lunedì 2 luglio 2012

Processo amministrativo. Impugnativa del silenzio. La fondatezza della pretesa sostanziale.


La dottrina si è posta il problema se il giudice amministrativo sia tenuto ad esaminare la legittimità del comportamento omissivo o se debba, invece, accertare l’obbligo a provvedere sulla domanda del privato all’amministrazione inadempiente. Centofanti N.,  Centofanti P. e Favagrossa M..Formulario del diritto amministrativo 2012, 229.
L’oggetto del giudizio è, in primo luogo, la dichiarazione di illegittimità del comportamento dell’amministrazione, in secondo luogo l’accertamento positivo o negativo dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere nella fattispecie portata in giudizio.
Un filone giurisprudenziale ritiene inammissibile che il giudizio sul silenzio contempli anche l’accertamento della legittimità della richiesta sostanziale del ricorrente.
L’art. 31, comma 3,  D.L.vo 2 luglio 2010, n.104 cod. proc. amm.,  ripropone la norma contenuta nella L. 80/2005, il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione.
La norma ha un effetto dirompente sull’obbligo alla decisione spostando l’esame direttamente dall'illegittimità del diniego al contenuto dell’istanza.
La dottrina ritiene che la norma affidi al giudice, che deve rilevare margini di esercizio di attività discrezionale da parte della p.a.,  compiti di amministrazione attiva in contrasto con quanto affermato dall’art. 34, comma 2, D.L.vo 104/2010, secondo il quale il giudice non può pronunciarsi su poteri amministrativi non ancora esercitati. O. FORLENZA, Individuate quattro azioni di cognizione contro la p.a., in Giuda Dir., 2010, n. 32, 48.
La disposizione comunque non fa altro che recepire un orientamento giurisprudenziale secondo il quale la norma dà la facoltà (ma non obbliga) a conoscere della fondatezza della pretesa, nei casi in cui lo stesso giudicante la ritenga facilmente valutabile.
Ciò accade, ad esempio, nelle ipotesi di manifesta fondatezza discendente dal carattere vincolato del provvedimento, che non postuli accertamenti valutativi complessi; ovvero, nei casi di evidente infondatezza, laddove risulta diseconomico condannare la p.a. a provvedere se l'atto espresso non potrà che essere di rigetto. T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 28 gennaio 2010, n. 135.
L'art. 31 comma 2, c.p.a disciplina l'azione di adempimento nel processo avverso il silenzio, che consente al privato di ottenere una sentenza di condanna dell'Amministrazione all'adozione del provvedimento richiesto. La disposizione condiziona, per evitare indebite ingerenze del giudice in valutazioni di esclusiva spettanza dell'Amministrazione, il legittimo esercizio dell'azione in esame alla ricorrenza di due alternativi presupposti, costituiti dalla sussistenza di un potere vincolato ovvero di un potere che, pur essendo nel complesso discrezionale, si connoti per avere, nella specie, l'Amministrazione procedente espresso il proprio giudizio valutativo residuando soltanto, in mancanza di adempimenti istruttori complessi da effettuare, lo svolgimento di attività regolamentare, in tutti i suoi aspetti, dalla legge
Nel caso di specie, non sussisteva alcun dubbio in ordine al fatto che il potere comunale fosse vincolato, dovendo l'Amministrazione limitare il proprio accertamento alla verifica dell'impiego da parte della controinteressata dell'insegna della croce verde, con la conseguenza che il contenuto della decisione ben poteva estendersi anche all'accertamento della fondatezza della pretesa azionata. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 13/06/2011, n. 899
Per la giurisprudenza detta previsione non deve essere interpreta come imposizione dell'obbligo di provvedere in ogni caso sulla fondatezza dell'istanza, ma esclusivamente quale opzione rimessa al giudice che, alla luce della disciplina in materia di impugnazione del silenzio rifiuto, va circoscritta alle ipotesi di manifesta fondatezza o infondatezza della pretesa sostanziale azionata in giudizio.
L’interpretazione esclude tale opzione laddove l'amministrazione risulti titolare di un potere discrezionale rispetto al provvedimento preteso dall'istante.
Nel giudizio promosso avverso l'inerzia dell'Amministrazione è riservata la Giudice la valutazione in ordine al merito dell'istanza presupposta nel caso di manifesta fondatezza e nel caso di manifesta infondatezza della stessa (C.d.S. Sez. IV 12.3.2010 n. 1468)
Non ricorre alcun obbligo del Comune di provvedere sull'istanza e di procedere alla riqualificazione urbanistica dell'area  che risulti legittimamente e regolarmente tipizzate dal punto di vista urbanistico, con conseguente manifesta infondatezza dell'istanza e insussistenza dell'obbligo giuridico di provvedere.
T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 03/03/2011, n. 383
Nel caso di specie contrariamente agli assunti di parte ricorrente, che ritiene erroneamente la stessa ormai priva di destinazione urbanistica per effetto di una presunta, quanto inesistente, decadenza del vincolo di destinazione previsto, il vincolo gravante sull'area in questione non è soggetto a decadenza quinquennale ai sensi dell'articolo 2 della legge 19 novembre 1968, n. 1187, con conseguente manifesta infondatezza dell'istanza di riqualificazione urbanistica.
Com'è noto, infatti, nella ripartizione effettuata dalla Corte Costituzionale a partire dalla sentenza 55/68 e nelle successive pronunce 92/82 e 179/99, i vincoli di tipo espropriativo sono quelli che derivano dalla localizzazione del territorio comunale di opere, strade e servizi, per i quali sono espressamente indicate le aree sulle quali essi dovranno sorgere, con preclusione di ogni attività edificatoria privata, mentre vanno qualificati come conformativi quei vincoli che derivano dalla zonizzazione del territorio contenuta negli strumenti urbanistici che, nel dividere in zone il territorio dell'ente locale, definiscono in via generale ed astratta limiti e caratteri dell'edificabilità dei vari terreni e così conformano le varie proprietà che vi ricadono, limitando la fruibilità di esse nell'interesse pubblico (T.A.R. Puglia Bari Sez. II 28.7.2009 n. 1991).
Restano, altresì, al di fuori della categoria espropriativa, secondo l'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale seguita alle pronunce della Corte Costituzionale, i vincoli che importano una destinazione, anche specifica, realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, che non comportino necessariamente interventi ad iniziativa esclusiva pubblica e quindi siano attuabili anche dal soggetto privato e senza necessità di previa ablazione del bene (Consiglio Stato, sez. IV, 31 luglio 2007, n. 4258, sez. IV, 25 maggio 2005, n. 2718).

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