Borsellino Paolo
E' il 1975 quando Paolo
Borsellino viene trasferito al tribunale di Palermo; a luglio entra all'Ufficio
istruzione processi penali sotto la guida di Rocco Chinnici.
Nel 1980 arriva l'arresto dei
primi sei mafiosi. Nello stesso anno il capitano Basile
viene ucciso in un agguato.
Borsellino, magistrato "di
ottima intelligenza, di carattere serio e riservato, dignitoso e leale, dotato
di particolare attitudine alle indagini istruttorie, definisce mediamente circa
400 procedimenti per anno" e negli anni si distingue "per l'impegno,
lo zelo, la diligenza, che caratterizzano la sua opera". Per questi e
altri lusinghieri giudizi a Borsellino viene conferita la nomina a magistrato
d'appello.
Viene costituito un pool che
comprende quattro magistrati. Falcone, Borsellino e Barrile lavorano uno
a fianco all'altro, sotto la guida di Rocco Chinnici.
Sia Giovanni Falcone sia Paolo Borsellino
hanno sempre cercato la gente. Borsellino comincia a promuovere e a partecipare
ai dibattiti nelle scuole, parla ai giovani nelle feste giovanili di piazza,
alle tavole rotonde per spiegare e per sconfiggere una volta per sempre la
cultura mafiosa.
Si chiede la promozione di pool
di giudici inquirenti, coordinati tra loro ed in continuo contatto, il
potenziamento della polizia giudiziaria, l'istituzione di nuove regole per la
scelta dei giudici popolari e di controlli bancari per rintracciare i capitali mafiosi.
I magistrati del pool pretendono l'intervento dello stato perché si rendono
conto che il loro lavoro, da solo, non basta.
Chinnici scrive una lettera al
presidente del tribunale di Palermo per sollecitare un encomio nei confronti di
Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, utile per eventuali
incarichi direttivi futuri. L'encomio richiesto non arriverà.
Poi il dramma. Il 4 agosto 1983
viene ucciso il giudice Rocco Chinnici con un'autobomba. A sostituire Chinnici
arriva a Palermo il giudice Caponnetto. Nel 1984 viene arrestato Vito
Ciancimino e si pente Tommaso Buscetta:
Borsellino sottolinea in ogni
momento il ruolo fondamentale dei pentiti nelle indagini e nella preparazione
dei processi.
Comincia la preparazione del
Maxiprocesso e viene ucciso il commissario Beppe Montana.
Falcone e Borsellino vengono
immediatamente trasferiti all'Asinara per concludere le memorie, predisporre
gli atti senza correre ulteriori rischi.
Conclusa la monumentale
istruttoria del primo maxi-processo all'organizzazione criminale denominata
"Cosa Nostra" insieme al collega Giovanni Falcone, unitamente al dott.
Leonardo Guarnotta e al dott. Giuseppe Di Lello-Filinoli, Paolo Borsellino
chiede il trasferimento alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di
Marsala per ricoprire l'incarico di Procuratore Capo.
Il CSM, con una decisione storica
e non priva di strascichi polemici accoglie la relativa istanza sulla base dei
soli meriti professionali e dell'esperienza acquisita da Paolo Borsellino
negando per la prima volta validità assoluta al criterio dell'anzianità.
Borsellino vive in un
appartamento nella caserma dei carabinieri per risparmiare gli uomini della
scorta.
In suo aiuto arriva Diego
Cavaliero, magistrato di prima nomina, lavorano tanto e con passione.
Il clima comincia a cambiare: il
fronte unico che aveva portato a grandi vittorie della magistratura siciliana e
che aveva visto l'opinione pubblica avvicinarsi agli uomini in prima linea e
stringersi intorno a loro, comincia a cedere.
Nel 1987 Caponnetto è costretto a
lasciare la guida del pool a causa di motivi di salute. Tutti a Palermo
attendono la nomina di Giovanni Falcone al posto di
Caponnetto, anche Borsellino è ottimista.
