Presentazione.
Un'invasione di
mosche mette in difficoltà una felice comunità.
Si incarica di
risolvere il problema il Presidente esponente di spicco dell’Organizzazione che
nella gestione di affari pubblici ha trovato il sistema di accumulare
prestigio, potere e guadagni.
Il rapporto dei
protagonisti col potere è il leif motiv di un racconto in cui
l’esperienza quotidiana si coniuga con la fantasia.
Il Presidente ha
uno straordinario seguito nella comunità.
Molti sperano di
ottenere con la sua amicizia i suoi favori.
Lui naturalmente
pensa solo a gratificare il suo un manipolo di boiardi.
I membri più
fidati dell’Organizzazione sono messi a capo di ogni ente controllato.
La loro gestione
ha l’unico fine di comandare per fare quattrini incuranti della sorte degli
amministrati. Gli onesti subiscono, ma stanno zitti e non si indignano.
La situazione
precipita solo quando la situazione igienica degenera. L'imbroglio è scoperto e
gli arrivisti sono puniti.
C'è però
qualcuno che pensa di ricominciare l'affare rimescolando le carte a proprio
vantaggio.
L’autore
P.S. I
personaggi sono di fantasia anche se i fatti come quelli raccontati accadono
ogni giorno.
1.
Capitolo. La
situazione.
Il dolce aprile
del 2017 sta arrivando.
La stagione porta
un po’ di tepore che mitiga i rigori dell'inverno.
E’ il mese che
tutti attendono con maggiore simpatia.
Con la primavera
arriva anche la gioia di vivere all'aria aperta, di muoversi, di sentirsi
allegri e spensierati.
E’ il verde risveglio della natura.
E’ a tutti
gradito starsene lì, seduti nei bar della grande piazza, a godersi i tiepidi
raggi del sole.
La piazza è
grande, quadrata. Tutta la vita della città confluisce in quella piazza.
Da essa si
dipartono a raggiera le vie principali.
Da alcuni anni
le strade di accesso alla piazza sono state chiuse al traffico.
Alle porte della
città, in prossimità del Viale dei Tigli, quello che porta al grande ponte sul
fiume, è stato realizzato un grande parcheggio coperto.
In primavera i
tigli iniziano a fiorire ed il loro profumo satura l’aria e rende la vita più
felice.
Per accedere
all'area della piazza, ormai dominio incontrastato dei pedoni, è necessario
inoltrarsi sulle rapide rampe d'accesso del parcheggio, spogliarsi dalla
frenetica veste del conducente d'auto ed indossare la divisa del placido
pedone.
Abbandonare il mezzo di trasporto anche per fare pochi
metri, solo alcuni anni prima sarebbe stata una richiesta improponibile agli
auto-mobilisti.
Coll’instaurazione da parte delle autorità cittadine
del divieto d'accesso, gli automobili-dipendenti hanno dovuto staccarsi dal
volante della loro vettura cui erano incollati per raggiungere la loro meta.
Prima
parcheggiavano dappertutto, incuranti dei divieti di sosta, assalivano come uno
stuolo di cavallette metalliche ogni angolo della piazza, diventata un grande
parcheggio.
Era un ingorgo
di macchine piazzate ovunque lungo i marciapiedi delle strade ed arrivavano
anche lì, vicino alla balaustra di marmo nero della fontana.
La vista era
mortificata, l'armonia geometrica della piazza era deturpata da quel groviglio
rozzo e disarticolato di automobili.
Il fluire dei
pieni e dei vuoti dei volumi dei porticati era interrotto dalle colonne di
macchine parcheggiate nel modo più disordinato, la balaustra della fontana non
si vedeva quasi più, praticamente invisibile coperta com’era dalle lamiere
colorate.
Ora dopo la cura
drastica dei divieti spicca la scultura centrale: un grande calice stilizzato
di marmo bianco dal quale esce alto e sicuro lo zampillo d'acqua, scintillante
di luci all'imbrunire.
Quell'aprile
tuttavia la piazza è stranamente deserta abbandonata anche dai pedoni.
Non vi sono più
i soliti gruppi di persone che indugiano a chiacchierare e a bere qualcosa
seduti al bar.
Manca la folla
chiassosa e variopinta e con essa è assente l'allegria e la gioia di vivere.
Si possono
vedere, invece, sciami neri di mosche che pattugliano con metodo scientifico le
strade, senza farsene scappare alcuna.
