IN
MEMORIA DI NICOLA E GRAZIELLA DI MARZO
I CIMITERI
Concessioni e
servizi cimiteriali. Polizia Mortuaria
Indice
PARTE I
IL PIANO REGOLATORE
CIMITERIALE
Capitolo 1
LE FONTI
1. I principi
statali in materia di polizia mortuaria.
2. La potestà legislativa
fra Stato e regioni.
3. Le prospettive
future.
4. La legislazione
regionale.
4.1. La L. R.
Lombardia 30 dicembre 2009, n. 33.
4.1.1. La sepoltura dei feti nel Reg. R. Lombardia 6 febbraio 2007, n. 1.
4.1.1. La sepoltura dei feti nel Reg. R. Lombardia 6 febbraio 2007, n. 1.
4.2. La L. R.
Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19.
4.3. La L. R.
Marche 1 febbraio 2005, n. 3.
5. I rapporti tra
lo Statuto comunale e il regolamento di polizia mortuaria.
6. Il regolamento
comunale di polizia mortuaria.
6.1. I regolamenti
comunali alla luce della L. Cost. n. 3 del 2001.
7. Il cimitero come
bene del demanio comunale specifico.
8. I cimiteri di
guerra.
9. I reparti
speciali.
10. Le cappelle
private fuori dai cimiteri.
Capitolo 2
LA
LOCALIZZAZIONE DEI CIMITERI
1. Il piano
regolatore cimiteriale.
1.1. Gli effetti
dell’approvazione del piano.
1.2. La competenza
all’approvazione della costruzione del cimitero.
2. La fascia di
rispetto.
3. Le deroghe.
3.1. Il potere
comunale di indicare una distanza di rispetto per la costruzione o
l’ampliamento dei cimiteri.
4. Il
dimensionamento dell’area cimiteriale.
4.1. Il muro di
cinta.
5. I reparti
speciali.
6. Il progetto.
7. La competenza
del Consiglio comunale.
Capitolo 3
L’ESPROPRIAZIONE
1. Il procedimento
espropriativo.
1.1. L’occupazione
d’urgenza.
2. L’indennità per
aree soggette a vincolo cimiteriale.
3. Il divieto di
ordinanze sindacali contingibili ed urgenti.
4. Il programma
triennale dei lavori.
PARTE II
LE CONCESSIONI
PRIVATE
Capitolo 4
LE CONCESSIONI
CIMITERIALI
1. Il procedimento
di assegnazione.
2. La concessione cimiteriale.
2.1. Il contenuto.
3. Il diritto al
sepolcro.
3.1. Il diritto di
essere inumato nel sepolcro familiare.
3.2. Quando un
sepolcro è da considerarsi familiare? Chi ha diritto di sepoltura? Gli eredi
perdono il diritto se contribuiscono in ritardo alle spese relative ai lavori
di ristrutturazione?
3.3. Il progetto.
4. La durata delle
concessioni.
4.1. Il diritto al
subentro. La voltura.
4.2. Le divisioni
5. La revoca della
concessione.
6. La decadenza
dalla concessione.
7. L’usucapione del
diritto di custodire in un sepolcro familiare i resti mortali di congiunti.
8. Il diritto alla
sepoltura fuori dai cimiteri.
9. La soppressione
dei cimiteri.
PARTE TERZA
LA POLIZIA
MORTUARIA
Capitolo 5
LA DENUNCIA DI
MORTE
1. I soggetti
obbligati.
2. Le iscrizioni e
trascrizioni negli archivi di stato civile.
3. Gli obitori.
4. L’autorizzazione
alla sepoltura.
5. L’autorizzazione
alla cremazione.
6. L’espianto degli
organi dal cadavere.
Capitolo 6
LA SEPOLTURA E
LA CREMAZIONE
1. I sistemi di
sepoltura.
2. Le inumazioni.
3. Le esumazioni.
4. Le tumulazioni.
5. L'estumulazione.
6. La cremazione.
7. La sepoltura dei
feti.
Capitolo 7
LA CREMAZIONE
NELLA LEGISLAZIONE REGIONALE
1. Le competenze
regionali.
2. Le disposizioni
in materia di cremazione. a) L.R. Lombardia 18 novembre 2003, n. 22.
3. b) La L.R.
Piemonte 9 dicembre 2003, n. 33.
4. c) La L.R. Valle
D'Aosta 23 dicembre 2004, n. 37.
5. d) La L.R. Lazio
28 aprile 2006, n. 4.
PARTE QUARTA
I SERVIZI
PUBBLICI
Capitolo 8
I SERVIZI
PUBBLICI CIMITERIALI
1. Il servizio
pubblico locale
2. I servizi aventi
rilevanza economica.
3. I servizi non
aventi rilevanza economica.
4. Le competenze
regionali.
5. Il disegno di
legge in materia di servizi.
Capitolo 9
LA
LIBERALIZZAZIONE DEI SERVIZI CIMITERIALI
1. L’eliminazione
della privativa.
2. Il servizio di
illuminazione.
3. Il servizio
arredi votivi.
4. La gestione del
locale deposito di osservazione.
5. Il servizio di
trasporto al cimitero. Il regime di privativa comunale.
6. L’indirizzo che
nega la privativa comunale al servizio di trasporto.
7. Il risarcimento
del danno per diniego allo svolgimento del servizio.
8. Il servizio
privato di pompe funebri.
PARTE QUINTA
LA TUTELA
Capitolo 10
LE SANZIONI
AMMINISTRATIVE
1. Le sanzioni
previste dal T.U. delle leggi sanitarie. a) La demolizione degli edifici
costruiti nelle aree di rispetto.
2. b) Il trasporto
non autorizzato.
2.1.
L’illegittimità delle sanzioni a tutela delle privative comunali in materia di
trasporto di salme.
3. c) La sepoltura
in luogo diverso dal cimitero.
4. d) Le infrazioni
dei concessionari delle aree cimiteriali.
5. Le infrazioni ai
regolamenti comunali e regionali. La misura delle sanzioni.
Capitolo 11
LA GIURISDIZIONE
AMMINISTRATIVA
1. I piani
regolatori cimiteriali.
2. Le concessioni
cimiteriali.
3. Le azioni di
accertamento. La domanda di voltura.
4. Le concessioni
di servizi cimiteriali.
5. Le gare per
l’affidamento in concessione.
5.1. I requisiti
dei soggetti partecipanti alle gare.
6. Il risarcimento
del danno.
Capitolo 12
LA GIURISDIZIONE
ORDINARIA
1. La tutela
possessoria.
2. L’esecuzione dei
lavori.
3. Il risarcimento
del danno per omissione di custodia.
4. La nullità della
compravendita.
Capitolo 13
LA GIURISDIZIONE
PENALE.
1. La tutela penale
dei defunti.
2. L’omissione di referto.
3. La profanazione
di tombe. a) La violazione di sepolcro.
4. b) Il vilipendio
delle tombe.
5. Il turbamento di
funerale.
6. I reati contro
il cadavere. a) Il vilipendio di cadavere.
7. b) La
distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere.
7.1. La dispersione
delle ceneri.
8. c)
L’occultamento di cadavere.
9. d) L’uso
illegittimo di cadavere.
10. Le
manifestazioni oltraggiose verso i defunti.
Capitolo 14
LA GIURISDIZIONE
CONTABILE.
1. La giurisdizione
della Corte dei Conti. Il giudizio di conto.
2. Il giudizio di
responsabilità amministrativa.
3. Il danno
erariale.
PARTE I
IL PIANO
REGOLATORE CIMITERIALE.
Capitolo 1
LE FONTI
1. I principi
statali in materia di polizia mortuaria.
La polizia
mortuaria è finalizzata a tutelare la salute dei cittadini, ad impedire
l’insorgere di epidemie, a disciplinare le sepolture ed il trasporto delle
salme, la loro inumazione, la esumazione, la tumulazione e l’estumulazione.
Nell’epoca greco
romana i colombari - che erano costruzioni con piccole nicchie interne ove si
riponevano le urne cinerarie contenenti i resti della cremazione dei cadaveri –
e le tombe erano di norma allineati fuori dalle città nelle vie di grande
comunicazione.
La parola cimitero
è estranea al linguaggio classico greco romano. Essa è stata usata dai primi
cristiani inizialmente per indicare le singole tombe e poi per indicare i
sepolcreti collettivi costituiti da catacombe, necropoli, sepolcreti adiacenti
alle chiese (M. PIACENTINI, Cimiteri,
in Dig. Disc. Pubbl., 1989,
229).
Il sentimento
religioso della vita e soprattutto la credenza nella vita futura accompagnato
al sentimento di pietà verso i defunti ha comportato per la chiesa cattolica un
particolare riguardo per la sepoltura dei defunti, prevalentemente nella forma
della inumazione.
I cimiteri erano
per lo più situati in giardini o cortili vicini alle chiese .
Tale sistema ha
presentato dei problemi sotto il profilo della sanità pubblica nei casi in cui
i cimiteri erano situati all’interno degli agglomerati urbani.
E’ per questo che i
cimiteri sono passati dal controllo delle autorità ecclesiastiche a quello
delle autorità civili.
Nel 1804 è stato
pubblicato in Italia l'editto di Saint
Cloud, legge con cui Napoleone poneva i cimiteri lontani dalle città e
stabiliva che le scritte sulle tombe dovevano essere tutte uguali.
Questo editto
proibiva la differenza tra morti comuni e morti illustri.
L’editto provocò un dibattito serrato cui non fu estranea anche la cultura del tempo.
L’editto provocò un dibattito serrato cui non fu estranea anche la cultura del tempo.
Ricordiamo
l’interesse di Ugo Foscolo verso il problema. Esso è dettato soprattutto
dall'amore verso i grandi valori spirituali dell'umanità che vivono anche dopo
la morte.
Nella suo carme I Sepolcri, Foscolo ricorda che i
cimiteri servono a rinforzare l'affetto familiare, a farci ricordare il passato
glorioso della patria e quindi spingere i giovani a grandi gesta, ed infine
servono ad ispirare la poesia.
La materia è ora
regolata dal T.U. delle leggi sanitarie, R. D. 27 luglio 1934, n. 1265, artt.
337 e segg., dal regolamento di polizia mortuaria, D.P.R. 10 settembre 1990, n.
285, e dalla L. 30 marzo 2001, n. 130, che reca disposizioni in materia di
cremazione e dispersione delle ceneri.
Il R. D. 27 luglio 1934, n. 1265, è ora stato soppresso - per la parte de qua – ad eccezione delle norme che regolano le distanze da tenere per le costruzioni prospicienti i confini del cimitero.
Il R. D. 27 luglio 1934, n. 1265, è ora stato soppresso - per la parte de qua – ad eccezione delle norme che regolano le distanze da tenere per le costruzioni prospicienti i confini del cimitero.
I principi in
materia sono contenuti nel regolamento di polizia mortuaria, D.P.R. 10
settembre 1990, n. 285.
Essi possono
trovare concreta attuazione nei regolamenti comunali.
La L. 30 marzo
2001, n. 130, reca disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle
ceneri, modificando radicalmente in tale materia la normativa precedente
tendendo a sostituire alla pratica della inumazione quella della cremazione.
La dottrina osserva
che la legislazione statale ha completamente ignorato quella ecclesiastica che
in origine disciplinava i cimiteri.
Il legislatore
ecclesiastico ha preso atto che la disciplina canonica è totalmente paralizzata
da quella statale che ha comportato la laicizzazione dei cimiteri (G. OLIVERO, Cimitero. Diritto canonico, in Enc. Dir., VI, 1960, 998).
La chiesa ha, di
fatto, rinunciato ad avere dei cimiteri propri. Essa richiede degli spazi nei
cimiteri civili rivervati ai fedeli defunti, can. 1240. ( AA.VV. Codice di diritto canonico commentato,
2001, 971).
2. La potestà
legislativa fra Stato e regioni.
II testo dell’art.
117, cost., come modificato dall’art. 3, L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, nel
ripartire la potestà legislativa fra Stato e Regioni distingue tre principali
categorie di materie: quelle riservate in via esclusiva allo Stato, quelle di
legislazione concorrente - per le quali la normativa di dettaglio è attribuita
alle regioni mentre spetta allo Stato la determinazione dei principi fondamentali
- e quelle di legislazione esclusiva regionale che hanno portata residuale (V.
GHERGHI, Brevi riflessioni sulla
riforma del titolo V della parte II della Costituzione, in Nuova Rass., 2002, 536).
L’art. 117, comma
3, cost. definisce le materie a legislazione concorrente ove la potestà
legislativa spetta alle regioni, salvo per la determinazione dei criteri
fondamentali riservata alla legislazione dello Stato.
La potestà
legislativa regionale in materia di polizia mortuaria si è esplicata in regime
di incertezza per quanto riguarda i confini entro i quali essa si deve
attenere.
La materia,
infatti, può riferirsi per alcuni ambiti alla materia dell’ordine pubblico e
della sicurezza riservata alla competenza esclusiva dello Stato; per altri a
quella del governo del territorio soggetto a normativa concorrente.
