venerdì 22 novembre 2013

Municipalizzate Gestione diretta in economia - Possibilità - Ragioni.

Municipalizzate Gestione diretta in economia - Possibilità - Ragioni.

La materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica è stata oggetto di una disciplina normativa travagliata, travolta da interventi abrogativi referendari e pronunce di illegittimità della Corte Costituzionale.
Brevemente, a partire dal 2001, per effetto della modifica introdotta dall'art. 35 della L. n. 448 del 2001 all'art. 113 del TUEL approvato con D.Lgs. n. 267 del 2000, è passato il principio della esternalizzazione dei servizi e la relativa disciplina è fondamentalmente ruotata sulla regolamentazione della concorrenza. In particolare, basti pensare all'evoluzione legislativa che si è succeduta dal 2006 ad oggi e che ha conosciuto una ricchissima iperproduzione normativa (dal decreto legge 223/2006 convertito in legge 248/2006; all'art. 23 bis, legge 133/2008 e successive modifiche; il regolamento 7 settembre 2010, n. 168; il referendum abrogativo del mese di giugno 2011; il decreto legge 138/2011 divenuto legge 148/2011; la legge di stabilità 2012 (L. n. 183 del 12 novembre 2011); il d.l. n. 1 del 24 gennaio 2012 convertito in L. 24 marzo 2012 n. 27, la disciplina comunitaria.
In buona sostanza. dal 2008 al 2012 i servizi pubblici locali di rilevanza economica hanno rappresentato un settore in continuo dinamismo normativo ed hanno vissuto un'accelerazione normativa. La riforma dei servizi pubblici locali, introdotta dall'art. 23 bis del D.L. n. 112 del 2008, in apertura della XVI legislatura, aveva modificato il vecchio art. 113 del D.L.vo n. 267 del 2000; nonostante che quest'ultima disposizione fosse stata novellata nel 2003, era tuttavia da tempo sentita e dibattuta in sede politica l'esigenza di un nuovo intervento in senso pro-concorrenziale. Anche nel corso della XV legislatura il dibattito sulla riforma dei servizi pubblici locali era stato particolarmente acceso, senza tuttavia che fosse stato raggiunto alcun utile risultato al di là della presentazione di alcuni disegni di legge, anche di iniziativa governativa, rimasti senza esito (d.d.l. AS 772); ciò, non tanto per l'anticipata interruzione della legislatura medesima, ma soprattutto per la mancanza di accordo tra le forze parlamentari che componevano la stessa maggioranza governativa su un tema così spinoso.
La comparsa del citato art. 23 bis, a mezzo di un emendamento introdotto nel corso dei lavori parlamentari di conversione del D.L. n. 112 del 2008, ha consentito di gettare le basi della nuova riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, per far compiere un ulteriore passo verso la piena conformità ai principi comunitari; riforma, da un lato, finalizzata a favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, da attuare con l'erosione di alcune sacche di resistenza, dall'altro, volta a garantire il diritto di tutti gli utenti all'universalità e accessibilità dei servizi pubblici locali ad assicurare un adeguato livello di tutela degli utenti. L'art. 23 bis viene abrogato con referendum abrogativo popolare del 12-13 giugno 2011 (recepito con d.P.R. 113/2011). Al vuoto normativo segue, nel 2009, il D.L. n. 135 del 2009 (anche detto decreto Ronchi o salva infrazioni). Il 2010 è l'anno del regolamento approvato con D.P.R. n. 168 del 2010 e il 2011 l'anno della riforma di cui al citato art. 4 del D.L. n. 138 del 2011 e della legge di stabilità 183/2011. L'art. 4 del D.L. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, continua lo spirito della riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica che nel 2008 aveva portato all'art. 23 bis ed è proteso verso la piena conformità ai principi comunitari, ancora una volta ribaditi: "rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi" e "universalità e accessibilità del servizio" (art. 4, comma 1). Infatti, si avverte l'esigenza, di derivazione comunitaria, di tutelare la libera concorrenza affinché possano prodursi effetti benefici non solo per il mercato, e quindi per le imprese di settore che vi operano, ma per gli stessi utenti, destinatari dei servizi.
L'art. 9 della L 183 del 12 novembre 2011 (legge di stabilità 2012) modifica ulteriormente la disciplina dei servizi pubblici di rilevanza economica, apportando modifiche all'art. 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, con il dichiarato fine "di realizzare un sistema liberalizzato dei servizi pubblici locali di rilevanza economica attraverso la piena concorrenza nel mercato e di perseguire gli obiettivi di liberalizzazione e privatizzazione dei medesimi nonché di assicurare, mediante un sistema di benchmarking, il progressivo miglioramento della qualità ed efficienza di gestione dei medesimi servizi".