Le mosche hanno
occupato la piazza facendo della fontana la loro roccaforte.
Con simili
nemici sparsi ormai in ogni angolo, la città sembra completamente paralizzata,
gli spostamenti sono limitati allo stretto necessario, i luoghi di ritrovo
all'aperto sono deserti.
Il traffico
automobilistico è strettamente ridotto: ormai gli automobilisti osano infilarsi
nell’abitacolo solo per raggiungere il luogo di lavoro poiché temono gli
assalti degli insetti.
In quelle ore le
strade sono di solito animate, ma quell’aprile tutto sembra irreale.
E’ una pena
vedere la gente tutta infagottata, per evitare ogni possibile contatto con gli
insetti, camminare con passo frettoloso per raggiungere al più presto un
qualunque luogo chiuso che può fornire riparo sicuro da quel novello flagello.
Quell’anno le
mosche sembra che siano inattaccabili da qualsiasi tipo di insetticida.
Ogni tentativo
di debellarle è finora risultato vano.
L’invasione
degli insetti è più insistente nelle zone periferiche dove il servizio di
raccolta dei rifiuti è meno efficiente.
Il Presidente
dall’interno della sua autovettura chiusa ermeticamente osserva preoccupato la
situazione.
E’ lui che deve
prendere le decisioni per sconfiggere il fenomeno.
Il Presidente è
un politico affermato che da il suo contributo per risolvere i problemi del
paese riuscendo a raggiungere una invidiabile posizione economica.
La sua statura
di livello nazionale mal si concilia con quell’unico incarico cui è stato
relegato, ma qualcosa gli dice che potrà ricavarne buon frutto.
Robusto, di
corporatura media, l’uomo ha perso parte della sua capigliatura, ma non il suo
vigore.
Gli ultimi
capelli rimasti non riescono ad incorniciargli la fronte, ma stanno lì ritti,
ribelli alla pressione del palmo della mano che tenta di farli appiattire sulla
testa, come cavalli imbizzarriti.
“E’ proprio
na storia da fare venir i caveli dritti” dice a Toni l’autista che da una vita
lo scorrazza in macchina per ogni dove.
Il Presidente è
un uomo di 55 anni ben portati.
Lui indossa un foulard
sulla camicia sbottonata che fa bella mostra di sé sbucando fuori dal giubbotto
di pelle scamosciata, i pantaloni di gabardine tengono meravigliosamente
la piega anche se lui passa tutto il giorno in macchina e sono in tinta col
colore nocciola del giaccone.
L’abbigliamento,
pur nella voluta praticità, è elegante e curato.
L’ultima
ricognizione prima della riunione del consiglio dell’Ente per il controllo
delle mosche è doverosa perché più volte ha promesso alla cittadinanza
decisioni rapide che non sono mai arrivate.
Lui ha promesso di risolvere il problema in tempi
brevi, ha promesso il suo interessamento per ottenere il massimo delle risorse
per debellare quell’insolito fenomeno.
Il Consorzio per la Lotta alle Mosche ha, in effetti,
svolto un’intensa attività di ricerca, convegni, incontri con la cittadinanza.
Gli
amministratori del Consorzio hanno discusso molto, hanno cominciato ad assumere
ma troppo poco per raggiungere la consistenza di un vero ente che faccia
notizia. Anche le consulenze sono state poche perché lui non è riuscito ad
incidere come si doveva per recuperare i fondi necessari. Il fenomeno non è
stato valorizzato ai fini elettorali nella dovuta maniera.
Nulla però che
abbia potuto debellare il flagello delle mosche.
Niente
disinfestazioni radicali, nessun provve-dimento per eliminare i cumuli di
immondizia che si trovano ancora stoccati lungo le strade più periferiche. E’
vero, è stato assunto qualche operatore ecologico addetto al taglio dell’erba
lungo i canali d’irrigazione, ma senza alcuna competenza relativa
all’eliminazione dei rifiuti.
La situazione è
esplosa durante lo sciopero dei netturbini che si lamentano di dovere operare
all’aperto per rimuovere la spazzatura attaccati dalle mosche.
Il blocco
dell’attività di rimozione ha provocato il conseguente ampliamento dei cumuli
di immondizie lungo le vie della città.
Lo sciopero è
rientrato, ma i mucchi di sacchet-ti di immondizie sono rimasti.
