PARTE QUINTA
LA TUTELA
Capitolo 10
LE SANZIONI
AMMINISTRATIVE
1.
Le sanzioni previste dal T.U. delle leggi sanitarie. a) La
demolizione degli edifici costruiti nelle aree di rispetto.
Le sanzioni amministrative
in materia di polizia mortuaria sono previste dagli artt. 338, 339, 340 e 358,
T.U. delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265.
Dette norme sono state
modificate dall'art. 3 della L. 12 luglio 1961, n. 603, agg. dall’art. 113, L.
24 novembre 1981, n. 689, che fissa dei moltiplicatori alle pene pecuniarie
comminate per i singoli reati dal Codice penale o dalle leggi speciali, nonché
le altre sanzioni comminate per le singole infrazioni dal Codice di procedura
penale.
L’art. 32, L. 24 novembre
1981, n. 689, ha provveduto alla depenalizzazione delle sanzioni che ora sono
solo amministrative sostituendo la sanzione amministrativa pecuniaria alla
multa o alla ammenda, salva l'applicazione delle sanzioni penali per i fatti
costituenti reato.
L’art. 107, D.P.R. 10
settembre 1990, n. 285, rinvia espressamente alle sanzioni applicate dal T.U.
delle leggi sanitarie.
La prima sanzione colpisce
chi costruisce intorno ai cimiteri nuovi edifici non rispettando il divieto
delle distanze di almeno 200 metri dal centro abitato.
Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa fino a euro 103 e deve inoltre, a sue spese, demolire l'edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza, ex art. 338, R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, mod. art. 28, l. 1° agosto 2002, n. 166.
Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa fino a euro 103 e deve inoltre, a sue spese, demolire l'edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza, ex art. 338, R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, mod. art. 28, l. 1° agosto 2002, n. 166.
La giurisprudenza ha
affermato che l'immobile edificato entro la fascia di rispetto cimiteriale non
è sanabile, atteso che il vincolo cimiteriale comporta l'inedificabilità
assoluta di singoli edifici da realizzare a distanza inferiore da quella
stabilita (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 8 aprile 2003, n. 504, in
Foro amm. TAR, 2003, 1384).
Essa ha escluso anche
l’applicabilità del condono edilizio.
La disciplina nazionale
disposta dagli artt. 32 e 33, L. 47/1985, non è equivoca nel senso di
precludere la sanabilità di opere in presenza di un vincolo di inedificabilità
assoluta, purché apposto antecedentemente alla realizzazione delle costruzioni
abusive.
L'apposizione del vincolo
rivela di per sé l'esistenza di interessi pubblici, presidiati appunto dalla
costituzione del vincolo, sicché non è necessaria una puntuale rivalutazione
della situazione che risulta compromessa dalla edificazione di opere
incompatibili con il rispetto del vincolo, quale quello cimiteriale posto a
tutela di esigenze igienico-sanitarie.
Poiché il vincolo cimiteriale, previsto dall'art. 338, comma 1, R.D. 27/07/1934, n. 1265, comporta inedificabilità assoluta di singoli edifici a distanza inferiore correttamente l’amministrazione comunale ha respinto l'istanza di condono con esclusivo riferimento alla astratta esistenza del vincolo.
Poiché il vincolo cimiteriale, previsto dall'art. 338, comma 1, R.D. 27/07/1934, n. 1265, comporta inedificabilità assoluta di singoli edifici a distanza inferiore correttamente l’amministrazione comunale ha respinto l'istanza di condono con esclusivo riferimento alla astratta esistenza del vincolo.
La L. 28 febbraio 1985, n.
47 - nell'ammettere la sanatoria delle opere abusive che si trovano nelle
condizioni indicate dalla medesima - ha già fornito una preventiva valutazione della
compatibilità dell'opera con la presenza dell'interesse pubblico concreto,
ostativo al rilascio della concessione in sanatoria, sicché, qualora sia
espressa una valutazione negativa sulla domanda di condono, l'intervento
repressivo non è più condizionato da valutazioni puntuali e concrete né in
ordine all'interesse privato inciso né in ordine all'interesse pubblico alla
rimozione dell'opera abusiva.
E’ stata inoltre giudicata manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 32 e 97 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 32, primo comma, e 33, lett. d), L. 28 febbraio 1985, n. 47, sotto il profilo che il trattamento riservato dal Legislatore al vincolo cimiteriale sarebbe ingiustificatamente discriminatorio ed irragionevole rispetto al caso di opere eseguite su aree già sottoposte a vincolo d'inedificabilità e che il detto vincolo sarebbe volto alla tutela igienico sanitaria in concreto e non in astratto (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 23 dicembre 1988, n. 653).
E’ stata inoltre giudicata manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 32 e 97 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 32, primo comma, e 33, lett. d), L. 28 febbraio 1985, n. 47, sotto il profilo che il trattamento riservato dal Legislatore al vincolo cimiteriale sarebbe ingiustificatamente discriminatorio ed irragionevole rispetto al caso di opere eseguite su aree già sottoposte a vincolo d'inedificabilità e che il detto vincolo sarebbe volto alla tutela igienico sanitaria in concreto e non in astratto (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 23 dicembre 1988, n. 653).
L'inosservanza del divieto
di costruire a meno di 200 metri dai cimiteri, stabilito per ragioni di tutela
dell'igiene pubblica è sanzionato con la demolizione coattiva ad opera
dell'autorità comunale competente (Cass. Civ., sez. II, 22 agosto 1998, n. 8337, in Giust. civ. Mass., 1998, 1748).
La demolizione del
manufatto abusivo è il rimedio normale contro l'abusivismo di più grave entità,
ossia quello effettuato in aree soggette a vincolo o in carenza di concessione
edilizia, ora permesso di costruire, e anche contro l'abusivismo minore, ossia
quello relativo agli interventi di ristrutturazione edilizia in assenza o
difformità di concessione o quello relativo ad opere eseguite in parziale
difformità dalla concessione, ai sensi della L. 47/1985, sost. D.P.R. 6 giugno
2001, n. 380.
