per prima, nel merito, una delle impugnazioni, ove abbia determinato una preclusione assoluta nella decisione sulla controversia, ha forza di giudicato nei confronti delle altre ancora pendenti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c. Cons. St., Ad. Plen., 29 febbraio 1992, n. 3, in Cons. St., 1992, I,147.



3           L’impugnazione  incidentale.


L’art. 96, D.L.vo  cod. proc. amm.,  disciplina le impugnazioni incidentali, ai sensi degli articoli 333 e 334 del codice di procedura civile.
L'impugnazione incidentale  può essere rivolta contro qualsiasi capo di sentenza e deve essere proposta dalla parte entro  sessanta giorni dalla notificazione della sentenza o, se anteriore, entro sessanta giorni dalla prima notificazione nei suoi confronti di altra impugnazione.
Con l'impugnazione incidentale possono essere impugnati anche capi autonomi della sentenza .
E’ palese che il nuovo codice non ha recepito i rigori del principio che afferma la concentrazione delle impugnazioni . E’ possibile la proposizione separata di appelli avverso capi autonomi della sentenza da parte dei soggetti  cui è stata notificata la impugnazione principale con la sola conseguenza della riunione ope iudici degli appelli medesimi. R. GRECO, In appello le liti sulla competenza per territorio, in Giuda Dir., 2010, n. 32, 91.
La giurisprudenza precedente  ha affermato che nel processo amministrativo si applica l'art. 333 c.p.c.. a norma del quale la parte cui sia stata notificata l'impugnazione principale deve a sua volta proporre le proprie doglianze nel processo in via incidentale - onde realizzare il simultaneus processus - è anche vero che, individuata la forma del secondo gravame, occorre analizzare il contenuto sostanziale per l'individuazione della disciplina applicabile. Quando l’impugnazione incidentale, non si risolveva in una mera controimpugnazione su capi dipendenti o connessi da quelli contrastanti principaliter, ma aveva ad oggetto doglianze autonome ed indipendenti, era soggetto ai termini ordinari per l'impugnazione. Cons. St., sez. V, 13 febbraio 2009, n. 826.
La giurisprudenza distingue l’appello incidentale proprio da quello improprio. L’appello incidentale proprio è quello sorretto da un interesse collegato da un nesso sostanziale di pregiudizialità a quello sotteso all'appello principale.
Il regime processuale dell'appello incidentale impone la notificazione entro il termine di trenta giorni successivi a quello assegnato per il deposito dell'appello principale è applicabile alle sole ipotesi di appello incidentale proprio.
La decorrenza del termine perentorio per proporre il ricorso incidentale è strettamente ancorata al momento in cui scade il termine assegnato dalla legge al ricorrente principale per il deposito del suo gravame, a nulla rilevando il fatto che il controinteressato sia venuto a conoscenza solo nel corso del giudizio delle circostanze che lo indurrebbero a svolgere le proprie difese incidentali.
L'appello incidentale improprio è quello con il quale la parte fa valere un autonomo interesse a presentare gravame avverso la sentenza e pone una domanda che avrebbe potuto utilmente proporre anche mediante l'appello principale.
L’appello incidentale improprio che, ancorché qualificato incidentale, sia diretto contro un capo autonomo della sentenza già appellata, ovvero a far valere un interesse autonomo mentre devono essere osservati gli ordinari termini vale a dire sessanta giorni dalla data di notificazione della sentenza di primo grado.
Nel caso in cui contro la stessa sentenza del giudice di primo grado siano proposti nello stesso processo un appello principale ed uno incidentale non di contro impugnazione, ma tendente a far valere un interesse autonomo, l'appello incidentale è soggetto ai termini ordinari per l'impugnazione previsti dall’art. 28, L. T.A.R., e dall’art. 327, c.p.c. Cons. St., sez. IV, 21 giugno 2005, n. 3250.
L’art. 96, D.L.vo  cod. proc. amm.,  afferma che se l'impugnazione principale è dichiarata inammissibile, l'impugnazione incidentale perde ogni efficacia.
L'impugnazione incidentale deve essere proposta dalla parte entro sessanta giorni dalla data in cui si è perfezionata nei suoi confronti la notificazione dell'impugnazione principale e depositata, unitamente alla prova dell'avvenuta notificazione, entro dieci giorni.