All'interno della
materia della polizia mortuaria si riscontrano aspetti prettamente sanitari,
assieme ad altri riconducibili all'ordine pubblico ed altri ancora relativi ad
esigenze di giustizia e rispetto dell'ambiente.
Si tratta quindi di una materia multidisciplinare, che rientra nell'ambito della legislazione concorrente, fermo restando che la determinazione dei principi fondamentali è riservata alla legislazione dello Stato, mentre per la normativa di attuazione e di dettaglio, le ultime leggi rinviano alle numerose riserve di leggi regionali. Anche gli enti locali, titolari da sempre della materia, come i Comuni, trovano adeguato riconoscimento e valorizzazione del proprio ruolo nella disciplina dei servizi relativi alla materia, nell'ambito del proprio territorio.
Alla Regione pertanto competono funzioni legislative di dettaglio e di programmazione, mentre i Comuni svolgono funzioni amministrative e regolamentari per disciplinare nel territorio le modalità operative dei servizi funerari.
Le Regioni, per valutare la legittimità delle loro intervento legislativo hanno usato il criterio empirico di lasciare decorrere infruttuosamente i termini per l'eventuale impugnazione da parte del Governo innanzi alla Corte Costituzionale.
Si tratta quindi di una materia multidisciplinare, che rientra nell'ambito della legislazione concorrente, fermo restando che la determinazione dei principi fondamentali è riservata alla legislazione dello Stato, mentre per la normativa di attuazione e di dettaglio, le ultime leggi rinviano alle numerose riserve di leggi regionali. Anche gli enti locali, titolari da sempre della materia, come i Comuni, trovano adeguato riconoscimento e valorizzazione del proprio ruolo nella disciplina dei servizi relativi alla materia, nell'ambito del proprio territorio.
Alla Regione pertanto competono funzioni legislative di dettaglio e di programmazione, mentre i Comuni svolgono funzioni amministrative e regolamentari per disciplinare nel territorio le modalità operative dei servizi funerari.
Le Regioni, per valutare la legittimità delle loro intervento legislativo hanno usato il criterio empirico di lasciare decorrere infruttuosamente i termini per l'eventuale impugnazione da parte del Governo innanzi alla Corte Costituzionale.
In tal senso sono
da considerarsi pienamente legittime le norme contenute nella L.R. Emilia
Romagna n. 19/2004 in quanto espresse in ambiti e materie di competenza
regionale.
La scadenza di
detti termini ha consentito alla Regione di affermare la possibilità di
applicare la normativa tempestivamente,
ex all. 1, Del. Giunta Reg. Emilia Romagna 10 gennaio 2005, n. 10.
L'art. 2, comma 1,
lettera a), della legge citata prevede, infatti, che la Regione eserciti
funzioni di indirizzo, coordinamento e di alta vigilanza, al fine di garantire
un trattamento adeguato, rispettoso e uniforme sul territorio regionale della
persona defunta e delle ceneri derivanti da cremazione.
D’altro verso l’affermazione dei principi autonomistici espressa nella carta costituzionale può essere compromessa da una legislazione di dettaglio che, di fatto, nega l’attribuzione di una potestà legislativa concorrente regionale.
D’altro verso l’affermazione dei principi autonomistici espressa nella carta costituzionale può essere compromessa da una legislazione di dettaglio che, di fatto, nega l’attribuzione di una potestà legislativa concorrente regionale.
La dottrina ha,
infatti, affermato che con il riconoscimento e la tutela delle autonomie locali
si vuole in sostanza affermare la natura essenzialmente autonomistica del
nostro ordinamento giuridico attuale attraverso una valorizzazione delle
cosiddette società intermedie; ciascuna di esse è chiamata a gestire interessi
super-individuali e a partecipare, sia pure in forme e con modalità diverse, al
governo della comunità, attuando un decentramento non solo amministrativo, ma
anche politico-amministrativo del potere.
Tutto ciò è stato
realizzato nel tentativo di porre fine alla dissociazione tra paese legale e
paese reale, rendendo i singoli cittadini partecipi delle scelte comunitarie
(F. BASSI, Lezioni di diritto
amministrativo 2000, 249).
3. Le
prospettive future.
Il disegno di legge
n. 4144 che disciplina delle attività nel settore funerario
è stato presentato
dal Consiglio dei Ministri, su proposta dell’allora Ministro della salute,
Sirchia, nella riunione del 19 giugno 2003 alla camera dei deputati.
Il provvedimento,
che non è stato approvato, è il progetto più organico presentato, teso a
innovare il settore funerario italiano non solo per gli aspetti
igienico-sanitari, ma anche per quelli gestionali e di tutela dell’utenza.
I principi
contenuti nel disegno di legge sono stati in parte recepiti dalla legislazione
regionale, anche in carenza di approvazione da parte del Parlamento,
anticipando in tale maniera gli stessi precetti suggeriti dal legislatore
nazionale.
In tal caso il
legislatore regionale si è mostrato più attento a detti problemi dello stesso
legislatore nazionale.
La materia della
polizia mortuaria comprende alcuni aspetti sanitari riconducibili al Ministero
della salute, altri che sono riconducibili all’ordine pubblico e competono al
Ministero dell’interno e altri principi ancora che sono relativi ad esigenze di
giustizia e appartengono alla competenza del Ministero della giustizia.
E’ una materia
multidisciplinare che non può essere facilmente sottoposta ad una singola
competenza.
Il disegno di legge
affida la definizione dei princìpi in materia allo Stato, fermo restando che i
princìpi posti devono essere demandati alla legislazione regionale per la
normativa di attuazione e di dettaglio.
Gli enti locali,
storicamente titolari - unitamente al Ministero dell’interno - della materia
della polizia mortuaria, trovano adeguato riconoscimento e valorizzazione del
proprio ruolo nella disciplina di detti servizi nell’ambito del proprio
territorio.
Lo Stato esprime i
princìpi fondamentali cui deve ispirarsi la disciplina in materia funeraria,
allo scopo di definire standard uniformi su tutto il territorio nazionale in
tema di trattamento amministrativo del cadavere e dei resti umani.
Alle Regioni
competono funzioni legislative di dettaglio e di programmazione, mentre i
Comuni devono svolgere funzioni amministrative e regolamentari per disciplinare
sul territorio le modalità operative dei singoli servizi funerari.
Resta ferma
l’autorità del sindaco per l’ordine e la vigilanza in materia funeraria.
Il disegno di legge
si caratterizza per l’affermazione, in detto settore, del principio di
sussidiarietà, sempre più presente nel nostro ordinamento, anche a livello
costituzionale.
Tutti i molteplici
servizi attinenti alla materia funeraria devono poter essere gestiti in
condizioni di pari opportunità tra operatori pubblici e privati.
In questa ottica il
disegno di legge contempla la possibilità, con le dovute ed opportune garanzie,
che operatori privati possano accedere alla gestione di un cimitero.
I cimiteri dunque
continuano a far parte del demanio comunale e solo i Comuni possono erigere
nuovi cimiteri.
I forni crematori
devono continuare ad essere costruiti all’interno dei cimiteri, anche con il
contributo degli enti morali senza scopo di lucro che hanno diffuso in Italia
l’idea della cremazione.
I cimiteri comunali
sono ancora considerati la più opportuna forma di conservazione della memoria e
dei ricordi e la più coerente con la cultura e la tradizione del popolo
italiano.
Essa vede ancora
nel cimitero il luogo e la sintesi della propria storia sua come collettività -
si pensi ai monumenti che ricordano i caduti di tutte le guerre - e come
singolo individuo – si pensi alle tombe private.
Il disegno di legge
tuttavia innova i metodi gestionali favorendo l’ingresso di operatori privati
che portino nuova linfa all’edilizia cimiteriale per rendere i servizi adeguati
alle esigenze della popolazione.
E’ previsto con
favore lo strumento del project
financing, già sperimentato in materia di realizzazione di opere
pubbliche.
Il provvedimento
valuta che l’ingresso degli operatori privati nel settore cimiteriale
determinerà miglioramenti della qualità dei servizi offerti, così come è stato
positivamente sperimentato in altri settori.
L’ente locale
rimane comunque la struttura portante nella gestione dei cimiteri. Il disegno
di legge si caratterizza, inoltre, per il fatto di rendere più agevole la
costruzione e l’uso di cappelle private, eliminando quasi totalmente la zona di
rispetto (limitata a soli 25 metri), in modo da rendere popolare e non più
elitaria anche questa forma e modalità di sepoltura.
Il disegno di legge
definisce in modo organico e compiuto il concetto di trasporto di cadavere,
chiarendo che l’addetto a tale compito assume le vesti di incaricato di
pubblico servizio.
Definisce altresì
il concetto di attività funebre, in tutti i suoi molteplici aspetti e pone
norme di salvaguardia etica del settore, sanzionando severamente chi, in
ragione del suo ufficio, favorisce in modo irregolare lo svolgimento di un
servizio funebre.
Questo disegno di
legge, concepito e pensato in modo organico, coglie l’occasione per eliminare
alcune discrasie normative, non sufficientemente coordinate con l’intero
sistema.
Anche il trasporto
funebre, storicamente assunto in esclusiva dai Comuni, trova adeguata
disciplina, nel rispetto della pronuncia dell’Autorità garante della
concorrenza e del mercato - parere 2 luglio 1998 - e della recente
giurisprudenza amministrativa, come attività libero imprenditoriale,
autorizzata dal comune nel cui territorio ha sede l’impresa.
Il disegno di legge
prevede la realizzazione di ambienti nei quali operatori, pubblici, privati o
misti, possano svolgere i propri servizi per il commiato.
Con questo sistema
si ritiene di alleggerire i servizi mortuari delle strutture ospedaliere, oggi
molto congestionati, e di razionalizzare il mercato delle onoranze favorendo
gli operatori seri, in grado di effettuare cospicui investimenti che si
traducono, oltre che in nuovi posti occupazionali, in maggiori servizi per la popolazione.
Allo scopo di non
creare situazioni di monopolio, con conseguenti distorsioni nel mercato delle
onoranze funebri, si è introdotta una norma di salvaguardia che non consente ai
soggetti gestori delle sale del commiato di convenzionarsi con strutture
sanitarie pubbliche e private per la gestione dei rispettivi servizi mortuari.
Il disegno di legge
introduce la tanatoprassi – definita come pratica volta alla momentanea
conservazione e presentabilità del cadavere - e delinea la figura del profilo
professionale del tanatoprattore, da attuare con legge, anche in
ossequio al recente parere del Consiglio di Stato che lo ha suggerito
espressamente, per armonia con il nuovo titolo V della parte seconda della
Costituzione (Cons. St. 18 aprile 2002).
Il disegno di legge
contempla il cimitero per animali d’affezione.
L’animale
d’affezione accompagna la vita delle persone dall’infanzia fino alla tarda età.
Questo forte legame "uomo-animale", pur rescindendosi con l’evento
morte, ha la possibilità di continuare con la realizzazione di un sito
destinato a raccogliere le spoglie degli animali che hanno raccolto in vita il
nostro affetto.
Il disegno di
legge, pur non approvato, è stato presentato nella successiva legislatura.
4. La
legislazione regionale.
La materia di
polizia mortuaria è stata regolata principalmente da disposizioni a livello
comunale che hanno, di fatto, garantito un corretto esercizio della attività
funebre, necroscopica, cimiteriale e di polizia mortuaria.
Solo recentemente le regioni hanno inteso avviare un processo di coordinamento ed omogeneizzazione della materia, emanando le prime disposizioni in materia di cremazione, dispersione delle ceneri e servizi cimiteriali.
Solo recentemente le regioni hanno inteso avviare un processo di coordinamento ed omogeneizzazione della materia, emanando le prime disposizioni in materia di cremazione, dispersione delle ceneri e servizi cimiteriali.
4.1. La L. R.
Lombardia 30 dicembre 2009, n. 33.
L.R Lombardia 30/12/2009, n. 33, reca norme in materia di attività e servizi necroscopici, funebri e cimiteriali
L’art. 68 precisa che i comuni assicurano spazi pubblici idonei allo
svolgimento dei funerali civili; questi spazi devono consentire la riunione di
persone e lo svolgimento dell'orazione funebre nel rispetto delle volontà del
defunto e dei suoi familiari.
Articolo 69 Adempimenti conseguenti al decesso
1. Per la
dichiarazione o avviso di morte si osservano le disposizioni del decreto del
Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la
revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma
dell'art. 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127).
2. Nei casi in cui
non si proceda all'espianto di organi, il medico curante o il suo sostituto
certifica la causa del decesso, secondo le procedure previste dalla normativa
statale, ad esclusione dei casi di cui al comma 4.
3. L'accertamento
di morte è effettuato, su richiesta dell'ufficiale di stato civile, da un
medico incaricato dall'ASL delle funzioni di necroscopo.
