La realizzazione
di un centro commerciale non è compatibile con la destinazione dell’area in
zona F prevista dal piano.
La norma di piano
, nel caso di specie, prevede che la
Zona F1 debba essere destinata a "servizi per l'urbanizzazione
secondaria", essendo ivi consentita la realizzazione di "a) asili
nido, scuole materne, elementari e medie inferiori; b) attrezzature di
interesse comune: religiose, culturali, sociali, assistenziali amministrative,
per pubblici esercizi....".
Secondo
l'amministrazione l'intervento progettato di realizzazione di un centro
commerciale sarebbe sussumibile nella categoria di cui alla lett. b), e ciò per
due concorrenti motivi: 1) il centro polifunzionale contemplerebbe, accanto ad
alcuni pubblici esercizi di natura commerciale, una serie di attività
rientranti nell'ambito dello sport e del benessere, ossia attività private
contrassegnate da una generale fruibilità pubblica; 2) il titolare del permesso
di costruire si è impegnato, con dichiarazione trascritta presso la competente
Conservatoria, e come tale anche opponibile ad eventuali terzi aventi causa, a
mantenere la destinazione a pubblico servizio della struttura assentita.
La tesi della
compatibilità dei centri commerciali, o comunque delle medie e grandi strutture
di vendita con la Zona F1 si scontra con la ratio della Zona F1 e la relatva
natura di area adibita a servizi per l'urbanizzazione secondaria.
Gli interventi di
urbanizzazione secondaria sono descritti dall'art. 16 comma 8 del dPR 380/2001
ed individuati negli "asili nido e scuole materne, scuole dell'obbligo
nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo, mercati di
quartiere, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti
sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature
culturali e sanitarie.... impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o
alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi,
alla bonifica di aree inquinate".
Sebbene
l'elencazione non possa considerarsi tassativa anche a fini diversi dalla
quantificazione degli oneri, essa lascia intuire il legame che unisce le varie
tipologie di intervento, tutte tese a soddisfare interessi essenziali della
persona di natura non commerciale, salvo che per i mercati di quartiere, i
quali costituiscono una forma distributiva storicamente presente ed importante
nel contesto commerciale italiano, caratterizzata dalla presenza di più
operatori commerciali su aree pubbliche, specializzati nella vendita di
prodotti "freschi" a prezzi tendenzialmente più bassi grazie ai
minori costi fissi di gestione della struttura ed alla concorrenza resa
possibile dalla presenza di una moltitudine di piccoli operatori.
In questo senso i
mercati di quartiere possono considerarsi "pubblici esercizi"
rientranti nell'ampia nozione di intervento di urbanizzazione secondaria, ossia
strutture commerciali pubbliche adibite al piccolo commercio al minuto di
generi alimentari di prima necessità o comunque di uso quotidiano.
Non possono però
farvisi rientrare anche le medie o grandi strutture commerciali private,
sebbene inserite in contesti integrati nei quali insistono bar, piccoli negozi,
od anche locali adibiti ad uso ricreativo, sportivo o parasanitario.
L'esistenza di
tali altre attività non vale, del resto, a configurare l'intero centro quale
"attrezzatura di interesse comune" fruibile dall'intera collettività
poiché, anche a volere considerare la funzionalità delle stesse a garantire il
soddisfacimento di bisogni connessi alla sport o alla salute, esse non
giustificano il contestuale insediamento di strutture squisitamente commerciali
di grandi dimensioni che sfuggono ictu oculi alla nozione di attrezzatura di
interesse comune..
L'impegno a
mantenere la destinazione pubblica della struttura assentita rimane priva di
utilità ove si consideri che l'aver autorizzato l'edificazione per
l'insediamento, tra l'altro, di una media struttura di vendita e di altri
esercizi commerciali, rende ab inizio la dichiarazione contraddittoria e vaga,
implicitamente presupponendo che la struttura citata possa essere considerata
pubblico esercizio o che il mantenimento delle ulteriori e diverse attività
possa essere, di per sé solo, sufficiente a garantire, nel complesso, una
configurazione infrastrutturale pubblica all'iniziativa economica.
La sentenza ha
precisato, inoltre che l'apertura di un centro commerciale di notevoli
dimensioni, in località caratterizzata dalla presenza di importanti
collegamenti stradali e con ampia disponibilità di parcheggi, per effetto del
grande richiamo notoriamente esercitato sui consumatori dalla possibilità di
procedere ad acquisti di ogni genere con un solo spostamento verso un unico centro
ed a condizioni di prezzo spesso più vantaggiose, è in grado di esercitare un
impatto economico.
L’interesse ad
impugnare la localizzazione non può essere ristretto ai commercianti siti
nell'area nella quale la nuova struttura commerciale è stata autorizzata a
collocarsi, ma inevitabilmente si riverbera sugli esercenti dei Comuni vicini; ad essi quali va di conseguenza riconosciuta
la legittimità ad insorgere avverso il provvedimento che ne ha autorizzato
l'apertura. Consiglio di Stato, sez. IV, 04/05/2012, n. 2578.
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