4           Le misure cautelari


L’art. 98 , D.L.vo  cod. proc. amm.,  prevede  il giudice dell'impugnazione, su istanza di parte, valutati i motivi proposti e qualora dall'esecuzione possa derivare un danno grave e irreparabile, possa disporre la sospensione dell'esecutività della sentenza impugnata, nonché le altre opportune misure cautelari, con ordinanza pronunciata in camera di consiglio.
La giurisprudenza ha precisato che permane comunque un periodo di tempo in cui l'azione esecutiva delle sentenze dei Tribunali amministrativi regionali non è proponibile, periodo che coincide con la pendenza del termine per l'appello, periodo che, laddove sia stata presentata l'istanza cautelare, si prolunga sino alla decisione su quest'ulima


5           Il ricorso in appello


Le sentenze dei TAR sono impugnabili con ricorso in appello al Consiglio di Stato o al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Sicilia ai sensi dell’art. 100 , D.L.vo  cod. proc. amm,. riprendendo la formulazione precedente . A. TRAVI, Formulario annotato della giustizia amministrativa, 2008, 378.
Sono legittimati a proporre l'appello quei soggetti fra i quali si e' instaurato il rapporto processuale di primo grado e sono rimasti soccombenti, ma non solo .
Sono legittimati a proporre appello anche il controinteressato e l'amministrazione non costituitasi nel caso di annullamento del provvedimento impugnato. La giurisprudenza ha precisato ceh la sentenza di primo grado, poi impugnata, che sia stata pronunciata in assenza di alcuni dei legittimi e necessari contraddittori, deve essere annullata dal giudice di seconde cure per difetto di procedura. Cons. St. , sez. IV, 17 giugno 2003, n. 3403.
L’art. 101 , D.L.vo  cod. proc. amm. , fissa il contenuto del ricorso in appello che deve contenere l'indicazione del ricorrente, del difensore, delle parti nei confronti delle quali è proposta l'impugnazione, della sentenza che si impugna, nonché l'esposizione sommaria dei fatti, le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata. Nel processo amministrativo l'impugnazione è configurabile solo nei confronti dell'elemento costitutivo della sentenza, dato dal dispositivo, al fine di rimuovere il pregiudizio da esso determinato, e non anche nei confronti dell'altro elemento costitutivo della sentenza, dato dalla motivazione, nei cui confronti può configurarsi talvolta solo l'onere di formulare specifiche censure a dimostrazione dell'invalidità della sentenza. Cons. St., sez. IV, 30 settembre 2008, n. 4706.
Le conclusioni devono essere  specifiche. La giurisprudenza ha precisato che l'appello al Consiglio di Stato, in quanto rimedio impugnatorio, ha ad oggetto non la questione di legittimità del provvedimento amministrativo impugnato, ma la sentenza di primo grado, con conseguente necessità che gli asseriti vizi della stessa siano specificamente indicati mediante una puntuale contestazione delle conclusioni alle quali è pervenuto il primo giudice e delle argomentazioni che le sorreggono. Cons. St. , sez. V, 03 febbraio 2009, n. 595
La sottoscrizione del ricorrente se sta in giudizio personalmente oppure del difensore con indicazione, in questo caso, della procura speciale rilasciata anche unitamente a quella per il giudizio di primo grado. L'appello al Consiglio di Stato, in quanto rimedio impugnatorio, ha ad oggetto non la questione di legittimità del provvedimento amministrativo impugnato, ma la sentenza di primo grado, con conseguente necessità che gli asseriti vizi della stessa siano specificamente indicati mediante una puntuale contestazione delle conclusioni alle quali è pervenuto il primo giudice e delle argomentazioni che le sorreggono. Cons. Stato , sez. V, 3 febbraio 2009, n. 595
La giurisprudenza ha ritenuto ammissibile la domanda risarcitoria riproposta in appello quando la sentenza di primo grado abbia omesso di pronunciarsi su di essa, ai sensi dell'art. 346 c.p.c., riproposto dall’art. 101,  comma 2, D.L.vo cod.  proc. amm., per il quale le domande e  le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate.
In base a tale norma, applicabile anche nel processo amministrativo d'appello, nel caso di omessa pronuncia su una specifica ed autonoma domanda (che implica la violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato) l'appellato - risultato vittorioso in ordine ad una domanda - non è costretto a cominciare "ex novo" un giudizio di primo grado e non è tenuto a proporre una formale impugnazione incidentale (mancando il presupposto della soccombenza), ma può riproporre in grado di appello la domanda non esaminata, mediante uno scritto difensivo che la richiami esplicitamente e superi la presunzione di rinuncia. Tale principio si applica anche quando in sede di giustizia amministrativa la sentenza di primo grado abbia accolto la domanda di annullamento dell'atto lesivo, senza esaminare la contestuale domanda volta ad ottenere il conseguente risarcimento del danno, e l'appellato riproponga la domanda non esaminata, nel corso del giudizio di appello (proposto dall'amministrazione o dal controinteressato soccombente in primo grado). Cons. St., a. plen., 20 dicembre 2002, n. 8
L’art. 6, comma 6, D.L.vo 104/2010, detta disposizioni particolari.
Per gli appelli avverso le pronunce della sezione autonoma di Bolzano del Tribunale regionale di giustizia amministrativa si applicano anche le disposizioni dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione.
Gli appelli avverso le pronunce del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia sono proposti al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, nel rispetto delle disposizioni dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione.
La giurisprudenza ha sempre riconosciuto che avverso le sentenze emesse dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia l'appello deve essere proposto esclusivamente innanzi al Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, con conseguente inammissibilità per difetto di competenza di quello proposto al Consiglio di Stato ma, ai sensi dell'art. 50 c.p.c., la causa prosegue davanti al giudice competente qualora sia tempestivamente riassunta nel termine fissato dalla sentenza di incompetenza ovvero di sei mesi dalla stessa. Consiglio Stato , sez. V, 21 luglio 2009, n. 4580.