4. In caso di
decesso presso una struttura sanitaria pubblica o privata che eroghi
prestazioni in regime di ricovero o in una struttura sociosanitaria, le
certificazioni di cui ai commi 2 e 3 sono rilasciate dal direttore sanitario o
da un medico delegato.
Articolo 70 Osservazione e trattamenti sui
cadaveri
1. I cadaveri non
possono essere seppelliti né sottoposti ad alcuno dei trattamenti previsti dal
comma 8 prima dell'accertamento di morte e, comunque, prima che siano trascorse
ventiquattro ore dal decesso, ad eccezione dei casi di decapitazione,
maciullamento, avanzato stato di decomposizione o putrefazione, ovvero dei casi
in cui sia stata effettuata rilevazione elettrocardiografica della durata di
venti minuti o ricorrano altre ragioni speciali a giudizio del medico
incaricato delle funzioni di necroscopo.
2. Durante il
periodo di cui al comma 1 i cadaveri sono posti in condizioni tali da non
ostacolare e da rilevare eventuali manifestazioni di vita.
3. In caso di
decesso di persona affetta da malattia infettiva e diffusiva, il medico
necroscopo adotta le necessarie precauzioni a tutela della salute pubblica,
compresa la chiusura del feretro prima delle ventiquattro ore dal decesso.
4. In caso di
trasporto dal luogo del decesso ad altro luogo, sito anche in altro comune, per
l'espletamento del periodo di osservazione o per altri accertamenti, la salma è
riposta in un contenitore impermeabile non sigillato, in condizioni che non
ostacolino eventuali manifestazioni di vita e che comunque non siano di
pregiudizio per la salute pubblica. Del trasporto è data preventiva
comunicazione all'ufficiale di stato civile del comune in cui è avvenuto il
decesso.
5. Oltre alle
strutture comunali già esistenti, le strutture sanitarie pubbliche e private
accreditate, che operano in regime di ricovero, ricevono, in aggiunta alle
salme di persone ivi decedute e nei limiti delle proprie disponibilità , i
cadaveri di persone decedute in luoghi pubblici o in abitazioni delle quali
l'ASL abbia certificato l'antigienicità , per:
a) il periodo di
osservazione di cui al comma 1;
b) l'effettuazione
di riscontro diagnostico, autopsia o altro provvedimento disposto dall'autorità
giudiziaria.
6. Su richiesta dei
congiunti, le salme possono essere poste, per il periodo di osservazione,
presso strutture gestite da operatori pubblici e privati, denominate sale del
commiato.
7. Le sale del
commiato possiedono le caratteristiche igienicosanitarie previste per le camere
mortuarie dal d.P.R. 14 gennaio 1997.
8. Sono consentiti
trattamenti di imbalsamazione secondo le modalità stabilite dal decreto del
Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285 (Approvazione del
regolamento di polizia mortuaria).
Articolo 71
Prelievo di cornea
a scopo di trapianto terapeutico e utilizzo di cadaveri per finalità di studio
1. Per consentire
il prelievo di cornea presso l'abitazione in cui è avvenuto il decesso di
persona che abbia dichiarato la volontà di donare gli organi, i congiunti o conviventi
ne danno immediata comunicazione all'ASL.
2. Nel caso in cui
la persona deceduta abbia disposto l'utilizzo del proprio cadavere per finalità
di studio, ricerca e insegnamento, i congiunti o conviventi ne danno
comunicazione al comune, che autorizza il trasporto, previo assenso e a spese
dell'istituto ricevente.
l'autorizzazione
alla cremazione che spetta all'ufficiale dello stato civile del comune di
decesso "è concessa nel rispetto della volontà espressa dal defunto o dai
suoi familiari attraverso una delle seguenti modalità:
1) la disposizione
testamentaria del defunto, tranne nei casi in cui i familiari presentino una
dichiarazione autografa del defunto contraria alla cremazione fatta in data
successiva a quella della disposizione testamentaria stessa;
2) l'iscrizione,
certificata dal rappresentante legale, ad associazioni riconosciute che abbiano
tra i propri fini statutari quello della cremazione dei cadaveri dei propri
associati, tranne nei casi in cui i familiari presentino una dichiarazione
autografa del defunto fatta in data successiva a quella dell'iscrizione
all'associazione. L'iscrizione alle associazioni di cui al presente numero vale
anche contro il parere dei familiari;
3) in mancanza
della disposizione testamentaria, o di qualsiasi altra espressione di volontà
da parte del defunto, la volontà del coniuge o, in difetto, del parente più
prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile
e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, della maggioranza
assoluta di essi, manifestata all'ufficiale dello stato civile del comune di
decesso o di residenza (...);
4) la volontà
manifestata dai legali rappresentanti per i minori e per le persone
interdette".
6.3. Sulla base del
disposto di cui all'art. 3, comma 1, n. 3), sopra richiamato, dunque, ai fini
della autorizzazione in questione, assume ruolo centrale e decisivo la volontà
del defunto in ragione della natura personalissima del diritto in questione, in
quanto tale non disponibile da parte di altri soggetti. Volontà che può essere
espressa o in forma scritta, mediante disposizione testamentaria, o per facta
concludentia, mediante iscrizione ad associazioni riconosciute che abbiano tra
i propri fini statutari quello della cremazione dei cadaveri dei propri
associati, ovvero in forma verbale, mediante qualsiasi altra espressione di
volontà da parte del defunto.
6.4. Solo
subordinatamente al caso di "mancanza" di alcuna "espressione di
volontà da parte del defunto", la legge assegna valore alla volontà del
coniuge o, in difetto, del parente più prossimo individuato ai sensi degli
articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile.
6.5. Ebbene, a
prescindere dal fatto che, per la natura del diritto alla cremazione - come
evidenziato dalle stesse linee interpretative fornite dal Ministero
dell'Interno (cfr. circolare 1 settembre 2004, n. 37) -, il coniuge o i parenti
del de cuius non esprimono un personale atto di volontà, ma si fanno in ogni
caso portatori del desiderio del defunto in merito alla cremazione della propria
salma, dalla documentazione in atti emergono numerose dichiarazioni
testimoniali rese da "familiari e conoscenti" della defunta dalla
quali è possibile trarre univocamente e concordemente che la volontà espressa
in vita da quest'ultima fosse nel senso di non voler essere cremata (cfr. doc.
da 5 a 22 di parte ricorrente).
6.6. Tali
dichiarazioni rese da soggetti del tutto disinteressati rispetto al tema della
causa ed estranei ai rapporti fra i ricorrenti e il coniuge della defunta
debbono essere ritenuti elementi senz'altro idonei per accertare la reale
volontà (negativa) della defunta rispetto all'esercizio del diritto
personalissimo alla cremazione.
6.7. Del resto, a
smentire e/o a contrastare tale ricostruzione della volontà dell'interessata,
non potrebbe in alcun modo esser fatta valere la dichiarazione del coniuge di
non aver mai ricevuto dalla defunta un'espressa dichiarazione di "volontà
di non essere cremata", poiché tale difetto non equivale certo a
dimostrare, in positivo, che esistesse una siffatta volontà.
6.7. Pertanto
l'ordinanza impugnata si fonda su un'errata applicazione dell'art. 3 della
legge n. 130 del 2001, oltre che su una contraddittorietà intrinseca del
provvedimento, poiché, da un lato, ha ritenuto la sussistenza di
"dichiarazioni contrastanti" sulla reale volontà della defunta, pur
non potendosi trarre da alcun elemento fra quelli acquisiti ed emersi in sede
istruttoria che fosse stata espressa dall'interessata, in vita, una volontà
positiva di essere cremata, dall'altro, sulla base di un presunto (quanto
insussistente) contrasto fra dichiarazioni ha assegnato alla volontà del
coniuge un valore preminente rispetto a quello espresso in vita dalla defunta
così come emergente dalla dichiarazioni rese da familiari e conoscenti di quest'ultima.
7. Tanto
considerato il ricorso deve pertanto essere accolto con conseguente
annullamento dell'ordinanza di autorizzazione alla cremazione impugnata.
Articolo 72 Trasporto funebre
1. Il trasporto e
il seppellimento di cadaveri, resti mortali, ceneri, parti anatomiche, nati
morti e prodotti abortivi sono soggetti ad autorizzazione.
2. I trasporti di
salme, resti ossei o ceneri da o per l'estero sono autorizzati dal comune in
cui è avvenuto il decesso.
3. L'addetto al
trasporto di cadavere, in quanto incaricato di pubblico servizio, verifica,
prima della partenza, che il feretro, in relazione alla destinazione e alla
distanza da percorrere, sia stato adeguatamente confezionato. Per i trasporti
all'estero la verifica è effettuata dall'ASL, che può disporre l'adozione di
particolari misure igienico-sanitarie.
4. La vigilanza sui
trasporti di cui ai commi 1 e 2 spetta al comune, che si avvale dell'ASL
relativamente agli aspetti igienico-sanitari, compresa l'idoneità degli
automezzi e delle rimesse dei carri funebri.
Articolo 73
Cremazione
1. L'autorizzazione
alla cremazione è concessa nel rispetto dei principi e delle modalità di cui
alla legge 30 marzo 2001, n. 130 (Disposizioni in materia di cremazione e
dispersione delle ceneri).
2. La dispersione
delle ceneri avviene nei luoghi indicati dall'articolo 3, comma 1, lett. c)
della legge 130/2001 o nel cinerario comune ed è eseguita dal coniuge o da
altro familiare o dal personale a tal fine autorizzato dall'avente diritto,
dall'esecutore testamentario o, in caso di iscrizione del defunto ad
associazione che abbia tra i propri fini statutari la cremazione dei cadaveri
degli associati, dal rappresentante legale dell'associazione stessa.
3. È autorizzato,
in caso di cremazione, l'uso di feretri di legno dolce non verniciato, al fine
di ridurre i fumi inquinanti e i tempi di cremazione.
4. Se il defunto
non ha manifestato la volontà di far disperdere le sue ceneri, queste vengono
riposte in un'urna sigillata, recante i dati anagrafici, per la tumulazione o
l'affidamento ai familiari.
5. La consegna
dell'urna cineraria è effettuata previa sottoscrizione di un documento nel
quale i soggetti di cui al comma 2 dichiarano la destinazione finale dell'urna
o delle ceneri; il documento, conservato in copia presso l'impianto di
cremazione e presso il comune in cui è avvenuto il decesso, costituisce
documento di accompagnamento obbligatorio nelle fasi di trasporto delle ceneri.
6. In caso di
comprovata insufficienza delle sepolture, l'ufficiale di stato civile autorizza
la cremazione delle salme inumate da almeno dieci anni e delle salme tumulate
da almeno venti anni, secondo le procedure previste per l'autorizzazione alla
cremazione o, in caso di irreperibilità dei familiari, dopo trenta giorni dalla
pubblicazione nell'albo pretorio del comune di speci- fico avviso.
Articolo 74 Attività funebre
1. Per attività
funebre s'intende un servizio che comprende e assicura in forma congiunta le
seguenti prestazioni: a) disbrigo delle pratiche amministrative inerenti il
decesso, su mandato dei familiari;
b) vendita di casse
e altri articoli funebri, in occasione del funerale;
c) trasporto di
cadavere, inteso come trasferimento della salma dal luogo del decesso al luogo
di osservazione, al luogo di onoranze, al cimitero o al crematorio.
2. L'attività
funebre è svolta da ditte individuali, società o altre persone giuridiche in
possesso dei requisiti di cui al comma 3.
3. Per poter
svolgere l'attività funebre è necessaria l'autorizzazione del comune ove ha
sede commerciale la ditta individuale, società , o altra persona giuridica,
rilasciata sulla base del possesso dei requisiti stabiliti con il regolamento
di cui all'articolo 76.
4. Il conferimento
dell'incarico per il disbrigo delle pratiche amministrative, la vendita di
casse e articoli funebri e ogni altra attività connessa al funerale si svolge
unicamente nella sede autorizzata o, eccezionalmente, su richiesta degli
interessati, presso altro luogo, purché non all'interno di strutture sanitarie
di ricovero e cura pubbliche e private e locali di osservazione.
5. L'autorizzazione
allo svolgimento di attività funebre non comprende funzioni di natura pubblica,
quali la sorveglianza durante il periodo di osservazione in strutture sanitarie
o l'accertamento di morte.
6. Gli addetti allo
svolgimento della attività funebre possiedono i requisiti formativi previsti
dal regolamento di cui all'articolo 76.
7. Il comune
informa la cittadinanza sull'attività funebre, con particolare riguardo alle
differenti forme di seppellimento, ai relativi profili economici e alle imprese
operanti nel proprio territorio.
8. La Regione,
d'intesa con le associazioni rappresentative dei comuni e di categoria,
promuove l'adozione del codice deontologico delle ditte individuali, delle
società e delle altre persone giuridiche che svolgono attività funebre.