Effettivamente
il complicarsi della situazione è un buon segno; il fenomeno mosche legato al
fenomeno rifiuti può cominciare a dare buoni frutti. Bisogna lavorarci ancora
molto, ma il Presidente sente che stavolta è sulla strada buona.
I più pessimisti
temono che la situazione possa assumere proporzioni allarmanti entro breve
tempo, all’epoca del grande caldo.
I più allarmisti
parlano di possibili epidemie collegate alla scarsa igiene.
Le mosche
arrivate per caso hanno trovato nella città il loro habitat ideale.
La città si è come trasformata in un grande campo di battaglia.
E’ come vivere
in un clima di guerra: tutti tengono costantemente una paletta ammazza mosche a
portata di mano, non solo in casa, ma ovunque, anche sul posto di lavoro.
Le finestre
degli edifici sia pubblici che privati sono incorniciate dai più diversi tipi
di zanzariera.
Chi non si
rifugia nelle case, presidiando porte e finestre con ogni più sofisticato mezzo
di difesa, non ha via di scampo.
L’attacco di
sciami di mosche è deciso e diretto ed il loro terribile ronzio ossessiona i
malcapitati.
Ogni attività
all’aria aperta è di fatto impedita.
Nessuno più
gioca a tennis o si reca in piscina sia pure a prendere il sole di primavera.
Nessuno più si
sposta in bicicletta o in ciclomotore.
La situazione è
oramai intollerabile.
Il nemico si può
debellare con l’uso degli efficacissimi d.d.t., ma quei prodotti sono stati
messi al bando definitivamente: nel paese si sta sostenendo una grande
battaglia per riportare tutti ad una migliore qualità di vita.
No agli sprechi,
no alle macchine, no ai ritmi alienanti di una civiltà comoda basata sul tutto
pronto, sul tutto facile.
Si deve
ritornare ad una vita improntata ai ritmi naturali di un tempo.
Quindi no al
d.d.t. e a tutti quei prodotti che possono inquinare l’ambiente, bisogna
accettare le mosche come componenti dell’habitat e combatterle con
rimedi naturali.
L’ambiente e la
sua tutela è un buon tema elettorale e può valere molti consensi se gestito
bene è anche una miniera di buoni affari se collegato con la green economy.
Certo che con
tali rimedi non è facile sconfiggere neppure quel piccolo insetto, che è così
diventato per tutti il nemico pubblico numero uno. La sua eliminazione è
assolutamente prioritaria.
Con i suoi
occhietti sfaccettati e rotanti che lo tengono sempre all’erta contro ogni
tentativo di distruzione da parte dell’uomo, con le sue alucce trasparenti che
lo rendono agilissimo in ogni subitaneo spostamento, con il suo corpo piccolo e
peloso che dà una sensazione di sporco e di schifo, quel piccolo insetto è
stato oggetto dei più attenti studi e delle più complesse ricerche da parte dei
migliori esperti assunti dal Consorzio per la Lotta alle Mosche.
2.
Capitolo. L’invasione
delle mosche.
Il Presidente
non ha certo lesinato in spese per consulenze e ricerche per combattere
l’invasione delle mosche.
L’abolizione dei
sistemi più radicali ha però vanificato ogni tentativo di risolvere il problema
con mezzi naturali.
Tecnici e
amministrativi di ogni specialità hanno esaminato e studiato il problema sotto
ogni aspetto anche il più insignificante. Gli esperti hanno prodotto studi
enciclopedici.
Gli studiosi
hanno sviscerato nel modo più analitico la storia del fenomeno; hanno
analizzato le possibili cause che hanno ingenerato l’invasione di mosche; non
hanno trascurato alcun dettaglio ed hanno fornito ogni plausibile motivazione.
Le soluzioni
proposte sono numerose e contraddittorie.
La questione è
stata esaminata sotto il profilo tecnico, ma non sono per questo stati
trascurati gli studi che mettono in evidenza l’aspetto sociale del fenomeno.
Sono stati
formulati e spediti migliaia di questionari la cui lettura e compilazione
consentono anche al più sprovveduto lettore di essere aggiornato su ogni
attività molesta dell’insetto.
Quante volte al
giorno il dichiarante è stato, mediamente, punto da una mosca nell’ultima
settimana?
Quante ne ha
viste, mediamente nell’ultima settimana, in cucina, in soggiorno, in camera da
letto ed in bagno?
E i discendenti, ossia i figli, e gli ascendenti,
ossia i genitori, ed il coniuge, ossia la moglie, del dichiarante quante volte,
sempre nell’ultima settimana, sono stati colpiti?
