La
dottrina si è posta il problema se il giudice amministrativo sia tenuto ad
esaminare la legittimità del comportamento omissivo o se debba, invece,
accertare l’obbligo a provvedere sulla domanda del privato all’amministrazione
inadempiente. Centofanti N., Centofanti P. e Favagrossa M..Formulario del diritto amministrativo
2012, 229.
L’oggetto
del giudizio è, in primo luogo, la dichiarazione di illegittimità del
comportamento dell’amministrazione, in secondo luogo l’accertamento positivo o
negativo dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere nella fattispecie
portata in giudizio.
Un
filone giurisprudenziale ritiene inammissibile che il giudizio sul silenzio
contempli anche l’accertamento della legittimità della richiesta sostanziale
del ricorrente.
L’art.
31, comma 3,
D.L.vo 2 luglio 2010, n.104 cod. proc.
amm., ripropone la norma
contenuta nella L. 80/2005, il giudice può
pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si
tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori
margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti
istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione.
La
norma ha un effetto dirompente sull’obbligo alla decisione spostando l’esame
direttamente dall'illegittimità del diniego al contenuto dell’istanza.
La
dottrina ritiene che la norma affidi al giudice, che deve rilevare margini di
esercizio di attività discrezionale da parte della p.a., compiti di amministrazione attiva in
contrasto con quanto affermato dall’art. 34, comma 2, D.L.vo 104/2010, secondo
il quale il giudice non può pronunciarsi su poteri amministrativi non ancora
esercitati. O. FORLENZA, Individuate quattro azioni di cognizione contro la
p.a., in Giuda Dir., 2010, n. 32, 48.
La
disposizione comunque non fa altro che recepire un orientamento
giurisprudenziale secondo il quale la norma dà la
facoltà (ma non obbliga) a conoscere della fondatezza della pretesa, nei casi
in cui lo stesso giudicante la ritenga facilmente valutabile.
Ciò accade, ad esempio, nelle ipotesi di manifesta fondatezza
discendente dal carattere vincolato del provvedimento, che non postuli
accertamenti valutativi complessi; ovvero, nei casi di evidente infondatezza,
laddove risulta diseconomico condannare la p.a. a provvedere se l'atto espresso
non potrà che essere di rigetto. T.A.R.
Sicilia Catania, sez. I, 28 gennaio 2010, n. 135.
L'art. 31 comma 2, c.p.a disciplina
l'azione di adempimento nel processo avverso il silenzio, che consente al
privato di ottenere una sentenza di condanna dell'Amministrazione all'adozione
del provvedimento richiesto. La disposizione condiziona, per evitare indebite
ingerenze del giudice in valutazioni di esclusiva spettanza
dell'Amministrazione, il legittimo esercizio dell'azione in esame alla
ricorrenza di due alternativi presupposti, costituiti dalla sussistenza di un
potere vincolato ovvero di un potere che, pur essendo nel complesso
discrezionale, si connoti per avere, nella specie, l'Amministrazione procedente
espresso il proprio giudizio valutativo residuando soltanto, in mancanza di
adempimenti istruttori complessi da effettuare, lo svolgimento di attività
regolamentare, in tutti i suoi aspetti, dalla legge
Nel caso di specie, non sussisteva
alcun dubbio in ordine al fatto che il potere comunale fosse vincolato, dovendo
l'Amministrazione limitare il proprio accertamento alla verifica dell'impiego
da parte della controinteressata dell'insegna della croce verde, con la
conseguenza che il contenuto della decisione ben poteva estendersi anche
all'accertamento della fondatezza della pretesa azionata. T.A.R. Calabria
Catanzaro, sez. I, 13/06/2011, n. 899
Per
la giurisprudenza detta previsione non deve essere interpreta come imposizione
dell'obbligo di provvedere in ogni caso sulla fondatezza dell'istanza, ma
esclusivamente quale opzione rimessa al giudice che, alla luce della disciplina
in materia di impugnazione del silenzio rifiuto, va circoscritta alle ipotesi
di manifesta fondatezza o infondatezza della pretesa sostanziale azionata in
giudizio.
L’interpretazione
esclude tale opzione laddove l'amministrazione risulti titolare di un potere
discrezionale rispetto al provvedimento preteso dall'istante.
Nel
giudizio promosso avverso l'inerzia dell'Amministrazione è riservata la Giudice
la valutazione in ordine al merito dell'istanza presupposta nel caso di
manifesta fondatezza e nel caso di manifesta infondatezza della stessa (C.d.S.
Sez. IV 12.3.2010 n. 1468)
Non ricorre alcun obbligo del
Comune di provvedere sull'istanza e di procedere alla riqualificazione
urbanistica dell'area che risulti
legittimamente e regolarmente tipizzate dal punto di vista urbanistico, con
conseguente manifesta infondatezza dell'istanza e insussistenza dell'obbligo
giuridico di provvedere.
T.A.R.
Puglia Bari, sez. III, 03/03/2011, n. 383
Nel
caso di specie contrariamente agli assunti di parte ricorrente, che ritiene
erroneamente la stessa ormai priva di destinazione urbanistica per effetto di
una presunta, quanto inesistente, decadenza del vincolo di destinazione
previsto, il vincolo gravante sull'area in questione non è soggetto a decadenza
quinquennale ai sensi dell'articolo 2 della legge 19 novembre 1968, n. 1187,
con conseguente manifesta infondatezza dell'istanza di riqualificazione
urbanistica.
Com'è
noto, infatti, nella ripartizione effettuata dalla Corte Costituzionale a
partire dalla sentenza 55/68 e nelle successive pronunce 92/82 e 179/99, i
vincoli di tipo espropriativo sono quelli che derivano dalla localizzazione del
territorio comunale di opere, strade e servizi, per i quali sono espressamente
indicate le aree sulle quali essi dovranno sorgere, con preclusione di ogni
attività edificatoria privata, mentre vanno qualificati come conformativi quei
vincoli che derivano dalla zonizzazione del territorio contenuta negli
strumenti urbanistici che, nel dividere in zone il territorio dell'ente locale,
definiscono in via generale ed astratta limiti e caratteri dell'edificabilità
dei vari terreni e così conformano le varie proprietà che vi ricadono,
limitando la fruibilità di esse nell'interesse pubblico (T.A.R. Puglia Bari
Sez. II 28.7.2009 n. 1991).
Restano,
altresì, al di fuori della categoria espropriativa, secondo l'elaborazione
dottrinale e giurisprudenziale seguita alle pronunce della Corte
Costituzionale, i vincoli che importano una destinazione, anche specifica,
realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, che non comportino
necessariamente interventi ad iniziativa esclusiva pubblica e quindi siano
attuabili anche dal soggetto privato e senza necessità di previa ablazione del
bene (Consiglio Stato, sez. IV, 31 luglio 2007, n. 4258, sez. IV, 25 maggio
2005, n. 2718).
Nessun commento:
Posta un commento