Municipalizzate Gestione
diretta in economia - Possibilità - Ragioni.
La materia dei
servizi pubblici locali di rilevanza economica è stata oggetto di una
disciplina normativa travagliata, travolta da interventi abrogativi referendari
e pronunce di illegittimità della Corte Costituzionale.
Brevemente, a
partire dal 2001, per effetto della modifica introdotta dall'art. 35 della L.
n. 448 del 2001 all'art. 113 del TUEL approvato con D.Lgs. n. 267 del 2000, è
passato il principio della esternalizzazione dei servizi e la relativa
disciplina è fondamentalmente ruotata sulla regolamentazione della concorrenza.
In particolare, basti pensare all'evoluzione legislativa che si è succeduta dal
2006 ad oggi e che ha conosciuto una ricchissima iperproduzione normativa (dal
decreto legge 223/2006 convertito in legge 248/2006; all'art. 23 bis, legge
133/2008 e successive modifiche; il regolamento 7 settembre 2010, n. 168; il
referendum abrogativo del mese di giugno 2011; il decreto legge 138/2011
divenuto legge 148/2011; la legge di stabilità 2012 (L. n. 183 del 12 novembre
2011); il d.l. n. 1 del 24 gennaio 2012 convertito in L. 24 marzo 2012 n. 27,
la disciplina comunitaria.
In buona sostanza.
dal 2008 al 2012 i servizi pubblici locali di rilevanza economica hanno rappresentato
un settore in continuo dinamismo normativo ed hanno vissuto un'accelerazione
normativa. La riforma dei servizi pubblici locali, introdotta dall'art. 23 bis
del D.L. n. 112 del 2008, in apertura della XVI legislatura, aveva modificato
il vecchio art. 113 del D.L.vo n. 267 del 2000; nonostante che quest'ultima
disposizione fosse stata novellata nel 2003, era tuttavia da tempo sentita e
dibattuta in sede politica l'esigenza di un nuovo intervento in senso
pro-concorrenziale. Anche nel corso della XV legislatura il dibattito sulla
riforma dei servizi pubblici locali era stato particolarmente acceso, senza
tuttavia che fosse stato raggiunto alcun utile risultato al di là della
presentazione di alcuni disegni di legge, anche di iniziativa governativa,
rimasti senza esito (d.d.l. AS 772); ciò, non tanto per l'anticipata
interruzione della legislatura medesima, ma soprattutto per la mancanza di
accordo tra le forze parlamentari che componevano la stessa maggioranza
governativa su un tema così spinoso.
La comparsa del
citato art. 23 bis, a mezzo di un emendamento introdotto nel corso dei lavori
parlamentari di conversione del D.L. n. 112 del 2008, ha consentito di gettare
le basi della nuova riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica,
per far compiere un ulteriore passo verso la piena conformità ai principi
comunitari; riforma, da un lato, finalizzata a favorire la più ampia diffusione
dei principi di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei
servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi
di interesse generale in ambito locale, da attuare con l'erosione di alcune
sacche di resistenza, dall'altro, volta a garantire il diritto di tutti gli
utenti all'universalità e accessibilità dei servizi pubblici locali ad
assicurare un adeguato livello di tutela degli utenti. L'art. 23 bis viene
abrogato con referendum abrogativo popolare del 12-13 giugno 2011 (recepito con
d.P.R. 113/2011). Al vuoto normativo segue, nel 2009, il D.L. n. 135 del 2009
(anche detto decreto Ronchi o salva infrazioni). Il 2010 è l'anno del
regolamento approvato con D.P.R. n. 168 del 2010 e il 2011 l'anno della riforma
di cui al citato art. 4 del D.L. n. 138 del 2011 e della legge di stabilità
183/2011. L'art. 4 del D.L. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 148 del 2011, continua lo spirito della riforma dei servizi
pubblici locali di rilevanza economica che nel 2008 aveva portato all'art. 23
bis ed è proteso verso la piena conformità ai principi comunitari, ancora una
volta ribaditi: "rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di
stabilimento e di libera prestazione dei servizi" e "universalità e
accessibilità del servizio" (art. 4, comma 1). Infatti, si avverte
l'esigenza, di derivazione comunitaria, di tutelare la libera concorrenza
affinché possano prodursi effetti benefici non solo per il mercato, e quindi
per le imprese di settore che vi operano, ma per gli stessi utenti, destinatari
dei servizi.
L'art. 9 della L
183 del 12 novembre 2011 (legge di stabilità 2012) modifica ulteriormente la
disciplina dei servizi pubblici di rilevanza economica, apportando modifiche
all'art. 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con
modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, con il dichiarato fine
"di realizzare un sistema liberalizzato dei servizi pubblici locali di
rilevanza economica attraverso la piena concorrenza nel mercato e di perseguire
gli obiettivi di liberalizzazione e privatizzazione dei medesimi nonché di
assicurare, mediante un sistema di benchmarking, il progressivo miglioramento
della qualità ed efficienza di gestione dei medesimi servizi".
