“Triton”
Stranamente
le istituzioni preposte finora non hanno preso alcuna
iniziativa.
L’operazione
europea “Triton”, che è partita il 1 novembre 2014, ha sostituito le
missioni attive nel Mediterraneo: sia le altre di Frontex sia quella
nazionale di “Mare Nostrum”. A “Triton” partecipano 29 paesi, ed è stata finanziata dall’Unione europea con 2,9 milioni di
euro al mese: circa due terzi in meno di quanti erano destinati a Mare
Nostrum.
A
differenza di “Mare Nostrum”, inoltre, “Triton” prevede il controllo delle
acque internazionali solamente fino a 30 miglia dalle coste italiane: il suo
scopo principale è il controllo della frontiera e non il soccorso.
Il
problema dell’immigrazione non riguarda solo l’Italia, o la Spagna, o la
Grecia, ma è un problema che riguarda l’Europa intera. Lo sforzo umanitario che
l’Italia ha fatto nel 2014 deve essere condiviso dall’Unione Europea. “Mare
Nostrum” era un impegno notevolissimo, e dobbiamo europeizzarlo. Ma europeizzarlo
non vuol dire fare passi indietro sul fronte dell’impegno umanitario. Ed
europeizzare il problema non vuol dire ridurre la dimensione dell’intervento.
Ci vuole uno sforzo in più da parte dei 28.
Il
problema della Libia da dove partono il 90% degli immigrati non viene così
risolto!
La
stampa parla di esodo di massa, almeno duecentomila stranieri caricati sui
barconi e mandati verso l’Europa. Persone arrivate in Libia nei mesi scorsi con
la prospettiva di imbarcarsi e adesso ammassate nei porti per costringerle a
partire proprio nel tentativo di creare una situazione di caos.
Stranamente
le istituzioni preposte finora non hanno preso alcuna
iniziativa.
Sembra che che
l’Italia potrebbe mettere già oggi sul tavolo dei ministri degli Esteri riuniti
in Lussemburgo e del Consiglio europeo un’operazione di polizia internazionale
per mettere sotto controllo le spiagge e i porti della Libia. Un contingente
militare autorizzato dall’Unione Europea - possibilmente anche dalle Nazioni
Unite - per fermare l’attività
criminale degli scafisti e così cercare di stroncare il traffico di esseri
umani.
Comunque visto che ci sono stati molti interventi
militari, deliberati dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU per intervenire in
quei territori dove ci furono gravi violazioni dei diritti umani. (Bosnia, Somalia,Burundi, ...). Questi interventi sono detti operazioni di
polizia internazionale a tutela dei diritti umani; non si capisce come l'ONU
sia silente .
Forse è paralizzato da veti incrociati di chi sulla
Libia sta giocando un altra partita per il controllo del paese.
Dietro il centinaio e più di milizie attive
nell'immenso territorio libico, ci sono potenze internazionali con interessi
fra loro conflittuali. «Difficile immaginare la costruzione di un'operazione
con una coerenza interna, ma senza coerenza l'intervento rischia di
trasformarsi in un disastro».
Possibili
alleati sono sicuramente i paesi che già intervengono in Libia: soprattutto
l'Egitto, l'Arabia Saudita e gli Emirati arabi uniti, che appoggiano il governo
di Tobruk riconosciuto dall'Onu e guidato da Abdullah al-Thani.
Al governo di Tobruk risponde l’esercito regolare, che
gli è rimasto fedele e ha nominato a capo delle forze armate il generale
Khalifa Haftar, uomo vicino agli
Stati Uniti e all’Egitto dei militari.
A Bengasi,
invece, città protagonista della resistenza a Gheddafi, hanno preso il potere
gruppi jihadisti salafiti che si rifanno alla Rivoluzione del 2011 e che si
riconoscono in Ansar Al Sharia, una milizia islamica che si è formata durante
la guerra civile libica e che punta all’imposizione della Sharia nel Paese.
A Derna,
che si trova a metà strada tra Bengasi e Tobruk, uomini armati hanno
defezionato da una corrente islamista che si era imposta in città a ottobre
2014 e hanno giurato fedeltà allo Stato Islamico. Dopo aver istituito un
avamposto del Califfato stanno ora espandendosi fino a Sirte, non lontano da
Misurata e Tripoli, verso le quali starebbero puntando. Questa la situazione ad
oggi.
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