Chissà perché,
ma probabilmente per la concezione tremendamente maschilista di quella società,
il dichiarante, nel gergo burocratico dei questionari, è sempre il maschio di
casa.
L’indagine
scende poi nei particolari per definire di che specie sono gli insetti
attaccanti, fornendo una idonea informazione sui tipi di quelli più diffusi.
Si tratta forse
della mosca comune di piccole dimensioni, facile da trovare nei quartieri del
centro della città.
Si tratta forse
del moscone della carne, più grande delle normali mosche, riconoscibile per il
ronzio provocato dalle grosse ali. Lo si può trovare nei luoghi di mercato e
nelle macellerie, dove i negozianti hanno adottato un vero e proprio piano di
difesa per impedirne l’entrata.
Si tratta forse
dell’estro del cavallo o dell’estro bovino, che si trovano più di frequente
nelle zone di campagna appena fuori dalla città, dove c’è ancora qualche
cascina con delle stalle.
Si tratta forse
della noiosa zanzara, terribile succhiatrice di sangue, che riesce a marchiare
uomini, donne e bambini, con il suo implacabile pungiglione.
Si tratta forse
delle formiche alate, che, nelle sere d’estate, si levano in volo con i loro
compagni per l’ultimo volo di morte.
A cosa serve un
questionario di tal fatta pochi forse l’hanno capito, o forse, pur capendolo,
pochi osano avanzare dei dubbi o dichiararne pubblicamente l’inutilità.
“Cosa serve
far tanti studi?”
E’ stato detto
da qualche piccolo gruppo di sprovveduti che non sanno che i fenomeni per
essere risolti dalla radice devono essere studiati approfonditamente.
Quanti dibatti
il Presidente ha dovuto affrontare per convincere i suoi interlocutori.
“No basta
ciapar qualche decision invece che far ricerca.
A cosa serve
contar le mosche se no se pol eliminarle che co sto bacheta.”
Essi nel corso della discussione mostrano, alzando
prepotentemente le mani, una fluttuante asticella di plastica non più lunga di
quaranta centimetri che finisce con una paletta dello stesso materiale tutta
bucherellata.
E’ lo strumento che il Consorzio ha distribuito a
tutta la popolazione per risolvere il problema delle mosche in maniera poco
impattante senza contaminare con gli insetticidi l’ambiente.
”Volemo
insetticidi” – reclamano – “volemo quei più potenti. No volemo sta roba”
urlano agitando la paletta.
Il Presidente ha
spiegato, invano, a questi sprovveduti come stanno le cose.
Poverini,
costoro non capiscono la bontà delle scelte operate dal Consorzio per la Lotta
alle Mosche.
Non si sono
ancora convinti della necessità di cambiare metodo.
L’indagine
preventiva è l’unico sistema da adoperare, se non si vuole rischiare grosso con
gli insetticidi e assoggettare tutti ad un pericolo globale di inquinamento.
Basta solo un
po' di pazienza.
Non è stato
costituito, dopo un’ampia consultazione, un apposito Ente per il controllo
delle mosche? Non vi hanno espresso tutti la massima adesione?
E allora bisogna
solo aspettare!
Il meccanismo
per risolvere il problema delle mosche è già stato innescato!
Mosche,
spazzatura e tutela dell’ambiente possono creare un buon trampolino di lancio
per l’ascesa politica del Presidente.
3.
Capitolo. La riunione
del consiglio di amministrazione.
La riunione del
Consorzio per la Lotta alle Mosche è fissata per le 17,00 del 17 aprile 2017.
Il Presidente
che è un tantinello superstizioso è convinto che il 17 sia per lui un numero
che porta fortuna.
Circa un’ora
prima gli uscieri hanno incominciato i preparativi, come al solito con molta
precisione.
Il tavolo
rettangolare in mogano lucidissimo rispecchia il lampadario di vetro di Murano
lavorato a mano, che troneggia in mezzo alla sala con i suoi colori tenui dal
rosso all’azzurro pallido.
I portacenere,
lavati accuratamente e perfet-tamente lucidati attendono con disgusto la cenere
ed i mozziconi di sigarette che avrebbero inevi-tabilmente ospitato nel corso
della riunione.
Le sedie sono
allineate come tanti soldati sull’attenti.
Il
condizionatore, acceso al massimo dà una piacevole sensazione di fresco
abbassando di pochi gradi la temperatura primaverile nel tentativo di
raffreddare gli animi.
