Dedicato a Gio, Nico, Paolo, Isi
e a tutti coloro che soffrono per le prepotenze subite dai potenti
Nicola Centofanti
L'AFFARE
DELLE MOSCHE
Un particolare ringraziamento a Diana che mi
ha incoraggiato in questa impresa
INDICE
Presentazione.
1. Il dolce aprile.
2. L’invasione delle mosche.
3. La riunione del consiglio di amministrazione.
4. Il dott. Rossi.
5. Il dott. Bianchi.
6. La discussione.
7. L’accusa.
8. Flash.
9. Saluti e baci.
10. Temporeggiare.
11. Il professore.
12. L’obiettivo.
13. Donna Flavia.
14. Il Pattona.
15. La Moscfior.
16. L’ispezione.
17. La bottega di Natale.
18. La casa della musica.
19. La mobilitazione generale.
20. La nuova strategia.
21. Il confronto con Naturista.
22. La contestazione di De Contrari.
23. Le dimissioni.
24. Il gioco dei potenti.
25. Il nuovo presidente.
26. Il giornale.
27. Le commissioni.
28. L’organizzazione.
29. L’ufficio.
30. Il grande intrigo.
31. I boiardi.
32. Le mani dei boiardi.
33. All’assalto.
34. Il vecchio saggio.
35. Il controllo delle persone.
36. Barbino.
37. Il controllo del territorio.
38. L’appetito vien mangiando.
39. L’autostrada .
40. Il viaggio della memoria.
41. Arriva il grande caldo.
42. La Corte di Giustizia
43. La situazione precipita.
44. I clientes.
45. Alla ricerca di una grande idea.
46. L’untore.
47. La ricerca dell’untore.
48. La soluzione.
49. La campagna di informazione.
50. L’appalto.
51. L’imprevisto.
52. Tutto ricomincia.
Presentazione.
Un'invasione di mosche mette in difficoltà una
felice comunità.
Si incarica di risolvere il problema Politicante
esponente di spicco dell’Organizzazione che nella gestione di affari pubblici
ha trovato il sistema di accumulare prestigio, potere e guadagni.
Il rapporto dei protagonisti col potere è il leif motiv di un racconto in cui
l’esperienza quotidiana si coniuga con la fantasia.
Politicante ha uno straordinario seguito nella
comunità.
Molti sperano di ottenere con la sua amicizia i suoi
favori.
Lui naturalmente pensa solo a gratificare il suo un
manipolo di boiardi.
I membri più fidati dell’Organizzazione sono messi a
capo di ogni ente controllato.
La loro gestione ha l’unico fine di comandare per
fare quattrini incuranti della sorte degli amministrati.
Gli onesti subiscono ma stanno zitti e non si
indignano.
La situazione precipita solo quando la situazione
igienica degenera.
L'imbroglio è scoperto e gli arrivisti sono puniti.
C'è però qualcuno che pensa di ricominciare l'affare
rimescolando le carte a proprio vantaggio.
L’autore
Capitolo
1. La situazione.
Il dolce aprile del 2017 sta arrivando, portando un
po’ di tepore che mitiga i rigori dell'inverno.
E’ il mese che tutti attendono con maggiore
simpatia, perché con la primavera arriva anche la gioia di vivere all'aria
aperta, di muoversi, di sentirsi allegri e spensierati.
E’ il verde risveglio della natura.
E’ a tutti gradito starsene lì, seduti nei bar della
grande piazza centrale, a godersi i tiepidi raggi del sole.
La piazza è grande, quadrata.
Tutta la vita della città confluisce lì, anche
perché da essa si dipartono a raggiera le vie principali.
Da alcuni anni le strade di accesso alla piazza sono
state chiuse al traffico.
Alle porte della città, in prossimità del Viale dei
Tigli, quello che porta al grande ponte sul fiume, è stato realizzato un grande
parcheggio coperto.
In primavera i tigli iniziano a fiorire ed il loro
profumo satura l’aria e rende la vita più felice.
Per accedere all'area della piazza, ormai dominio
incontrastato dei pedoni, è necessario inoltrarsi sulle rapide rampe d'accesso
del parcheggio, spogliarsi dalla frenetica veste del conducente d'auto ed
indossare la divisa del placido pedone.
Abbandonare il mezzo di trasporto anche per
fare pochi metri, solo alcuni anni prima sarebbe stata una richiesta
improponibile agli automobilisti.
Coll’instaurazione da parte
delle autorità cittadine del divieto d'accesso, gli automobili-dipendenti hanno
dovuto staccarsi dal volante della loro vettura cui erano incollati fino al
raggiungimento della loro meta.
Prima parcheggiavano dappertutto, incuranti dei
divieti di sosta, assalivano come uno stuolo di cavallette metalliche ogni
angolo della piazza, diventata un grande parcheggio.
Era un ingorgo di macchine piazzate ovunque lungo i
marciapiedi delle strade ed arrivavano anche lì, vicino alla balaustra di marmo
nero della fontana.
La vista era mortificata, l'armonia geometrica della
piazza era deturpata da quel groviglio rozzo e disarticolato di automobili.
Il fluire dei pieni e dei vuoti dei volumi dei
porticati era interrotto dalle colonne di macchine parcheggiate nel modo più
disordinato, la balaustra della fontana non si vedeva quasi più, praticamente
invisibile coperta com’era dalle lamiere colorate.
Ora dopo la cura drastica dei divieti spicca la
scultura centrale: un grande calice stilizzato di marmo bianco dal quale esce
alto e sicuro lo zampillo d'acqua, scintillante di luci all'imbrunire.
Quell'aprile tuttavia la piazza è stranamente
deserta abbandonata anche dai pedoni.
Non vi sono più i soliti gruppi di persone che
indugiano a chiacchierare e a bere qualcosa seduti al bar.
Manca la folla chiassosa e variopinta e con essa è
assente l'allegria e la gioia di vivere.
Si possono vedere, invece, sciami neri di mosche che
pattugliano con metodo scientifico le strade, senza farsene scappare alcuna.
Le mosche hanno occupato la piazza facendo della
fontana la loro roccaforte.
Con simili nemici sparsi ormai in ogni angolo, la
città sembra completamente paralizzata, gli spostamenti sono limitati allo
stretto necessario, i luoghi di ritrovo all'aperto sono quasi del tutto
deserti.
Il traffico automobilistico è strettamente ridotto:
ormai gli automobilisti osano infilarsi nell’abitacolo solo per raggiungere il
luogo di lavoro poiché temono gli assalti degli insetti.
In quelle ore le strade sono di solito animate, ma
quell’aprile tutto sembra irreale.
E’ una pena vedere la gente tutta infagottata, per
evitare ogni possibile contatto con gli insetti, camminare con passo frettoloso
per raggiungere al più presto un qualunque luogo chiuso che può fornire riparo
sicuro da quel novello flagello.
Quell’anno le mosche sembra che siano inattaccabili
da qualsiasi tipo di insetticida.
Ogni tentativo di debellarle è finora risultato
vano.
