CAss. Pen. Sentenza 10 febbraio – 23 marzo 2015, n. 12520Ritenuto
in fatto
1. Con ordinanza del 10.12.2014 il Tribunale di
Cagliari ha disposto nei confronti di quest’ultimo la custodia in carcere,
aderendo alla qualificazione giuridica proposta dall’accusa di sussistenza di
plurimi episodi di concussione da parte del predetto insegnante di matematica ai
danni di sue allieve, costrette a prestazioni di natura sessuale contestate nei
capi B), E), G), I), M) sub art. 609 bis e quater cod. pen.,
2. Avverso la ordinanza propone ricorso per cassazione
il difensore del M. deducendo inosservanza delle norme processuali e di altre
norme giuridiche e mancanza ed illogicità manifesta e/o carenza di motivazione
in relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pena mancando quella necessaria
esposizione delle specifiche esigenze cautelare e, in particolare, il pericolo
di recidivanza, il pericolo di fuga e quello di inquinamento probatorio,
ritenuti sussistenti in base a mere congetture e , comunque, apoditticamente,
risultando provato in atti che dagli episodi contestati e risalenti al 2006 il
ricorrente non aveva più avuto approccio diverso con gli alunni. Mancherebbe,
quindi, il necessario apprezzamento della esclusiva adeguatezza della misura
carceraria imposta.
Considerato in diritto
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
2. Ritiene la Corte che è ineccepibile il giudizio espresso dal Tribunale adito che del tutto correttamente ha applicato il più autorevole e recente arresto del massimo organo di nomofilachia secondo il quale il delitto di concussione, di cui all’art. 317 cod. pen. nel testo modificato dalla l. n. 190 del 2012, è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno “contra ius” da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all’alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita
2. Ritiene la Corte che è ineccepibile il giudizio espresso dal Tribunale adito che del tutto correttamente ha applicato il più autorevole e recente arresto del massimo organo di nomofilachia secondo il quale il delitto di concussione, di cui all’art. 317 cod. pen. nel testo modificato dalla l. n. 190 del 2012, è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno “contra ius” da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all’alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita
si distingue
dal delitto di induzione indebita,
previsto dall’art. 319 quater cod. pen. introdotto dalla medesima l. n. 190, la
cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno (sempre che
quest’ultimo non si risolva in un’induzione in errore), di pressione morale con
più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del
destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col
prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché
motivata dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che
giustifica la previsione di una sanzione a suo carico.(Sez. U, n. 12228 del
24/10/2013, Maldera e altri, Rv. 258470).
In motivazione, la Corte ha precisato che, nei casi
ambigui, l’indicato criterio distintivo del danno antigiuridico e del vantaggio
indebito va utilizzato, all’esito di un’approfondita ed equilibrata valutazione
del fatto, cogliendo di quest’ultimo i dati più qualificanti idonei a
contraddistinguere la vicenda concreta. In particolare, ha spiegato la Corte, «
non mancano casi in cui, per assicurare la corretta qualificazione giuridica
del fatto come concussione piuttosto che come induzione indebita, non si può
prescindere dal confronto e dal bilanciamento tra i beni giuridici coinvolti
nel conflitto decisionale: quello oggetto del male prospettato e quello la cui
lesione consegue alla condotta determinata dall’altrui pressione. Può accadere,
infatti, che il privato, nonostante abbia conseguito, prestando acquiescenza
all’indebita richiesta del pubblico agente, un trattamento preferenziale, si
sia venuto sostanzialmente a trovare in uno stato psicologico di vera e propria
costrizione, assimilabile alla coazione morale di cui all’art. 54, comma terzo,
cod. pen., con conseguente decisiva incidenza negativa sulla sua libertà di
autodeterminazione. Il riferimento è a quelle situazioni in cui l’extraneus,
attraverso la prestazione indebita, intende soprattutto preservare un proprio
interesse di rango particolarmente elevato (si pensi al bene vita, posto in
pericolo da una grave patologia); oppure, di fronte ad un messaggio comunque
per lui pregiudizievole e al di là del danno ingiusto o giusto preannunciato,
sacrifica, con la prestazione indebita, un bene strettamente personale di
particolare valore (libertà sessuale), e ciò in spregio a qualsiasi criterio di
proporzionalità, il che finisce con l’escludere lo stesso concetto di vantaggio
indebito.».
2.2. Invero, all’esito di una ampia, analitica ed articolata disamina delle emergenze indiziarie sottostanti ai diversi episodi, il Tribunale ha qualificato i fatti nell’ambito della ipotesi concussiva ritenendo che la volontà delle allieve fu pesantemente coartata oltre che dall’abuso di potere, dall’implicita o esplicita prospettazione che, non aderendo alle pretese di favori sessuali, avrebbero avuto ripercussioni nella vita scolastica e privata, così – senza possibilità di scelta – sacrificando la propria libertà sessuale.
2.2. Invero, all’esito di una ampia, analitica ed articolata disamina delle emergenze indiziarie sottostanti ai diversi episodi, il Tribunale ha qualificato i fatti nell’ambito della ipotesi concussiva ritenendo che la volontà delle allieve fu pesantemente coartata oltre che dall’abuso di potere, dall’implicita o esplicita prospettazione che, non aderendo alle pretese di favori sessuali, avrebbero avuto ripercussioni nella vita scolastica e privata, così – senza possibilità di scelta – sacrificando la propria libertà sessuale.
4. Anche i motivi afferenti al profilo delle esigenze
cautelare ed al giudizio di adeguatezza della misura adottata sono
inammissibili perché generici ed in fatto.
5. Invero, con motivazione del tutto scevra da vizi logici e giuridici, il Tribunale – pur considerando il cospicuo decorso del tempo dai fatti – ha fatto leva sulla gravità dei fatti e sull’attualità del pericolo concreto di reiterazione della condotta con altre violazioni analoghe nonché sul pericolo di inquinamento probatorio. In particolare, ha considerato la natura seriale della sistematica condotta di accerchiamento delle vittime, scelte oculatamente tra quelle non in grado di ribellarsi: l’indagato approfittava della loro condizione di inferiorità psichica per soddisfare la sua concupiscenza ossessivamente presente nel discorrere scolastico quotidiano
5. Invero, con motivazione del tutto scevra da vizi logici e giuridici, il Tribunale – pur considerando il cospicuo decorso del tempo dai fatti – ha fatto leva sulla gravità dei fatti e sull’attualità del pericolo concreto di reiterazione della condotta con altre violazioni analoghe nonché sul pericolo di inquinamento probatorio. In particolare, ha considerato la natura seriale della sistematica condotta di accerchiamento delle vittime, scelte oculatamente tra quelle non in grado di ribellarsi: l’indagato approfittava della loro condizione di inferiorità psichica per soddisfare la sua concupiscenza ossessivamente presente nel discorrere scolastico quotidiano
6. Quanto alla inadeguatezza della misura domiciliare,
la ordinanza ha fatto correttamente leva sulla insensibilità del ricorrente ai
vari procedimenti disciplinari ed alle proteste dei genitori, considerandole
espressione della incapacità di autodisciplina; in uno alla inadeguatezza dello
stesso domicilio per gli strumenti informatici a disposizione, alla tutela
delle esigenze ravvisate nella specie volte alla efficace recisione di ogni possibilità
di contatto con le parti offese e con l’ambiente che l’indagato ha dimostrato
di saper condizionare pesantemente.
P.Q.M.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti
di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Nessun commento:
Posta un commento