Articolo 75 Cimiteri
1. Il comune è
tenuto a dare sepoltura:
a) ai cadaveri dei
propri residenti e delle persone morte nel territorio del comune, anche se non
residenti;
b) ai cadaveri di
aventi diritto al seppellimento in sepoltura privata esistente nel comune
stesso;
c) ai nati morti e
prodotti del concepimento, il cui parto o aborto sia avvenuto in struttura
sanitaria sita nel territorio comunale;
d) alle parti
anatomiche riconoscibili, derivanti da interventi avvenuti in struttura
sanitaria sita nel territorio comunale;
e) alle ossa, ai
resti mortali e alle ceneri derivanti da cadaveri di cui alle lettere a), b),
c) e d).
2. Ogni comune,
nell'ambito della pianificazione urbanistica e territoriale, prevede aree
cimiteriali in grado di rispondere alle necessità di sepoltura nell'arco dei
venti anni successivi all'adozione degli strumenti urbanistici, tenuto conto
degli obblighi di cui al comma 1, e con la finalità di favorire il ricorso alle
forme di sepoltura di minor impatto sull'ambiente, quali l'inumazione e la
cremazione.
3. La gestione e
manutenzione dei cimiteri possono essere affidate a soggetti pubblici o
privati. Se il gestore del cimitero svolge anche attività funebre è
obbligatoria la separazione societaria prevista dalla legge 10 ottobre 1990, n.
287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato).
4. L'area
cimiteriale è delimitata da idonea recinzione. L'area di rispetto lungo il
perimetro cimiteriale è definita considerando:
a) la necessità di
dotazione di parcheggi e servizi per i frequentatori; b) l'eventuale necessità
di ampliamento, in relazione alle previsioni di cui al comma 2;
c) l'eventuale
presenza di servizi o impianti tecnologici all'interno del cimitero e le conseguenti
distanze di tutela;
d) il rispetto
delle attività di culto dei dolenti.
5. Il comune, su
richiesta di privati, associazioni o enti morali, può concedere in uso aree
all'interno del cimitero per sepolture private, nel rispetto dei requisiti
tecnici e igienico-sanitari.
6. Il comune può
altresì autorizzare:
a) la costruzione e
l'uso di aree e spazi per la sepoltura di animali d'affezione, secondo le
indicazioni tecniche dell'ASL e dell'ARPA;
b) la costruzione
di cappelle private fuori dal cimitero, purché contornate da un'area di
rispetto;
c) la tumulazione
in luoghi al di fuori del cimitero, previo parere e secondo le indicazioni
tecniche dell'ASL e dell'ARPA, quando ricorrano giustificati motivi di speciali
onoranze.
7. I comuni
definiscono:
a) l'assetto
interno di ciascun cimitero;
b) i turni di
rotazione dei campi di inumazione o le procedure di trattamento del terreno
atte a favorire i processi di mineralizzazione;
c) le modalità di
concessione e le tariffe delle sepolture private;
d) l'ampiezza delle
aree di rispetto di cui al comma 4 e al comma 6, lettera b).
8. Nei casi di cui
al comma 7, lettere a) e d), è richiesto il previo parere dell'ASL e dell'ARPA,
secondo le rispettive competenze.
9. Il comune
autorizza la costruzione di nuovi cimiteri, l'ampliamento o la ristrutturazione
di quelli esistenti, previo parere vincolante dell'ASL e dell'ARPA, secondo le
rispettive competenze.
La soppressione di
cimiteri è autorizzata dall'ASL.
Articolo 76
Regolamento di
attuazione
1. Con regolamento
si definiscono:
a) i requisiti e le
modalità per l'autorizzazione allo svolgimento di attività funebre e per la
gestione di sale del commiato;
b) le strutture
destinate alle funzioni di deposito per l'osservazione dei cadaveri, cui i
comuni debbono fare riferimento e i criteri per la ripartizione dei relativi
oneri;
c) i requisiti e le
caratteristiche per la costruzione di nuovi cimiteri, nonché le condizioni per
la soppressione e i criteri di ristrutturazione di quelli esistenti;
d) le
caratteristiche dei campi di inumazione, dei loculi areati e non, delle
sepolture private e delle strutture cimiteriali;
e) le
caratteristiche e le modalità per la realizzazione di sepolture private fuori
dai cimiteri;
f) l'ampiezza
minima e massima delle aree di rispetto di cui all'articolo 75, comma 4 e comma
6, lettera b).
2. I contenuti di
cui al comma 1, lettere c), d), e), f), sono definiti d'intesa con l'ANCI.
3. Con decreto del
direttore generale della direzione competente in materia di sanità della Giunta
regionale si definiscono:
a) le modalità e i
casi in cui deve essere effettuata la rimozione di protesi su salme destinate
alla cremazione;
b) le modalità di
tenuta dei registri cimiteriali.
Articolo 77 Sanzioni
1. Per le
violazioni delle disposizioni del presente capo e del relativo regolamento,
salvo che il fatto sia previsto dalla legge come reato, si applicano le
seguenti sanzioni:
a) da € 500 a €
1.000 per le violazioni dell'articolo 70, comma 4, e delle relative norme
regolamentari;
b) da € 2.000 a €
5.000 per le violazioni dell'articolo 70, comma 7, e delle relative norme
regolamentari;
c) da € 1.000 a €
2.000 per le violazioni dell'articolo 70, comma 8;
d) da € 1.000 a €
2.000 per le violazioni dell'articolo 72 e delle relative norme regolamentari;
e) da € 3.000 a €
9.000 per le violazioni dell'articolo 74, comma 3, e delle relative norme
regolamentari;
f) da € 3.000 a €
9.000 per le violazioni dell'articolo 74, comma 4.
2. Le somme
riscosse a seguito dell'irrogazione delle sanzioni sono introitate dagli enti
competenti per la loro applicazione, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, della
legge 90/1983.
3. Per quanto non
previsto dal presente capo, si osservano le disposizioni della legge 24
novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).
4.1.1. La sepoltura
dei feti nel Reg. R. Lombardia 6 febbraio 2007, n. 1.
Il Reg. R.
Lombardia 6 febbraio 2007, n. 1, ha previsto che i prodotti abortivi
anche di poche settimane (del peso quindi di pochi grammi) possano essere
consegnati ai genitori, se lo richiedono, e da questi essere trasferiti ad un
cimitero per la sepoltura.
La direzione
sanitaria dell'ospedale dove avviene l'aborto deve informare i genitori della
possibilità di ritirare l'embrione e di provvedere alla sua sepoltura.
Le direzioni
sanitarie devono informare tutti gli utenti dei diritti: la carta dei servizi
garantisce all'utente il diritto a tutte le informazioni sanitarie.
Lo smaltimento degli aborti avviene anche in mancanza di richiesta di sepoltura da parte dei genitori.
In questo caso l'aborto è equiparato dall’art. 11, comma 1 quater, Reg. R. Lombardia 6/2004, come mod. dall’art. 1, lett. c), Reg. R. Lombardia 6 febbraio 2007, n. 1, alle parti anatomiche riconoscibili, come per esempio gli arti amputati per cancrena, che vengono da sempre inviate al cimitero in apposite cassette di legno per l'inumazione invece che all'incenerimento presso le aziende abilitate al trattamento dei rifiuti speciali ospedalieri (parti anatomiche non riconoscibili).
La legge considera l'aborto una parte anatomica riconoscibile ai fini di regolamentarne lo smaltimento dal punto di vista tecnico-sanitario.
Già una circolare del Ministero della Sanità del 1989 rilevava l’inopportunità di smaltire gli aborti inferiori alle venti settimane come rifiuti speciali. La norma è stata criticata poiché si è affermato che la Regione Lombardia attraverso questo nuovo regolamento vuole imporre il concetto che ogni feto abortito ha diritto ad una sepoltura.
Lo smaltimento degli aborti avviene anche in mancanza di richiesta di sepoltura da parte dei genitori.
In questo caso l'aborto è equiparato dall’art. 11, comma 1 quater, Reg. R. Lombardia 6/2004, come mod. dall’art. 1, lett. c), Reg. R. Lombardia 6 febbraio 2007, n. 1, alle parti anatomiche riconoscibili, come per esempio gli arti amputati per cancrena, che vengono da sempre inviate al cimitero in apposite cassette di legno per l'inumazione invece che all'incenerimento presso le aziende abilitate al trattamento dei rifiuti speciali ospedalieri (parti anatomiche non riconoscibili).
La legge considera l'aborto una parte anatomica riconoscibile ai fini di regolamentarne lo smaltimento dal punto di vista tecnico-sanitario.
Già una circolare del Ministero della Sanità del 1989 rilevava l’inopportunità di smaltire gli aborti inferiori alle venti settimane come rifiuti speciali. La norma è stata criticata poiché si è affermato che la Regione Lombardia attraverso questo nuovo regolamento vuole imporre il concetto che ogni feto abortito ha diritto ad una sepoltura.
Questo significa
che anche alle donne che si rivolgono alle strutture ospedaliere per
interrompere volontariamente la gravidanza verrà richiesto se vogliono
seppellire il feto.
Il solo fatto di
imporre detta scelta è visto come ammissione di aver ucciso qualcuno.
L’art. 1, lett. l), Reg. R. Lombardia 6 febbraio 2007, n. 1, modificando l’art. 32, Reg. R. Lombardia 6/2004, mette anche ordine all’attività delle agenzie funebri operanti nella regione.
L’art. 1, lett. l), Reg. R. Lombardia 6 febbraio 2007, n. 1, modificando l’art. 32, Reg. R. Lombardia 6/2004, mette anche ordine all’attività delle agenzie funebri operanti nella regione.
Queste ditte per
continuare la loro attività non devono avere più almeno quattro dipendenti a
tempo indeterminato – la regola precedente penalizzava le realtà più piccole –
ma devono assicurare la continuità nel servizio servendosi anche di altri tipi
di contratto di lavoro. Esso può essere stipulato direttamente con il
richiedente l’autorizzazione o con altro soggetto di cui questo si avvale in
forza di un formale contratto nel rispetto della normativa in materia di
impresa e mercato del lavoro.
4.2. La L. R. Emilia Romagna 29
luglio 2004, n. 19.
La L. R. Emilia
Romagna 29 luglio 2004, n. 19, detta la disciplina in materia funeraria e di
polizia mortuaria.
La legge disciplina il complesso dei servizi e delle funzioni in ambito necroscopico, funebre, cimiteriale e di polizia mortuaria, garantendo il rispetto della dignità e dei diritti dei cittadini, con la finalità di tutelare l'interesse degli utenti dei servizi funebri e di informare le attività pubbliche a principi di evidenza scientifica e di efficienza ed efficacia delle prestazioni.
In particolare, la legge:
a) definisce le funzioni della Regione e degli Enti locali ed individua in modo speciale i compiti dei Comuni e le modalità di svolgimento delle loro funzioni e servizi;
b) disciplina, per quanto attiene ai profili igienico-sanitari, le procedure relative alla polizia mortuaria, con particolare riguardo alle norme da osservarsi in materia di cremazione e dispersione delle ceneri;
c) regolamenta le condizioni e i requisiti per assicurare che l'esercizio dell'attività funebre da parte di soggetti pubblici e privati sia svolta nel rispetto delle finalità e delle garanzie perseguite dalla legge.
La Regione esercita funzioni di indirizzo, coordinamento e di alta vigilanza, anche attraverso l'emanazione di apposite direttive agli Enti locali e alle Aziende sanitarie, che sono tenuti a fornire alla Regione le necessarie informazioni.
Essa deve adottare i poteri sostitutivi in relazione alla mancata approvazione degli atti di competenza degli Enti locali.
La legge disciplina il complesso dei servizi e delle funzioni in ambito necroscopico, funebre, cimiteriale e di polizia mortuaria, garantendo il rispetto della dignità e dei diritti dei cittadini, con la finalità di tutelare l'interesse degli utenti dei servizi funebri e di informare le attività pubbliche a principi di evidenza scientifica e di efficienza ed efficacia delle prestazioni.
In particolare, la legge:
a) definisce le funzioni della Regione e degli Enti locali ed individua in modo speciale i compiti dei Comuni e le modalità di svolgimento delle loro funzioni e servizi;
b) disciplina, per quanto attiene ai profili igienico-sanitari, le procedure relative alla polizia mortuaria, con particolare riguardo alle norme da osservarsi in materia di cremazione e dispersione delle ceneri;
c) regolamenta le condizioni e i requisiti per assicurare che l'esercizio dell'attività funebre da parte di soggetti pubblici e privati sia svolta nel rispetto delle finalità e delle garanzie perseguite dalla legge.
La Regione esercita funzioni di indirizzo, coordinamento e di alta vigilanza, anche attraverso l'emanazione di apposite direttive agli Enti locali e alle Aziende sanitarie, che sono tenuti a fornire alla Regione le necessarie informazioni.
Essa deve adottare i poteri sostitutivi in relazione alla mancata approvazione degli atti di competenza degli Enti locali.
L'art. 30, L. R. 24 marzo 2004, n.
6, prevede che
l’Ente locale debba essere diffidato e solo una volta che sia trascorso un
termine perentorio indicato nella diffida la Regione può procedere con il
procedimento sostitutivo.
