L'art. 42 bis del
d.p.r. n. 327/2001. Le questioni di
costituzionalità.
Il legislatore è intervenuto con una nuova norma l’art. 34, d. l. 6
.7.2011, n. 98, che introduce l’art. 42 bis
al posto dell’abrogato art. 43 , d.p.r.327/2001, a regolare l’istituto
dell’acquisizione di un bene utilizzato dall’amministrazione senza titolo per
adeguarsi ai dettati della Corte .
Il provvedimento di acquisizione deve essere motivato in riferimento alle
attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano
l’emanazione valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati ed
evidenziando l’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione N. Centofanti, P.
Centofanti e M. Favagrossa, Diritto
urbanistico, 2012,501.
La dottrina si è
chiesta se il legislatore dell'art. 42-bis si sia, o meno,
attenuto alle prescrizioni provenienti dalla giurisprudenza di Strasburgo e, da
ultimo, anche dalla Corte costituzionale.
Il contrasto tra la disciplina dell'utilizzazione senza
titolo di beni privati per scopi di interesse pubblico e la tutela della
proprietà di cui all'art. 1 del primo Protocollo addizionale possa dirsi venuto
meno ?
La nuova norma impone
l'onere motivazionale a carico della P.A. obbligata, in sede di adozione del
provvedimento acquisitivo, a rendere manifeste le eccezionali ragioni di
interesse pubblico poste a base dell'atto medesimo.
Ciò a conferma della necessità di porre un freno alla
possibilità di ricorrere allo strumento ex art. 42-bis che non
può certo finire per costituire un escamotage utilizzato dal soggetto
pubblico allo scopo di svincolarsi dalle ordinarie regole della procedura
espropriativa.
Viene, inoltre, eliminata in radice la possibilità per il
giudice di paralizzare le azioni restitutorie avanzate dai privati, dall'altro
in quanto la previgente disciplina finiva col consentire al g.a. di sostituirsi
all'amministrazione nel bilanciamento degli interessi coinvolti attribuendo
allo stesso prerogative tipiche della giurisdizione di merito al di fuori delle
ipotesi di legge.
Essa rileva che permangono, peraltro, alcune evidenti criticità.
Manca la previsione di un termine cui subordinare l'adozione
da parte dell'amministrazione utilizzatrice dell'atto conclusivo della
procedura acquisitiva.
E’ comunque tuttora possibile che il provvedimento
acquisitivo da parte dell'amministrazione espropriante sia adottato
successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di accertamento del
diritto del proprietario alla restituzione dell'area.
La giurisprudenza ha dovuto riesaminare le questioni di
costituzionalità che sono state riproposte anche relativamente all'art. 42 bis del d.p.r. n. 327 del 2001.
Queste sono state dichiarate manifestamente infondate,
poiché l'art. 42 bis è risultato conforme alle disposizioni della Cedu e alla
giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Cons. St., sez. VI, 15.3.2012, n. 1438.
LA giurisprudenza ha rilevato che, successivamente alla sentenza
del 12 gennaio 2006 della Sez. III della CEDU, che aveva incidentalmente
formulato critiche all'art. 43 del testo unico in occasione di una condanna
riguardante una occupazione sine titulo, la Corte di Strasburgo non si è
pronunciata più in senso critico nei confronti dell'istituto originariamente
disciplinato dal medesimo art. 43; inoltre, il Comitato dei Ministri del
Consiglio d'Europa ha manifestato il proprio ‘welcoming' per le disposizioni contenute nell'art. 43, col
compiacimento in sede europea per l'elaborazione di un istituto che ha
consentito una ‘legale via d'uscita', nei casi in cui fosse riscontrabile
un'opera pubblica in assenza del valido ed efficace decreto di esproprio;
infine, il provvedimento ora disciplinato dall'art. 42 bis comporta la
spettanza — al soggetto che perde il diritto di proprietà — di un importo a
titolo di indennizzo, nella misura superiore del 10% rispetto a quanto avrebbe
avuto diritto ad ottenere a titolo di risarcimento del danno.
Tali decisioni comportano che a seguito all'emanazione del
provvedimento ex art. 42 bis d.p.r. n. 327 del 2001, deve ritenersi
improcedibile la domanda risarcitoria originariamente proposta dal privato
illegittimamente espropriato: ciò perché la successiva emanazione del
provvedimento di acquisizione, ai sensi dell'art. 42 bis, comporta - con
effetti "ex tunc" - il mutamento del titolo della pretesa che possono
avanzare gli interessati, sicché a questi spetta soltanto un indennizzo per la
perdita del diritto di proprietà, in ordine al quale non sussiste la
giurisdizione esclusiva del g.a., art.
133, comma 1, lett. f), c. proc. amm.
Deve ritenersi improcedibile, inoltre, per sopravvenuto
difetto di interesse la domanda restitutoria originariamente proposta dal
privato illegittimamente espropriato, sicché ogni contestazione avverso questo
nuovo provvedimento può essere fatta valere nel caso di sua impugnazione in
sede di cognizione (e quindi non in sede di appello innanzi al Consiglio di
Stato.
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