Tutto è
preparato con estrema accuratezza.
Anche le
cartelle, ordinatamente disposte sui tavoli, gonfie di documentazione e di
carta per appunti, fanno presagire che la seduta sarebbe stata importante.
D’altro canto
l’attività del Consorzio per la Lotta alle Mosche è conosciuta da tutta la
città.
L’intero
consiglio di amministrazione si è pro-digato affinché il problema sia dibattuto
ovunque.
Sui giornali a
tiratura locale sono apparsi da tempo ampi spazi pubblicitari che illustrano
quanto è stato fatto e i futuri programmi del Consorzio per la Lotta alle
Mosche.
Gli opuscoli
divulgativi sono a disposizione di chiunque voglia informarsi e dare il suo
contributo per la battaglia; la lotta contro il comune nemico ha bisogno della
mobilitazione di tutta la popolazione.
La riunione fa
parte, minuscola particella in realtà, di quel grande programma di combatti-mento
il cui unico scopo è quello di debellare definitivamente l'acerrimo nemico.
Gli argomenti
all’ordine del giorno sono di grande rilevanza; poiché il Presidente ha in
programma di illustrare il suo programma per debellare il flagello delle
mosche; il clima si prospetta torrido.
Tutti sanno
benissimo che il Consiglio è completamente spaccato sui rimedi da adottare ed
una decisione finale che trovi tutti o almeno la maggioranza dei consiglieri
disposti a sostenerla non è un facile obiettivo da raggiungere.
L’espressione
dei componenti del Consiglio è impenetrabile, così che non è possibile intuire
il loro pensiero, forse perché molti di loro non hanno le idee ben chiare.
I consiglieri
entrano nella sala con passo sicuro, parlottando tra loro del più e del meno.
Gli uscieri,
tirati a lucido ed impettiti, consci del loro ruolo, attendono in piedi,
accanto alla imponente porta a vetri, l’arrivo dei loro santi patroni.
Ogni consigliere
è, infatti, per i dipendenti del Consorzio un punto di riferimento per ogni
grazia da chiedere. Tutto il loro avvenire lavorativo dipende da loro.
Il compito
principale degli uscieri, data l’attuale situazione, è quello di richiudere
precipi-tosamente la porta facendo bene attenzione che con i consiglieri non
entri nella sala anche l’odiato nemico.
Dopo essersi
sincerati che nessuna mosca è riuscita ad infiltrarsi, solo allora, come
solerti padroni di casa, salutano distintamente col doveroso.
“Bongiorno
Cavalier” “Bongiorno Commen-dator.”
Tutti i consiglieri sono, infatti, Cavalieri o
Commendatori e Dio sa se l’hanno sudata quella onorificenza.
Solo il
Presidente non ha titoli, lui viene, infatti, da una esperienza di dura
gavetta, tratta gli uscieri con grande familiarità sentendosi molto vicino
anche a chi presta l’opera più umile.
Lui ha sempre
per loro un saluto più caloroso degli altri, accompagnato spesso da una battuta
o da una domanda cortese.
Fra gli uscieri
gli è simpatico Filisteo dalla voce profonda e grave. Una voce che pare uscire
dall’oltretomba e che rende importante anche le parole più insignificanti da
lui pronunciate.
Sarebbe potuto
diventare un buon baritono, solo se avesse ascoltato i consigli di suo padre
melomane convinto.
Tutti si
accorgono del suo saluto anche se non si fa mai incontro alle persone.
Per quanto
cerchi di avanzare spedito deve trascinare pur sempre la sua gamba cui la
paralisi ha bloccato la crescita quando era bambino.
Filisteo non se
ne fa un problema.
E’ un saggio
come tutti i pescatori. Lanciare con grande maestria l’amo nel mezzo del fiume
è il suo più grande divertimento. Quando può è lì in riva al fiume a due passi
dalla città con il suo inseparabile motorino.
Da quando c’è
l’invasione delle mosche ha dovuto interrompere la pesca perché gli insetti, se
stai fermo, ti avvolgono in un abbraccio impos-sibile.
La sala si è
riempita alla spicciolata, oramai sono arrivati tutti.
Manca solo lui:
il Presidente.