La Regione definisce, d'intesa con la Conferenza Regione-Autonomie Locali, le tariffe per il servizio pubblico di cremazione dei cadaveri, secondo modalità che tengano conto dei costi di gestione dei singoli impianti e può approvare, d'intesa con la Conferenza Regione-Autonomie Locali, uno schema di regolamento-tipo di polizia mortuaria.
Le Province valutano il fabbisogno di crematori nell'ambito del proprio territorio, tenendo conto della popolazione residente, della distanza chilometrica e della necessità di consentire il pieno esercizio di libera scelta della modalità di sepoltura o della cremazione di ciascun cittadino e individuano, d'intesa con i Comuni interessati, la localizzazione dei nuovi impianti. Le Province possono garantire l'accessibilità e la fruibilità del servizio di cremazione per i cittadini anche attraverso opportune forme di collaborazione con crematori situati in ambiti territoriali contigui, ex art. 3, L. R. Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19.
I Comuni, singoli od associati, hanno il compito di realizzare i cimiteri e i crematori.
I cimiteri sono di norma collocati alla distanza di almeno duecento metri dal centro abitato. È vietato costruire nuovi edifici entro tale fascia di rispetto. Il Comune può autorizzare l'eventuale ampliamento degli edifici esistenti entro la fascia di rispetto, sentita l'Azienda Unità sanitaria locale competente per territorio.
Nei casi di reale necessità il Comune può approvare, sentita l'Azienda Unità sanitaria locale competente per territorio, la costruzione di nuovi cimiteri, l'ampliamento di quelli esistenti o la costruzione di crematori a una distanza inferiore ai duecento metri dal centro abitato, purché la fascia di rispetto non scenda in nessun caso al di sotto dei cinquanta metri e sia adottato un piano cimiteriale che valuti la necessità di future sepolture per non meno di vent'anni.
I crematori devono essere realizzati all'interno delle aree cimiteriali esistenti o di ampliamenti delle stesse. Non è consentito l'utilizzo di crematori mobili.
Ogni Comune deve allestire sul proprio territorio almeno una camera mortuaria con annessa struttura per il commiato, collocata in uno dei cimiteri del territorio, al fine di consentire, in situazione di sicurezza igienico-sanitaria, la custodia provvisoria delle salme, in attesa di sepoltura e/o cremazione, ex art. 4, L. R. Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19.
Il Reg. R. Emilia Romagna 23 maggio 2006, n. 4, in materia di piani cimiteriali comunali e di inumazione e tumulazione, dà esecuzione alle norme disposte dalla L. R. Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19.
In particolare, la norma regolamenta la redazione dei piani cimiteriali comunali.
La Regione definisce, d'intesa con la Conferenza Regione-Autonomie Locali, le tariffe per il servizio pubblico di cremazione dei cadaveri, secondo modalità che tengano conto dei costi di gestione dei singoli impianti e può approvare, d'intesa con la Conferenza Regione-Autonomie Locali, uno schema di regolamento-tipo di polizia mortuaria.
Le Province valutano il fabbisogno di crematori nell'ambito del proprio territorio, tenendo conto della popolazione residente, della distanza chilometrica e della necessità di consentire il pieno esercizio di libera scelta della modalità di sepoltura o della cremazione di ciascun cittadino e individuano, d'intesa con i Comuni interessati, la localizzazione dei nuovi impianti. Le Province possono garantire l'accessibilità e la fruibilità del servizio di cremazione per i cittadini anche attraverso opportune forme di collaborazione con crematori situati in ambiti territoriali contigui, ex art. 3, L. R. Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19.
I Comuni, singoli od associati, hanno il compito di realizzare i cimiteri e i crematori.
I cimiteri sono di norma collocati alla distanza di almeno duecento metri dal centro abitato. È vietato costruire nuovi edifici entro tale fascia di rispetto. Il Comune può autorizzare l'eventuale ampliamento degli edifici esistenti entro la fascia di rispetto, sentita l'Azienda Unità sanitaria locale competente per territorio.
Nei casi di reale necessità il Comune può approvare, sentita l'Azienda Unità sanitaria locale competente per territorio, la costruzione di nuovi cimiteri, l'ampliamento di quelli esistenti o la costruzione di crematori a una distanza inferiore ai duecento metri dal centro abitato, purché la fascia di rispetto non scenda in nessun caso al di sotto dei cinquanta metri e sia adottato un piano cimiteriale che valuti la necessità di future sepolture per non meno di vent'anni.
I crematori devono essere realizzati all'interno delle aree cimiteriali esistenti o di ampliamenti delle stesse. Non è consentito l'utilizzo di crematori mobili.
Ogni Comune deve allestire sul proprio territorio almeno una camera mortuaria con annessa struttura per il commiato, collocata in uno dei cimiteri del territorio, al fine di consentire, in situazione di sicurezza igienico-sanitaria, la custodia provvisoria delle salme, in attesa di sepoltura e/o cremazione, ex art. 4, L. R. Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19.
Il Reg. R. Emilia Romagna 23 maggio 2006, n. 4, in materia di piani cimiteriali comunali e di inumazione e tumulazione, dà esecuzione alle norme disposte dalla L. R. Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19.
In particolare, la norma regolamenta la redazione dei piani cimiteriali comunali.
Il Comune deve
pianificare l’assetto interno dei cimiteri esistenti e delle relative aree di
rispetto attraverso il Piano cimiteriale, al fine di rispondere alle necessità
di sepoltura della popolazione residente nell’arco dei venti anni successivi
all’approvazione del piano stesso, tenendo conto degli obblighi di legge e
della programmazione in materia di crematori.
Gli elementi da
considerare per la redazione dei piani cimiteriali sono:
a) l’andamento medio della mortalità nell’area di propria competenza territoriale sulla base di dati statistici dell’ultimo decennio e di adeguate proiezioni locali;
b) la recettività delle strutture esistenti, distinguendo i posti per sepolture a sistema di inumazione e di tumulazione, in rapporto anche alla durata delle concessioni;
c) l’evoluzione attesa della domanda delle diverse tipologie di sepoltura e di pratica funebre e relativi fabbisogni;
d) la necessità di creare maggiori disponibilità di sepoltura nei cimiteri esistenti a seguito, ove possibile, di una più razionale utilizzazione delle aree e dei manufatti, del recupero di tombe abbandonate, dell’applicazione delle deroghe ai criteri di utilizzo di manufatti individuate nel presente regolamento e della realizzazione di loculi aerati;
e) l’opportunità di prevedere la conservazione o il restauro dei monumenti funerari di pregio nonché delle zone cimiteriali soggette a vincolo paesaggistico o tutela monumentale;
f) la necessità di ridurre o abbattere le barriere architettoniche e favorire la sicurezza dei visitatori nonché di prevedere la disponibilità di un congruo numero di impianti idrici e di servizi igienici;
g) la necessità di adeguamento delle strutture cimiteriali ai contenuti dello stesso regolamento, ex art. 1, Reg. R. Emilia Romagna 23 maggio 2006, n. 4.
Il Comune approva i piani cimiteriali comunali, sentita l’Azienda Unità sanitaria locale competente per territorio, e procede al loro periodico aggiornamento.
Per i cimiteri storici e monumentali il Comune, sentita l’Azienda Unità sanitaria locale competente per territorio in merito alle condizioni igienico-sanitarie, individua specifiche soluzioni atte a conservare i beni storici e artistici e permettere la fruizione degli spazi sepolcrali. Le zone e i criteri di individuazione delle tombe di interesse storico o artistico devono essere contenuti nei piani cimiteriali.
Il Comune deve approvare i singoli progetti di costruzione di sepolture private.
I concessionari di sepolture private nei cimiteri devono mantenere a proprie spese, per tutto il periodo della concessione, i manufatti in buono stato di conservazione, pena la decadenza della concessione.
Le concessioni si estinguono alla loro naturale scadenza se non rinnovate. Con l’estinzione della concessione il Comune acquisisce la disponibilità delle opere e delle aree.
Il Comune può pronunciare la decadenza della concessione decorsi venti anni dalla morte dell’ultimo concessionario avente diritto.
a) l’andamento medio della mortalità nell’area di propria competenza territoriale sulla base di dati statistici dell’ultimo decennio e di adeguate proiezioni locali;
b) la recettività delle strutture esistenti, distinguendo i posti per sepolture a sistema di inumazione e di tumulazione, in rapporto anche alla durata delle concessioni;
c) l’evoluzione attesa della domanda delle diverse tipologie di sepoltura e di pratica funebre e relativi fabbisogni;
d) la necessità di creare maggiori disponibilità di sepoltura nei cimiteri esistenti a seguito, ove possibile, di una più razionale utilizzazione delle aree e dei manufatti, del recupero di tombe abbandonate, dell’applicazione delle deroghe ai criteri di utilizzo di manufatti individuate nel presente regolamento e della realizzazione di loculi aerati;
e) l’opportunità di prevedere la conservazione o il restauro dei monumenti funerari di pregio nonché delle zone cimiteriali soggette a vincolo paesaggistico o tutela monumentale;
f) la necessità di ridurre o abbattere le barriere architettoniche e favorire la sicurezza dei visitatori nonché di prevedere la disponibilità di un congruo numero di impianti idrici e di servizi igienici;
g) la necessità di adeguamento delle strutture cimiteriali ai contenuti dello stesso regolamento, ex art. 1, Reg. R. Emilia Romagna 23 maggio 2006, n. 4.
Il Comune approva i piani cimiteriali comunali, sentita l’Azienda Unità sanitaria locale competente per territorio, e procede al loro periodico aggiornamento.
Per i cimiteri storici e monumentali il Comune, sentita l’Azienda Unità sanitaria locale competente per territorio in merito alle condizioni igienico-sanitarie, individua specifiche soluzioni atte a conservare i beni storici e artistici e permettere la fruizione degli spazi sepolcrali. Le zone e i criteri di individuazione delle tombe di interesse storico o artistico devono essere contenuti nei piani cimiteriali.
Il Comune deve approvare i singoli progetti di costruzione di sepolture private.
I concessionari di sepolture private nei cimiteri devono mantenere a proprie spese, per tutto il periodo della concessione, i manufatti in buono stato di conservazione, pena la decadenza della concessione.
Le concessioni si estinguono alla loro naturale scadenza se non rinnovate. Con l’estinzione della concessione il Comune acquisisce la disponibilità delle opere e delle aree.
Il Comune può pronunciare la decadenza della concessione decorsi venti anni dalla morte dell’ultimo concessionario avente diritto.
Pronunciata la
decadenza della concessione, il Comune provvede a proprie spese alla traslazione
delle salme, dei resti mortali, delle ossa o delle ceneri in sepoltura
comunale.
Il Comune, previa diffida a provvedere, può pronunciare la decadenza della concessione privata abbandonata per incuria e può disporre la rimozione del manufatto o il suo ripristino, se la sepoltura è di interesse storico o artistico.
Il Comune, previa diffida a provvedere, può pronunciare la decadenza della concessione privata abbandonata per incuria e può disporre la rimozione del manufatto o il suo ripristino, se la sepoltura è di interesse storico o artistico.
Il Comune, inoltre,
promuove la realizzazione e il funzionamento di strutture per il commiato.
Nell'ambito di
queste strutture, su istanza del familiare del defunto, possono tenersi riti per
il commiato.
Tali strutture possono essere utilizzate anche per la custodia e l'esposizione delle salme.
Le strutture per il commiato, realizzate da soggetti pubblici o privati, sono in ogni caso fruibili da chiunque ne faccia richiesta, senza discriminazioni di alcun tipo in ordine all'accesso.
Le strutture devono essere in possesso delle caratteristiche igienico-sanitarie previste dalle norme nazionali e regionali per i servizi mortuari delle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate.
Le strutture per il commiato non possono essere collocate nell'ambito di strutture sanitarie pubbliche o private, né di strutture socio-sanitarie o di vita collettiva, ma possono essere collocate nella zona di rispetto cimiteriale.
L'adeguata presenza sul territorio regionale di strutture per il commiato è favorita, con appositi strumenti regionali incentivanti, ex art. 14, L. R. Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19.
Tali strutture possono essere utilizzate anche per la custodia e l'esposizione delle salme.
Le strutture per il commiato, realizzate da soggetti pubblici o privati, sono in ogni caso fruibili da chiunque ne faccia richiesta, senza discriminazioni di alcun tipo in ordine all'accesso.
Le strutture devono essere in possesso delle caratteristiche igienico-sanitarie previste dalle norme nazionali e regionali per i servizi mortuari delle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate.
Le strutture per il commiato non possono essere collocate nell'ambito di strutture sanitarie pubbliche o private, né di strutture socio-sanitarie o di vita collettiva, ma possono essere collocate nella zona di rispetto cimiteriale.
L'adeguata presenza sul territorio regionale di strutture per il commiato è favorita, con appositi strumenti regionali incentivanti, ex art. 14, L. R. Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19.
4.3. La L. R.
Marche 1 febbraio 2005, n. 3.
