sabato 10 giugno 2017

Foglio matricolare. Presentazione. Serina


Nicheto ha scoperto nell’Archivio di Stato di Bergamo il foglio matricolare di suo padre Giani.
Il documento conferma che Giani passò la sua infanzia a Serina, dove era nato l’otto ottobre 1916, che fu chiamato alle armi dal Distretto militare di Bergamo e che fu richiamato nel 1940 il mese prima della dichiarazione di guerra.
Nel 1942 fu inviato in Russia e visse la odissea della Sforzesca che era il suo battaglione.
Degli avvenimenti della guerra di Russia  Giani non aveva mai voluto parlare.
Diceva solo che in Russia la guerra era stata durissima e che, tornato in Italia, lui non aveva parteggiato per nessuno.
Lui cercava solo di non fare del male.
Una grande sofferenza traspariva dal suo silenzio.
Nicheto ha rivissuto la campagna di Russia attraverso i documenti ufficiali ed ha potuto, ad anni di distanza, rivivere questa tragica esperienza.
Lui ha voluto ricordare Giani che ha perso quando era ancora troppo giovane, ha cercato di immaginare che cosa faceva, che cosa pensava della sua famiglia, dei suoi amici e della gente comune.
L’Autore


Serina


Perché Angelo Centofanti è andato a Serina, perché ha lasciato la sua Venezia per recarsi in un posto così distante e così lontano dal mare?
I motivi erano contingenti. Il 28 giugno 1914, giorno di solenni celebrazioni e festa nazionale serba, l'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este erede al trono d'Austria-Ungheria e la moglie Sophie Chotek von Chotkowa, recatisi a Sarajevo in visita ufficiale, furono uccisi da alcuni colpi di pistola sparati dal nazionalista diciannovenne serbo Gavrilo Princip.
Angelo capì subito che da quel momento nulla sarebbe stato facile perché Venezia era troppo vicinaa al confine con l’Austria.
Vivere a Venezia sarebbe stato oltremodo complicato soprattutto se l’Italia avesse preso una posizione contraria agli imperi centrali.
Quasi un mese dopo l'assassinio di Francesco Ferdinando, l'Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia, determinando l'irrimediabile acuirsi della crisi e la progressiva mobilitazione delle potenze europee.
L'Italia si poneva in uno stato di neutralità, attendendo ulteriori sviluppi della situazione. Erano cinque le potenze che ormai erano entrate in guerra: Austria-Ungheria, Germania, Russia, Regno Unito e Francia.
L’Europa era in fiamme ed i quattro cavalieri dell’Apocalisse galoppavano seminando Pestilenza, Guerra, Carestia e Morte.
Filippo Grimani, sindaco di Venezia, scriveva nel novembre 1914 che le principali attività economiche: il traffico portuale, "l'industria del forestiero" e le produzioni artistiche, poche settimane dopo l'inizio delle ostilità in Europa, avevano già subito un contraccolpo gravissimo.
Al declino del movimento commerciale si aggiunsero le limitazioni alla libera circolazione marittima e all'esercizio della pesca.
Il pericolo delle mine vaganti tenne lontane le navi dalle coste adriatiche e gran parte del movimento di merci fu dirottato verso il porto di Genova.
Con l'entrata in guerra dell'Italia contro l’Austria l'attività portuale cessò completamente.
Venezia, pur non essendo direttamente coinvolta nel conflitto,  in quel periodo era  l'immagine della rovina: laboratori chiusi; cantieri agonizzanti; banchine inerti; operai disoccupati a centinaia per ogni categoria.
Angelo era giovane e forte.
Era nato  nel 1884 a Trani, trasferitosi da giovane a Venezia per lavoro,  aveva sposato una veneziana, Roma Gherardi, ed aveva già avuto un primo figlio,  Giuseppe.
La Roma era una veneziana autentica nata a Castello; la sua famiglia si era trasferita in Cannaregio nel 1890 stabilendosi lì.
La vita di una famiglia di tre persone era resa difficile dalla mancanza di lavoro  e per questo Angelo aveva deciso di andare altrove in cerca di fortuna.
I Gherardi  erano biadaioli: nel loro negozio a Cannaregio vendevano farine, formaggi, generi alimentari, salami, prosciutti, olive.
Coll’aggravarsi della crisi il negozio lavorava sempre meno.