La demolizione è
effettuata direttamente dal dirigente per le costruzioni realizzate su aree
soggette a vincolo di inedificabilità, ai sensi dell’art. 4 della L. 47/1985,
sost. art. 27, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 ( N. CENTOFANTI, L’abusivismo
urbanistico ed edilizio, 2006, 93).
2. b) Il trasporto non autorizzato.
Il trasporto di cadaveri
da Comune a Comune era autorizzato dal Prefetto. L'introduzione di cadaveri
dall'estero era autorizzata dal Ministero per l'interno, oppure, per
delegazione di esso, dal Prefetto, sotto la osservanza delle norme stabilite
nel regolamento di polizia mortuaria.
Il contravventore era punito con l'ammenda da lire 200 a 500, ex art. 339, R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, la norma è stata abrogata dal D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Il contravventore era punito con l'ammenda da lire 200 a 500, ex art. 339, R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, la norma è stata abrogata dal D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Si tratta di verificare se
detta sanzione possa essere ancora applicata dai regolamenti comunali.
2.1. L’illegittimità delle sanzioni a tutela delle
privative comunali in materia di trasporto di salme.
La giurisprudenza ha
ritenuto illegittima l'ordinanza-ingiunzione del dirigente del Comune
conseguente a un verbale di accertamento nel quale è stato sanzionato il
trasporto di una salma senza l'autorizzazione amministrativa rilasciata dal
Sindaco.
L'attività della municipalizzata mira a calmierare i prezzi delle onoranze funebri e stroncare ogni forma di speculazione privata.
L'attività della municipalizzata mira a calmierare i prezzi delle onoranze funebri e stroncare ogni forma di speculazione privata.
Essa si sostanzia, fra
l'altro, nel diritto di privativa al trasporto delle salme dal luogo di decesso
al cimitero cittadino ovvero e - senza il diritto di privativa -, nel trasporto
delle salme, o altri servizi collegati, da e per altri Comuni, in base a
tariffe preventivamente stabilite.
Per la giurisprudenza l'abrogazione dell'art. 1, T.U. 2578 del 1925, è dovuta all'incompatibilità con gli artt. 22 e 64, L. 142 del 1990.
Per la giurisprudenza l'abrogazione dell'art. 1, T.U. 2578 del 1925, è dovuta all'incompatibilità con gli artt. 22 e 64, L. 142 del 1990.
L'art. 1, T.U. 2578 del
1925, è, infatti, incompatibile con quelle nuove disposizioni perché esso
rimette all'amministrazione comunale la scelta pienamente discrezionale,
sull'assunzione della privativa, così creando, attraverso un provvedimento
attributivo a sé medesimo di una esclusiva, un monopolio in sede locale, in
base a una scelta di natura amministrativa e non ad una opzione espressiva di
una univoca volontà legislativa, così come preteso dall'art. 22, comma 2, L.
142 del 1990.
Dalla liberalizzazione del
servizio di trasporto funebre, conseguente alla cessazione del diritto di
privativa, discende altresì il venire meno della fissazione amministrativa
delle tariffe del servizio da parte dell'Ente locale.
L'art. 22 della legge
142/1990 è la disposizione applicabile.
Essa, però, è stata
sostituita dall'art. 112, D. L.vo n. 267 del 2000, che si esprime in termini
pressoché identici alla precedente che, in un secondo tempo è stata abrogata, in
parte qua, ad opera dell'art. 35, comma 12, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
La giurisprudenza amministrativa ha seguito il percorso interpretativo sostenendo che l'art. 35, L. 448/2001 «è una norma di ampia liberalizzazione del settore e, dunque, si mostra frutto di un evidente travisamento ermeneutico l'idea che proprio essa tuttora contribuisca a giustificare la permanenza in vita della privativa oggetto del contendere (Cons. St., sez. V, 9 dicembre 2004, n. 7899).
La giurisprudenza amministrativa ha seguito il percorso interpretativo sostenendo che l'art. 35, L. 448/2001 «è una norma di ampia liberalizzazione del settore e, dunque, si mostra frutto di un evidente travisamento ermeneutico l'idea che proprio essa tuttora contribuisca a giustificare la permanenza in vita della privativa oggetto del contendere (Cons. St., sez. V, 9 dicembre 2004, n. 7899).
Tale conclusione non
appare arbitraria ma, anzi, in armonia con la giurisprudenza costituzionale. (Corte cost. n. 272 del 2004).
Secondo la Consulta la
disciplina della gestione dei servizi pubblici locali non è riferibile né alla
competenza legislativa statale in tema di determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, ex art. 117,
secondo comma, lett. m), cost.), giacché
riguarda precipuamente servizi di rilevanza economica e comunque non attiene
alla determinazione di livelli essenziali, né a quella in tema di funzioni
fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, ex art. 117,
secondo comma, lett. p), cost.
La gestione dei predetti
servizi non può certo considerarsi esplicazione di una funzione propria ed
indefettibile dell'ente locale»
Essa, invece, in relazione
ai riferimenti testuali e soprattutto ai caratteri funzionali e strutturali
della regolazione prevista, può essere agevolmente ricondotta nell'ambito della
materia tutela della concorrenza, riservata dall'art. 117,
secondo comma, lett. e), cost., alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Secondo l'interpretazione della Consulta, la tutela della concorrenza non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell'accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali (Corte cost. 14/2004).
Nonostante l'esistenza di una pluralità di altri interessi - alcuni dei quali rientranti nella sfera di competenza concorrente o residuale delle Regioni - connessi allo sviluppo economico-produttivo del Paese, la «tutela della concorrenza» è materia-funzione, riservata alla competenza esclusiva dello Stato che richiede l'uso del criterio di proporzionalità-adeguatezza al fine di valutare, nelle diverse ipotesi, se essa legittimi o meno determinati interventi legislativi dello Stato.