L. R. Marche 1
febbraio 2005, n. 3, detta norme in materia di attività e servizi necroscopici
funebri e cimiteriali.
La legge disciplina le attività e i servizi correlati al decesso di ogni cittadino, nel rispetto della dignità e delle diverse convinzioni religiose e culturali di ciascuna persona, con le finalità di tutelare l'interesse degli utenti dei servizi funebri, anche tramite una corretta informazione, e di improntare le attività di vigilanza sanitaria a principi di efficacia e di efficienza.
La legge disciplina le attività e i servizi correlati al decesso di ogni cittadino, nel rispetto della dignità e delle diverse convinzioni religiose e culturali di ciascuna persona, con le finalità di tutelare l'interesse degli utenti dei servizi funebri, anche tramite una corretta informazione, e di improntare le attività di vigilanza sanitaria a principi di efficacia e di efficienza.
Ogni Comune deve
prevedere aree cimiteriali in grado di rispondere alle necessità di sepoltura
nell'arco dei venti anni successivi all'adozione degli strumenti urbanistici
attraverso la redazione di appositi piani cimiteriali, ex art. 9, L. R. Marche 1 febbraio 2005, n. 3.
Il regolamento regionale deve prevedere i requisiti e le caratteristiche per la costruzione di nuovi cimiteri, nonché le condizioni per la soppressione e i criteri di ristrutturazione di quelli esistenti;
b) le caratteristiche dei campi di inumazione, dei loculi, delle sepolture private, delle strutture cimiteriali e di quelle per la cremazione, tenendo conto delle diverse convinzioni culturali e religiose del defunto;
c) le caratteristiche e le modalità per la realizzazione di sepolture private fuori dai cimiteri.
Il Comune, su richiesta di privati o associazioni o enti morali, può concedere in uso aree all'interno del cimitero per sepolture private nel rispetto dei requisiti tecnici ed igienico-sanitari previsti dalla normativa vigente.
Il Comune può altresì autorizzare al di fuori dell'area cimiteriale: a) la costruzione di cappelle private, purché contornate da un'area di rispetto;
b) la tumulazione in luoghi diversi dal cimitero, previo parere e secondo le indicazioni tecniche dell'ASUR e dell'ARPAM, quando ricorrano giustificati motivi di speciali onoranze.
La L.R. si preoccupa di assicurare attraverso l’intervento dei comuni idonei spazi per i funerali civili, garantisce l’istituzione delle sale di commiato, regola la costruzione dei piani cimiteriali.
I Comuni assicurano spazi pubblici idonei allo svolgimento dei funerali civili; questi spazi devono consentire la riunione di persone e lo svolgimento dell'orazione funebre nel rispetto delle volontà del defunto e dei suoi familiari.
L’art. 3, L. R. Marche 3/2005, consente alle strutture pubbliche e private accreditate - che operano in regime di ricovero – di istituire le sale del commiato.
Il regolamento regionale deve prevedere i requisiti e le caratteristiche per la costruzione di nuovi cimiteri, nonché le condizioni per la soppressione e i criteri di ristrutturazione di quelli esistenti;
b) le caratteristiche dei campi di inumazione, dei loculi, delle sepolture private, delle strutture cimiteriali e di quelle per la cremazione, tenendo conto delle diverse convinzioni culturali e religiose del defunto;
c) le caratteristiche e le modalità per la realizzazione di sepolture private fuori dai cimiteri.
Il Comune, su richiesta di privati o associazioni o enti morali, può concedere in uso aree all'interno del cimitero per sepolture private nel rispetto dei requisiti tecnici ed igienico-sanitari previsti dalla normativa vigente.
Il Comune può altresì autorizzare al di fuori dell'area cimiteriale: a) la costruzione di cappelle private, purché contornate da un'area di rispetto;
b) la tumulazione in luoghi diversi dal cimitero, previo parere e secondo le indicazioni tecniche dell'ASUR e dell'ARPAM, quando ricorrano giustificati motivi di speciali onoranze.
La L.R. si preoccupa di assicurare attraverso l’intervento dei comuni idonei spazi per i funerali civili, garantisce l’istituzione delle sale di commiato, regola la costruzione dei piani cimiteriali.
I Comuni assicurano spazi pubblici idonei allo svolgimento dei funerali civili; questi spazi devono consentire la riunione di persone e lo svolgimento dell'orazione funebre nel rispetto delle volontà del defunto e dei suoi familiari.
L’art. 3, L. R. Marche 3/2005, consente alle strutture pubbliche e private accreditate - che operano in regime di ricovero – di istituire le sale del commiato.
Queste possono
ricevere, oltre alle salme di persone ivi decedute, i cadaveri di persone
decedute in luoghi pubblici o in abitazioni anche a richiesta dei congiunti
per:
a) il periodo di osservazione previsto dalla normativa vigente;
b) l'effettuazione di riscontro diagnostico, autopsia o altro provvedimento disposto dall'autorità giudiziaria.
Le sale del commiato devono essere in possesso delle caratteristiche igienico-sanitarie, previste per la camera mortuaria, ed autorizzate ai sensi della L. R. Marche 16 marzo 2000, n. 20.
a) il periodo di osservazione previsto dalla normativa vigente;
b) l'effettuazione di riscontro diagnostico, autopsia o altro provvedimento disposto dall'autorità giudiziaria.
Le sale del commiato devono essere in possesso delle caratteristiche igienico-sanitarie, previste per la camera mortuaria, ed autorizzate ai sensi della L. R. Marche 16 marzo 2000, n. 20.
La legge inoltre
consente di realizzare trattamenti di imbalsamazione e tanatoprassi nei limiti
e secondo le modalità stabilite dalla normativa nazionale.
La disciplina delle modalità per l’esercizio dell’attività funebre è dettata dall’art. 7, L. R. Marche 1 febbraio 2005, n. 3.
La disciplina delle modalità per l’esercizio dell’attività funebre è dettata dall’art. 7, L. R. Marche 1 febbraio 2005, n. 3.
Detto servizio
comprende ed assicura in forma congiunta le seguenti prestazioni:
a) disbrigo delle pratiche amministrative inerenti il decesso, su mandato dei familiari;
b) vendita di casse ed altri articoli funebri, in occasione del funerale;
c) trasporto di cadavere, inteso come trasferimento della salma dal luogo del decesso al luogo di osservazione, al luogo di onoranze, al cimitero o crematorio.
L'attività funebre è svolta da ditte individuali, società o altre persone giuridiche in possesso dell'autorizzazione del Comune ove ha sede rilasciata sulla base dei requisiti stabiliti con il regolamento regionale.
L'autorizzazione comunale allo svolgimento di attività funebre non può comprendere funzioni di natura pubblica, quali la sorveglianza durante il periodo di osservazione in strutture sanitarie o l'accertamento di morte.
Gli addetti che svolgono attività funebre devono essere in possesso dei requisiti professionali previsti dal regolamento regionale.
a) disbrigo delle pratiche amministrative inerenti il decesso, su mandato dei familiari;
b) vendita di casse ed altri articoli funebri, in occasione del funerale;
c) trasporto di cadavere, inteso come trasferimento della salma dal luogo del decesso al luogo di osservazione, al luogo di onoranze, al cimitero o crematorio.
L'attività funebre è svolta da ditte individuali, società o altre persone giuridiche in possesso dell'autorizzazione del Comune ove ha sede rilasciata sulla base dei requisiti stabiliti con il regolamento regionale.
L'autorizzazione comunale allo svolgimento di attività funebre non può comprendere funzioni di natura pubblica, quali la sorveglianza durante il periodo di osservazione in strutture sanitarie o l'accertamento di morte.
Gli addetti che svolgono attività funebre devono essere in possesso dei requisiti professionali previsti dal regolamento regionale.
Il Comune ha la
funzione di informare la cittadinanza sull'attività funebre, con particolare
riguardo alle differenti forme di seppellimento e relativi profili economici ed
alle imprese operanti nel proprio territorio.
La Regione ha invece, d'intesa con le associazioni rappresentative dei comuni e di categoria, la funzione di promuovere l'adozione del codice deontologico delle ditte individuali, società ed altre persone giuridiche che svolgono attività funebre, ai fini della tutela dei cittadini e della concorrenza.
La Regione ha invece, d'intesa con le associazioni rappresentative dei comuni e di categoria, la funzione di promuovere l'adozione del codice deontologico delle ditte individuali, società ed altre persone giuridiche che svolgono attività funebre, ai fini della tutela dei cittadini e della concorrenza.
La gestione dei
servizi cimiteriali è incompatibile con l'attività funebre.
Il Comune può
autorizzare, ex art. 10, L. R.
Marche 3/2005, al di fuori dell'area cimiteriale la realizzazione e l'uso di
aree e spazi per l'inumazione e l'eventuale cremazione di animali da affezione.
La legge rinvia al regolamento regionale, fra l’altro, la definizione dei requisiti e delle modalità per l'autorizzazione allo svolgimento di attività funebre e la gestione delle sale di commiato.
La legge rinvia al regolamento regionale, fra l’altro, la definizione dei requisiti e delle modalità per l'autorizzazione allo svolgimento di attività funebre e la gestione delle sale di commiato.
5. I rapporti
tra lo Statuto comunale e il regolamento di polizia mortuaria.
Le leggi generali
dello Stato fissano i principi nell’ambito dei quali i comuni esercitano la
loro autonomia.
Essi trovano
attuazione con la disciplina stabilita nel regolamento comunale, ex art. 62,
D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
Nell’ambito di tali principi lo statuto fa assumere a ciascun Comune il ruolo che esso intende svolgere per la cura degli interessi e lo sviluppo del suo territorio.
Nell’ambito di tali principi lo statuto fa assumere a ciascun Comune il ruolo che esso intende svolgere per la cura degli interessi e lo sviluppo del suo territorio.
La dottrina
sottolinea lo scarso utilizzo che finora è stato fatto della potestà statutaria
(E. BALBONI, G. FORTUNATO, E.M. MARENGHI, S. MERUSI, A. PIRAINO, Il governo locale oggi, 1999, 16).
Si deve notare,
comunque, che gli statuti comunali previsti dall’art. 4 della L. 142/1990,
sost. dall’art. 6, D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, nel disciplinare la
partecipazione ai provvedimenti di amministrazione per gli atti generali, ad
esclusione di quelli regolamentari, possono dettare norme per favorire
l'accesso della popolazione residente alle informazioni necessarie alla
fruibilità dei servizi pubblici e privati in ambito funerario, con particolare
riferimento ai profili economici e alle diverse pratiche funerarie previste
dall'ordinamento.
Tale obbligo da parte del Comune nella specifica materia è dettato dall’art. 5, L.R. Emilia Romagna n. 19/2004
Tale obbligo da parte del Comune nella specifica materia è dettato dall’art. 5, L.R. Emilia Romagna n. 19/2004
Lo statuto può
rinviare al relativo Regolamento le disposizioni di attuazione della normativa
statale.
6. Il
regolamento comunale di polizia mortuaria.
L’art. 7 del D.L.vo
18 agosto 2000, n. 267, riconosce l’attribuzione della potestà regolamentare ai
comuni.
Si tratta di un
potere regolamentare generale che riguarda l’intera zona di azione
dell’attività amministrativa dell’ente locale nelle materie di competenza In
particolare i regolamenti comunali disciplinano l'organizzazione e il
funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, il
funzionamento degli organi e degli uffici e l'esercizio delle funzioni
attribuite all’ente locale.
Il regolamento di
polizia mortuaria è classificato fra i regolamenti esecutivi o di attuazione.
Per la dottrina i
regolamenti comunali hanno la natura di regolamenti liberi ossia di norme
primarie di secondo grado detti regolamenti delegati. (S. ROSA, Cimitero, in Enc. dir., VI, 1960, 997).
Essi possono
modificare, in relazione alle condizioni locali, le norme generali.
In caso contrario
si deve ritenere che la potestà regolamentare comunale sia praticamente nulla.
La materia è,
infatti, regolata minuziosamente dal t.u. leggi sanitarie e dal regolamento
statale di polizia mortuaria.
Il regolamento
trova applicazione nell’ambito di una materia sottoposta a riserva assoluta di
legge.
Esso ha il compito
di attuare, specificare e a volte integrare il precetto contenuto nella norma
di carattere primario cui è subordinato.
Il regolamento ha
il compito precipuo di puntualizzare e rendere operativa la disposizione di
carattere generale.
Nel sistema delle
fonti il regolamento comunale si trova in una posizione subordinata alle leggi
dello Stato e allo statuto comunale (R. GALLI, Corso di diritto amministrativo
1996, 35).
Nel sistema delle
fonti la disposizione regolamentare non può essere in contrasto con le
disposizioni statutarie; in caso di antinomia fra una disposizione dello
statuto comunale ed una disposizione contenuta in un regolamento dello stesso
comune, occorre dare prevalenza alla disposizione statutaria e disapplicare
quella regolamentare (Cons. St., sez. V, 25 gennaio
2005, n. 148, in
Riv. corte conti, 2005, 1, 302).