Il 2012 è l'anno del d.l. n. 1 del 24 gennaio 2012 convertito in L. 24 marzo 2012 n. 27 che rivoluziona ancora tutto il sistema dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, introducendo un nuovo schema di organizzazione dei servizi, attribuendo alle regioni ed alle province autonome la potestà di individuare ambiti territoriali ottimali e omogenei tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza del servizio. La disposizione mira alla tutela della concorrenza, dell'ambiente e, necessariamente della finanza pubblica.
L'intero impianto normativo, tuttavia, viene duramente colpito (oltre che dal referendum abrogativo) dalla Corte Costituzionale che, con sentenza 17-20 luglio 2012, n. 199 (Gazz. Uff. 25 luglio 2012, n. 30 - Prima serie speciale) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 D.L. n. 138 del 2011, conv. in legge n. 148 del 2011, come poi modificato dalla L 183/2011 e dal D.L. 1/2012 conv. in L. 27/2012, nonché dall'art. 53, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), in quanto, secondo la Corte la norma riproduceva sostanzialmente il contenuto dell'art. 23 bis abrogato con referendum popolare.
In questo confuso quadro normativo, si colloca la delibera di G.M. n. 291/2012 qui impugnata, che, essendo stata emessa alcuni giorni dopo la sentenza della Corte Costituzionale 199/2012, (e precisamente il 24 luglio 2012), si torva in un arco temporale di assoluto vuoto normativo. Infatti, abrogato - ad opera del referendum popolare - l'art. 23 bis (che aveva a sua volta abrogato l'art. 113 D.L.vo n. 267 del 2000) ed abrogata ad opera della Corte Costituzionale 199/2012 la nuova normativa, la delibera qui in esame si è ritrovata orfana, vagante in terra di nessuno.
L'assenza assoluta di disciplina non deve tuttavia spaventare. Infatti, posto che è da escludersi la reviviscenza della vecchia disciplina di cui all'art. 113 D.L.vo n. 267 del 2000 (opinione espressa C.d.C. sez. reg. controllo per la Basilicata, Potenza delib. 173/2012/PAR, da questo Collegio condivisa) a sua volta già abrogata dall'abrogato art. 23 bis, non possono che trovare applicazione i principi comunitari in materia di in house providing e di tutela della concorrenza, che, tuttavia, ben si disinteressano della gestione in economia.
È vero che, di lì a poco, il legislatore sarebbe intervenuto con una nuova disciplina (cfr. art. 4 D.L. 95/2012 conv. in L. n. 135 del 7 agosto 2012; art. 34, comma 24 e 27 D.L. n. 179 del 18 ottobre 2012, , conv. in L. n. 221 del 17 dicembre 2012 - decreto Crescitalia;), ma al tempo della delibera per cui è causa, nessun parametro normativo era in vigore.
Le disposizioni di legge successive sopra citate, pertanto, non possono che avere un mero valore orientativo.
In particolare, l'art. 4 D.L. 95/2012 conv. in L. 135/2012 ai commi 6 e 7 stabilisce che "A decorrere dal 1° gennaio 2013 le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 possono acquisire a titolo oneroso servizi di qualsiasi tipo, anche in base a convenzioni, da enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile esclusivamente in base a procedure previste dalla normativa nazionale in conformità con la disciplina comunitaria. 7. Al fine di evitare distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, le stazioni appaltanti, gli enti aggiudicatori e i soggetti aggiudicatori di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel rispetto dell'articolo 2, comma 1 del citato decreto acquisiscono sul mercato i beni e servizi strumentali alla propria attività mediante le procedure concorrenziali previste dal citato decreto legislativo. È ammessa l'acquisizione in via diretta di beni e servizi tramite convenzioni realizzate ai sensi dell'articolo 30 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, dell'articolo 7 della legge 11 agosto 1991, n. 266, dell'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dell'articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381".
Dal quadro complessivo, emerge la netta preferenza del legislatore per l'esternalizzazione dei servizi pubblici, ma, tuttavia, non può non riconoscersi anche una - seppur limitata -possibilità, per l'ente pubblico, di gestione in economia di detti servizi. Infatti, è possibile osservare che se tutta la normativa in materia è finalizzata alla regolamentazione della concorrenza, essa non ha alcuna incidenza in ipotesi in cui l'ente pubblico decida, a monte e nei limiti in cui detta discrezionalità è riconosciuta dall'ordinamento, di gestire da sé medesimo il servizio pubblico. Né può in radice escludersi detta possibilità in capo all'amministrazione, posto che il principio della concorrenza, a cui è ispirata la disciplina citata, non può prevalere sui principi di efficienza ed economicità e buon andamento dell'attività amministrativa, laddove una ragionevole valutazione induca a ritenere preferibili soluzioni interne all'amministrazione interessata e dunque non competitive.