L’invasione degli insetti è più insistente nelle
zone periferiche dove il servizio di raccolta dei rifiuti è meno efficiente.
Il Presidente dall’interno della sua autovettura
chiusa ermeticamente osserva preoccupato la situazione.
E’ lui che deve prendere le decisioni per
sconfiggere il fenomeno.
Robusto, di corporatura media, l’uomo ha perso parte
della sua capigliatura ma non il suo vigore.
Gli ultimi capelli rimasti non riescono ad
incorniciargli la fronte, ma stanno lì ritti, ribelli alla pressione del palmo
della mano che tenta di farli appiattire sulla testa, come cavalli
imbizzarriti.
“E’ proprio na
storia da fare venir i caveli dritti” dice a Toni l’autista che da una vita
lo scorrazza in macchina per ogni dove.
Il Presidente è un uomo di 55 anni ben portati; egli
indossa in quell’occasione un foulard
sulla camicia sbottonata ed un giubbotto di pelle scamosciata, i pantaloni di gabardine tengono meravigliosamente la
piega anche se lui passa tutto il giorno in macchina e sono in tinta col colore
nocciola del giaccone.
L’abbigliamento, pur nella voluta praticità, è
elegante e curato.
L’ultima ricognizione prima della riunione del
consiglio dell’Ente per il controllo delle mosche è doverosa perché più volte
ha promesso alla cittadinanza decisioni rapide che non sono mai arrivate.
Ha promesso di risolvere il
problema in tempi brevi, ha promesso il suo interessamento per ottenere il
massimo delle risorse per debellare quell’insolito fenomeno.
Il Consorzio per la Lotta alle Mosche ha, in
effetti, svolto un’intensa attività di ricerca, convegni, incontri con la
cittadinanza.
Ha discusso molto, ha assunto anche qualche usciere
per fare le fotocopie delle relazioni, ha dato molte consulenze ma non ha fatto
quello che tutti si aspettano per debellare il flagello delle mosche.
Niente disinfestazioni radicali, nessun
provvedimento per eliminare i cumuli di immondizia che si trovano ancora
stoccati lungo le strade più periferiche. E’ vero, è stato assunto qualche
operatore ecologico addetto al taglio dell’erba lungo i canali d’irrigazione ma
senza alcuna competenza relativa all’eliminazione dei rifiuti.
La situazione è esplosa durante lo sciopero dei
netturbini che si lamentano di dovere operare all’aperto per rimuovere la
spazzatura attaccati dalle mosche.
Il blocco dell’attività di rimozione ha provocato il
conseguente ampliamento dei cumuli di immondizie lungo le vie della città.
Anche se lo sciopero oramai è rientrato e i mucchi
di sacchetti di immondizie sono stati portati in parte alle discariche le
mosche sono rimaste.
I più pessimisti temono che la situazione possa
assumere proporzioni allarmanti entro breve tempo, all’epoca del grande caldo.
I più allarmisti parlano di possibili epidemie
collegate alla scarsa igiene.
Le mosche arrivate per caso hanno trovato nella
città il loro habitat ideale.
La città si è come trasformata in un grande
campo di battaglia.
E’ come vivere in un clima di guerra: tutti tengono
costantemente una paletta ammazza mosche a portata di mano, non solo in casa,
ma ovunque, anche sul posto di lavoro.
Le finestre degli edifici sia pubblici che privati
sono incorniciate dai più diversi tipi di zanzariera.
Chi non si rifugia nelle case, presidiando porte e
finestre con ogni più sofisticato mezzo di difesa, non ha via di scampo.
L’attacco di sciami di mosche è deciso e diretto ed
il loro terribile ronzio ossessiona i malcapitati.
Ogni attività all’aria aperta è di fatto impedita.
Nessuno più gioca a tennis o si reca in piscina sia
pure a prendere il sole di primavera.
Nessuno più si sposta in bicicletta o in
ciclomotore.
La situazione è oramai intollerabile.
Il nemico si può debellare con l’uso degli
efficacissimi d.d.t., ma quei prodotti sono stati messi al bando
definitivamente: nel paese si sta sostenendo una grande battaglia per riportare
tutti ad una migliore qualità di vita.
No agli sprechi, no alle macchine, no ai ritmi
alienanti di una civiltà comoda basata sul tutto pronto, sul tutto facile.
Si deve ritornare ad una vita improntata ai ritmi
naturali di un tempo.
Quindi no al d.d.t. e a tutti quei prodotti che
possono inquinare l’ambiente, bisogna accettare le mosche come componenti dell’habitat e combatterle con rimedi
naturali.
Certo che con tali rimedi non è facile sconfiggere
neppure quel piccolo insetto, che è così diventato per tutti il nemico pubblico
numero uno, la cui eliminazione è assolutamente prioritaria.
Con i suoi
occhietti sfaccettati e rotanti che lo tengono sempre all’erta contro ogni
tentativo di distruzione da parte dell’uomo, con le sue alucce trasparenti che
lo rendono agilissimo in ogni subitaneo spostamento, con il suo corpo piccolo e
peloso che dà una sensazione di sporco e di schifo, quel piccolo insetto è
stato oggetto dei più attenti studi e delle più complesse ricerche da parte dei
migliori esperti assunti dal Consorzio per la Lotta alle Mosche.
Capitolo 2. L’invasione delle mosche.
Il Presidente
non ha certo lesinato in spese per consulenze e ricerche per combattere
l’invasione delle mosche.
L’abolizione
dei sistemi più radicali ha però vanificato ogni tentativo di risolvere il
problema con mezzi naturali.
Tecnici e
amministrativi di ogni specialità hanno esaminato e studiato il problema sotto
ogni aspetto anche il più insignificante. Gli esperti hanno prodotto studi
enciclopedici.
Gli studiosi
hanno sviscerato nel modo più analitico la storia del fenomeno; hanno
analizzato le possibili cause che hanno ingenerato l’invasione di mosche; non
hanno trascurato alcun dettaglio ed hanno fornito ogni plausibile motivazione.
Le soluzioni
proposte sono numerose e contraddittorie.
La questione è stata esaminata sotto il profilo
tecnico, ma non sono per questo stati trascurati gli studi che mettono in
evidenza l’aspetto sociale del fenomeno.
Sono stati formulati e spediti migliaia di
questionari la cui lettura e compilazione consentono anche al più sprovveduto
lettore di essere aggiornato su ogni attività molesta dell’insetto.
Quante volte
al giorno il dichiarante è stato, mediamente, punto da una mosca nell’ultima
settimana?
Quante ne ha viste, mediamente nell’ultima
settimana, in cucina, in soggiorno, in camera da letto ed in bagno?
E i discendenti, ossia i
figli, e gli ascendenti, ossia i genitori, ed il coniuge, ossia la moglie, del
dichiarante quante volte, sempre nell’ultima settimana, sono stati colpiti?
Chissà perché, ma probabilmente per la concezione
tremendamente maschilista di quella società, il dichiarante, nel gergo
burocratico dei questionari, è sempre il maschio di casa.
