lunedì 19 marzo 2012

L'affare delle mosche



Capitolo 1. La situazione.

Il dolce aprile del 2017 sta arrivando, portando un po’ di tepore che mitiga i rigori dell'inverno.
E’ il mese che tutti attendono con maggiore simpatia, perché con la primavera arriva anche la gioia di vivere all'aria aperta, di muoversi, di sentirsi allegri e spensierati.
E’ il verde risveglio della natura.
E’ a tutti gradito starsene lì, seduti nei bar della grande piazza centrale, a godersi i tiepidi raggi del sole.
La piazza è grande, quadrata.
Tutta la vita della città confluisce lì, anche perché da essa si dipartono a raggiera le vie principali.
Da alcuni anni le strade di accesso alla piazza sono state chiuse al traffico.
Alle porte della città, in prossimità del Viale dei Tigli, quello che porta al grande ponte sul fiume, è stato realizzato un grande parcheggio coperto.
In primavera i tigli iniziano a fiorire ed il loro profumo satura l’aria e rende la vita più felice.
Per accedere all'area della piazza, ormai dominio incontrastato dei pedoni, è necessario inoltrarsi sulle rapide rampe d'accesso del parcheggio, spogliarsi dalla frenetica veste del conducente d'auto ed indossare la divisa del placido pedone.
Abbandonare il mezzo di trasporto anche per fare pochi metri, solo alcuni anni prima sarebbe stata una richiesta improponibile agli automobilisti.
Coll’instaurazione da parte delle autorità cittadine del divieto d'accesso, gli automobili-dipendenti hanno dovuto staccarsi dal volante della loro vettura cui erano incollati fino al raggiungimento della loro meta.
Prima parcheggiavano dappertutto, incuranti dei divieti di sosta, assalivano come uno stuolo di cavallette metalliche ogni angolo della piazza, diventata un grande parcheggio.
Era un ingorgo di macchine piazzate ovunque lungo i marciapiedi delle strade ed arrivavano anche lì, vicino alla balaustra di marmo nero della fontana.
La vista era mortificata, l'armonia geometrica della piazza era deturpata da quel groviglio rozzo e disarticolato di automobili.
Il fluire dei pieni e dei vuoti dei volumi dei porticati era interrotto dalle colonne di macchine parcheggiate nel modo più disordinato, la balaustra della fontana non si vedeva quasi più, praticamente invisibile coperta com’era dalle lamiere colorate.
Ora dopo la cura drastica dei divieti spicca la scultura centrale: un grande calice stilizzato di marmo bianco dal quale esce alto e sicuro lo zampillo d'acqua, scintillante di luci all'imbrunire.
Quell'aprile tuttavia la piazza è stranamente deserta abbandonata anche dai pedoni.
Non vi sono più i soliti gruppi di persone che indugiano a chiacchierare e a bere qualcosa seduti al bar.
Manca la folla chiassosa e variopinta e con essa è assente l'allegria e la gioia di vivere.
Si possono vedere, invece, sciami neri di mosche che pattugliano con metodo scientifico le strade, senza farsene scappare alcuna.
Le mosche hanno occupato la piazza facendo della fontana la loro roccaforte.
Con simili nemici sparsi ormai in ogni angolo, la città sembra completamente paralizzata, gli spostamenti sono limitati allo stretto necessario, i luoghi di ritrovo all'aperto sono quasi del tutto deserti.
Il traffico automobilistico è strettamente ridotto: ormai gli automobilisti osano infilarsi nell’abitacolo solo per raggiungere il luogo di lavoro poiché temono gli assalti degli insetti.
In quelle ore le strade sono di solito animate, ma quell’aprile tutto sembra irreale.
E’ una pena vedere la gente tutta infagottata, per evitare ogni possibile contatto con gli insetti, camminare con passo frettoloso per raggiungere al più presto un qualunque luogo chiuso che può fornire riparo sicuro da quel novello flagello.
Quell’anno le mosche sembra che siano inattaccabili da qualsiasi tipo di insetticida.
Ogni tentativo di debellarle è finora risultato vano.
L’invasione degli insetti è più insistente nelle zone periferiche dove il servizio di raccolta dei rifiuti è meno efficiente.
Il Presidente dall’interno della sua autovettura chiusa ermeticamente osserva preoccupato la situazione.
E’ lui che deve prendere le decisioni per sconfiggere il fenomeno.
Robusto, di corporatura media, l’uomo ha perso parte della sua capigliatura ma non il suo vigore.
Gli ultimi capelli rimasti non riescono ad incorniciargli la fronte, ma stanno lì ritti, ribelli alla pressione del palmo della mano che tenta di farli appiattire sulla testa, come cavalli imbizzarriti.
