martedì 9 maggio 2017

Economia MEF. Investimenti pubblici in ribasso



Nell’Area Euro gli investimenti sono stati in caduta libera per molti anni. In particolare gli investimenti netti, cioè quelli che contribuiscono alla crescita del capitale di un paese.
Dal 2007 al 2013, gli investimenti netti sono scesi del 75%, trascinati dal crollo degli investimenti in costruzioni, a loro volta congelati dalla caduta dei valori immobiliari.
Dal 2010 al 2015 la riduzione degli investimenti pubblici netti ha contato per circa il 20% del totale delle manovre di consolidamento fiscale attuate nei 12 paesi “fondatori” dell’Area Euro entrati in “austerità”, con punte del 33% in Spagna e del 27,5% in Portogallo.
In Italia, gli investimenti fissi netti complessivi sono addirittura stati negativi per tre anni consecutivi, dal 2013 al 2015. E anche quelli pubblici sono stati negativi. In quasi tutti i paesi dell’Eurozona il rapporto tra investimenti pubblici e il totale degli investimenti era di parecchio inferiore nel 2013 rispetto a quanto fosse nel 1999, quando la moneta unica fu avviata. Secondo alcune stime, in Germania gli investimenti pubblici netti sarebbero divenuti negativi già dal 2003.
È facile comprendere perché siano stati soprattutto gli investimenti pubblici a rimetterci.
La spesa per investimenti può essere tagliata più rapidamente della spesa sociale e con minori costi politici nel breve periodo. Ma ridurre smisuratamente gli investimenti pubblici per far quadrare il bilancio non è una buona idea, perché si ottiene una drastica restrizione del capitale pubblico e si mette a repentaglio la realizzazione dei grandi progetti infrastrutturali che richiedono una spesa costante e prolungata nel tempo.
Dal momento che una (profonda) revisione delle regole europee di finanza pubblica appare inevitabile e urgente, è opportuno inserire tra le regole una forma di protezione degli investimenti pubblici netti.
Al fine di evitare un conflitto insanabile tra la golden rule e l’obiettivo di cominciare a ridurre il rapporto tra debito e Pil verso il 60%, definito nel fiscal compact, si potrebbe introdurre un limite superiore agli investimenti pubblici deducibili. L’economista tedesco Achim Truger ha suggerito di fissare il limite delle spese deducibili per la golden rule all’1,5% del Pil. In pratica, dal deficit strutturale (in rapporto al Pil) definito nell’obiettivo di medio termine da ciascun paese e concordato con la Commissione si potrebbero sottrarre le spese di investimento netto fino a un massimo dell’1,5% del Pil.
In particolare, si potrebbero così tutelare gli investimenti pluriennali che caratterizzano le grandi opere infrastrutturali e il risanamento idrogeologico del territorio.
Per ottenere tale spinta è necessario che l’Eurozona si doti anche di un piano di investimenti pubblici destinato a interventi medio-piccoli, attivabili rapidamente e modulabili in modo coerente con le esigenze del ciclo economico (si possono cioè ridurre senza troppi danni qualora l’economia entrasse in fase espansiva). Penso a progetti di riqualificazione e ripristino del territorio, delle periferie urbane; alla sostituzione di edifici bassi, sismicamente insicuri ed energivori con edifici alti, sicuri e “verdi”, soprattutto dove è sensato aumentare le densità di costruzione, cioè nelle grandi città, intorno alle fermate delle linee del trasporto rapido di massa. repubblica.it/ 2017/04/03.


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