L’indagine scende poi nei particolari per definire
di che specie sono gli insetti attaccanti, fornendo una idonea informazione sui
tipi di quelli più diffusi.
Si tratta forse della mosca comune di piccole
dimensioni, facile da trovare nei quartieri del centro della città.
Si tratta forse del moscone della carne, più grande
delle normali mosche, riconoscibile per il ronzio provocato dalle grosse ali.
Lo si può trovare nei luoghi di mercato e nelle
macellerie, dove i negozianti hanno adottato un vero e proprio piano di difesa
per impedirne l’entrata.
Si tratta forse dell’estro del cavallo o dell’estro
bovino, che si trovano più di frequente nelle zone di campagna appena fuori
dalla città, dove c’è ancora qualche cascina con delle stalle.
Si tratta forse della noiosa zanzara, terribile
succhiatrice di sangue, che riesce a marchiare uomini, donne e bambini, con il
suo implacabile pungiglione.
Si tratta forse delle formiche alate, che, nelle
sere d’estate, si levano in volo con i loro compagni per l’ultimo volo di
morte.
A cosa serve un questionario di tal fatta pochi
forse l’hanno capito, o forse, pur capendolo, pochi osano avanzare dei dubbi o
dichiararne pubblicamente l’inutilità.
“Cosa serve
far tanti studi?”
E’ stato detto da qualche piccolo gruppo di
sprovveduti che non sanno che i fenomeni per essere risolti dalla radice devono
essere studiati approfonditamente.
Quanti dibatti il Presidente ha dovuto affrontare
per convincere i suoi interlocutori.
“No basta
ciapar qualche decision invece che far ricerca.
A cosa serve
contar le mosche se no se pol eliminarle che co sto bacheta.”
Essi nel corso della discussione mostrano,
alzando prepotentemente le mani, una fluttuante asticella di plastica non più
lunga di quaranta centimetri che finisce con una paletta dello stesso materiale
tutta bucherellata.
E’ lo strumento che il Consorzio ha
distribuito a tutta la popolazione per risolvere il problema delle mosche in
maniera poco impattante senza contaminare con gli insetticidi l’ambiente.
”Volemo
insetticidi” – reclamano – “volemo
quei più potenti. No volemo sta roba” urlano agitando la paletta.
Il Presidente ha spiegato, invano, a questi
sprovveduti come stanno le cose.
Poverini, costoro non capiscono la bontà delle
scelte operate dal Consorzio per la Lotta alle Mosche.
Non si sono ancora convinti della necessità di
cambiare metodo.
L’indagine preventiva è l’unico sistema da
adoperare, se non si vuole rischiare grosso con gli insetticidi e assoggettare
tutti ad un pericolo globale di inquinamento.
Basta solo un po' di pazienza.
Non è stato costituito, dopo un’ampia consultazione,
un apposito Ente per il controllo delle mosche? Non vi hanno espresso tutti la
massima adesione?
E allora bisogna solo aspettare!
Il meccanismo per risolvere il problema delle mosche
è già stato innescato!
Capitolo 3. La
riunione del consiglio di amministrazione.
La riunione del Consorzio per la Lotta alle Mosche è
fissata per le 18.30 del 17 aprile 2017.
Il Presidente che è un tantinello superstizioso è
convinto che il 17 sia per lui un numero che porta fortuna.
Circa un’ora prima gli uscieri hanno incominciato i
preparativi, come al solito con molta precisione.
Il tavolo rettangolare in mogano lucidissimo
rispecchia il lampadario di vetro di Murano lavorato a mano, che troneggia in
mezzo alla sala con i suoi colori tenui dal rosso all’azzurro pallido.
I portacenere, lavati accuratamente e perfettamente
lucidati, attendono con disgusto la cenere ed i mozziconi di sigarette che
avrebbero inevitabilmente ospitato nel corso della riunione.
Le sedie sono allineate come tanti soldati
sull’attenti.
Il condizionatore, acceso al massimo dà una
piacevole sensazione di fresco abbassando di pochi gradi la temperatura
primaverile nel tentativo di raffreddare gli animi.
Tutto è preparato con estrema accuratezza.
Anche le cartelle, ordinatamente disposte sui
tavoli, gonfie di documentazione e di carta per appunti, fanno presagire che la
seduta sarebbe stata importante.
D’altro canto l’attività del Consorzio per la Lotta
alle Mosche è conosciuta da tutta la città.
L’intero consiglio di amministrazione si è prodigato
affinché il problema sia dibattuto ovunque.
Sui giornali a tiratura locale sono apparsi da tempo
ampi spazi pubblicitari che illustrano quanto è stato fatto e i futuri
programmi del Consorzio per la Lotta alle Mosche.
Gli opuscoli divulgativi sono a disposizione di
chiunque voglia informarsi e dare il suo contributo per la battaglia; la lotta
contro il comune nemico ha bisogno della mobilitazione di tutta la popolazione.
La riunione fa parte, minuscola particella in
realtà, di quel grande programma di combattimento il cui unico scopo è quello
di debellare definitivamente l'acerrimo nemico.
Gli argomenti all’ordine del giorno sono di grande
rilevanza; poiché il Presidente ha in programma di illustrare il suo programma
per debellare il flagello delle mosche; il clima si prospetta torrido.
Tutti sanno benissimo che il Consiglio è
completamente spaccato sui rimedi da adottare ed una decisione finale che trovi
tutti o almeno la maggioranza dei consiglieri disposti a sostenerla non è un
facile obiettivo da raggiungere.
L’espressione dei componenti del Consiglio è
impenetrabile, così che non è possibile intuire il loro pensiero, forse perché
molti di loro non hanno le idee ben chiare.
I consiglieri entrano nella sala con passo sicuro,
parlottando tra loro del più e del meno.
Gli uscieri, tirati a lucido ed impettiti, consci
del loro ruolo, attendono in piedi, accanto alla imponente porta a vetri,
l’arrivo dei loro santi patroni.
Ogni consigliere è, infatti, per i dipendenti del
Consorzio un punto di riferimento per ogni grazia da chiedere. Tutto il loro
avvenire lavorativo dipende da loro.
Il compito principale degli uscieri, data l’attuale
situazione, è quello di richiudere precipitosamente la porta facendo bene
attenzione che con i consiglieri non entri nella sala anche l’odiato nemico.
Dopo essersi sincerati che nessuna mosca è riuscita
ad infiltrarsi, solo allora, come solerti padroni di casa, salutano
distintamente col doveroso.
“Bongiorno
Cavalier” “Bongiorno Commendator.”
Tutti i consiglieri sono, infatti, Cavalieri
o Commendatori e Dio sa se l’hanno sudata quella onorificenza.
Solo il Presidente non ha titoli, lui viene,
infatti, da una esperienza di dura gavetta, tratta gli uscieri con grande
familiarità sentendosi molto vicino anche a chi presta l’opera più umile.
Lui ha sempre per loro un saluto più caloroso degli
altri, accompagnato spesso da una battuta o da una domanda cortese.