Lui si presenta
immancabilmente in ritardo non tanto perché voglia fare pesare l’importanza
della carica, ma per il suo temperamento svagato, assorto, abituato a pensare
contemporaneamente a cento argomenti, pronto a fermarsi a discutere con
chiunque per finire, di preferenza, in un bar davanti ad un’ombra di vino,
purché genuino, s’intende!
Il Presidente
entra con passo sicuro tenendo fra le labbra carnose un puzzolente sigaro
toscano.
Il sigaro scorre
da un lato all’altro delle labbra con estrema destrezza e, pur tenendolo ben
fermo, dà l’impressione che sia lì appiccicato quasi per caso.
L’acre profumo
impregna la stanza e supera l’odore di fumo delle numerose sigarette dei
consiglieri, ma nessuno si azzarda a protestare per quella intollerabile
atmosfera da camera a gas.
Il Presidente,
da buon padre di famiglia, saluta molto calorosamente gli uscieri e si
introduce nella sala.
Prende posto
nella poltrona più ampia e comoda, in testa all’enorme tavolo di mogano
lucente.
I consiglieri
sono già tutti presenti.
4.
Capitolo. Il
dott. Rossi.
E’ giunto anche
il segretario.
Il dott. Rossi è
ancora trafelato per l’ultima cor-sa da un ufficio all’altro per racimolare le
ulti-me carte da portare in consiglio di amministrazione.
E’ un vecchio dirigente
amministrativo aduso a tutte le astuzie.
E’ riuscito con
mille intrallazzi ad ottenere un unanime consenso per quell’importante
incarico.
Amicizie e
frequentazioni con importanti diri-genti dell’Organizzazione centrale hanno
suppor-tato la sua nomina in periferia
Non è
particolarmente esperto dei problemi tecnici che la battaglia contro le mosche
impone.
La sua
professionalità consiste soprattutto nella grossa capacità di sapere trovare
collegamenti a tutti i livelli.
Passa gran parte
del suo tempo a garantire la sua massima disponibilità a favore dell’Organiz-zazione.
Serve un aiuto
per un’assunzione?
C’è da fare un
piacere a qualche simpatizzante?
C’è da
organizzare un convegno?
Sempre a
disposizione senza nulla chiedere.
Il dott. Rossi è
sempre al telefono a raggua-gliare di ogni piccolo particolare i suoi referenti
per tenerli informati di ogni possibile sviluppo e per fare vedere la sua
disponibilità al servizio.
La sua filosofia
è molto semplice: cercare di essere accomodante con chi comanda, essere
arrogante e strafottente con i suoi sottoposti.
Effettivamente è
un sistema collaudato per cer-care di rimanere al suo posto il maggior tempo
possibile.
Il suo aspetto
fisico denota questa sua indiscutibile capacità.
E’ alto e
piuttosto magro.
Le gambe e
soprattutto le braccia appaiono straordinariamente lunghe rispetto al tronco.
Le braccia poi
si muovono in continuazione e, soprattutto, è a loro familiare e consueto
l’alzarsi fino all’altezza delle spalle e abbracciare, con bonarie pacche sulla
schiena, l’interlocutore quasi a volere captare la sua benevolenza.
E’ il modo
pratico di tradursi di una ostentata familiarità che, a dire il vero, però non
si manifesta mai con i suoi subalterni, ma solo con coloro che possono essergli
utili.
Di solito, con
le persone che collaborano con lui in un rapporto di chiara subordinazione, il
dott. Rossi è rigido e poco cordiale e non ama indulgere ad alcuna familiarità
anzi si diverte a tenerli sotto pressione, non dimostrandosi mai soddisfatto
del loro lavoro.
La stanza è
luminosa.
Tre ampie
vetrate si aprono verso ovest e, dall’alto del decimo piano, chi vi si affaccia
può godere di una vista meravigliosa; specie al tramonto quando il sole, giunto
al tetto dei palazzi di fronte, tinge di rosso il cielo.
E’ un quadro
naturale offerto dall’ammini-strazione per la maggiore delizia dei potenti che
frequentano la sala delle riunioni.
Il grattacielo è
stato costruito negli anni 50 e incombe su di un giardino dove gli anziani si
godono un sonnolento riposo seduti sulle panchine ed i bambini giocano sotto
gli occhi delle madri.
Ora il giardino
è deserto perché le mosche impediscono una sosta tranquilla.
Anche i bambini
non resistono e dopo in po’ piangono infastiditi dal continuo ronzio e dagli
attacchi delle mosche che li importunano; le madri, non potendo difendere le
loro creature all’aperto, preferiscono ritirarsi all’interno delle abitazioni.