Il CSM non è dello stesso parere
e si diffonde il terrore di veder distruggere il pool. Borsellino scende in
campo e comincia una vera e propria lotta politica: parla ovunque e racconta
cosa stia accadendo alla procura di Palermo; sui giornali, in televisione, nei
convegni, continua a lanciare l'allarme. A causa delle sue dichiarazioni
Borsellino rischia il provvedimento disciplinare.
Solo il Presidente della
Repubblica Francesco Cossiga interviene
in suo appoggio chiedendo di indagare sulle dichiarazioni del magistrato per
accertare cosa stia accadendo nel palazzo di giustizia di Palermo.
Il 31 luglio il CSM convoca
Borsellino che rinnova le accuse e le sue perplessità.
Il 14 settembre il CSM si
pronuncia: è Antonino Meli, per anzianità, a prendere il posto che tutti
aspettavano per Giovanni Falcone.
Paolo Borsellino è convinto che
per sconfiggere la mafia i pentiti abbiano un ruolo fondamentale. E' tuttavia
convinto che i giudici debbano essere attenti, controllare e ricontrollare ogni
dichiarazione, ricercare i riscontri ed intervenire solo quando ogni fatto sia
provato. L'opera è lunga e complicata ma i risultati non tarderanno ad
arrivare.
Falcone, intanto, va a Roma come direttore
degli affari penali e preme per l'istituzione della Superprocura. Si sente la
necessità di coinvolgere le più alte cariche dello stato nella lotta alla
mafia.
La magistratura da sola non può
farcela, con Falcone a Roma si ha un appoggio in
più: Borsellino decide di tornare a Palermo, lo seguono il sostituto Ingroia e il maresciallo Canale.
Maturati i requisiti per essere dichiarato idoneo alle funzioni direttive
superiori - sia requirenti che giudicanti - pur rimanendo applicato alla
Procura della Repubblica di Marsala Paolo Borsellino chiede e ottiene di essere
trasferito alla Procura della Repubblica di Palermo con funzioni di Procuratore
Aggiunto.
I Magistrati, con l'arrivo di
Borsellino trovano nuova fiducia. A Borsellino vengono tolte le indagini sulla
mafia di Palermo dal procuratore Giammanco, e gli vengono assegnate quelle di
Agrigento e Trapani.
A Roma viene finalmente istituita
la superprocura e vengono aperte le candidature.
Nel Maggio 1992 Giovanni Falcone raggiunge i numeri
necessari per vincere l'elezione a superprocuratore. Borsellino e Falcone esultano, ma il giorno dopo
nell'atto tristemente noto come la "strage di
Capaci" Giovanni
Falcone viene ucciso insieme alla moglie.
A Borsellino viene offerto di
prendere il posto di Falcone nella
candidatura alla superprocura, ma rifiuta. Resta a Palermo, nella procura dei
veleni, per continuare la lotta alla mafia, diventando sempre più consapevole
che qualcosa si è rotto e che il suo momento è vicino.
Vuole collaborare alle indagini
sull'attentato di Capaci di competenza della procura di Caltanissetta.
Le indagini proseguono, i pentiti
aumentano e il giudice cerca di sentirne il più possibile. Arriva la volta dei
pentiti Messina e Mutolo, ormai Cosa Nostra comincia ad avere sembianze
conosciute.
Continua a lottare per poter
avere la delega per ascoltare il pentito Mutolo. Insiste e alla fine il 19
luglio 1992 alle 7 di mattina Giammanco gli comunica telefonicamente che
finalmente avrà quella delega e potrà ascoltare Mutolo.
Lo stesso giorno Borsellino si
reca a Villagrazia per rilassarsi. Si distende, va in barca con uno dei pochi
amici rimasti. Dopo pranzo torna a Palermo per accompagnare la mamma dal
medico: l'esplosione di un'autobomba sotto la casa di via D'Amelio strappa la
vita al giudice Paolo Borsellino e agli uomini della sua scorta. E' il 19
luglio 1992.
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