La Consulta ha escluso la censurabilità di «tutte quelle norme impugnate che garantiscono, in forme adeguate e proporzionate, la più ampia libertà di concorrenza nell'ambito di rapporti - come quelli relativi al regime delle gare o delle modalità di gestione e conferimento dei servizi - i quali per la loro diretta incidenza sul mercato appaiono più meritevoli di essere preservati da pratiche anticoncorrenziali».
Essa ha, altresì, affermato che la tutela della concorrenza e l'inderogabilità della disciplina da parte di norme regionali sono però esplicitamente evocate in riferimento ai soli servizi pubblici locali attualmente classificati come di rilevanza economica, di cui all'art. 113, D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, e non già in riferimento ai servizi privi di rilevanza economica previsti dall'art. 113-bis, D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267.
Secondo l'interpretazione della Consulta, la tutela della concorrenza non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell'accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali (Corte cost. 14/2004).
Nonostante l'esistenza di una pluralità di altri interessi - alcuni dei quali rientranti nella sfera di competenza concorrente o residuale delle Regioni - connessi allo sviluppo economico-produttivo del Paese, la «tutela della concorrenza» è materia-funzione, riservata alla competenza esclusiva dello Stato che richiede l'uso del criterio di proporzionalità-adeguatezza al fine di valutare, nelle diverse ipotesi, se essa legittimi o meno determinati interventi legislativi dello Stato.
La Consulta ha escluso la censurabilità di «tutte quelle norme impugnate che garantiscono, in forme adeguate e proporzionate, la più ampia libertà di concorrenza nell'ambito di rapporti - come quelli relativi al regime delle gare o delle modalità di gestione e conferimento dei servizi - i quali per la loro diretta incidenza sul mercato appaiono più meritevoli di essere preservati da pratiche anticoncorrenziali».
Essa ha, altresì, affermato che la tutela della concorrenza e l'inderogabilità della disciplina da parte di norme regionali sono però esplicitamente evocate in riferimento ai soli servizi pubblici locali attualmente classificati come di rilevanza economica, di cui all'art. 113, D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, e non già in riferimento ai servizi privi di rilevanza economica previsti dall'art. 113-bis, D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267.
Né ostacolo a tale
interpretazione può essere fornito dall'art. 19, D.P.R. n. 285 del 1990.
Tale disposizione, infatti, attiene ai profili sanitari, e non già ad un intervento restrittivo della concorrenza, atteso che - come ha affermato la Consulta nella citata sentenza del 2004 - la materia dei servizi pubblici locali coinvolge certamente una pluralità di altri interessi, connessi allo sviluppo economico-produttivo, e di competenza regionale, ma non per questo le consente di porsi al di fuori di quella della "tutela della concorrenza", riservata dall'art. 117, secondo comma, lettera e), cost., alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
I regolamenti comunali che siano ancora ispirati ai principi precostituzionali e precomunitari della generalizzata privativa di ogni sorta di pubblici servizi, risultano in riferimento alla riserva in ordine ai trasporti funerari illegittimi.
Tale disposizione, infatti, attiene ai profili sanitari, e non già ad un intervento restrittivo della concorrenza, atteso che - come ha affermato la Consulta nella citata sentenza del 2004 - la materia dei servizi pubblici locali coinvolge certamente una pluralità di altri interessi, connessi allo sviluppo economico-produttivo, e di competenza regionale, ma non per questo le consente di porsi al di fuori di quella della "tutela della concorrenza", riservata dall'art. 117, secondo comma, lettera e), cost., alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
I regolamenti comunali che siano ancora ispirati ai principi precostituzionali e precomunitari della generalizzata privativa di ogni sorta di pubblici servizi, risultano in riferimento alla riserva in ordine ai trasporti funerari illegittimi.
Essi, perciò, vanno
disapplicati dal giudice ordinario.
Le ordinanze-ingiunzione adottate per l'avvenuta violazione del Regolamento comunale e in ragione del compimento di un trasporto di salme senza l'autorizzazione dell'Ente locale, rilasciata in deroga al suo diritto di privativa, sono, pertanto, da ritenersi illegittime.
Le ordinanze-ingiunzione adottate per l'avvenuta violazione del Regolamento comunale e in ragione del compimento di un trasporto di salme senza l'autorizzazione dell'Ente locale, rilasciata in deroga al suo diritto di privativa, sono, pertanto, da ritenersi illegittime.
3. c) La sepoltura in luogo diverso dal cimitero.
E’ vietato seppellire un
cadavere in luogo diverso dal cimitero.
E’ fatta eccezione per la tumulazione di cadaveri nelle cappelle private e gentilizie non aperte al pubblico, poste a una distanza dai centri abitati non minore di quella stabilita per i cimiteri.
Il contravventore è punito con l'ammenda da 0,1 a 0,26 euro e sono a suo carico le spese per il trasporto del cadavere al cimitero, ex art. 340, R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, abr. D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
E’ fatta eccezione per la tumulazione di cadaveri nelle cappelle private e gentilizie non aperte al pubblico, poste a una distanza dai centri abitati non minore di quella stabilita per i cimiteri.
Il contravventore è punito con l'ammenda da 0,1 a 0,26 euro e sono a suo carico le spese per il trasporto del cadavere al cimitero, ex art. 340, R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, abr. D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
La disposizione può
trovare sanzione nei regolamenti comunali.
4. d) Le infrazioni dei concessionari delle aree
cimiteriali.
L’art. 63, D.P.R. 10
settembre 1990, n. 285, obbliga i concessionari a mantenere a loro spese, per
tutto il tempo della concessione, in buono stato di conservazione i manufatti
di loro proprietà.
Nel caso di sepoltura privata abbandonata per incuria, o per morte degli aventi diritto, il Comune può provvedere alla rimozione dei manufatti pericolanti, previa diffida ai componenti della famiglia del concessionario.
Nel caso di sepoltura privata abbandonata per incuria, o per morte degli aventi diritto, il Comune può provvedere alla rimozione dei manufatti pericolanti, previa diffida ai componenti della famiglia del concessionario.
La diffida può farsi, ove
occorra, anche per pubbliche affissioni.