E’ questo
l’unico spazio verde sito nel cuore della città di recente liberato dalle
macchine che prima continuavano imperterrite a girare sempre alla ricerca di un
introvabile parcheggio.
La vista del
verde degli alberi combatte la sua battaglia per vincere il colore grigio del
cemento delle nuove costruzioni.
I consiglieri
non si curano, però, di ammirare il panorama; essi sono lì, sprofondati nelle
loro poltrone dirigenziali, pronti a dare il loro contri-buto sofferto, ma
utile.
Se ne stanno
attorno al grande tavolo di mogano lucente di forma ovale che troneggia
imponente nel bel mezzo della sala.
Se invece che di
forma ovale fosse stato un tavolo rotondo il paragone con i mitici cavalieri
dalle nobili gesta sarebbe balzato evidente alla mente di chiunque.
Che differenza
può esserci se invece di tenere saldamente nelle mani le redini di indomiti
destrieri, per combattere contro ogni pericolo, i consiglieri sono saldamente
aggrappati ai braccioli delle loro poltrone per combattere il nuovo flagello?
Si tratta, però,
di un tavolo ovale!
Ognuno ha
dinanzi una cartella di similpelle nera, lucida anch’essa, come il tavolo,
ripiena di ogni sorta di cancelleria: gomme, matite, penne biro e fogli per
appunti.
E’ un piccolo
corredo che avrebbe fatto gola ad un bambino ansioso di tracciare sui fogli di
carta bianchi dei disegni infantili.
Forse per questo
le cartelle devono, il più delle volte, essere sostituite.
I posacenere
sono accuratamente lavati e luccicano al riflesso della luce artificiale.
L’atmosfera è
carica di energia, si avverte che non si tratta di una delle solite riunioni
dedicate all’ordinaria amministrazione, qualcosa di impor-tante sta per
accadere.
Anche l’ora
nella quale è stato convocato il consiglio - le diciassette – è insolitamente
tarda rispetto alle normali riunioni che si svolgono all’inizio del pomeriggio
e lascia presagire che qualcosa di nuovo sarebbe accaduto.
Quell'ora stanca
e pigra del crepuscolo si trasforma anch’essa in una piccola tessera che deve
servire a completare il mosaico di questo importante avvenimento.
Tutto sembra
fermo, immobile, in attesa.
Una strana
quiete prima della tempesta.
Tutti quelli che
contano nel Consorzio sono presenti alla riunione.
Il dott. Bianchi
no.
Lui è
semplicemente vice segretario aggiunto.
5.
Capitolo. Il
dott. Bianchi.
Il dott. Bianchi
è vice segretario aggiunto pre-posto alla ricerca scientifica.
Per lui,
particolarmente legato a schemi buro-cratici, la carriera è un modo di
affermare la sua personalità.
Legittimista ad
oltranza, il solerte funzionario ritiene di potere raggiungere posizioni di
vertice senza andare a proporsi ai potenti, soprattutto senza richiedere la
loro protezione.
Il dott. Bianchi
non ha santi patroni in consiglio.
Lui è uno dei
pochi che al Consorzio per il controllo delle mosche è arrivato con un regolare
concorso.
Uno degli ultimi
concorsi banditi per errore contravvenendo alla regola imperante che gli
amministratori devono scegliere i loro dirigenti
E’ proprio per
questo che è inviso ai consiglieri perché è arrivato a quella posizione senza
avere avuto bisogno di nessuno.
“Chi no ga
bisogno de nissun, nol fa piaseri a nissun” ripete spesso il Presidente che
ha più volte sondato il dott. Bianchi per verificare una sua collaborazione
alla gestione del Consorzio, se per caso col tempo la situazione dovesse
evolvere.
Scuote la testa
pensando ai problemi che il dott. Bianchi può creare se solo lo si metta in una
posizione autonoma che gli consenta di affrontare le difficoltà.
Il problema
delle mosche può essere risolto in tempi rapidi con una spesa modesta ed in
fretta.
Una vera
disdetta che bisogna contrastare con tutti i mezzi.
La spazzatura è
un’opportunità da valorizzare lo sciopero dei netturbini è venuto a pennello ad
accrescere un problema che può portare tanti soldi se gestito bene.
Sono
pericolosissime le persone che hanno competenze proprie e sanno lavorare senza
bisogna di coperture e soprattutto quelle che non riescono a vedere le
possibilità di fare denari creando proseliti e rendite agli amici dell’Organiz-zazione.