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6           Il giudizio.


Il giudice di appello ha gli stessi poteri del giudice di primo grado anche in tema di competenza esclusiva o di merito.
La giurisprudenza afferma che oggetto dell'appello è l'atto amministrativo impugnato per il cosiddetto effetto devolutivo, che affida l'intera questione all'esame del giudice di secondo grado. Il giudizio si estende anche all'esame dei vizi propri della sentenza impugnata.
Il principio del doppio grado di giurisdizione, per il processo amministrativo, non preclude che in secondo grado possa verificarsi (nei limiti delle deduzioni delle parti) non solo se sia corretta o meno la sentenza impugnata, ma anche se la domanda formulata in primo grado sia stata esaminata e risolta secondo le regole sostanziali che la riguardano. In altri termini, innanzi al Consiglio di Stato la lite può involgere l'esame di questioni non devolute all'esame del giudice di primo grado, purché sia rispettata la regola della sostanziale identità col processo precedente e si decida sulla domanda già formulata in quella sede.
Il provvedimento impugnato può essere censurato nei limiti dei motivi dedotti in primo grado, si produce una sorta di decadenza dall'azione per i motivi non dedotti.
Possono essere proposti motivi aggiunti qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi, ex art. 104.
La norma innova all’interpretazione giurisprudenziale precedente che, in assenza di un'espressa e inequivoca estensione al grado di appello, ammette la proposizione dei motivi aggiunti per impugnare nuovi provvedimenti, emessi in corso di giudizio, connessi con l'oggetto del ricorso e concernenti le stesse parti,  solo giudizio di primo grado. Cons. St. , sez. V, 11 ottobre 2005, n. 5498




