Giustizia amministrativa.
Autotutela. Annullamento bandi di gara a seguito di modifica normativa.
La
pubblica amministrazione conserva indiscutibilmente — anche in relazione ai
procedimenti di gara per la scelta del contraente — il potere di annullare in
via di autotutela il bando (così come le singole operazioni di gara) tenendo
conto delle preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse.
L'autotutela
trova fondamento negli stessi principi costituzionali predicati dall'art. 97
della Costituzione cui deve ispirarsi l'azione amministrativa, ed in tale
prospettiva neppure il provvedimento di aggiudicazione definitiva e tanto meno
quello di aggiudicazione provvisoria ostano all'esercizio di un siffatto
potere, il quale, tuttavia, incontra il limite del rispetto dei principi di
buona fede e correttezza, e della tutela dell'affidamento ingenerato.(
Consiglio di Stato, sez. V - 8/11/2012 n. 5681; T.A.R. Puglia Lecce, sez. III -
25/1/2012 n. 139).
Al
concreto esercizio di tale potere corrisponde l'obbligo dell'amministrazione di
fornire un'adeguata motivazione in ordine alla natura e alla gravità delle
anomalie racchiuse nel bando (e più in generale sottese alla scelta) che, alla
luce della comparazione dell'interesse pubblico con le contrapposte posizioni
consolidate dei partecipanti alla gara, giustificano il provvedimento di
autotutela. T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II, 11/06/2013, n. 558.
Nella
fattispecie le amministrazioni intimate
hanno stipulato una convenzione per la gestione associata a livello
sovra-comunale della gara per l'affidamento del servizio di raccolta,
trasporto, smaltimento e recupero RSU e differenziata. La convenzione si
richiamava all'art. 23-bis del D.L. 112/2008, che privilegiava la procedura ad
evidenza pubblica quale modello di aggiudicazione del servizio.
Il
Comune approvava il bando di gara.
Nel
frattempo, entrava in vigore il D.L. 24/1/2012 n. 1 conv. in L. 27/2012, per
cui gli Enti convenzionati decidevano di sospendere la gara e (in seguito) di
attivare l'iter per la rimozione in autotutela del bando alla luce del nuovo
art. 3-bis del D.L. 138/2011, che introduceva l'obbligo per le Regioni di
organizzare lo svolgimento dei servizi pubblici a rete in ambiti o bacini
territoriali ottimali e omogenei, in riferimento a dimensioni comunque non
inferiori al territorio provinciale.
Il
Comune adottava una nuova comunicazione di avvio del procedimento di revoca,
richiamando gli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 199/2012
che aveva dichiarato illegittimo l'art. 4 del D.L. 138/2011, e aveva reso
possibile gli affidamenti in house a favore di Società interamente pubbliche.
Parte
ricorrente impugna la deliberazione giuntale di esame dello Statuto della
Società e di affidamento in house alla stessa del servizio di gestione igiene
urbana, raccolta e smaltimento RSU.
In
base alla disciplina nazionale, si profila una maggiore autonomia degli Enti
locali nella direzione da intraprendere, in quanto l'ordinamento non aderisce a
priori ad un'opzione organizzativa ma delinea un percorso di adeguatezza alle
condizioni esistenti (al tipo di servizio, alla remuneratività della gestione,
all'organizzazione del mercato, alle condizioni delle infrastrutture e delle
reti, e soprattutto all'interesse della platea degli utenti).
La
scelta tra i differenti modelli va effettuata tenendo conto della concreta
situazione di fatto, nel rispetto dei criteri introdotti all'art. 34 comma 20,
d.l. n. 179 del 2012.
Detto
comma recisa che per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine
di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli
operatori, l’economicità della gestione e di garantire adeguata informazione
alla collettività di riferimento, l’affidamento del servizio è effettuato sulla
base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell’ente affidante,
che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti
dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce
i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio
universale, indicando le compensazioni economiche se previste.
Detti
obiettivi devono essere necessariamente correlati al preminente interesse
dell'utente del servizio a godere del miglior servizio possibile alle
condizioni più convenienti.
La
pronuncia di incostituzionalità dell'art. 4, d.l. 13 agosto 2011 n. 138
determina il venir meno della sua efficacia fin dall'origine, sicché il regime
applicabile ai servizi pubblici locali — fino all'entrata in vigore dell'art.
34, d.l. 18 ottobre 2012 n. 179 — è rimasto quello che discende dalla diretta
applicazione delle disposizioni costituzionali e comunitarie rilevanti.
La
mancanza di una disciplina organica di settore ha rimesso all'interprete il
compito di individuare le regole rilevanti.
Nel
nuovo contesto, le amministrazioni possono certamente adempiere alle funzioni
di interesse pubblico delle quali sono istituzionalmente affidatarie,
affidandone la gestione a terzi tramite procedure ad evidenza pubblica.
Nel
caso di appalti pubblici sono tenute a rispettare le direttive 2004/18 e
2004/17 e gli artt. 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
mentre nel caso di concessioni assumono rilievo i principi di pubblicità,
concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e di trasparenza.
Il
diritto comunitario, tuttavia, consente alle amministrazioni pubbliche di
espletare le medesime funzioni mediante propri strumenti amministrativi,
tecnici o di altro tipo, senza necessariamente far ricorso ad entità esterne
non appartenenti ai propri servizi, e in tali casi non sussistono i presupposti
per applicare le norme comunitarie a tutela della concorrenza.
L'ordinamento
nazionale, non indica un modello preferibile — ossia non predilige né l'in house,
né la piena espansione della concorrenza nel mercato e per il mercato e neppure
il parternariato pubblico-privato — ma rinvia alla scelta concreta del singolo
Ente affidante.
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