Prescrizione dei reati edilizi dopo la legge Cirielli
La legge Cirielli ha portato ad una generale abbreviazione dei
tempi prescrizionali, incidendo negativamente sulla situazione processuale, già
gravata dalla difficoltà di smaltire, in tempi veloci, l’eccessivo carico di
lavoro con l’unica eccezione del cd. illecito “bagatellare” o di minore gravità
in particolare a tutte le contravvenzioni.
Anche per le contravvenzioni, in passato, il termine
prescrizionale era sempre più breve: tre anni per tutte le contravvenzioni
punite con la pena detentiva (sola, congiunta o alternativa a quella
pecuniaria) e addirittura due anni per quelle contravvenzioni punite con la
sola pena dell’ammenda. Per effetto invece della riforma, il limite
prescrizionale sale per tutte le contravvenzioni (comunque punite, anche solo
con la pena pecuniaria) a quattro anni.
Per il principio
costituzionale dell'irretroattività della norma penale sfavorevole di cui
all'art. 25 C., ove le nuove disposizioni abbiano l'effetto di produrre un
incremento dei termini prescrizionali, esse potranno trovare applicazione solo
con riferimento a fatti che si siano realizzati successivamente all'entrata in
vigore della legge stessa. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 393
del 23 novembre 2006, ha dibattuto e deciso sulla questione. Quanto detto
vale esclusivamente per gli aspetti penali del reato di abuso edilizio, in
quanto la violazione amministrativa - e la conseguente applicazione delle
misure repressive previste dalla legge - non è soggetta ad alcun termine.
Come interagisce col calcolo della
prescrizione la sospensione del processo.
L’incremento dei termini
prescrizionali interagisce sul calcolo della prescrizione nei casi di
sospensione del processo.
Un orientamento
giurisprudenziale afferma che una eventuale sospensione del processo concessa
senza che ricorrano le condizioni per l'ottenimento della concessione in
sanatoria ex artt. 44 della L. 47/85 ovvero del condono edilizio ex art. 32
della L. 269/03, deve considerarsi tamquam non esset con conseguente
maturazione del termine prescrizionale dopo la scadenza del termine massimo
quinquennale ex art. 157 cod. pen. (salve eventuali sospensioni disposte per
altra causa).
Detto orientamento ha
trovato ulteriori applicazioni in pronunce della terza Sezione, quali, tra le
tante, la n. 563 del 17 novembre 2005, Martinico, Rv. 233011, secondo cui la
sospensione per reati edilizi prevista dall'art. 44 della L. 47/85 in relazione
alla domanda di condono edilizio presentata ai sensi dell'art. 32 del D.L.
260/03 convertito nella L. 326/03, non può essere disposta in relazione ad
opere non condonabili.
La eventuale sospensione
disposta dal Giudice di appello deve considerarsi inesistente con le ovvie
ricadute in tema di computo dei termini di prescrizione del reato. Su questo
stesso filone interpretativo si colloca altra pronuncia della Sez. 3 n. 9670
del 26.1.2011, Rizzo ed altro, Rv. 949606 con la quale è stato ribadito il
principio della inapplicabilità della sospensione del processo ex art. 159 cod.
pen. in tema di reati edilizi laddove si verta nella ipotesi di opere edilizie
non condonabili.
La Cass. Pen. Ord. Sez. 3, n.
49652 Anno 2015 ritiene invece diverso il criterio informatore cui si ispira la
sospensione del processo in materia di reati urbanistici, la quale - per i casi
regolati dagli artt. 38 e 44 della L. 47/85 e dall'art. 39 della L. 724/94 e
per quelli regolamentati dall'art. 32 della L. 326/03 (assimilabile a quelli
previsti dal menzionato art. 39) - in tanto potrà essere applicata in quanto
l'opera edilizia risulti astrattamente sanabile o condonabile, previa
valutazione preventiva da parte del giudice, ovvero ex post.