Fra gli uscieri gli è simpatico Filisteo dalla voce
profonda e grave. Una voce che pare uscire dall’oltretomba e che rende
importante anche le parole più insignificanti da lui pronunciate.
Sarebbe potuto diventare un buon baritono, solo se
avesse ascoltato i consigli di suo padre melomane convinto.
Tutti si accorgono del suo saluto anche se non si fa
mai incontro alle persone.
Per quanto cerchi di avanzare spedito deve
trascinare pur sempre la sua gamba cui la paralisi ha bloccato la crescita
quando era bambino.
Filisteo non se ne fa un problema.
E’ un saggio come tutti i pescatori.
Lanciare con grande maestria l’amo nel mezzo del
fiume è il suo più grande divertimento.
Quando può è lì in riva al fiume a due passi dalla
città con il suo inseparabile motorino. Da quando c’è l’invasione delle mosche
ha dovuto interrompere la pesca perché gli insetti, se stai fermo, ti avvolgono
in un abbraccio impossibile.
La sala si è riempita alla spicciolata, oramai sono
arrivati tutti.
Manca solo lui: il Presidente.
Lui si presenta immancabilmente in ritardo non tanto
perché voglia fare pesare l’importanza della carica, ma per il suo temperamento
svagato, assorto, abituato a pensare contemporaneamente a cento argomenti,
pronto a fermarsi a discutere con chiunque per finire, di preferenza, in un bar
davanti ad un’ombra di vino, purché genuino, s’intende!
Il Presidente entra con passo sicuro tenendo fra le
labbra carnose un puzzolente sigaro toscano.
Il sigaro scorre da un lato all’altro delle labbra
con estrema destrezza e, pur tenendolo ben fermo, dà l’impressione che sia lì
appiccicato quasi per caso.
L’acre profumo impregna la stanza e supera l’odore
di fumo delle numerose sigarette dei consiglieri, ma nessuno si azzarda a
protestare per quella intollerabile atmosfera da camera a gas.
Il Presidente, da buon padre di famiglia, saluta
molto calorosamente gli uscieri e si introduce nella sala.
Prende posto nella poltrona più ampia e comoda, in
testa all’enorme tavolo di mogano lucente.
I consiglieri sono già tutti presenti.
Capitolo 4. Il
dott. Rossi.
E’ giunto anche il segretario.
Il dott. Rossi è ancora trafelato per l’ultima corsa
da un ufficio all’altro per racimolare le ultime carte da portare in consiglio
di amministrazione.
E’ un vecchio dirigente amministrativo aduso a tutte
le astuzie.
E’ riuscito con mille intrallazzi ad ottenere un
unanime consenso per quell’importante incarico.
Amicizie e frequentazioni con importanti dirigenti
dell’Organizzazione centrale hanno supportato la sua nomina in periferia
Non è particolarmente esperto dei problemi tecnici
che la battaglia contro le mosche impone.
La sua professionalità consiste soprattutto nella grossa
capacità di sapere trovare collegamenti a tutti i livelli.
Passa gran parte del suo tempo a garantire la sua
massima disponibilità a favore dell’Organizzazione.
Serve un aiuto per un’assunzione?
C’è da fare un piacere a qualche simpatizzante?
C’è da organizzare un convegno?
Sempre a disposizione senza nulla chiedere.
Il dott. Rossi è sempre al telefono a ragguagliare
di ogni piccolo particolare i suoi referenti per tenerli informati di ogni
possibile sviluppo e per fare vedere la sua disponibilità al servizio.
La sua filosofia è molto semplice: cercare di essere
accomodante con chi comanda, essere arrogante e strafottente con i suoi
sottoposti.
Effettivamente è un sistema collaudato per cercare
di rimanere al suo posto il maggior tempo possibile.
Il suo aspetto fisico denota questa sua
indiscutibile capacità.
E’ alto e piuttosto magro.
Le gambe e soprattutto le braccia appaiono
straordinariamente lunghe rispetto al tronco.
Le braccia poi si muovono in continuazione e,
soprattutto, è a loro familiare e consueto l’alzarsi fino all’altezza delle
spalle e abbracciare, con bonarie pacche sulla schiena, l’interlocutore quasi a
volere captare la sua benevolenza.
E’ il modo pratico di tradursi di una ostentata
familiarità che, a dire il vero, però non si manifesta mai con i suoi
subalterni, ma solo con coloro che possono essergli utili.
Di solito, con le persone che collaborano con lui in
un rapporto di chiara subordinazione, il dott. Rossi è rigido e poco cordiale e
non ama indulgere ad alcuna familiarità anzi si diverte a tenerli sotto
pressione, non dimostrandosi mai soddisfatto del loro lavoro.
La stanza è luminosa.
Tre ampie vetrate si aprono verso ovest e, dall’alto
del decimo piano, chi vi si affaccia può godere di una vista meravigliosa;
specie al tramonto quando il sole, giunto al tetto dei palazzi di fronte, tinge
di rosso il cielo.
E’ un quadro naturale offerto dall’amministrazione
per la maggiore delizia dei potenti che frequentano la sala delle riunioni.
Il grattacielo è stato costruito negli anni 50 e
incombe su di un giardino dove gli anziani si godono un sonnolento riposo
seduti sulle panchine ed i bambini giocano sotto gli occhi delle madri.
Ora il giardino è deserto perché le mosche
impediscono una sosta tranquilla.
Anche i bambini non resistono e dopo in po’ piangono
infastiditi dal continuo ronzio e dagli attacchi delle mosche che li
importunano; le madri, non potendo difendere le loro creature all’aperto,
preferiscono ritirarsi all’interno delle abitazioni.
E’ questo l’unico spazio verde sito nel cuore della
città di recente liberato dalle macchine che prima continuavano imperterrite a
girare sempre alla ricerca di un introvabile parcheggio.
La vista del verde degli alberi combatte la sua
battaglia per vincere il colore grigio del cemento delle nuove costruzioni.
I consiglieri non si curano, però, di ammirare il
panorama; essi sono lì, sprofondati nelle loro poltrone dirigenziali, pronti a
dare il loro contributo sofferto, ma utile.
Se ne stanno attorno al grande tavolo di mogano
lucente di forma ovale che troneggia imponente nel bel mezzo della sala.
Se invece che di forma ovale fosse stato un tavolo
rotondo il paragone con i mitici cavalieri dalle nobili gesta sarebbe balzato
evidente alla mente di chiunque.
Che differenza può esserci se invece di tenere
saldamente nelle mani le redini di indomiti destrieri, per combattere contro
ogni pericolo, i consiglieri sono saldamente aggrappati ai braccioli delle loro
poltrone per combattere il nuovo flagello?
Si tratta, però, di un tavolo ovale!
Ognuno ha dinanzi una cartella di similpelle nera,
lucida anch’essa, come il tavolo, ripiena di ogni sorta di cancelleria: gomme,
matite, penne biro e fogli per appunti.