“E’ proprio na storia da fare venir i caveli dritti” dice a Toni l’autista che da una vita lo scorrazza in macchina per ogni dove.
Il Presidente è un uomo di 55 anni ben portati; egli indossa in quell’occasione un foulard sulla camicia sbottonata ed un giubbotto di pelle scamosciata, i pantaloni di gabardine tengono meravigliosamente la piega anche se lui passa tutto il giorno in macchina e sono in tinta col colore nocciola del giaccone.
L’abbigliamento, pur nella voluta praticità, è elegante e curato.
L’ultima ricognizione prima della riunione del consiglio dell’Ente per il controllo delle mosche è doverosa perché più volte ha promesso alla cittadinanza decisioni rapide che non sono mai arrivate.
Ha promesso di risolvere il problema in tempi brevi, ha promesso il suo interessamento per ottenere il massimo delle risorse per debellare quell’insolito fenomeno.
Il Consorzio per la Lotta alle Mosche ha, in effetti, svolto un’intensa attività di ricerca, convegni, incontri con la cittadinanza.
Ha discusso molto, ha assunto anche qualche usciere per fare le fotocopie delle relazioni, ha dato molte consulenze ma non ha fatto quello che tutti si aspettano per debellare il flagello delle mosche.
Niente disinfestazioni radicali, nessun provvedimento per eliminare i cumuli di immondizia che si trovano ancora stoccati lungo le strade più periferiche. E’ vero, è stato assunto qualche operatore ecologico addetto al taglio dell’erba lungo i canali d’irrigazione ma senza alcuna competenza relativa all’eliminazione dei rifiuti.
La situazione è esplosa durante lo sciopero dei netturbini che si lamentano di dovere operare all’aperto per rimuovere la spazzatura attaccati dalle mosche.
Il blocco dell’attività di rimozione ha provocato il conseguente ampliamento dei cumuli di immondizie lungo le vie della città.
Anche se lo sciopero oramai è rientrato e i mucchi di sacchetti di immondizie sono stati portati in parte alle discariche le mosche sono rimaste.
I più pessimisti temono che la situazione possa assumere proporzioni allarmanti entro breve tempo, all’epoca del grande caldo.
I più allarmisti parlano di possibili epidemie collegate alla scarsa igiene.
Le mosche arrivate per caso hanno trovato nella città il loro habitat ideale.
La città si è come trasformata in un grande campo di battaglia.
E’ come vivere in un clima di guerra: tutti tengono costantemente una paletta ammazza mosche a portata di mano, non solo in casa, ma ovunque, anche sul posto di lavoro.
Le finestre degli edifici sia pubblici che privati sono incorniciate dai più diversi tipi di zanzariera.
Chi non si rifugia nelle case, presidiando porte e finestre con ogni più sofisticato mezzo di difesa, non ha via di scampo.
L’attacco di sciami di mosche è deciso e diretto ed il loro terribile ronzio ossessiona i malcapitati.
Ogni attività all’aria aperta è di fatto impedita.
Nessuno più gioca a tennis o si reca in piscina sia pure a prendere il sole di primavera.
Nessuno più si sposta in bicicletta o in ciclomotore.
La situazione è oramai intollerabile.
Il nemico si può debellare con l’uso degli efficacissimi d.d.t., ma quei prodotti sono stati messi al bando definitivamente: nel paese si sta sostenendo una grande battaglia per riportare tutti ad una migliore qualità di vita.
No agli sprechi, no alle macchine, no ai ritmi alienanti di una civiltà comoda basata sul tutto pronto, sul tutto facile.
Si deve ritornare ad una vita improntata ai ritmi naturali di un tempo.
Quindi no al d.d.t. e a tutti quei prodotti che possono inquinare l’ambiente, bisogna accettare le mosche come componenti dell’habitat e combatterle con rimedi naturali.
Certo che con tali rimedi non è facile sconfiggere neppure quel piccolo insetto, che è così diventato per tutti il nemico pubblico numero uno, la cui eliminazione è assolutamente prioritaria.
Con i suoi occhietti sfaccettati e rotanti che lo tengono sempre all’erta contro ogni tentativo di distruzione da parte dell’uomo, con le sue alucce trasparenti che lo rendono agilissimo in ogni subitaneo spostamento, con il suo corpo piccolo e peloso che dà una sensazione di sporco e di schifo, quel piccolo insetto è stato oggetto dei più attenti studi e delle più complesse ricerche da parte dei migliori esperti assunti dal Consorzio per la Lotta alle Mosche.

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