Le eventuali spese sono recuperate secondo le norme vigenti in materia di riscossione coattiva delle entrate dell'ente procedente
Le eventuali spese sono recuperate secondo le norme vigenti in materia di riscossione coattiva delle entrate dell'ente procedente
5. Le infrazioni ai regolamenti comunali e
regionali. La misura delle sanzioni.
I regolamenti comunali
possono autonomamente sanzionare le infrazioni alle norme contenute, nonché i
comportamenti illeciti che causano danni a terzi, quando non costituiscano
reato previsto dal Codice penale.
I regolamenti possono
fissare il minimo ed il massimo delle sanzioni secondo la gravità dei casi.
In teoria ogni
disposizione regolamentare può essere autonomamente sanzionata con una
specifica sanzione.
Di norma le sanzioni sono
fissate in via generale lasciando al dirigente del comune la discrezionalità di
applicarle graduandone la entità in rapporto alla gravità e ai limiti
stabiliti.
I contravventori alle
disposizioni del T.U. meglio definite dal regolamento generale, peraltro non
emanato, sono puniti, quando non siano applicabili pene previste nelle
disposizioni medesime, con la sanzione amministrativa da euro 1518 a euro 9288,
salvo che il fatto costituisca reato, ex art. 358, R.D. 27 luglio 1934,
n. 1265, mod. art. 16, D.L.vo 22 maggio 1999, n. 196.
L’art. 7 bis, D. L.vo 18 agosto 2000, n. 267, mod. art. 1 quater, L. 20 maggio 2003, n. 116, dichiara che, salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro.
La sanzione amministrativa si applica anche alle violazioni alle ordinanze adottate dal Sindaco e dal Presidente della Provincia sulla base di disposizioni di legge, ovvero di specifiche norme regolamentari.
L’art. 7 bis, D. L.vo 18 agosto 2000, n. 267, mod. art. 1 quater, L. 20 maggio 2003, n. 116, dichiara che, salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro.
La sanzione amministrativa si applica anche alle violazioni alle ordinanze adottate dal Sindaco e dal Presidente della Provincia sulla base di disposizioni di legge, ovvero di specifiche norme regolamentari.
I regolamenti regionali
finora non hanno dettato norme tese a disciplinare la misura delle sanzioni
amministrative.
Non si può però
teoricamente escludere la competenza regionale a determinare la misura
sanzionatoria delle norme in materia di polizia mortuaria.
La riscossione coattiva
delle entrate di spettanza dei Comuni è effettuata con la procedura di cui al
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, se affidata ai concessionari del servizio di
riscossione di cui al D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, ovvero con quella indicata
dal R.D. 14 aprile 1910, n. 639, se svolta in proprio dall'ente locale, ex
art. 52, D. L.vo 15 dicembre 1997, n. 446.
Capitolo 11
LA GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVA.
1. I piani regolatori cimiteriali.
L’art. 133 , lett. f), D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm., indica che sono devolute alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto gli atti
e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e
edilizia, concernenti tutti gli aspetti dell'uso del territorio, e ferma
restando la giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche,
nonché quella del giudice ordinario per le controversie riguardanti la
determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione
di atti di natura espropriativa o ablativa.
Tutti
gli aspetti dell’uso del territorio, come già enunciava l’art. 34, c. 2, D.L.vo
80/1998, rientrano nella materia urbanistica.
L’ampliamento
della sfera della giurisdizione amministrativa deriva dalla definizione del
contenuto della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. (N.
CENTOFANTI P. CENTOFANTI, Il formulario del diritto amministrativo, 2013,
148).
Il piano regolatore cimiteriale fa parte integrante
del piano regolatore generale.
L’impugnativa relativa alle disposizioni riguardanti
la localizzazione o la dimensione del cimitero deve essere portata in sede di
adozione o di approvazione dello strumento urbanistico generale.
Poiché si tratta di un atto di pianificazione a
contenuto generale, incidente su di un bene demaniale, a fronte del quale non è
individuabile nessuna posizione differenziata e protetta in capo ai privati, la
giurisprudenza ha precisato che l'obbligo di comunicazione di avvio del
procedimento non trova applicazione in caso di procedimento finalizzato
all'ampliamento di un cimitero (T.A.R. Puglia
Lecce, sez. I, 27 febbraio 2002, n. 843, in Foro amm. TAR, 2002, 678).
La giurisprudenza ha ritenuto inammissibile, per
l'insindacabilità delle scelte discrezionali dell'Amministrazione,
l'impugnativa di una delibera di Giunta comunale di variazione del bilancio per
far fronte ad un ampliamento del cimitero comunale.
Le questioni relative alle modalità con cui
l'amministrazione affronta il problema della copertura finanziaria per la
realizzazione di un'opera pubblica, restano estranee ad ogni eventuale rapporto
intersoggettivo con il privato, trattandosi dell'applicazione di principi e
norme di contabilità pubblica, volti unicamente ad assicurare il corretto
andamento finanziario dell'Amministrazione locale, nonché il corretto uso del
potere di impegnare e pagare le spese (T.A.R. Campania
Napoli, sez. V, 21 gennaio 2004, n. 228, in Foro amm. TAR, 2004, 197).
Qualora il giudice amministrativo sia investito
della giurisdizione esclusiva sulla controversia, egli può disporre il
risarcimento del danno ingiusto, anche attraverso la reintegrazione in forma
specifica (N. CENTOFANTI P. CENTOFANTI, Diritto Urbanistico, 2012, 117).
2. Le concessioni cimiteriali.
Le norme contenute nel regolamento di polizia
mortuaria disciplinano l’azione amministrativa rispetto alla quale le
situazioni dei privati, che con essa si pongano in contrasto, assumono il
rilievo di interessi, sia pure legittimi, sia che attengano a situazioni
giuridiche che trovino fonte in fatti successivi alla legge, sia che derivino
da una fonte ad essa anteriore, con conseguente affievolimento ad interesse.