La normativa
regolamentare comunale di polizia mortuaria e sui cimiteri in tanto è legittima
in quanto non viene a porsi in contrasto con la normativa regolamentare
adottata dal Governo, in virtù di quanto previsto dall'art. 4 disp. prel. c.c.
La normativa
comunale che impone, a pena di decadenza, il rinnovo della concessione
cimiteriale perpetua al trascorrere di ogni trentennio è venuta a trovarsi in
contrasto con la disposizione di cui all'art. 92, D.P.R. 10 settembre 1990, n.
285.
Nella normativa
statale, per le concessioni di durata superiore ai 99 anni rilasciate
anteriormente al D.P.R. n. 803 del 1975, l'esercizio del potere di revoca
nell'interesse pubblico viene ancorato a due precisi presupposti: il
superamento di 50 anni dall'ultima tumulazione e la grave insufficienza del
cimitero.
Entrambe le
condizioni devono concorrere per la legittimità del provvedimento di revoca.
La decadenza viene
consentita rispetto all'inosservanza di determinati obblighi a carico del
concessionario da precisare con l'atto di concessione o con la convenzione che
sovente l'accompagna.
Con l'entrata in
vigore del D.P.R. n. 803 del 1975, debbono ritenersi abrogate in parte qua le disposizioni
regolamentari comunali che imponevano il rinnovo della concessione ogni
trentennio e deve, pertanto, ritenersi illegittimo il provvedimento di
decadenza fondato sulla persistenza della vigenza di tali disposizioni
comunali. (Cons. St., sez. V, 11 ottobre 2002,
n. 5505, in Com. It., 2002, 1682).
La giurisprudenza
si è posta il problema della legittimità delle norme del regolamento comunale
che limitano il diritto di sepoltura ai soggetti morti o residenti nel comune.
Alla domanda è
stata data risposta affermativa.
È stato, pertanto,
dichiarato legittimo il regolamento di polizia mortuaria che limita la
sepoltura nel cimitero comunale solo a coloro che sono morti nel territorio del
Comune o che, all'atto del decesso, erano residenti nel Comune stesso (T.A.R. Campania
Napoli, 3 settembre 1997, n. 2262, in T.A.R.,
1997, I, 4063).
Le conclusioni di
tale teoria appaiono aberranti poiché in tal caso si nega un diritto ai
componenti di una stessa famiglia di riposare insieme nello stesso cimitero.
6.1. I regolamenti
comunali alla luce della L. Cost. n. 3 del 2001.
L'art. 117, comma
2, lett. p), Cost. e l'art. 4, L. 5 giugno 2003, n. 131, hanno confermato un
esteso ambito di intervento della legge statale - istituzionalmente titolare
della regolazione dell'esercizio delle funzioni amministrative - per la
disciplina delle competenze degli organi di governo e dello svolgimento delle
funzioni locali.
E’ stata ribadita
dalla giurisprudenza la necessità che i contenuti degli statuti comunali, siano
conformi alla disciplina legislativa in materia di organi di governo e di
funzioni fondamentali.
La pretesa che lo
statuto comunale possa costituire fonte esclusiva dell'ordinamento locale si
pone in contrasto frontale con il principio di legalità che costituisce tuttora
il fondamento dello Stato di diritto nel sistema costituzionale delle fonti di
diritto (T.A.R. Lombardia Milano, sez.
III, 6 maggio 2004, n. 1622)
Nella decisione
citata è stata confutata la tesi che la riforma costituzionale del titolo V
attuata con la L. Cost. n. 3 del 2001 abbia esaltato l'autonomia normativa
degli enti locali, al punto che il fondamento della potestà statutaria deve
essere individuato direttamente nella Costituzione e trova nei principi da essa
desumibili l'unico limite alla sua esplicazione.
Di conseguenza le
disposizioni statutarie possono legittimamente derogare alle leggi ordinarie
dello Stato, non aventi valore di principio.
La tesi, per quanto non del tutto priva di riscontri nei primi commenti alla riforma costituzionale, non pare in linea con le regole che presiedono al sistema delle fonti dell'ordinamento giuridico italiano, fondato, com'è noto, sul principio di tassatività delle fonti normative primarie e, per le fonti di rango secondario, su quello di legalità, il quale implica che il potere di emanare norme giuridiche, comunque innovative dell'ordinamento, richiede l'interposizione di apposita copertura legislativa.
Il sistema vigente, per intuibili esigenze di unitarietà, non riconosce alle fonti di autonomia locale alcuna riserva di competenza in materia di assetto e competenze degli organi comunali.
La L. cost. n. 3 del 2001 pur ispirandosi al rafforzamento del sistema delle autonomie territoriali e al correlativo depotenziamento del centralismo che ha costituito una decisiva tappa del processo di trasformazione dello Stato nazionale post-unitario, ha modificato, per quel che qui interessa, l'art. 117 Cost. riservando comunque alla legislazione esclusiva dello Stato, in base al 2° comma, lett. p), la materia relativa alle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane.
Nella stessa direzione, l'art. 4, comma 4, della L. 5 giugno 2003 n. 131, affida alla fonte statutaria la funzione di stabilire i principi di organizzazione e funzionamento dell'ente.
La tesi, per quanto non del tutto priva di riscontri nei primi commenti alla riforma costituzionale, non pare in linea con le regole che presiedono al sistema delle fonti dell'ordinamento giuridico italiano, fondato, com'è noto, sul principio di tassatività delle fonti normative primarie e, per le fonti di rango secondario, su quello di legalità, il quale implica che il potere di emanare norme giuridiche, comunque innovative dell'ordinamento, richiede l'interposizione di apposita copertura legislativa.
Il sistema vigente, per intuibili esigenze di unitarietà, non riconosce alle fonti di autonomia locale alcuna riserva di competenza in materia di assetto e competenze degli organi comunali.
La L. cost. n. 3 del 2001 pur ispirandosi al rafforzamento del sistema delle autonomie territoriali e al correlativo depotenziamento del centralismo che ha costituito una decisiva tappa del processo di trasformazione dello Stato nazionale post-unitario, ha modificato, per quel che qui interessa, l'art. 117 Cost. riservando comunque alla legislazione esclusiva dello Stato, in base al 2° comma, lett. p), la materia relativa alle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane.
Nella stessa direzione, l'art. 4, comma 4, della L. 5 giugno 2003 n. 131, affida alla fonte statutaria la funzione di stabilire i principi di organizzazione e funzionamento dell'ente.
La norma prevede
tuttavia che detta disciplina debba svolgersi nell'ambito della legislazione
dello Stato o della Regione, che ne assicura i requisiti minimi di uniformità,
secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli artt.
114, 117, sesto comma, e 118 della Costituzione.
In tal modo, come è incontestabile allorquando vi sia concorrenza di disciplina sul medesimo oggetto, la previsione conferisce quindi agli statuti una posizione secondaria rispetto alla legge statale in materia di organizzazione pubblica.
Ne discende che, per la disciplina delle competenze degli organi di governo e dello svolgimento delle funzioni locali, la riforma ha confermato un esteso ambito di intervento della legge statale, istituzionalmente titolare della regolazione dell'esercizio delle funzioni amministrative; da qui la necessità che i contenuti degli Statuti comunali, i quali per i profili qui considerati conservano la loro natura di fonti secondarie, siano conformi alla disciplina legislativa in materia di organi di governo e di funzioni fondamentali.
In tale quadro la pretesa che lo Statuto comunale possa costituire fonte esclusiva dell'ordinamento locale si pone in contrasto frontale con il principio di legalità che costituisce tuttora il fondamento dello Stato di diritto nel sistema costituzionale delle fonti di diritto.
Il valore imperativo del principio di legalità, sancito dall'art. 97 della Costituzione, nel pretendere, in armonia con i principi di imparzialità e buona amministrazione, che la fonte del potere pubblico debba sempre e solo rinvenirsi nella legge, non può consentire che un organo pubblico, nei casi non previsti dalla normativa di rango primario, si arroghi il potere di trasferire le proprie funzioni istituzionali ad un diverso soggetto, così risolvendosi a non esercitare le competenze, e a non assumere le corrispondenti responsabilità, che l'ordinamento gli attribuisce.
In tal modo, come è incontestabile allorquando vi sia concorrenza di disciplina sul medesimo oggetto, la previsione conferisce quindi agli statuti una posizione secondaria rispetto alla legge statale in materia di organizzazione pubblica.
Ne discende che, per la disciplina delle competenze degli organi di governo e dello svolgimento delle funzioni locali, la riforma ha confermato un esteso ambito di intervento della legge statale, istituzionalmente titolare della regolazione dell'esercizio delle funzioni amministrative; da qui la necessità che i contenuti degli Statuti comunali, i quali per i profili qui considerati conservano la loro natura di fonti secondarie, siano conformi alla disciplina legislativa in materia di organi di governo e di funzioni fondamentali.
In tale quadro la pretesa che lo Statuto comunale possa costituire fonte esclusiva dell'ordinamento locale si pone in contrasto frontale con il principio di legalità che costituisce tuttora il fondamento dello Stato di diritto nel sistema costituzionale delle fonti di diritto.
Il valore imperativo del principio di legalità, sancito dall'art. 97 della Costituzione, nel pretendere, in armonia con i principi di imparzialità e buona amministrazione, che la fonte del potere pubblico debba sempre e solo rinvenirsi nella legge, non può consentire che un organo pubblico, nei casi non previsti dalla normativa di rango primario, si arroghi il potere di trasferire le proprie funzioni istituzionali ad un diverso soggetto, così risolvendosi a non esercitare le competenze, e a non assumere le corrispondenti responsabilità, che l'ordinamento gli attribuisce.
La dottrina auspica
che la valorizzazione dell’autonomia statutaria sia riaffermata nella delega
legislativa alla redazione del nuovo T.U.E.L.
Il problema è
quello di fissare i limiti delle funzioni attribuite agli enti locali che non
possono più essere risolti in principi indicati in modo generico senza una loro
precisa detereminazione. Questi limiti sono ora costituiti dia livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali fissati da
leggi di principio che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale, ex art. 19, L. 15/2005 (V. ITALIA, Considerazioni sul nuovo T.U.E.L., in Nuova Rass., 2006, 2217).
7. Il cimitero
come bene del demanio comunale specifico.
I beni del demanio
comunale si distinguono in due categorie.
La prima comprende
il demanio necessario che è costituito dai beni i quali non possono che
appartenere che allo Stato e detti beni non possono essere che demaniali.
I cimiteri
costruiti dai comuni appartengono al demanio necessario comunale (P. VIRGA, Diritto amministrativo. I principi, I,
1995, 370).
La seconda
comprende il demanio accidentale (A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, 1964, 86).
Per quanto riguarda
in particolare l'area del cimitero, l'art. 824, 2º co., c.c., ha sciolto ogni
dubbio circa la natura giuridica della stessa, dichiarando che i cimiteri sono
soggetti al regime dei beni demaniali e che quindi, come tali, in base all'art.
823, c.c., sono inalienabili e non suscettibili di esecuzione forzata mediante
pignoramento.
Prima dell’entrata in vigore del vigente c.c. la dottrina negava la demanialità dei cimiteri, in quanto non sono destinati direttamente all’uso pubblico né all’esercizio di una pubblica funzione, ma solo all’esplicazione di un pubblico servizio (S. ROSA, Cimitero, in Enc. dir., VI, 1960, 993).
Prima dell’entrata in vigore del vigente c.c. la dottrina negava la demanialità dei cimiteri, in quanto non sono destinati direttamente all’uso pubblico né all’esercizio di una pubblica funzione, ma solo all’esplicazione di un pubblico servizio (S. ROSA, Cimitero, in Enc. dir., VI, 1960, 993).
La dottrina afferma
l'impignorabilità assoluta dell'area cimiteriale sottostante al sepolcro
privato, riconosciuta come bene demaniale, ex art. 824, comma 2, c.c.
I beni del demanio comunale si distinguono in due categorie.
I beni del demanio comunale si distinguono in due categorie.
La prima comprende
quella specie di beni che, pur potendo appartenere a soggetti diversi dai
Comuni, rivestono carattere demaniale solo se appartenenti ai Comuni, ex art.
824, comma 2, c.c.
Si parla in tal
caso di demanio specifico.
A tale categoria
appartengono per dizione espressa del legislatore i cimiteri e i mercati.
Ci possono essere
beni del demanio specifico che appartengono a soggetti privati, come le tombe
private (A.M. SANDULLI, op. cit.,
1964, 86).
8. I cimiteri di
guerra.
I cimiteri, gli
ossari e i sacrari destinati a raccogliere le salme dei caduti in guerra e
nella lotta di liberazione costituiscono i cimiteri o i sepolcreti di guerra.
Essi sono
definitivamente sistemati nel territorio nazionale e fanno parte, con le loro
dipendenze, del patrimonio dello Stato.