E’ un piccolo corredo che avrebbe fatto gola ad un
bambino ansioso di tracciare sui fogli di carta bianchi dei disegni infantili.
Forse per questo le cartelle devono, il più delle
volte, essere sostituite.
I posacenere sono accuratamente lavati e luccicano
al riflesso della luce artificiale.
L’atmosfera è carica di energia, si avverte che non si
tratta di una delle solite riunioni dedicate all’ordinaria amministrazione,
qualcosa di importante sta per accadere.
Anche l’ora nella quale è stato convocato il
consiglio - le diciotto e trenta – è insolitamente tarda rispetto alle normali
riunioni che si svolgono all’inizio del pomeriggio e lascia presagire che
qualcosa di nuovo sarebbe accaduto.
Quell'ora stanca e pigra del crepuscolo si trasforma
anch’essa in una piccola tessera che deve servire a completare il mosaico di
questo importante avvenimento.
Tutto sembra fermo, immobile, in attesa.
Una strana quiete prima della tempesta.
Tutti quelli che contano nel Consorzio sono presenti
alla riunione.
Il dott. Bianchi no.
Lui è semplicemente vice segretario aggiunto.
Capitolo 5. Il
dott. Bianchi.
Il dott. Bianchi è vice segretario aggiunto preposto
alla ricerca scientifica.
Per lui, particolarmente legato a schemi
burocratici, la carriera è un modo di affermare la propria personalità.
Legittimista ad oltranza, il solerte funzionario
ritiene di potere raggiungere posizioni di vertice senza andare a proporsi ai
potenti, soprattutto senza richiedere la loro protezione.
Il dott. Bianchi non ha santi patroni in consiglio.
Lui è uno dei pochi che al Consorzio per il
controllo delle mosche è arrivato con un regolare concorso.
Uno degli ultimi concorsi banditi per errore
contravvenendo alla regola imperante che gli amministratori devono scegliere i
loro dirigenti
E’ proprio per questo che è inviso ai consiglieri
perché è arrivato a quella posizione senza avere avuto bisogno di nessuno.
“Chi no ga
bisogno de nissun, nol fa piaseri a
nissun” ripete spesso Politicante che ha più volte sondato il dott.
Bianchi per verificare una sua collaborazione alla gestione del Consorzio se
per caso col tempo la situazione dovesse evolvere.
Scuote la testa pensando ai problemi che il dott.
Bianchi può creare se solo lo si metta in una posizione autonoma che gli
consenta di affrontare le difficoltà.
Il problema delle mosche può essere risolto in tempi
rapidi con una spesa modesta ed in fretta.
Una vera disdetta che bisogna contrastare con tutti
i mezzi.
Sanno che sono pericolosissime le persone che hanno
competenze proprie e sanno lavorare senza bisogna di coperture.
Se non è stato necessario il loro intervento per
costruire la carriera di questi presuntuosi la loro autorità è
irrimediabilmente minata.
Chi è assunto senza bisogno di padrini ritiene di
potere fare tutto da solo senza rispondere alle indicazioni
dell’Organizzazione.
Quello che ha portato alla assunzione del dott.
Bianchi sarebbe rimasto l’ultimo concorso.
D’ora in poi le persone le avrebbero selezionate
loro secondo il loro indice di gradimento.
Quante tessere hanno recuperato all’Organizzazione?
Rispondono alle indicazioni?
E soprattutto i problemi devono essere risolti nei
tempi e con le modalità fissate dall’Organizzazione.
Niente personalismi o colpi di testa.
Questi sono i parametri di selezione per
l’assunzione di un dipendente del Consorzio!
Il dott. Bianchi studia, studia, scrive, scrive; lui
sa tutto sul modo di vivere delle mosche e su come combatterle fino a
distruggerle completamente.
Ha fatto studi accurati sugli insetticidi.
Distingue quelli che hanno forti presenze di
sostanze velenose; cerca di mettere in guardia i consiglieri dai loro effetti
negativi.
Teme, infatti, che il loro
deposito nel suolo li ponga nel ciclo vitale della alimentazione umana, cosa
estremamente pericolosa poiché attraverso gli alimenti possono essere assunti
dalle persone e provocare danni irreversibili.
Predilige per la lotta alle mosche prodotti con
componenti naturali, magari meno efficaci, ma che per lo meno producono la
scomparsa delle mosche senza creare effetti secondari o quelli che agiscono sul
sistema di riproduzione delle mosche, facendo in modo che gli acerrimi nemici
non possano procreare.
Il dott. Bianchi è un illuso.
Egli pensa di risolvere i problemi attraverso
conoscenze tecniche! Vuole fare carriera attraverso la sua preparazione
professionale senza cercare agganci con nessuno!
Inaudito!
Se ne sta lontano da riunioni e convegni che non
siano prettamente scientifici, disdegna persino il ricco buffet che segue ritualmente la fine del convegno.
“Chi non
prosegue la discusion magnando na tartina xe un maleducato e dimostra de aver
poca vogia de far ben!” Sentenzia il dott. Rossi addentando una tartina al
salmone.
“Delisiosa”
replica mentre il Presidente ripete che
la lotta alle mosche, a suo avviso, è a buon punto e che i problemi sono in via
di soluzione.
Il dott. Bianchi preferisce passare il suo tempo tra
studi ed esperimenti.
Questo suo modo di fare è gradito al Presidente che
ritiene di potere utilizzare la competenza tecnica del dott. Bianchi, ma è
oltremodo sgradito a Politicante e a buona parte dei consiglieri.
Il dott. Rossi lo detesta perché ha una buona
preparazione e le poche volte in cui può prendere la parola in consiglio dice
delle cose sensate che possono mettere in secondo piano la sua incontestata
capacità dirigenziale.
Non ha nemmeno il pudore di stare zitto quando parla
qualcuno più importante di lui.
Fa, magari delle precisazioni utili ma che fanno
apparire l’oratore meno preparato di uno appena laureato che manca di
esperienza di gestione.
Fa parte di quella categoria di dirigenti non può
ammettere che ci sia qualcuno che possa metterlo in ombra.
Meglio sostenere dei collaboratori un po’ insulsi
che combinano magari qualche pasticcio.
Questi somari, almeno, possono dare a Politicante la
possibilità di fare bella buona figura suggerendo qualche facile rimedio.
Il dott. Bianchi poi ha la mania di suggerire delle
soluzioni innovative poco sperimentate e poco costose. Esse non consentono di
fare grossi appalti e muovere conseguentemente grosse somme.
Una disdetta insomma per ogni buon amministratore!
Il dott. Rossi lo giudica come un saccente che vuole
risolvere i problemi ignorando completamente l’apporto del Consiglio; come se
la sua competenza alla soluzione alla battaglia contro le mosche non sia
determinante.
Questo
comportamento è per lui intollerabile e prima o poi gliela avrebbe fatta
pagare.
Capitolo 6. La
discussione.