In particolare le norme che dettano limiti alle
tumulazioni al fine della tutela diretta e primaria di un interesse pubblico
comportano l'affievolimento ad interesse legittimo di qualsiasi diritto alla
tumulazione ad essa preesistente, subordinandone il persistente esercizio a
determinate condizioni igieniche come, ad esempio, la distanza dai centri
abitati non inferiore a quella prevista per i cimiteri su suolo pubblico.
La norma persegue in via diretta il fine primario della tutela di un interesse generale, assunto ad interesse pubblico sotto il profilo della tutela sanitaria e volto ad improntare l'attività della pubblica amministrazione.
La giurisprudenza ha affermato che la domanda diretta ad accertare nei confronti di un Comune il diritto dei comproprietari di una cappella gentilizia introduce una controversia appartenente alla giurisdizione del giudice amministrativo, avendo la situazione giuridica del privato, che pretende di eseguire la tumulazione di un defunto nella cappella, la natura di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.
La norma persegue in via diretta il fine primario della tutela di un interesse generale, assunto ad interesse pubblico sotto il profilo della tutela sanitaria e volto ad improntare l'attività della pubblica amministrazione.
La giurisprudenza ha affermato che la domanda diretta ad accertare nei confronti di un Comune il diritto dei comproprietari di una cappella gentilizia introduce una controversia appartenente alla giurisdizione del giudice amministrativo, avendo la situazione giuridica del privato, che pretende di eseguire la tumulazione di un defunto nella cappella, la natura di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.
Nella fattispecie la cappella non si trovava nella
situazione di proseguire l'uso della stessa per le tumulazioni dei defunti,
ancorché la cappella sia preesistente all'entrata in vigore del T.U. delle
leggi sanitarie in relazione alla distanza dalle proprietà circostanti, ex
art. 105, comma 2, D.P.R. 21 ottobre 1975 n. 803, sost. art. 104, comma 2,
D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285
3. Le azioni di accertamento. La domanda
di voltura.
Il Comune può concedere a privati e ad enti l'uso di
aree per la costruzione di sepolture a sistema di tumulazione individuale, per
famiglie e collettività, ex art. 90, D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
Una volta ottenuta al concessione del sepolcro in capo al concessionario viene a configurarsi un diritto soggettivo per questo l'azione proposta con il presente ricorso va qualificata come azione di accertamento Tale pretesa, rientrando nella materia dei rapporti di concessione di beni pubblici, spetta alla cognizione del giudice amministrativo.
La giurisprudenza ha affermato che la pretesa volta a far constatare l'illegittimità del silenzio serbato dal Comune sull'istanza volta a determinare la conclusione del procedimento iniziato dagli stessi e finalizzato alla voltura di intestazione cimiteriale assume la configurazione di diritto soggettivo.
Una volta ottenuta al concessione del sepolcro in capo al concessionario viene a configurarsi un diritto soggettivo per questo l'azione proposta con il presente ricorso va qualificata come azione di accertamento Tale pretesa, rientrando nella materia dei rapporti di concessione di beni pubblici, spetta alla cognizione del giudice amministrativo.
La giurisprudenza ha affermato che la pretesa volta a far constatare l'illegittimità del silenzio serbato dal Comune sull'istanza volta a determinare la conclusione del procedimento iniziato dagli stessi e finalizzato alla voltura di intestazione cimiteriale assume la configurazione di diritto soggettivo.
Nel caso di specie l'art. 96 bis, comma 1,
Regolamento comunale di Polizia Mortuaria del comune di Manduria, prescrive che
con delibera di Giunta devono essere apportate tutte le modificazioni, comunque
effettuate, di intestazioni delle assegnazioni e/o delle concessioni
intervenute antecedentemente alla data del 31 dicembre 1994.
L'azione proposta per fare constatare
l’illegittimità del comportamento omissivo del Comune va qualificata come
azione di accertamento e non come azione impugnatoria del silenzio rifiuto.
La giurisprudenza ha, pertanto, escluso che tale
ricorso possa essere formulato secondo le procedure fissate per l’impugnazione
del silenzio rifiuto dall’art. 21 bis, L. 6 dicembre 1971 n. 1034 (T.A.R. Puglia
Lecce, sez. II, 26 marzo 2004, n. 2168, in Foro amm. TAR, 2004, 823).
Il procedimento di impugnazione del
silenzio-rifiuto, ex art. 21 bis L. n. 1034/1971, può essere azionato,
quando la controversia si riferisce all'esercizio di una potestà pubblica di
diritto amministrativo e quando la posizione del privato si configuri come
interesse legittimo (Cons. St., Ad. Plen., 9 gennaio 2002, n. 1).
Teoricamente tale azione può essere esercitata in caso di omissione nel rilascio dell’autorizzazione alla sepoltura.
Teoricamente tale azione può essere esercitata in caso di omissione nel rilascio dell’autorizzazione alla sepoltura.
4. Le concessioni di servizi
cimiteriali.
L’art. 133, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm.,
indica che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo le controversie aventi ad oggetto: b) atti e provvedimenti
relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle
controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle
attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle
acque pubbliche.
La giurisprudenza precedente ha devoluto
ai sensi dell'art. 5, L. 1034 del 1971, alla giurisdizione dei T.A.R: i ricorsi
contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni, mentre resta
salva la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria per le controversie
concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi.
Essa offre un'interpretazione di queste
norme tale da individuare tre ambiti di giurisdizione: a) la giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo di cui al comma primo, sugli atti inerenti la concessione; b) la
giurisdizione del giudice ordinario sui canoni, indennità ed altri
corrispettivi, che è riferita tuttavia alle ipotesi nelle quali non vengano in contestazione
profili attinenti al cattivo esercizio del potere pubblicistico di
determinazione dei canoni medesimi, in presenza quindi di controversie aventi
un carattere esclusivamente patrimoniale; c) la giurisdizione invece del
giudice amministrativo, come giurisdizione di legittimità, allorquando la
controversia sul canone coinvolga la verifica dell'azione autoritativa della
p.a. sul rapporto concessorio sottostante ovvero l'esercizio di poteri
discrezionali nella determinazione delle indennità. T.A.R. Toscana Firenze,
sez. I, 19 gennaio 2010, n. 72.