7           La sentenza.


L’art. 105, D.L.vo  cod. proc. amm.,  prevede che il Consiglio di Stato possa rimettere la causa al giudice di primo grado soltanto se è mancato il contraddittorio, oppure è stato leso il diritto di difesa di una delle parti, ovvero dichiara la nullità della sentenza, o riforma la sentenza che ha declinato la giurisdizione o ha pronunciato sulla competenza o ha dichiarato l’estinzione o la perenzione del giudizio.
Tali vizi fanno presumere che di fatto l’attività di giudizio non è materialmente svolta.
La giurisprudenza ha precisato che quando appare ravvisabile un « difetto di procedura » della sentenza appellata, questo non consente di trattenere in decisione la causa per l'effetto devolutivo dell'appello. Deve essere salvaguardata dell'esigenza di non sottrarre alle parti (ivi compresi i soggetti controinteressati) le garanzie del doppio grado di giudizio Consiglio Stato , sez. VI, 17 settembre 2009, n. 5587
 Nel giudizio amministrativo, l'annullamento con rinvio, previsto per l'ipotesi di erronea dichiarazione di incompetenza da parte del giudice di primo grado, comporta la rimessione della controversia al giudice ritenuto competente, al quale viene imposto di pronunciarsi nel merito. T.A.R. Sicilia Palermo, sez. III, 9 luglio 2009, n. 1241.
Non essendoci termini perentori, salvo quello quinquennale di perenzione del giudizio, deve essere venga fissata d’ufficio l’udienza pubblica di discussione.
E’ compito del presidente del tribunale amministrativo fissare d’ufficio l’udienza di trattazione, dopo avere avuto comunicazione della sentenza che dispone il rinvio da parte degli uffici del Consiglio di Stato.
Si verifica così una prosecuzione automatica ed obbligata avanti il T.A.R. dei giudizi rinviati dal grado di appello attraverso le sentenze di annullamento con rinvio, secondo modalità ispirate a principi di snellimento e soprattutto di accelerazione della procedura.
E? modificato l’art. 11 della L. 205 del 2000, che  dava  un termine di trenta giorni dalla data in cui è stata comunicata la sentenza con la quale si dispone il rinvio per fissare l’udienza pubblica. La dottrina rileva l’importante cambiamento teso ad accelerare il processo ed a ridurre le incombenze di parte E. STANIZZI, Trenta giorni dal rinvio per fissare l’udienza”, in Guida dir., 2000, n. 30, 87.
Nei giudizi di appello contro le sentenze dei tribunali amministrativi regionali che hanno declinato la giurisdizione o la competenza si segue il procedimento in camera di consiglio.
Negli altri casi il Consiglio di Stato deve decidere direttamente la controversia. La giurisprudenza ha precisato che l'effetto devolutivo dell'appello opera nel senso di trasferire al giudice di secondo grado la cognizione piena della questione, indipendentemente dalla forma semplificata o meno della sentenza impugnata. Cons. St., sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4003.
Il mancato esame, da parte del giudice di primo grado, di alcune delle censure dedotte dal ricorrente, costituisce un vizio del contenuto della decisione e non un difetto di procedura o un vizio di forma che comporta l'annullamento con rinvio al primo giudice. Il giudice di appello, in virtù dell'effetto devolutivo, deve trattenere la causa e procedere alla disamina anche dei motivi pretermessi dal primo giudice. Consiglio Stato , sez. V, 25 gennaio 2005, n. 138


8           Il ricorso per revocazione contro la sentenza di primo grado.


La sentenza di primo grado può essere impugnata presso lo stesso tribunale che l'ha pronunciata con ricorso per revocazione .
Il rimedio della revocazione è esperibile per tutti i motivi previsti dall'art. 395 e dall’art. 396 c.p.c.
La parte che la propone in omaggio al principio della prevalenza dell’appello deve però verificare che siano scaduti i termini per proporre l’appello , ex art. 106, D.L.vo  cod. proc. amm.   e quindi di fatto è ammessa solo nei soli casi di revocazione straordinaria, ex art. 395, n. 1), 2), 3), 6).
I casi in cui è ammesso il ricorso per revocazione sono tassativamente stabiliti dall'art. 395 c.p.c. e riguardano le ipotesi in cui la sentenza sia effetto del dolo, inteso come falsa rappresentazione della realtà, di una delle parti, o sia l'effetto di prove false o che successivamente si recuperino documenti precedentemente sottratti o sia l'effetto del dolo del giudice.
Possono essere impugnate per revocazione le sentenze 1) se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra;
2) se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza ;
3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario;
6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.
La legge di riforma del processo amministrativo limita l’utilizzo della revocazione contro le sentenze dei tribunali amministrativi regionali. La revocazione è ammessa se i motivi non possono essere dedotti con l'appello,  ex art. 106 , D.L.vo  cod. proc. amm.
Per i casi di revocazione previsti nei numeri 1, 2, 3 e 6 dell'articolo 395 del codice di procedura civile, il termine per proporre la revocazione decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza di cui al numero 6 del medesimo articolo 395.
La revocazione di cui ai numeri 4 e 5 dell'articolo 395 c.p.c. -  ossia 4) se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa; 5) se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione - può essere chiesta in difetto della notificazione della sentenza. Essa deve essere notificata entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza. La norma non si applica quando la parte che non si è costituita in giudizio dimostri di non aver avuto conoscenza del processo a causa della nullità del ricorso o della sua notificazione , ex art. 92, D.L.vo  cod. proc. amm.
L’art. 94, D.L.vo  cod. proc. amm., che precisa che  il ricorso deve essere depositato nella segreteria del giudice adito, a pena di decadenza, entro trenta giorni dall’ultima notificazione. Contro la sentenza emessa nel giudizio di revocazione sono ammessi i mezzi di impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione.
La sentenza emessa nel giudizio di revocazione non può essere impugnata per revocazione, ex art.  107, D.L.vo  cod. proc. amm.