Il Presidente prende una posizione comoda sulla sua
poltrona di cuoio marrone, dà una sbirciatina, quasi per un ultimo controllo,
al fascicolo contenente la sua relazione, infine beve un sorso d’acqua minerale
per sbloccare la lingua, che si è impastata nella bocca ed è diventata arsa per
l’emozione.
Gli capita sempre così quando deve incominciare a
parlare, il vero oratore ha sempre bisogno di sorseggiare un mezzo bicchiere
d’acqua.
E’ pronto.
Sta per incominciare: “Egregi consiglieri” ma si
interrompe subito poiché vede giungere Filisteo, che trascina la sua gamba
offesa più velocemente del solito, con un telefono portatile in mano.
Il Presidente quando è impegnato nelle riunioni
spegne sempre il suo cellulare.
Filisteo si avvicina al presidente il più possibile
per fare sì che nessuno senta quello che gli sta dicendo: “Ghe xe la signorina Cocoleta al telefono”
Cocoleta è il nomignolo con cui il Presidente chiama
la sua morosa.
E’ la sua eterna fidanzata.
Non vivono assieme perché non vogliono legami troppo
stretti e ognuno vuole vivere in maniera autonoma la propria vita, soprattutto
Cocoleta.
Lei sa benissimo che il Presidente non può e non
vuole essere disturbato durante il suo lavoro e soprattutto durante le riunioni,
ma si compiace di essere un tantino dispettosa e di averla vinta anche nelle
situazioni in cui sa di avere torto.
“Te go dito de
no telefonar quando so drio a far le riunioni!” Il tono del Presidente è
visibilmente irritato.
“Ma ti sa che
no ti me ga da neanca un baseto quando ti xe andà via?” risponde Cocoleta
più dolce della pasta di mandorle – il dolce preferito del suo moroso.
Il Presidente tenero di cuore non sa fare altro che
scusarsi “Si Cocoleta amor mio te domando
perdono ma gero in pensiero per el lavoro!”
“Ecco no ti
pensi mai a mi” Cocoleta soddisfatta di avere la meglio ancora una volta
non vuole stravincere “Ciao te laso xe
vedemo dopo.”
Il Presidente ha imparato a sue spese che a Cocoleta
non si può che dare ragione per averla vinta.
Riposto il telefono nelle grosse mani di Filisteo,
il Presidente può cominciare finalmente a dare lettura della relazione,
scusandosi di un inopportuno scocciatore.
I consiglieri sanno già
benissimo i contenuti del programma di attività dell’ente, perché se ne è già
parlato più volte in mille riunioni preparatorie, e seguono con distrazione la
relazione.
Il discorso è essenzialmente tecnico, come un notaio
il Presidente fa la cronologia dei fatti dalla data di inizio del fenomeno:
“I primi gruppi di mosche che hanno incominciato a
notarsi nella periferia non hanno destato una eccessiva preoccupazione. Tale
comparsa non è stata sottovalutata perché il nostro ente ha sempre tenuto
monitorato il fenomeno.”
Essi sono attenti solo ad appuntare qualche frase,
che può dare spazio ad un loro intervento di rettifica, di puntualizzazione o
di plauso, a seconda che siano su posizioni a favore o contro il relatore.
“In una successiva fase il fenomeno si è fatto più
preoccupante con l’avanzarsi delle mosche nei quartieri vicini al centro.
Abbiamo considerato in un primo tempo che l’avanzata
degli insetti poteva debellarsi con una maggiore igiene.”
La soglia di attenzione dei consiglieri si sta
alzando mano a mano che l’avanzata delle
mosche si avvicina al cuore della città.
“Infine la terza fase è proseguita - tuona il
Presidente – con l’attacco ai quartieri centrali che deve essere combattuto con
ogni mezzo. Fatta questa indagine non resta che individuare i rimedi. Le mosche
possono esser combattute solo col Distruttore di Mosche”.
A tal punto della riunione il dott. Rossi con un
cenno della mano invita Filisteo, secondo precisi accordi presi in precedenza,
a portare un proiettore per fare conoscere attraverso le immagini il
Distruttore di Mosche.
Il Distruttore di Mosche è un apparecchio brevettato
di recente realizzato grazie alle preziose consulenze fornite da un apposito
gruppo di tecnici segnalati dai Consiglieri al presidente.
Esso è formato da un'asticella flessibile di legno
che termina con una paletta di plastica traforata.
Il legno è stato scelto per la sua assoluta
elasticità che consente di colpire la mosca senza che questa abbia il tempo di
accorgersene.
La vera novità è la paletta traforata; i fori sono
stati studiati appositamente con dimensioni che sono più piccole della normale
consistenza dell’insetto, ma tali da fare passare l’aria di modo che la mosca
non abbia neppure il tempo di avvedersi del pericolo perché il Distruttore di
Mosche si avvicina senza fare il minimo rumore.
L’aria passando attraverso i fori non causa alcun
spostamento che possa mettere in allarme gli insetti che si trovano spiaccicati
in un amen.
Il Presidente si aspetta un consenso generale a
questa sua brillante proposta, che l’ha impegnato in giorni di preparazione, ma
non è così.
Capitolo 7.
L’accusa.
Politicante ha assistito apparentemente distratto
alla relazione, in effetti, ha come sempre soppesato ogni parola.
Improvvisamente ha capito che la misura è colma e
che il Presidente non è più in grado di gestire la situazione.
Politicante ha sempre dato gran conto al suo fiuto e
così ha deciso che è il momento giusto per attaccare il Presidente e per
arrivare al suo posto.
L’attacco è già stato programmato da tempo nella sua
mente perché la sua ambizione è infinita e quella è la volta buona.
Lo sente!
Il Presidente non ha neppure il tempo di riprendere
la normale posizione rilassata sulla sua poltrona, che le parole di Politicante
lo investono come Erinni vendicatrici.
Ha represso fino a quel momento ogni emozione particolare,
ma interiormente, come una belva feroce, ha concentrato ogni suo muscolo per lo
scatto finale.
“No capiso”
esclama in dialetto ma poi si riprende subito ritornando alla madre lingua “Non
capisco in cosa si differenzia Distruttore di mosche da tutte le normali
palette che ci sono in giro.”
“Ma gli studi, le consulenze, le sperimentazioni”
tenta di interloquire il Presidente.
“Bisogna finirla“ tuona Politicante “bisogna finirla
di affrontare i problemi senza una impostazione che tenga conto di tutta la
composizione dell’intero fenomeno e soprattutto senza una analisi dettagliata
del problema.
Soprattutto non si deve tornare indietro ossia non
bisogna ritornare all’epoca degli insetticidi perché questi sistemi oramai non
ci convincono più”.
”E poi” soggiunge “ è ora di piantarla di indicare
rimedi senza avere compiuto tutte le analisi e le informazioni preliminari”.
“Lo sapete voi” prosegue “che molti dei questionari,
che noi abbiamo fatto distribuire nella città, non sono ancora nelle mani dei
cittadini che devono compilarli e restituirceli.
E’ necessario che noi facciamo una azione capillare
su tutto il territorio per risolvere questo problema dalle radici.