La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
si radica solo qualora sussistano gli elementi che qualificano come servizio
pubblico l’attività di cui si tratta.
Nonostante le difficoltà evidenziate dalla dottrina
per la determinazione stessa del pubblico servizio l’attività relativa ai servizi cimiteriali rientra
pienamente nel concetto soggettivo del pubblico servizio.
Tale attività è demandata ad un ente pubblico che
attraverso l’istituto della concessione provvede a farla eseguire da terzi.
Rientra nella giurisdizione del giudice
amministrativo la controversia avente ad oggetto il provvedimento con il quale
il Comune revoca l'originario atto di concessione del servizio di illuminazione
votiva cimiteriale perché ritenuto non più rispondente agli interessi pubblici
ad esso affidati.
L’atto di revoca è una forma di manifestazione dei
poteri pubblici di cui l'Ente locale dispone ed a fronte dei quali la posizione
del gestore del servizio è quella del titolare dell'interesse legittimo (Cons.
St., sez. V, 28 febbraio 2006, n. 863, in Foro amm. CDS, 2006, 2, 481).
5. Le gare per l’affidamento in
concessione.
L’art. 133 , D.L.vo 2
luglio 2010, n.104, cod. proc. amm., indica che sono devolute alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo:
le controversie in materia di pubblici servizi relative a
concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni
ed altri corrispettivi
le controversie sui provvedimenti adottati dalla pubblica
amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento
amministrativo,
le controversie all'affidamento di un pubblico servizio,
le controversie sulla vigilanza e controllo nei confronti del
gestore,
le controversie afferenti alla vigilanza sul credito, sulle
assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti,
alle telecomunicazioni e ai servizi di pubblica utilità.
La
norma riprende il contenuto dell'art. 33 del D.L.vo 80/1998, sost. dall’art. 7
L. 205/2000.
La
dottrina, peraltro, ha ridotto la portata della norma ritenendo che l’esercizio
di una delle attività nei settori tassativamente enunciati non consente di
sostenere che si tratti di servizio pubblico.
La
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si radica solo qualora
sussistano gli elementi - ricavabili dal dettato stesso normativo - che
qualificano come servizio pubblico l’attività di cui si tratta.
L'appalto di servizi concerne prestazioni rese in
favore dell'amministrazione, la concessione di servizi riguarda sempre un
articolato rapporto trilaterale che interessa l'amministrazione, il
concessionario e gli utenti del servizio. Normalmente, nella concessione di
pubblici servizi il costo del servizio grava sui privati/utenti, mentre
nell'appalto di servizi spetta all'amministrazione l'onere di compensare
l'attività svolta dal privato. Tale criterio integrativo, peraltro, assume un
rilievo apprezzabile solo quando il servizio pubblico, per le sue
caratteristiche oggettive, è divisibile tra gli utenti che, in concreto, ne
beneficiano direttamente (T.A.R. Lazio
Roma, sez. II, 06 settembre 2005, n. 6581, in Foro amm. TAR, 2005,
9 2820).
Conforme in tal senso anche la giurisprudenza la
quale ha affermato che le norme che attribuiscono alla giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo tutte le controversie relative alle procedure di
affidamento di appalti pubblici, si riferiscono alla sola fase pubblicistica
dell'appalto compresi i provvedimenti di non ammissione alla gara o di
esclusione dei concorrenti), ma non riguardano anche la fase relativa
all'esecuzione del rapporto (Cass. Civ., sez. un., 18 aprile 2002, n. 5640).
Nell'affidamento dei servizi pubblici vanno comunque
applicati i principi comunitari di divieto di discriminazione basato sulla
nazionalità dei concorrenti, libera circolazione delle merci, libertà di
stabilimento, la libera prestazione di servizi, la parità di trattamento, la
trasparenza e la proporzionalità.
Tutte le concessioni ricadono nel campo di
applicazione delle disposizioni degli artt. da 28 a 30 e da 43 a 55 del
Trattato approvato con L. 14 ottobre 1957, n. 1203, e mod., o dei principi
sanciti dalla giurisprudenza della Corte Europea.
La scelta del concessionario deve essere conseguente
ad una procedura competitiva e concorrenziale ispirata ai principi dettati dal
Trattato istitutivo, in modo da consentire la possibilità da parte delle
imprese interessate di esplicare le proprie chances partecipative.
Anche per gli appalti sottosoglia, e più in generale
per i contratti stipulati da soggetti pubblici in settori non regolamentati sul
versante europeo, il diritto comunitario considera il ricorso alla scelta
diretta in deroga ai principi di trasparenza e concorrenza, quale evenienza
eccezionale (T.A.R. Campania, Sez. I, 20 maggio 2003, n. 5868).
Anche dal punto di vista del diritto interno,
peraltro, deve affermarsi che solo in presenza di speciali ed eccezionali
circostanze, è consentita la deroga alla regola del concorso, ex art. 6,
R.D. n. 2440 del 1923 e art. 41, R.D. 827 del 1924.
La giurisprudenza ribadisce la necessità di attivare
le necessarie procedure di evidenza pubblica per pervenire all’affidamento (T.A.R. Lazio
Roma, sez. II, 06 maggio 2005, n. 3397, in Foro amm. TAR, 2005, 5,
1539).
La libertà della stazione appaltante di valutare
discrezionalmente le esigenze da porre a base dell'affidamento dell'appalto ed
i conseguenti requisiti da richiedere ai concorrenti va contemperata con il
rispetto dei principi fondamentali che presidiano le procedure ad evidenza
pubblica, quali la garanzia della concorrenza ed il favor partecipationis.
I requisiti di qualificazione degli aspiranti
debbono, dunque, essere non solo logici, adeguati e congrui (in rapporto alla
specificità del servizio da affidare), ma anche non suscettibili di
precostituire situazioni di assoluto ed evidente privilegio o comunque di
determinare una preclusione insormontabile all'accesso al mercato da parte di
imprese in possesso di indici di affidabilità operativa (T.A.R. Lazio
Roma, sez. II, 06 settembre 2005, n. 6581, in Foro amm. TAR,
2005, 9, 2820).