Quel poco che riuscivano a vendere lo davano  a credito  ed il misero guadagno garantiva a stento la sopravvivenza della famiglia e dell’attività.
Tali avvenimenti avevano indotto Angelo a spostarsi verso luoghi apparentemente più sicuri, lontani da Venezia troppo vicina al fronte di guerra.
La Roma piangeva: “No vogio partir, no vogio lasar Venezia e i me veci”.
Angelo fu irremovibile: “Questa xe a to famegia. Bisogna andar per non morir tutti de fame e per no trovarse col fio in mezo a una guera che riverà presto”.
Tutti avevano paura della guerra contro l’Austria: il confine era vicino.
Questo argomento era riuscito convincere la Roma.
Angelo non capiva perché l'Italia si era alleata all'Austria che dominava il Trentino e l'Alto Adige dove vi era una maggioranza di popolazione italiana; ma questi erano i giochi della politica giochi che comprendevano solo i capi.
Solo loro riuscivano ad interpretare gli schemi incomprensibili alla povera gente: è questa la logica del potere.
I poveri diavoli dovevano poi andare a morire in trincea.
Angelo sapeva che con lo scoppio della guerra sarebbe stato chiamato alle armi e questo era stato il motivo in più che lo aveva spinto a tenere almeno la famiglia lontano dal fronte.
La linea del Piave era troppo vicina alla città del leone.
Angelo si era ricordato di un suo cugino  che aveva una attività in provincia di Bergamo.
Antonio Centofanti aveva rilevato un piccolo bar di carattere familiare cui aveva aggiunto una cucina e utilizzava alcune stanze del suo grande appartamento sito al piano superiore dell’immobile per affittarle agli scarsi viaggiatori.
Da quando la moglie gli era morta non ce la faceva più a  condurla da solo.
Antonio sentita la situazione difficile in cui si trovava Angelo lo aveva invitato a raggiungerlo a Serina ci sarebbe stato un lavoro anche per lui.
Serina era una piccola cittadina di provincia e non c’era il profumo del mare di Venezia. La cittadina distava 50 km da Bergamo. I collegamenti col capoluogo di provincia erano difficili.
Nel febbraio del 1914 quando erano emigrati nel comune di Serina la Roma aveva commentato: “Qua xe proprio campagna”.
Il disgusto del cittadino veneziano per la terraferma si condensava in quell’unica parola. 
La vita risultava  monotona per chi non era abituato o non voleva abituarsi ai ritmi molto rallentati dei piccoli paesi.
L’attività non consentiva grandi guadagni ed il territorio era duro ed aspro come il dialetto della sua gente.
L'economia italiana si trovava in una situazione di grave crisi, iniziata già durante la guerra e che si era protratta a lungo; il reddito nazionale netto era sceso drasticamente ed era rimasto per alcuni anni ben al di sotto del livello d'anteguerra.
A Serina era nato Giani. Lo denunciò in comune l’ostetrica Teresa Begnis che lo aveva fatto nascere in casa come si usava allora alle ore 11,30 dell’otto ottobre 1916.
Centofanti Angelo fu Giuseppe aveva allora 32 anni e Roma Gherardi ne aveva 29.
Vivevano in Via Umberto I al numero 50 dove si erano trasferiti da poco da Piazza Fontana.
Al comune non c’era andato Angelo perché al momento della nascita lui era richiamato al servizio militare.
Il momento non era propizio, la prima guerra mondiale era in corso.
Stavano infuriando le battaglie dell’Isonzo e del Pasubio e si annunciava neve per tutto l’inverno.
Giani era un bambino delicato e buono: si faceva volere bene da tutti.
La Roma lavorava alla locanda, i divertimenti erano pochi, si sopravviveva in momenti estremamente duri per tutti.
Avevano pochi rapporti anche con i parenti di Venezia perché il viaggio era lungo ed i collegamenti difficili.
Li era andati a trovare la zia Luigina una sorella della Roma che aveva confermato: “Campagna!”.
La zia era una donna energica, lavoratrice instancabile, si era fermata qualche giorno aiutando la famiglia nel lavoro; ma soprattutto la Roma aveva respirato un po’ di aria di casa.
Il suo desiderio di ritornare a Venezia era molto forte.


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