Bisogna convincere tutti” - e la sua voce si è fatta
talmente suadente che forse a tal punto lo stesso Politicante crede in quello
che sta dicendo - “della necessità di proseguire nella ricerca e
nell’informazione.
Dobbiamo contare il numero delle mosche, anche se
ciò ci costa fatica, rilevare l’entità del fenomeno complessivo per potere poi
adottare i sistemi più adeguati.
Per me il Distruttore di Mosche così come proposto
non può andare bene perché il problema è stato impostato, mi si consenta, con
un buon grado di pressappochismo.
Non sappiamo se effettivamente il DM - così chiama famigliarmente la paletta -
porti dei risultati concreti, scientificamente provati, se tutti siano in grado
di usarlo; sono stati fatti dei corsi di formazione, sono state coinvolte le
associazioni dei cittadini che devono utilizzare questo prodotto?
Poi voglio rendermi conto del fenomeno
personalmente.
Propongo, pertanto, che siano eseguite delle
verifiche sul territorio della nostra città e mi impegno, per lo spirito di
servizio che ci accomuna, miei cari consiglieri, ad effettuare io stesso una
indagine diretta sul territorio, quartiere per quartiere, anche casa per casa
se sarà necessario.
Dobbiamo, infatti, essere informati sull’entità del
fenomeno: cosa possiamo fare di meglio che verificare direttamente.
Solo così possiamo fare finalmente qualcosa.
Basta con le soluzioni avventate, basta con l’uso
dei prodotti che non risolvono il nostro problema e che possono crearne di ben
più gravi”.
Il lavoro di Politicante consiste nella ricerca del
consenso.
Come e su cosa deve essere costruito questo sostegno
alla causa della battaglia delle non gli interessa ma occorre che ci sia.
C’è un’anima romantica in Politicante che vorrebbe
lanciarsi a capofitto nelle sue imprese alla testa del suo esercito di prodi
Ogni sua azione, ogni sua iniziativa è volta a fare
in modo che tutti sentano che lui c’è, che è lì pronto a farsi in quattro.
Non c’è battesimo, cresima o funerale di un certo
peso in città cui non partecipi.
Non c’è avvenimento politico, sociale, culturale di
una qualche importanza a livello locale che non lo veda presente in prima fila
anche a costo di andare a tre cene per sera.
Qualunque occasione che raduni un gruppo di persone
lo vede in prima fila a salutare e stringere mani.
Politicante costruisce incontro dopo incontro,
riunione dopo riunione, una rete fittissima di relazioni assicurando tutti che
lui è sempre disponibile.
Lui non si nega mai a chi gli chiede una
raccomandazione per un lavoro o un intervento, per una pratica di pensione o
per un finanziamento o un intervento teso a perorare la propria causa contro un
vicino antipatico.
Lo scopo ultimo non è quello di fare raggiungere un
obiettivo a chi si rivolge a lui ma quello di aumentare la sua posizione
sociale od il suo portafoglio clienti.
Con educazione si presenta, con insistenza si
propone, con arroganza presenta sempre il conto.
Politicante non ha mai lavorato – intendendo per
lavoro quella che è la accezione corrente della parola.
Non ha mai svolto un lavoro né dipendente né
autonomo.
E’ sempre stato con l’Organizzazione, ha partecipato
a tutte le riunioni; è sempre stato presente a tutte le votazioni, dando la sua
preferenza a chi gli hanno detto di nominare.
Politicante ha raccolto intorno alla sua persona una
trama di intrecci e di legami talmente fitta che se lui chiede qualcosa è
impossibile negargliela.
Nessuno di quelli che contano può ormai rifiutargli
una presidenza, un posto che gli consenta di avere un’esistenza agiata senza
problemi economici, a fronte del suo innegabile spirito di servizio.
Il Presidente non si aspetta di certo un simile attacco;
anche lui è sostenuto dall’Organizzazione anche se non ha gli stessi appoggi e
non ha costruito gli intrecci così robusti realizzati da Politicante.
Sa bene che quel dargli addosso non vale solo per
quello che significano le parole, ma soprattutto per il tono e per
l’espressione particolarmente significativa che ha assunto l’oratore.
Tutti hanno potuto intendere il reale significato di
quell’atteggiamento.
Esso vuole fare capire, senza alcuna possibilità di
interpretazioni contrarie, che oramai il dado è stato tratto.
L’Organizzazione ha con tutta evidenza deciso che è
giunto il momento di cambiare sistema nella gestione del Consorzio per la Lotta
alle Mosche, e ciò significa in primis
che è giunto il momento di cambiare gli uomini in seno all’ente ed in
particolare di cambiare lui il Presidente.
L’Organizzazione è l’organismo che raggruppa tutti
coloro che vogliono partecipare attivamente alla gestione del paese.
E’ all’interno degli apparati dell'Organizzazione
che si formano le classi dirigenti.
Bisogna dare prova di grande disponibilità.
Essere in grado di recuperare il consenso ad ogni
livello.
Il consenso a tutti i costi.
Promettere sempre tutto a tutti.
Ti serve un lavoro: ci pensa l’Organizzazione a
raccomandarti presso coloro che contano e a darti le dritte per superare un
concorso pubblico.
Devi farti ricoverare in ospedale e ci sono dei
problemi: ci pensa l’Organizzazione.
Devi ricoverare il nonno all'Ospizio. Basta trovare
l’uomo giusto dell’Organizzazione.
In cambio basta solo sostenere gli uomini della
Organizzazione nelle tornate elettorali affinché possano installarsi ai vertici delle
strutture pubbliche ed essere in grado di fornirti anche per il futuro i loro
servigi.
Il Presidente si rivolge, quasi istintivamente,
verso il dott. Rossi che siede alla sua destra.
Lo fissa con uno sguardo interrogativo, quasi voglia
da lui la risposta a quegli interrogativi che gli frullano nella testa.
Il dott. Rossi ha una reazione inattesa che mal si
collega con l’austerità dell’ambiente.
E’ stato preso ancora una volta dalla irrefrenabile
consuetudine che deriva dalla sua origine di uomo del meridione che si sente
incapace di reagire all’ineluttabilità del destino avverso.
Il dott. Rossi alza le braccia al cielo, ruotando i
polsi all’esterno, e ammicca leggermente gli occhi reclinando la testa verso
sinistra come a dire: “Ma che ce posso fa?”
L’attacco è stato condotto con tale celerità e
segretezza che pure il dott. Rossi è stato tenuto all’oscuro di tutto per non
fare fallire con qualche inopportuna indiscrezione l’operazione.
Il segretario
subito si ricompone quasi in una subitanea richiesta di scuse al consiglio per
l’involontario gesto.
A quel punto, per una ricerca estrema di alleanze
per sostenere la sua nobile causa e la sua poltrona, il Presidente rivolge gli
occhi verso gli altri consiglieri che di solito lo affiancano nelle sue
decisioni e che naturalmente si collocano nella sua linea di gestione
dell’ente.