Una particolare forma di tutela è affidata ai
soggetti che vantano un interesse a partecipare alle procedure di gara.
La ditta o impresa, che, di fatto e con la
inequivocabile consapevolezza del Comune, abbia gestito un servizio - pur in
assenza di un atto deliberativo di affidamento in concessione - è legittimata
ad impugnare il mancato invito alla gara ufficiosa a trattativa privata e
l'aggiudicazione ad altri di quello stesso servizio.
Nella specie si trattava dell’affidamento in
concessione di un servizio di illuminazione votiva di cimitero comunale (T.A.R.
Marche, 26 luglio 1990, n. 413, in Foro Amm., 1991, 2356).
L’art. 244, D. L.vo 163/2006, conferma
l’attribuzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle
controversie, ivi incluse quelle risarcitorie, relative a procedure di
affidamento di lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti,
nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa
comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti
dalla normativa statale o regionale.
Da notare che l’art. 244, D. L.vo 163/2006, devolve,
invece, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo un secondo
gruppo di controversie relative ai provvedimenti sanzionatori emessi
dall'Autorità, al divieto di rinnovo tacito dei contratti, alla clausola di
revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad
esecuzione continuata o periodica, nonché quelle relative ai provvedimenti
applicativi dell'adeguamento dei prezzi.
Le controversie di questo secondo gruppo sono
riguardanti la fase di esecuzione del contratto e quindi a posizioni di diritto
soggettivo del contraente e quindi sono stati avanzati dalla dottrina dei dubbi
in ordine alla loro legittimità costituzionale in forza dei principi sanciti
dalla stessa Corte cost. n. 204/2004 (O. FORLENZA, Commissione a tre per
l’accordo bonario, in Guida Diritto Dossier, 2006, n. 7, 122).
5.1. I requisiti dei soggetti
partecipanti alle gare.
La giurisprudenza non accetta la tesi che considera
possibile in un unico contesto aggiudicare i servizi di gestione delle camere
mortuarie agli stessi soggetti che svolgono sul libero mercato l'attività di
onoranze funebri.
La distinzione delle due attività: una di natura pubblicistica diretta ad adempiere agli obblighi che discendono dalle disposizioni di polizia mortuaria ispirate solo da esigenze di carattere igienico sanitario e l’altra di natura economica ed imprenditoriale sottoposta alle regole del mercato di assicurare lo svolgimento degli adempimenti conseguenti al decesso sono segnate da una differenza qualitativa ed anche da una differenziazione temporale.
La fase di polizia mortuaria non deve essere esposta neanche per motivi legittimi di concorrenza tra diversi operatori ad alcuna possibile turbativa.
La seconda fase delle onoranze funebri viene in rilievo solo dopo che sia esaurita la prima fase. Essa ha finalità commerciali e di profitto che non possono coincidere con quelle della fase di polizia mortuaria.
La distinzione delle due attività: una di natura pubblicistica diretta ad adempiere agli obblighi che discendono dalle disposizioni di polizia mortuaria ispirate solo da esigenze di carattere igienico sanitario e l’altra di natura economica ed imprenditoriale sottoposta alle regole del mercato di assicurare lo svolgimento degli adempimenti conseguenti al decesso sono segnate da una differenza qualitativa ed anche da una differenziazione temporale.
La fase di polizia mortuaria non deve essere esposta neanche per motivi legittimi di concorrenza tra diversi operatori ad alcuna possibile turbativa.
La seconda fase delle onoranze funebri viene in rilievo solo dopo che sia esaurita la prima fase. Essa ha finalità commerciali e di profitto che non possono coincidere con quelle della fase di polizia mortuaria.
In un caso di specie la giurisprudenza ha rilevato
che l'offerta dell’impresa di pompe funebri per assicurare il servizio di
gestione delle camere mortuarie è stata meramente formale.
Il corrispettivo effettivamente previsto nel
contratto altro è la mera l'opportunità per l’impresa di avvalersi di una
rendita di posizione consistente nella possibilità esclusiva di trovarsi
all'interno dei luoghi dove avvengono i decessi e di poter fruire del vantaggio
di tale circostanza nei confronti degli altri operatori del settore.
Peraltro tale vantaggio è considerato così
consistente da compensare lo svolgimento del servizio quasi a titolo gratuito.
L'alterazione delle regole di un corretto e fisiologico esplicarsi della concorrenza in un settore economico è evidente.
La controversia riguardante gli atti prodromici e contestuali alla indizione della gara per l'aggiudicazione del servizio di gestione delle camere mortuarie presso i presidi ospedalieri, attiene a provvedimenti amministrativi incidenti in modo fortemente restrittivo sulla possibilità degli operatori di agire sul libero mercato, in capo ai quali si concreta la posizione di interesse legittimo al corretto esercizio di tali poteri.
L'alterazione delle regole di un corretto e fisiologico esplicarsi della concorrenza in un settore economico è evidente.
La controversia riguardante gli atti prodromici e contestuali alla indizione della gara per l'aggiudicazione del servizio di gestione delle camere mortuarie presso i presidi ospedalieri, attiene a provvedimenti amministrativi incidenti in modo fortemente restrittivo sulla possibilità degli operatori di agire sul libero mercato, in capo ai quali si concreta la posizione di interesse legittimo al corretto esercizio di tali poteri.
La giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo deriva direttamente dall'espresso disposto di legge (Cons. St., sez.
V, 12 aprile 2005, n. 1639, in Foro amm. CDS, 2005, 4, 1135).
6. Il risarcimento del
danno.
Qualora il giudice amministrativo sia investito
della giurisdizione esclusiva sulla controversia, come nel caso di
giurisdizione sulle concessioni, egli può disporre il risarcimento del danno
ingiusto, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica.