Il 2012 è l'anno
del d.l. n. 1 del 24 gennaio 2012 convertito in L. 24 marzo 2012 n. 27 che
rivoluziona ancora tutto il sistema dei servizi pubblici locali a rilevanza
economica, introducendo un nuovo schema di organizzazione dei servizi,
attribuendo alle regioni ed alle province autonome la potestà di individuare
ambiti territoriali ottimali e omogenei tali da consentire economie di scala e
di differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza del servizio. La
disposizione mira alla tutela della concorrenza, dell'ambiente e,
necessariamente della finanza pubblica.
L'intero impianto
normativo, tuttavia, viene duramente colpito (oltre che dal referendum
abrogativo) dalla Corte Costituzionale che, con sentenza 17-20 luglio 2012, n.
199 (Gazz. Uff. 25 luglio 2012, n. 30 - Prima serie speciale) dichiara
l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 D.L. n. 138 del 2011, conv. in legge
n. 148 del 2011, come poi modificato dalla L 183/2011 e dal D.L. 1/2012 conv.
in L. 27/2012, nonché dall'art. 53, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22
giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), in quanto,
secondo la Corte la norma riproduceva sostanzialmente il contenuto dell'art. 23
bis abrogato con referendum popolare.
In questo confuso
quadro normativo, si colloca la delibera di G.M. n. 291/2012 qui impugnata,
che, essendo stata emessa alcuni giorni dopo la sentenza della Corte
Costituzionale 199/2012, (e precisamente il 24 luglio 2012), si torva in un
arco temporale di assoluto vuoto normativo. Infatti, abrogato - ad opera del
referendum popolare - l'art. 23 bis (che aveva a sua volta abrogato l'art. 113
D.L.vo n. 267 del 2000) ed abrogata ad opera della Corte Costituzionale
199/2012 la nuova normativa, la delibera qui in esame si è ritrovata orfana,
vagante in terra di nessuno.
L'assenza assoluta
di disciplina non deve tuttavia spaventare. Infatti, posto che è da escludersi
la reviviscenza della vecchia disciplina di cui all'art. 113 D.L.vo n. 267 del
2000 (opinione espressa C.d.C. sez. reg. controllo per la Basilicata, Potenza
delib. 173/2012/PAR, da questo Collegio condivisa) a sua volta già abrogata
dall'abrogato art. 23 bis, non possono che trovare applicazione i principi
comunitari in materia di in house providing e di tutela della concorrenza, che,
tuttavia, ben si disinteressano della gestione in economia.
È vero che, di lì a
poco, il legislatore sarebbe intervenuto con una nuova disciplina (cfr. art. 4
D.L. 95/2012 conv. in L. n. 135 del 7 agosto 2012; art. 34, comma 24 e 27 D.L.
n. 179 del 18 ottobre 2012, , conv. in L. n. 221 del 17 dicembre 2012 - decreto
Crescitalia;), ma al tempo della delibera per cui è causa, nessun parametro normativo
era in vigore.
Le disposizioni di
legge successive sopra citate, pertanto, non possono che avere un mero valore
orientativo.
In particolare,
l'art. 4 D.L. 95/2012 conv. in L. 135/2012 ai commi 6 e 7 stabilisce che
"A decorrere dal 1° gennaio 2013 le pubbliche amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 possono
acquisire a titolo oneroso servizi di qualsiasi tipo, anche in base a
convenzioni, da enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice
civile esclusivamente in base a procedure previste dalla normativa nazionale in
conformità con la disciplina comunitaria. 7. Al fine di evitare distorsioni
della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel
territorio nazionale, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le pubbliche
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165
del 2001, le stazioni appaltanti, gli enti aggiudicatori e i soggetti
aggiudicatori di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel
rispetto dell'articolo 2, comma 1 del citato decreto acquisiscono sul mercato i
beni e servizi strumentali alla propria attività mediante le procedure
concorrenziali previste dal citato decreto legislativo. È ammessa
l'acquisizione in via diretta di beni e servizi tramite convenzioni realizzate
ai sensi dell'articolo 30 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, dell'articolo 7
della legge 11 agosto 1991, n. 266, dell'articolo 90 della legge 27 dicembre
2002, n. 289, e dell'articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381".
Dal quadro
complessivo, emerge la netta preferenza del legislatore per l'esternalizzazione
dei servizi pubblici, ma, tuttavia, non può non riconoscersi anche una - seppur
limitata -possibilità, per l'ente pubblico, di gestione in economia di detti
servizi. Infatti, è possibile osservare che se tutta la normativa in materia è
finalizzata alla regolamentazione della concorrenza, essa non ha alcuna
incidenza in ipotesi in cui l'ente pubblico decida, a monte e nei limiti in cui
detta discrezionalità è riconosciuta dall'ordinamento, di gestire da sé
medesimo il servizio pubblico. Né può in radice escludersi detta possibilità in
capo all'amministrazione, posto che il principio della concorrenza, a cui è
ispirata la disciplina citata, non può prevalere sui principi di efficienza ed
economicità e buon andamento dell'attività amministrativa, laddove una
ragionevole valutazione induca a ritenere preferibili soluzioni interne
all'amministrazione interessata e dunque non competitive.