Essi, però, sono talmente sbalorditi da
quell’intervento così improvviso e soprattutto così fuori da quegli schemi
consueti di battaglia verbale finora usati che non riescono a spiaccicare
parola alcuna.
Il Commendatore assume un’espressione pensosa.
Questo atteggiamento ha l’effetto immediato di
distoglierlo dall’urgenza di rispondere ad eventuali interrogativi che gli sono
rivolti dagli occhi imploranti del Presidente.
Di solito è il primo ad intervenire con la sua
faccia rotonda ed i suoi occhi grandi che ti guardano sempre indagatori a
cogliere ogni sfumatura del tuo animo.
Ha maturato la sua esperienza nelle fabbriche,
organizzando picchetti e cortei, raccogliendo adesioni per mille battaglie.
Questa volta è rimasto spiazzato perché le cose lui
le prepara: non gli piacciono le improvvisazioni per questo lui preferisce
stare a guardare cosa succede.
Il signor Consenso è, invece, più impacciato degli
altri in quanto la sua impossibilità congenita di spiaccicare un discorso di
più di tre parole (tartaglia tremendamente) lo mette nella impossibilità di
assumere posizioni immediate.
Prima di dire qualunque cosa ha la necessità di
scrivere anche il più breve discorso e di rileggere il contenuto più di una
volta prima di essere sicuro di pronunciarlo tutto di un fiato, si fa per dire.
Il signor Speraindio ha inavvertitamente incrociato
le mani, quasi a volere assumere un atteggiamento di preghiera.
Sembrava voglia dire al Presidente: “Che Dio te la manda bona.”
Non è abituato a prendere iniziative se non sono
prima concordate con l’Organizzazione bisogna riflettere e soprattutto gli
altri devono decidere per lui prima di prendere l’iniziativa.
Il signor Virgineo ha assunto una espressione
pensosa perché percepisce che si tratta di una situazione straordinaria e che
tutti devono dire subito qualcosa, che non c’è tempo da perdere; bisogna
chiarirsi le idee, pilotare le decisioni prima di esserne travolti.
E’ sul punto di prendere la parola, ma ha preso il
sopravvento la sua cronica abitudine di rinviare ogni decisione, perché, come
dice sempre lui: “Prima dormi e dopo
parla .”
Dall’altra parte del tavolo i rappresentanti
dell’Opposizione, che non sembra troppo sorpresa dal discorso di Politicante,
non sta più nella pelle.
L’Opposizione tenta invano da tempo di raggiungere
la struttura messa a punto dell’Organizzazione.
Gli aderenti all’Opposizione costituiscono una
grande forza d’urto, ma non sufficientemente forte per impensierire
l’Organizzazione.
L’Opposizione
è perennemente incerta sulla strategia da proporre ai suoi seguaci.
Deve indicare
una lotta più dura nelle piazze, dando più spazio agli oltranzisti, ai duri, a
quelli del bastone, che scendono in piazza preferibilmente con qualche corpo
contundente oppure deve tentare di modificare il tiro e cercare di cambiare
sostanzialmente la gestione indicando la necessità di una maggiore
partecipazione e consenso.
Al potere, si sa, non si può rimanere sempre; non
tanto per merito di chi contesta, ma per gli stessi errori che inevitabilmente
chi si assume delle responsabilità di governo prima o poi commette.
Il signor De Contrari continua ad assentire col capo
e mugugna a bassa voce parole di approvazione per questo colpo di maglio calato
senza complimenti sulla testa del Presidente.
Non può che associarsi ad una serrata contestazione,
lui è per la linea dura!
Ha la faccia severa e sempre imbronciata di chi non
è mai contento di niente.
Il signor Falcidia guarda con provocazione coloro
che dinanzi a lui, colti di sorpresa da quell’intervento, non riescono ad
abbozzare una qualsiasi risposta.
Ha lo sguardo di ghiaccio, rimane sempre freddo ed
imperturbabile, ma stavolta è leggermente imbarazzato, non sa bene che
iniziativa prendere.
L’Organizzazione evidentemente ha agito di sorpresa
spiazzando, oltre che i suoi stessi associati, anche l’Opposizione.
Il signor Naturista è indubbiamente soddisfatto di
quelle parole, anche se non completamente.
Per lui il discorso ecologico, di protezione
dell’ambiente, non è mai sufficientemente sviluppato.
Non che abbia capito come il Distruttore di Mosche
possa creare dei danni al territorio, ma è bene diffidare ugualmente.
Si chiede anche lui il significato di un simile
intervento che è chiaramente di rottura e di contrapposizione netta e decisa
alla linea di gestione del Consorzio seguita dal Presidente.
D’altronde in politica bisogna inventarsi delle
contrapposizioni nette.
Delineare con precisione il contorno del nemico
perché i nostri amici si convincano che solo la nostra gestione è buona,
l’altra è da rigettare totalmente.
Una linea di leggera modifica alle posizioni di chi
governa non può consentire una vittoria dell’opposizione.
Perché cambiare la strada vecchia per una che
propone modifiche di poco conto?
Solo grandi battaglie possono spingere anche i più
renitenti a grandi cambiamenti.
D’altronde i numeri nelle votazioni non lasciano
spazio alle opposizioni per prendere l’iniziativa di un cambiamento di linea e
di poltrone.
Questo lo sa bene anche Politicante.
Sa che abbandonare l’Organizzazione è un suicidio
perché è troppo forte e lo sarà ancora per molto.
Sa che non può contare sull’Opposizione, che non ha
alcuna possibilità di prevalere sull’Organizzazione.
Perché dunque è partito lancia in resta per una
battaglia perduta a tavolino?
Qualcuno del suo gruppo ha deciso di abbandonarlo?
Ma no, è una ipotesi del tutto infondata anche
perché nessuno ha chiesto la parola dopo Politicante.
Una votazione così a sorpresa senza nemmeno una
dichiarazione che la giustifichi è al di fuori di ogni codice di comportamento
politico.
“In ogni modo
xe meio trovarse con i me amighi” pensa il Presidente per saggiare gli
umori e per verificare se c’è veramente la volontà di sostituirlo non c’è altro
modo.
Da buon lottatore quale egli è non avrebbe di certo
mollato la poltrona senza dare battaglia e soprattutto non avrebbe mai
consentito che lo lascino a piedi senza incarichi.
Quello oramai è diventato il suo lavoro, ed una
volta che si è assaggiato il gusto piacevole del potere e del comando,
difficilmente si ha voglia di rinunciarvi spontaneamente.
Dopo l’intervento di Politicante per qualche secondo
che sembra una eternità nessuno prende la parola.
Contento che l’attacco sia finito lì, Presidente
accoglie l’invito- sfida e propone “Allora facciamo una grande ispezione lunedì
prossimo. Poi decidiamo.”
L’alzata di mano di tutti i consiglieri compone
all’unisono una vicenda che apparentemente li divide e tutti concordano per una
ispezione generale per constatare di persona l’ampiezza dei disagi che le
mosche stanno creando.
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