Per riconoscere il risarcimento del danno il giudice
amministrativo deve valutare, oltre all'illegittimità del provvedimento
amministrativo, il danno patrimoniale, il nesso di causalità tra provvedimento
e danno, la spettanza del bene della vita correlato all'interesse legittimo
leso, nonché la colpa dell'amministrazione (T.A.R. Calabria
Catanzaro, sez. II, 9 febbraio 2005, n. 97, in Foro amm. TAR, 2005,
f. 2, 522).
La giurisprudenza riconosce il requisito soggettivo
della colpa nel comportamento della p.a. che viola i limiti imposti alla
discrezionalità dal dovere di imparzialità per una corretta e buona
amministrazione. Sussiste tale requisito allorquando il pregiudizio subito dal
ricorrente sia derivato dalla dichiarazione di pubblica utilità di un'opera
sprovvista dell'indicazione del termine finale dei lavori (T.A.R. Calabria
Catanzaro, sez. I, 3 marzo 2005, n. 333).
Il risarcimento può essere disposto direttamente dal
giudice amministrativo, dopo avere verificato l’illegittimità dell'atto
impugnato (T.A.R. Lombardia, sez. I, Milano, 10 luglio 1999, n. 2585, in Urb.
App., 1999, 1123).
Il legislatore introduce con detto provvedimento
legislativo una nuova tecnica processuale per la determinazione del danno.
Il giudice amministrativo, invece di indicare l’esatta
quantificazione dell’importo da corrispondere, può indicare i criteri in base
ai quali l’amministrazione pubblica o il gestore del pubblico servizio devono
formulare al danneggiato la proposta risarcitoria nel termine ad essi indicato.
Il giudice amministrativo ha affermato il principio
che l’annullamento degli atti di gara non determina una caducazione automatica
del contratto già stipulato fra l’amministrazione e la ditta rimasta
aggiudicataria.
E’ stato riconosciuto il diritto al risarcimento per
equivalente, collegato alla perdita di chance ossia alle probabilità che
il ricorrente aveva di aggiudicarsi l’appalto nel caso fosse stata ripetuta la
procedura di gara.
Il risarcimento del danno non è una conseguenza
automatica dell'annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione, richiedendosi
la positiva verifica di tutti i requisiti previsti, e cioè la lesione della
situazione soggettiva tutelata, la colpa dell'amministrazione, l'esistenza di
un danno patrimoniale e la sussistenza di un nesso causale tra l'illecito ed il
danno subito (T.A.R. Sicilia
Catania, sez. III, 20 ottobre 2005, n. 1792, in Foro amm. TAR, 2005,
10 3324).
Per determinare l'ammontare del risarcimento dovuto
dalla p.a. in relazione alla responsabilità per illegittima mancata adozione
del provvedimento di aggiudicazione dell'appalto, trattandosi di un danno di
incerto ammontare, il giudice può esercitare la facoltà di cui all'art. 1226,
liquidandolo in via equitativa.
Il criterio che deve presiedere a tale valutazione
deve essere individuato, sulla scorta della giurisprudenza amministrativa,
nella disposizione di cui all'art. 345, L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. f), che
determina il quantum dovuto all'impresa appaltatrice nel 10%
dell'ammontare fissato dall'offerta della stazione appaltante, come utile
presunto, da calcolarsi al lordo della imposizione fiscale, oltre gli interessi
e la rivalutazione monetaria in quanto debito di valore (N. CENTOFANTI P. CENTOFANTI, Il formulario del diritto
amministrativo, 2013, 531).
Nei casi in cui ad un soggetto è preclusa in radice
la partecipazione ad una gara o concorso, sicché non è possibile dimostrare, ex
post, né la certezza della vittoria, né la certezza della non vittoria, la
situazione soggettiva tutelabile è la chance, cioè l'astratta
possibilità di un esito favorevole.
Il risarcimento per perdita di chance può avvenire
anche in forma specifica. L'annullamento del provvedimento amministrativo e il
conseguente rinnovo conforme a legge comportano però, di per sé, una forma di
risarcimento in forma specifica, che esclude e riduce altre forme di
risarcimento.
In caso di annullamento di illegittima
aggiudicazione di un contratto il rinnovo della gara con la possibilità
effettiva di partecipazione dell'impresa ricorrente, costituisce risarcimento
in forma specifica della chance di successo, con la conseguenza che non
spetta il risarcimento del danno per equivalente se l'accoglimento del ricorso
avverso l'aggiudicazione di appalto ad altra impresa intervenga in tempo utile
a restituire in forma specifica all'impresa interessata la possibilità di
partecipare alla gara da rinnovare, consentendo quindi il soddisfacimento
diretto e pieno dell'interesse fatto valere (Cons. St., sez. V., 12 ottobre
2004, n. 6579).
La possibilità pratica di rinnovo della gara sussiste quando l'appalto non abbia già avuto integrale esecuzione, o non sia ad uno stadio talmente avanzato che l'indizione di una nuova gara si tradurrebbe in un costo eccessivo per la stazione appaltante.
Nella fattispecie, la giurisprudenza ha ritenuto che il risarcimento in forma specifica mercé la rinnovazione della selezione per l'affidamento del servizio è ancora possibile e, pertanto, in relazione alla domanda limitata al risarcimento della chance non sussiste alcun danno risarcibile per equivalente al ricorrente (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 06 maggio 2005, n. 3397, in Foro amm. TAR, 2005, 5 1539).
La possibilità pratica di rinnovo della gara sussiste quando l'appalto non abbia già avuto integrale esecuzione, o non sia ad uno stadio talmente avanzato che l'indizione di una nuova gara si tradurrebbe in un costo eccessivo per la stazione appaltante.
Nella fattispecie, la giurisprudenza ha ritenuto che il risarcimento in forma specifica mercé la rinnovazione della selezione per l'affidamento del servizio è ancora possibile e, pertanto, in relazione alla domanda limitata al risarcimento della chance non sussiste alcun danno risarcibile per equivalente al ricorrente (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 06 maggio 2005, n. 3397, in Foro amm. TAR, 2005, 5 1539).
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