Se l’Organizzazione
non è intervenuta per costruire la
carriera di questi presuntuosi la sua stessa autorità è irrimediabilmente
minata.
Chi è assunto
senza bisogno di padrini ritiene di potere fare tutto da solo senza rispondere
alle indicazioni dell’Organizzazione.
Quello che ha
portato alla assunzione del dott. Bianchi sarebbe rimasto l’ultimo concorso.
D’ora in poi le
persone le avrebbero selezionate loro secondo il loro indice di gradimento.
Quante tessere
hanno recuperato all’Organizza-zione?
Rispondono alle
indicazioni?
Hanno risolto i
problemi nei tempi e con le modalità fissate dall’Organizzazione.
Bandiscono dal
loro operare inutili personali-smi e colpi di testa.
Questi sono i
parametri di selezione per l’assunzione di un dipendente del Consorzio!
Il dott. Bianchi
studia, studia, scrive, scrive; lui sa tutto sul modo di vivere delle mosche e
su come combatterle fino a distruggerle comple-tamente.
Ha fatto studi
accurati sugli insetticidi. Distingue quelli che hanno forti presenze di
sostanze velenose; cerca di mettere in guardia i consiglieri dai loro effetti
negativi.
Teme, infatti, che il loro deposito nel suolo li ponga
nel ciclo vitale della alimentazione umana, cosa estremamente pericolosa poiché
attraverso gli alimenti possono essere assunti dalle persone e provocare danni
irreversibili.
Predilige per la
lotta alle mosche prodotti con componenti naturali, magari meno efficaci, ma
che per lo meno producono la scomparsa delle mosche senza creare effetti
secondari o quelli che agiscono sul sistema di riproduzione delle mosche,
facendo in modo che gli acerrimi nemici non possano procreare.
Il dott. Bianchi
è un illuso.
Egli pensa di risolvere i problemi attraverso
conoscenze tecniche! Vuole fare carriera attra-verso la sua preparazione
professionale senza cercare agganci con nessuno!
Inaudito!
Se ne sta
lontano da riunioni e convegni che non siano prettamente scientifici, disdegna
persino il ricco buffet che segue ritualmente la fine del convegno.
“Chi non
prosegue la discusion magnando na tartina xe un maleducato e dimostra de aver
poca vogia de far ben!” Sentenzia il dott. Rossi addentando una tartina al
salmone.
“Delisiosa”
replica mentre il Presidente ripete che la lotta alle mosche, a suo avviso, è a
buon punto e che i problemi sono in via di soluzione.
Il dott. Bianchi
preferisce passare il suo tempo tra studi ed esperimenti.
Questo suo modo
di fare è sgradito a tutti perché o considerano un piantagrane saputo che non
sa comportarsi e rispettare stando zitto le scelte degli amministratori.
Il dott. Rossi
lo detesta perché ha una buona preparazione e le poche volte in cui può
prendere la parola in consiglio dice delle cose sensate che possono mettere in
secondo piano la sua incon-testata capacità dirigenziale.
Non ha nemmeno
il pudore di stare zitto quando parla qualcuno più importante di lui.
Il dott. Bianchi
fa, magari delle precisazioni utili, ma che fanno apparire l’oratore meno
preparato di uno appena laureato che manca di esperienza di gestione.
E’ meglio
sostenere dei collaboratori un po’ insulsi che combinano magari qualche
pasticcio.
Questi somari,
almeno, possono dare ai consiglieri la
possibilità di fare bella buona figura suggerendo qualche facile rimedio.
I collaboratori
peggiori sono i tuoi sostenitori migliori.
Sono loro quelli
che ti affiancano e sostengono quando occorre nelle campagne elettorali a
raccogliere i consensi!
Il dott. Bianchi
poi ha la mania di suggerire delle soluzioni innovative molto efficaci ma poco
costose. Esse non consentono di fare grossi appalti e muovere conseguentemente
grosse somme.
Una disdetta
insomma per ogni buon ammini-stratore che si rispetti!
Il dott. Rossi
lo giudica come un saccente che vuole risolvere i problemi ignorando comple-tamente
l’apporto del Consiglio; come se la com-petenza degli amministratori alla
soluzione alla battaglia contro le mosche non sia determinante.
Questo
comportamento è per lui intollerabile e prima o poi gliela avrebbe fatta
pagare.
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