Ambiente. Attività di gestione rifiuti non autorizzata.
L'attività di recupero
energetico è soggetta, come si è visto, all'autorizzazione unica prevista dal
D.Lgs. n. 153 del 2006, art. 208.
Seppure in termini
estremamente generici, va ricordato che il rilascio del provvedimento
autorizzatorio presuppone, come è noto, l'espletamento di un complesso
procedimento amministrativo, ove l'amministrazione opera un preventivo
controllo di compatibilità dell'impianto con la normativa di settore attraverso
un'istruttoria tecnica, all'esito del quale viene emesso il titolo abilitativo.
L'autorizzazione unica,
in particolare, prevede la convocazione di apposita conferenza di servizi, che
rappresenta luogo procedimentale di complessiva valutazione del progetto
presentato, tanto che l'art. 208, comma 6 assegna al provvedimento conclusivo
del procedimento una funzione sostitutiva di tutti gli atti e provvedimenti
ordinariamente di competenza di altre autorità territoriali, che assumono così
il ruolo di interlocutori procedimentali.
Il provvedimento, di
così ampia portata, risulta anche connotato da evidente discrezionalità, atteso
che l'amministrazione può incidere anche in modo rilevante sull'attività
autorizzata attraverso l'imposizione di prescrizioni che possono integrare o,
addirittura, limitare l'efficacia del provvedimento.
L'art. 208, comma 11 è
inequivocabile in tal senso, disponendo che l'autorizzazione individui, in
generale, le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione
dei principi di cui all'art. 178 ed "almeno" alcuni elementi
specificamente indicati, quali, tra gli altri, i tipi ed i quantitativi di
rifiuti che possono essere trattati; i requisiti tecnici con particolare
riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi
ed ai quantitativi massimi di rifiuti e alla modalità di verifica, monitoraggio
e controllo della conformità dell'impianto al progetto approvato per ciascun
tipo di operazione autorizzata; le misure precauzionali e di sicurezza da adottare.
L'uso dell'avverbio
"almeno" evidenzia come l'elencazione sia indicativa e non tassativa,
cosicchè l'amministrazione può apporre ulteriori clausole che delimitino
ulteriormente l'attività lecitamente espletabile.
Alla luce di quanto
appena osservato deve, pertanto, concludersi che, nella fattispecie, la
previsione, da parte dell'amministrazione che ha rilasciato il titolo, di uno
specifico requisito del rifiuto da recuperare (presenza di IPA minore 10 ppm),
risulta pienamente legittimo perchè rientrante nell'ambito dell'ampia
discrezionalità riconosciuta dal legislatore.
Le prescrizioni apposte
all'autorizzazione devono ritenersi vincolanti per il soggetto autorizzato non
soltanto quando traggano origine da specifiche disposizioni normative che l'atto
autorizzatorio semplicemente recepisce, ma anche quando siano apposte
direttamente dall'amministrazione che le rilascia nell'esercizio del suo potere
discrezionale.
L'attribuzione di tale
potere, inoltre, trova una giustificazione evidente, come pure osservato in
dottrina, nella necessità di adeguare l'esercizio dell'attività autorizzata a
specifiche esigenze relative al singolo insediamento attraverso l'imposizione
di prescrizioni limitative o modali.
E' pertanto evidente
che, per quanto detto in precedenza, il destinatario del provvedimento non
potrà certo ignorare le prescrizioni imposte con l'atto abilitativo e che ne
delineano l'ambito di efficacia ed esercitare comunque l'attività autorizzata,
pur potendo far ricorso agli ordinari strumenti di tutela qualora intenda porre
in discussione la legittimità del titolo abilitante.
La giurisprudenza ha
affermato che integra il reato previsto dall'art. 256, comma quarto, del D.Lgs.
3 aprile 2006, n. 152 l'inosservanza delle prescrizioni previste per l'esercizio
della attività di recupero dei rifiuti, che traggano origine da specifiche
disposizioni normative o che siano direttamente imposte dalla P.A.
nell'esercizio del suo potere discrezionale. (Fattispecie nella quale è stato
ritenuto penalmente rilevante il mancato accertamento delle caratteristiche dei
rifiuti sottoposti a termodemolizione). Cassazione penale, sez. III,
09/04/2013, n. 19955.
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