Essi, previa
iscrizione negli inventari tenuti dall'amministrazione finanziaria, sono dati
in consegna, ove possibile, a cura del Commissariato generale e mediante
stipula di regolari atti, ai Comuni nel cui territorio si trovano con l'obbligo
di mantenerli e custodirli in perpetuo.
L'obbligo dell'iscrizione negli inventari tenuti dall'Amministrazione finanziaria si riferisce anche ai diritti di uso costituito a favore dello Stato su sepolcreti di guerra esistenti o sistemati a cura dei Comuni o di altri Enti locali.
A richiesta dei Comuni interessati e mediante apposite convenzioni che devono essere approvate da parte del Ministro per la difesa, di concerto con i Ministri per l'interno e per il tesoro, su proposta del Commissario generale, sono stabilite le somme da corrispondere dallo Stato a titolo di contributo per le spese di manutenzione e custodia delle opere date in consegna.
Le salme dei caduti in guerra e nella lotta di liberazione, sepolte nei cimiteri civili, sono esenti dai normali turni di esumazione previsti dall'art. 61 del regolamento di polizia mortuaria ed i Comuni interessati hanno l'obbligo di conservarle fino a quando tali salme non saranno definitivamente sistemate negli ossari o sacrari all'uopo costruiti, ex art. 7, L. 9 gennaio 1951, n. 204, mod. art. 2, L. 2 marzo 1985, n. 60.
L'obbligo dell'iscrizione negli inventari tenuti dall'Amministrazione finanziaria si riferisce anche ai diritti di uso costituito a favore dello Stato su sepolcreti di guerra esistenti o sistemati a cura dei Comuni o di altri Enti locali.
A richiesta dei Comuni interessati e mediante apposite convenzioni che devono essere approvate da parte del Ministro per la difesa, di concerto con i Ministri per l'interno e per il tesoro, su proposta del Commissario generale, sono stabilite le somme da corrispondere dallo Stato a titolo di contributo per le spese di manutenzione e custodia delle opere date in consegna.
Le salme dei caduti in guerra e nella lotta di liberazione, sepolte nei cimiteri civili, sono esenti dai normali turni di esumazione previsti dall'art. 61 del regolamento di polizia mortuaria ed i Comuni interessati hanno l'obbligo di conservarle fino a quando tali salme non saranno definitivamente sistemate negli ossari o sacrari all'uopo costruiti, ex art. 7, L. 9 gennaio 1951, n. 204, mod. art. 2, L. 2 marzo 1985, n. 60.
Al Commissario
generale spetta di provvedere:
a) alla completa sistemazione, manutenzione e custodia dei cimiteri di guerra esistenti in Italia nonché di quelli esistenti all'estero contenenti salme di Caduti italiani;
b) alla sistemazione delle salme degli italiani appartenenti a forze armate operanti al servizio della sedicente Repubblica sociale italiana, deceduti in conseguenza della guerra;
c) alla sistemazione provvisoria delle salme dei militari appartenenti alle Forze armate delle Nazioni Unite deceduti in Italia durante la guerra 1940-45, ove non vi abbiano provveduto direttamente i rispettivi Stati e ferme restando, per quanto riguarda l'impianto di cimiteri destinati all'inumazione dei militari delle Forze armate delle Nazioni Unite caduti in territorio italiano, le disposizioni del D.L.vo 5 luglio 1945, n. 429, mod. dal D.L.vo 29 ottobre 1947, n. 1354.
d) alla sistemazione delle salme dei militari degli eserciti nemici caduti in Italia, nei limiti dell'art. 4 della Convenzione di Ginevra del 27 luglio 1929 e di quanto altro stabilito nei trattati di pace.
È in facoltà del Commissario generale abolire i cimiteri di guerra che per l'ubicazione, per ragioni tecniche e per altri motivi non offrano la possibilità di uno stabile assetto.
I resti mortali esistenti nei cimiteri soppressi verranno raccolti nei cimiteri viciniori o in appositi sacrari costruiti in località opportunamente prescelte, ex art. 3, L. 9 gennaio 1951, n. 204.
a) alla completa sistemazione, manutenzione e custodia dei cimiteri di guerra esistenti in Italia nonché di quelli esistenti all'estero contenenti salme di Caduti italiani;
b) alla sistemazione delle salme degli italiani appartenenti a forze armate operanti al servizio della sedicente Repubblica sociale italiana, deceduti in conseguenza della guerra;
c) alla sistemazione provvisoria delle salme dei militari appartenenti alle Forze armate delle Nazioni Unite deceduti in Italia durante la guerra 1940-45, ove non vi abbiano provveduto direttamente i rispettivi Stati e ferme restando, per quanto riguarda l'impianto di cimiteri destinati all'inumazione dei militari delle Forze armate delle Nazioni Unite caduti in territorio italiano, le disposizioni del D.L.vo 5 luglio 1945, n. 429, mod. dal D.L.vo 29 ottobre 1947, n. 1354.
d) alla sistemazione delle salme dei militari degli eserciti nemici caduti in Italia, nei limiti dell'art. 4 della Convenzione di Ginevra del 27 luglio 1929 e di quanto altro stabilito nei trattati di pace.
È in facoltà del Commissario generale abolire i cimiteri di guerra che per l'ubicazione, per ragioni tecniche e per altri motivi non offrano la possibilità di uno stabile assetto.
I resti mortali esistenti nei cimiteri soppressi verranno raccolti nei cimiteri viciniori o in appositi sacrari costruiti in località opportunamente prescelte, ex art. 3, L. 9 gennaio 1951, n. 204.
Nei cimiteri di
guerra apposite aree sono destinate a raccogliere le spoglie mortali di soldati
di altre Nazioni caduti sul suolo italiano.
I rapporti - di
solito di reciprocità con gli altri Stati che dettano analoghe disposizioni per
raccogliere le salme di caduti italiani nel loro territorio - sono regolati da
convenzioni internazionali.
La L. 28 aprile
1976, n. 400, approva e dà esecuzione alla convenzione tra il Governo della
Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese relativa alle
sepolture di guerra, firmata a Parigi il 2 dicembre 1970.
La L. 30 luglio 1973, n. 485, ratifica e dà esecuzione allo scambio di note tra l'Italia e la Jugoslavia, effettuato a Roma il 30 luglio 1971, relativo alla esenzione da ogni imposizione fiscale dei materiali destinati alla costruzione, sistemazione e manutenzione dei cimiteri, ossari, cripte e sacrari dei Caduti dei due Paesi.
La L. 12 agosto 1957, n. 801, ratifica e dà esecuzione all'Accordo tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Federale di Germania sulle tombe di guerra con annessi scambi di Note, concluso in Bonn il 22 dicembre 1955.
La L. 2 febbraio 1955, n. 262, approva e dà esecuzione all'Accordo tra l'Italia ed i Paesi del Commonwealth britannico per i cimiteri di guerra con Protocollo e scambi di Note relativi, firmati a Roma il 27 agosto 1953.
La L. 30 luglio 1973, n. 485, ratifica e dà esecuzione allo scambio di note tra l'Italia e la Jugoslavia, effettuato a Roma il 30 luglio 1971, relativo alla esenzione da ogni imposizione fiscale dei materiali destinati alla costruzione, sistemazione e manutenzione dei cimiteri, ossari, cripte e sacrari dei Caduti dei due Paesi.
La L. 12 agosto 1957, n. 801, ratifica e dà esecuzione all'Accordo tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Federale di Germania sulle tombe di guerra con annessi scambi di Note, concluso in Bonn il 22 dicembre 1955.
La L. 2 febbraio 1955, n. 262, approva e dà esecuzione all'Accordo tra l'Italia ed i Paesi del Commonwealth britannico per i cimiteri di guerra con Protocollo e scambi di Note relativi, firmati a Roma il 27 agosto 1953.
9. I reparti
speciali.
L’art. 100, D.P.R.
295/1990, sancisce il principio dell’unicità del luogo delle sepolture. E’
ribadito il principio affermato dall’art. 340, R. D. 27 luglio
1934, n. 1265, che vieta di seppellire un cadavere in
luogo diverso dal cimitero.
La norma parte dal concetto che le inumazioni seguano il rito cattolico e, pertanto, consente la possibilità di destinare appositi spazi per i professanti di altri culti.
La norma parte dal concetto che le inumazioni seguano il rito cattolico e, pertanto, consente la possibilità di destinare appositi spazi per i professanti di altri culti.
I piani regolatori
cimiteriali possono prevedere reparti speciali e separati per la sepoltura di
cadaveri di persone professanti un culto diverso da quello cattolico.
I reparti speciali possono inoltre riguardare anche gli appartenenti di comunità straniere.
I reparti speciali possono inoltre riguardare anche gli appartenenti di comunità straniere.
I rappresentanti di
dette comunità devono fare domanda di avere un reparto proprio per la sepoltura
delle salme dei loro connazionali.
A seconda del
numero degli appartenenti alla comunità può parimenti essere data dal Sindaco
in concessione un'area adeguata nel cimitero.
La norma non ammette letteralmente la possibilità di istituire dei cimiteri speciali ma solo dei reparti speciali nell’ambito dei cimiteri tradizionali.
La norma non ammette letteralmente la possibilità di istituire dei cimiteri speciali ma solo dei reparti speciali nell’ambito dei cimiteri tradizionali.
Il divieto sembra
più formale che reale in quanto l’esigenza di eventuali ampliamenti può
evidentemente consentire di identificare altri cimieri che possono essere
destinati a comunità o a culti che abbiano un consistente numero di seguaci.
10. Le cappelle
private fuori dai cimiteri.
L’unica eccezione
al principio sancito dall’art. 340, R. D. 27 luglio 1934, n.
1265, che vieta di seppellire un cadavere in luogo diverso dal cimitero,
è la possibilità di tumulare i cadaveri nelle cappelle private e gentilizie non
aperte al pubblico, poste a una distanza dai centri abitati non minore di
quella stabilita per i cimiteri.
L’art. 101, D.P.R. 295/1990, afferma che per la costruzione delle cappelle private fuori dal cimitero destinate ad accogliere salme o resti mortali occorre l'autorizzazione del Sindaco, previa deliberazione del Consiglio comunale, sentito il coordinatore sanitario dell'Azienda sanitaria locale.
L’art. 101, D.P.R. 295/1990, afferma che per la costruzione delle cappelle private fuori dal cimitero destinate ad accogliere salme o resti mortali occorre l'autorizzazione del Sindaco, previa deliberazione del Consiglio comunale, sentito il coordinatore sanitario dell'Azienda sanitaria locale.
Il richiedente deve
fare eseguire a proprie spese apposita ispezione tecnica.
Le cappelle private
costruite fuori dal cimitero devono rispondere a tutti i requisiti tecnici
prescritti dal regolamento per le sepolture private esistenti nei cimiteri.
La loro costruzione ed il loro uso sono consentiti soltanto quando siano attorniate per un raggio di metri 200 da fondi di proprietà delle famiglie che ne chiedano la concessione e sui quali gli stessi assumano il vincolo di inalienabilità e di inedificabilità.
La loro costruzione ed il loro uso sono consentiti soltanto quando siano attorniate per un raggio di metri 200 da fondi di proprietà delle famiglie che ne chiedano la concessione e sui quali gli stessi assumano il vincolo di inalienabilità e di inedificabilità.
Il vincolo deve
essere trascritto nella conservatoria dei registri immobiliari, ex art 2658 c.c.
La successiva
perdita delle condizioni di fatto previste regolamento comporta per i titolari
delle concessioni la decadenza dal diritto di uso delle cappelle.
L'autorità comunale ha la vigilanza sulle cappelle private costruite fuori dal cimitero, nonché cimiteri particolari, preesistenti alla data di entrata in vigore del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, ex art. 104, D.P.R. 295/1990.
L'autorità comunale ha la vigilanza sulle cappelle private costruite fuori dal cimitero, nonché cimiteri particolari, preesistenti alla data di entrata in vigore del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, ex art. 104, D.P.R. 295/1990.
Detta vigilanza si
articola in particolare nel momento in cui il concessionario chieda di eseguire
una tumulazione all’interno della cappella.
Per la tumulazione nelle cappelle private oltre l'autorizzazione dell’ufficiale di stato civile occorre, infatti, il nulla osta del Sindaco.
Per la tumulazione nelle cappelle private oltre l'autorizzazione dell’ufficiale di stato civile occorre, infatti, il nulla osta del Sindaco.
Il Sindaco deve
accertare oltre che l’idoneità della cappella a ricevere le nuove inumazioni
anche il diritto al sepolcro ossia deve verificare che il defunto aveva diritto
a ricevere sepoltura nella cappella, ex
art. 102, D.P.R., 295/1990.
I Comuni non possono imporre tasse di concessione per la deposizione di salme nelle cappelle private superiori a quelle previste per le sepolture private esistenti nei cimiteri, ex art. 103, D.P.R. 295/1990.
I Comuni non possono imporre tasse di concessione per la deposizione di salme nelle cappelle private superiori a quelle previste per le sepolture private esistenti nei cimiteri, ex art. 103, D.P.R. 295/1990.
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