9           L’opposizione di terzo


A seguito della sentenza 17 maggio 1995 n. 177 la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimi gli artt. 36 e 28 della l. 6 dicembre 1971 n. 1034, nella parte in cui, rispettivamente, non prevedevano l'opposizione di terzo ordinaria fra i mezzi di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato e delle sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali divenute giudicato. La legittimazione a proporre l'opposizione va riconosciuta anche ai controinteressati pretermessi perché sopravvenuti, ai controinteressati non facilmente identificabili, e, più in generale, ai terzi titolari di una situazione giuridica autonoma ed incompatibile, rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della sentenza oggetto di opposizione. T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 12 giugno 2009, n. 1091.
L’art. 108, D.L.vo  cod. proc. amm.,  recependo il principio precisa che un terzo, titolare di una posizione autonoma e incompatibile, può fare opposizione contro una sentenza del tribunale amministrativo regionale o del Consiglio di Stato pronunciata tra altri soggetti, ancorché passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritti o interessi legittimi.
Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando questa sia effetto di dolo o collusione a loro danno.
Poiché l’opposizione di terzo si pone come strumento di impugnazione concorrenziale con l’appello e la revocazione  si pone il problema di individuare il giudice competente.
L’art. 109 , D.L.vo  cod. proc. amm.,  precisa che l'opposizione di terzo è proposta davanti al giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.
Se la sentenza è passata in giudicato per il decorso del termine previsto dall’art, 327, c.p.c., il terzo può proporre opposizione di terzo allo stesso giudice che ha emanato la sentenza, nei modi previsti dall’art. 404, c.p.c., producendo la sentenza impugnata. S. CASSESE (a cura di), Diritto amministrativo speciale, IV, Il processo amministrativo, 2000, 3381.
La giurisprudenza ha precisato che  l'opposizione di terzo è ammissibile non solo avverso decisioni passate in giudicato, ma anche contro quelle soltanto esecutive, in pendenza dei termini per l'appello, e nelle stesse forme di tale impugnazione ordinaria, davanti al giudice di secondo grado. In tal caso il gravame deve essere  proposto nel medesimo grado nel quale la relativa vicenda possa esplicarsi, e cioè avanti il giudice dell'appello. Consiglio Stato , sez. V, 12 ottobre 2009, n. 6258
L’art. 109 , comma 2, D.L.vo  cod. proc. amm., recepisce il principio sancendo che se è proposto appello contro la sentenza di primo grado, il terzo deve introdurre la domanda di opposizione di terzo intervenendo nel giudizio di appello . Se l'opposizione di terzo è già stata proposta al giudice di primo grado, questo la dichiara improcedibile e, se l'opponente non vi ha ancora provveduto, fissa un termine per l'intervento nel giudizio di appello, ai sensi del periodo precedente.
Il termine per proporre opposizione di terzo decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione , ex art. 92, D.L.vo  cod. proc. amm.
L’opposizione di terzo ordinaria è soggetta ai medesimi termini dell’appello contrariamente a quanto disposto dal c.p.c. laddove questo rimedio non è soggetto ad alcun termine. E’ evidente la preoccupazione che i provvedimenti impugnati possano essere oggetto di impugnazione senza limite di tempo. G. CARUSO, In camera di consiglio con termini dimezzati, in Giuda Dir., 2010, n. 32, 88