Occorre a questo punto esaminare le disposizioni di legge che riconoscono all'amministrazione questa possibilità , posto che, come visto, le disposizioni normative sopra richiamate non contengono un espresso divieto alla gestione in economia dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, né un divieto di tal genere sembra implicitamente desumibile dalle medesime norme.
L'art. 6 bis D.Lgs. 165/2001, sotto la rubrica "Misure in materia di organizzazione e razionalizzazione della spesa per il funzionamento delle pubbliche amministrazioni" stabilisce che
"1. Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, nonché gli enti finanziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello Stato sono autorizzati, nel rispetto dei princìpi di concorrenza e di trasparenza, ad acquistare sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale e di dotazione organica".
L'art. 125 D.Lgs. 163/2006 (codice dei contratti pubblici) sotto la rubrica "Lavori, servizi e forniture in economia" stabilisce che "1. Le acquisizioni in economia di beni, servizi, lavori, possono essere effettuate: a) mediante amministrazione diretta; b) mediante procedura di cottimo fiduciario...3. Nell'amministrazione diretta le acquisizioni sono effettuate con materiali e mezzi propri o appositamente acquistati o noleggiati e con personale proprio delle stazioni appaltanti, o eventualmente assunto per l'occasione, sotto la direzione del responsabile del procedimento. 4. Il cottimo fiduciario è una procedura negoziata in cui le acquisizioni avvengono mediante affidamento a terzi. 5. I lavori in economia sono ammessi per importi non superiori a 200.000. I lavori assunti in amministrazione diretta non possono comportare una spesa complessiva superiore a 50.000 euro.
6. I lavori eseguibili in economia sono individuati da ciascuna stazione appaltante, con riguardo alle proprie specifiche competenze e nell'ambito delle seguenti categorie generali:...b) manutenzione di opere o di impianti...10. L'acquisizione in economia di beni e servizi è ammessa in relazione all'oggetto e ai limiti di importo delle singole voci di spesa, preventivamente individuate con provvedimento di ciascuna stazione appaltante, con riguardo alle proprie specifiche esigenze".
L'art. 34 D.L. n. 179 del 18 ottobre 2012 conv. in L. 17 dicembre 2012, n. 221, al co. 26 stabilisce poi che "Al fine di aumentare la concorrenza nell'ambito delle procedure di affidamento in concessione del servizio di illuminazione votiva, all'articolo unico del decreto del Ministro dell'interno 31 dicembre 1983, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 17 gennaio 1984, al numero 18) sono soppresse le seguenti parole: "e illuminazioni votive". Conseguentemente i comuni, per l'affidamento del servizio di illuminazione votiva, applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, e in particolare l'articolo 30 e, qualora ne ricorrano le condizioni, l'articolo 125".
Ne deriva che entro gli stretti limiti di cui alle disposizioni sopra citate è consentita la gestione di un servizio in economia con amministrazione diretta o cottimo fiduciario. La disciplina normativa, infatti, se da un lato milita al fine di evitare che funzionari e dipendenti pubblici si improvvisino imprenditori con rischiose ricadute in termini di corruzione, dall'altro consente alle amministrazioni pubbliche la gestione in economia (diretta o con cottimo fiduciario) "a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione" (cfr. art. 6 bis D.Lgs. 165/2001) "e, qualora ne ricorrano le condizioni" ai sensi del "l'articolo 125" D.Lgs. 163/2006 (cfr. art. 34 co. 26 D.L. n. 179 del 18 ottobre 2012 conv. in L. 17 dicembre 2012, n. 221), articolo già vigente al tempo della delibera.
Ne deriva che la gestione in economia può ritenersi senz'altro ammissibile.

È legittima la delibera con cui la giunta municipale, revocando la precedente deliberazione recante la dichiarazione di pubblico interesse di un progetto presentato da un terzo nominato promotore, prevede di gestire direttamente il servizio delle lampade votive all'interno del cimitero comunale; la disciplina normativa consente, infatti, alle amministrazioni pubbliche la gestione in economia (diretta o con cottimo fiduciario) "a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione" (cfr. art. 6 bis, d.lg. 30 marzo 2001 n. 165) e, "qualora ne ricorrano le condizioni" ai sensi dell'art. 125, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163; né può "in radice" escludersi detta possibilità in capo all'amministrazione, posto che il principio della concorrenza non può prevalere sui principi di efficienza ed economicità e buon andamento dell'attività amministrativa, laddove una ragionevole valutazione induca a ritenere preferibili soluzioni interne all'amministrazione interessata e dunque non competitive. T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 28/02/2013, n. 207

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