Occorre a questo
punto esaminare le disposizioni di legge che riconoscono all'amministrazione
questa possibilità , posto che, come visto, le disposizioni normative sopra
richiamate non contengono un espresso divieto alla gestione in economia dei
servizi pubblici locali a rilevanza economica, né un divieto di tal genere
sembra implicitamente desumibile dalle medesime norme.
L'art. 6 bis D.Lgs.
165/2001, sotto la rubrica "Misure in materia di organizzazione e
razionalizzazione della spesa per il funzionamento delle pubbliche
amministrazioni" stabilisce che
"1. Le
pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, nonché gli enti
finanziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello Stato sono
autorizzati, nel rispetto dei princìpi di concorrenza e di trasparenza, ad
acquistare sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno,
a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione e di adottare le
necessarie misure in materia di personale e di dotazione organica".
L'art. 125 D.Lgs.
163/2006 (codice dei contratti pubblici) sotto la rubrica "Lavori, servizi
e forniture in economia" stabilisce che "1. Le acquisizioni in
economia di beni, servizi, lavori, possono essere effettuate: a) mediante
amministrazione diretta; b) mediante procedura di cottimo fiduciario...3.
Nell'amministrazione diretta le acquisizioni sono effettuate con materiali e
mezzi propri o appositamente acquistati o noleggiati e con personale proprio
delle stazioni appaltanti, o eventualmente assunto per l'occasione, sotto la
direzione del responsabile del procedimento. 4. Il cottimo fiduciario è una
procedura negoziata in cui le acquisizioni avvengono mediante affidamento a
terzi. 5. I lavori in economia sono ammessi per importi non superiori a
200.000. I lavori assunti in amministrazione diretta non possono comportare una
spesa complessiva superiore a 50.000 euro.
6. I lavori
eseguibili in economia sono individuati da ciascuna stazione appaltante, con
riguardo alle proprie specifiche competenze e nell'ambito delle seguenti
categorie generali:...b) manutenzione di opere o di impianti...10.
L'acquisizione in economia di beni e servizi è ammessa in relazione all'oggetto
e ai limiti di importo delle singole voci di spesa, preventivamente individuate
con provvedimento di ciascuna stazione appaltante, con riguardo alle proprie
specifiche esigenze".
L'art. 34 D.L. n.
179 del 18 ottobre 2012 conv. in L. 17 dicembre 2012, n. 221, al co. 26
stabilisce poi che "Al fine di aumentare la concorrenza nell'ambito delle
procedure di affidamento in concessione del servizio di illuminazione votiva,
all'articolo unico del decreto del Ministro dell'interno 31 dicembre 1983,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 17 gennaio 1984, al numero 18)
sono soppresse le seguenti parole: "e illuminazioni votive".
Conseguentemente i comuni, per l'affidamento del servizio di illuminazione
votiva, applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 163 del
2006, e in particolare l'articolo 30 e, qualora ne ricorrano le condizioni,
l'articolo 125".
Ne deriva che entro
gli stretti limiti di cui alle disposizioni sopra citate è consentita la
gestione di un servizio in economia con amministrazione diretta o cottimo
fiduciario. La disciplina normativa, infatti, se da un lato milita al fine di
evitare che funzionari e dipendenti pubblici si improvvisino imprenditori con
rischiose ricadute in termini di corruzione, dall'altro consente alle
amministrazioni pubbliche la gestione in economia (diretta o con cottimo
fiduciario) "a condizione di ottenere conseguenti economie di
gestione" (cfr. art. 6 bis D.Lgs. 165/2001) "e, qualora ne ricorrano
le condizioni" ai sensi del "l'articolo 125" D.Lgs. 163/2006
(cfr. art. 34 co. 26 D.L. n. 179 del 18 ottobre 2012 conv. in L. 17 dicembre 2012,
n. 221), articolo già vigente al tempo della delibera.
Ne deriva che la
gestione in economia può ritenersi senz'altro ammissibile.
È legittima la
delibera con cui la giunta municipale, revocando la precedente deliberazione
recante la dichiarazione di pubblico interesse di un progetto presentato da un
terzo nominato promotore, prevede di gestire direttamente il servizio delle
lampade votive all'interno del cimitero comunale; la disciplina normativa
consente, infatti, alle amministrazioni pubbliche la gestione in economia
(diretta o con cottimo fiduciario) "a condizione di ottenere conseguenti
economie di gestione" (cfr. art. 6 bis, d.lg. 30 marzo 2001 n. 165) e,
"qualora ne ricorrano le condizioni" ai sensi dell'art. 125, d.lg. 12
aprile 2006 n. 163; né può "in radice" escludersi detta possibilità
in capo all'amministrazione, posto che il principio della concorrenza non può
prevalere sui principi di efficienza ed economicità e buon andamento
dell'attività amministrativa, laddove una ragionevole valutazione induca a
ritenere preferibili soluzioni interne all'amministrazione interessata e dunque
non competitive. T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 28/02/2013, n. 207
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