10        I rimedi contro le sentenze del Consiglio di Stato. Il ricorso per revocazione.


L’art. 106, D.L.vo  cod. proc. amm.,  precisa che contro le sentenze del Consiglio di Stato è ammesso ricorso per revocazione.
La giurisprudenza ha precisato che le pronunce assunte nel giudizio di appello sono soggette, per il noto principio di tipicità legale dei mezzi di impugnazione alla revocazione nei casi e nei termini previsti dall'art. 396 c.p.c. Cons. St. , sez. VI, 20 luglio 2009, n. 4497.
Nel giudizio amministrativo d'appello, il termine per il deposito del ricorso per revocazione va individuato in base al combinato disposto di cui all'art. 400 c.p.c. il quale fissa in via generale in trenta giorni il termine per il deposito del ricorso giurisdizionale amministrativo innanzi al Consiglio di Stato. Cons. St., sez. VI, 22 ottobre 2009, n. 6471.
L’art. 94, D.L.vo  cod. proc. amm., che precisa che  il ricorso deve essere depositato nella segreteria del giudice adito, a pena di decadenza, entro trenta giorni dall’ultima notificazione.
Il ricorso va presentato alla stessa sezione che ha pronunciato la decisione nei casi previsti dagli artt.395 -396 c.p.c..
Sono le stesse ipotesi esaminate trattando del ricorso per revocazione avverso la sentenza pronunciata dal T.A.R. a cui si rimanda al numero precedente.


11       Il ricorso per Cassazione.


Il ricorso per Cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato è ammesso unicamente per motivi attinenti alla giurisdizione, ai sensi dell'art. 110, D.L.vo  cod. proc. amm. 213
A. QUARANTA e V. LOPILATO, Il processo amministrativo, 2011, 847.
Le principali fattispecie che si possono verificare sono le seguenti .
1) il giudice di appello ha giudicato in materia di altra giurisdizione sia essa ordinaria o speciale, come ad esempio il Tribunale delle Acque.
2) Il giudice di appello ha dichiarato il difetto di giurisdizione in materia che si ritiene ad esso spettante.
3) Il giudice di appello ha giudicato sul merito del provvedimento amministrativo,avendo ,in quella materia ,solo competenza di legittimità.
Il controllo di legittimità riservato alla Corte di Cassazione sulle pronunce giurisdizionali del Consiglio di Stato è limitato all'accertamento dell'eventuale sconfinamento dai limiti esterni della propria giurisdizione da parte del massimo organo di giustizia amministrativa, restando escluso ogni sindacato sui limiti interni a tale giurisdizione o al modo del suo esercizio, cui si riferiscono gli errori in judicando e in procedendo.
E’ inammissibile il ricorso per Cassazione proposto contro la sentenza del Consiglio di Stato che, senza negare la propria giurisdizione sull'atto generale, abbia escluso l'interesse diretto ed attuale all'annullamento di tale atto, in difetto di un atto amministrativo applicativo da impugnarsi, congiuntamente a quello generale, dinanzi al giudice amministrativo. Cass. Civ., sez. un., 12 aprile 2002, n. 5283, in Giust. civ. Mass., 2002, 636.
Il sindacato delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale è circoscritto al controllo dei limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo, ovvero all'esistenza dei vizi che attengono all'essenza della funzione giurisdizionale e non al modo del suo esercizio, cui attengono, invece, gli errores in iudicando ed in procedendo. Nella specie la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso con il quale si deduceva un error in procedendo per avere il Consiglio di Stato ritenuto ammissibile l'appello malgrado l'acquiescenza dell'appellante alla decisione impugnata. Cass. Civ., sez. un., 5 dicembre 2000, n. 119, in Giust. civ. Mass., 2000, 2477
Si applica la disciplina fissata dal c.p.c.
Per quanto attiene ai termini di impugnazione si applicano gli artt.325 c.p.c., che prevede che il ricorso debba essere presentato entro sessanta giorni dalla notifica della sentenza che si vuole impugnare, e 327 c.p.c.,che in carenza di notifica della sentenza prevede che il ricorso debba presentarsi entro un anno dalla pubblicazione della sentenza medesima.
In caso di sentenza di accoglimento la Corte che accerta il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato deve cassare la sentenza impugnata senza rinvio.
Se la Corte accerta invece che il Consiglio di Stato ha erroneamente declinato la propria giurisdizione deve mettere una sentenza che imponga la  riassunzione dinanzi al giudice amministrativo.
Il Consiglio di Stato su istanza di parte, in caso di eccezionale gravità ed urgenza, può sospendere gli effetti della sentenza impugnata e disporre le altre opportune misure cautelari .


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