Una volta accertato da parte
del giudice, nel corso del processo di merito, che il rilascio della concessione
edilizia è stato negato o non poteva essere disposto, considererà tamquam non
esset la sospensione medio tempore disposta, con inevitabile refluenza sul
corso della prescrizione.
Nel caso, invece, ricadente
sotto il paradigma dell'art. 13 della L. 47/85, trattandosi di sospensione del
processo accordata su richiesta dell'imputato, anche laddove la domanda non
dovesse essere accolta in esito all'iter della procedura azionata dal privato,
la sospensione del processo penale opererebbe sempre e di essa si deve tenere
conto ai fini del computo del termine prescrizionale, proprio perché
conseguente ad una istanza difensiva che prescinde dal giudizio preventivo da
parte del giudice sulla assentibilità dell'opera.
Se così è, si profila un
contrasto interpretativo sulla estensibilità anche alla disciplina prevista dal
combinato disposto degli artt. 13 e 22 della L. 47/85 (oggi artt. 36 e 45 del
D.P.R. 380/01) delle regole riguardanti gli effetti della sospensione del
processo sulla prescrizione laddove si verta in ipotesi disciplinate degli
artt. 44 e 38 della L. 47/85 ovvero dagli artt. 39 della L. 724/94 e 32 della
L. 326/03.
La regola generale secondo
la quale in caso di inaccoglibilità della sanatoria non può ritenersi la
sospensione del procedimento penale (con le ovvie conseguenze con riguardo alla
prescrizione del reato) e ciò indipendentemente dal fatto che il giudice abbia
disposto o negato la sospensione del procedimento, dovendosi nel primo caso
ritenere la sospensione inesistente", varrebbe anche per quei casi nei
quali le istanze di rinvio presentate dall'imputato (o dal difensore) rivolte
ad ottenere la sospensione del processo in attesa del rilascio del
provvedimento amministrativo ai sensi dell'art. 13 della L. 47/85 (oggi 36
D.P.R. 380/01), siano state accolte dal giudice. In tal caso, invece, dovrebbe
trovare applicazione in tale ultima ipotesi il disposto di cui all'art. 159
comma 1 par. 3) del cod. pen. che àncora la sospensione del processo ad
apposita istanza difensiva.
Per la sez. 3 pen. appare quindi
necessario un intervento risolutore della Suprema Corte al fine di indicare se
il periodo di sospensione per reati edilizi, disposta dal giudice a seguito di
presentazione della istanza di concessione in sanatoria ai sensi dell'art. 13
della L. 47/85 (oggi art. 36 del D.P.R. 380/01) per opere originariamente o
successivamente non assentibili sia assoggettato, o meno, all'identico regime
previsto per le sospensioni disposte dal giudice in relazione ad istanze avanzate
dal privato in via amministrativa dirette ad ottenere la sanatoria ex art. 44
della L. 47/85, ovvero ex art. 38 della stessa legge, ovvero ancora in
relazione ad istanze avanzate ai sensi dell'art. 39 della L. 724/94 ovvero ai
sensi dell'art. 32 del D.L. 269/03, convertito nella L. 326/03, per opere
originariamente o successivamente non condonabili.
A tal fine la sez. 3 pen.ha richiesto alle Sez. Un. di
verificare se il periodo di sospensione disposto dal giudice nelle ipotesi di
presentazione di istanza per la concessione in sanatoria ai sensi dell'art. 13
della L. 47/85 debba, o meno, essere considerato in tutto o in parte ai fini
del computo dei termini di prescrizione del reato edilizio, e se, in caso di
successive istanze di rinvio del processo dinnanzi al giudice penale ed
all'esito negativo della domanda amministrativa di rilascio della concessione
edilizia in sanatoria, si applichino, o meno, le disposizioni previste
dall'art. 159 comma 10 par. 3) del codice penale per effetto di richieste di rinvio
su istanze del privato.
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