Poiché è una notizia locale, la stampa nazionale ne parla?
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RAVENNA. A due settimane dal referendum che deciderà il futuro delle estrazioni entro le 12 miglia dalla costa, la maggioranza sorprende tutti e, nonostante Pd e Pri abbiano più volte sostenuto il proprio “no” convinto al voto del 17 aprile, ora si appellano direttamente a Eni per salvare Lido di Dante e Lido Adriano dalla subsidenza: «Spegnete l’Angela Angelina prima della fine della sua concessione». Passa in Consiglio comunale l’ordine del giorno ideato da Sel (dalla consigliera Ilaria Morigi) e condiviso anche da Pd e Repubblicani perché si avvii con Eni un nuovo confronto sulla «totale cessazione del punto di estrazione con netto anticipo rispetto alla scadenza della concessione» e il «trasferimento delle royalty alla tutela della costa». Sorpresa l’opposizione che vede il documento contraddittorio rispetto alle dichiarazioni di voto sul referendum. Corriereromagna .it
Il voto del Consiglio comunale di Ravenna che chiede all’Eni di chiudere la piattaforma offshore Angela Angelina prima della scadenza della sua concessione è «Il primo segnale importante di come non si possa più ignorare i veri impatti di queste attività» e «conferma l’importanza della vittoria del Sì al referendum del 17 aprile, per dare un termine certo alle attività estrattive in corso».
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RAVENNA. A due settimane dal referendum che deciderà il futuro delle estrazioni entro le 12 miglia dalla costa, la maggioranza sorprende tutti e, nonostante Pd e Pri abbiano più volte sostenuto il proprio “no” convinto al voto del 17 aprile, ora si appellano direttamente a Eni per salvare Lido di Dante e Lido Adriano dalla subsidenza: «Spegnete l’Angela Angelina prima della fine della sua concessione». Passa in Consiglio comunale l’ordine del giorno ideato da Sel (dalla consigliera Ilaria Morigi) e condiviso anche da Pd e Repubblicani perché si avvii con Eni un nuovo confronto sulla «totale cessazione del punto di estrazione con netto anticipo rispetto alla scadenza della concessione» e il «trasferimento delle royalty alla tutela della costa». Sorpresa l’opposizione che vede il documento contraddittorio rispetto alle dichiarazioni di voto sul referendum. Corriereromagna .it
Il voto del Consiglio comunale di Ravenna che chiede all’Eni di chiudere la piattaforma offshore Angela Angelina prima della scadenza della sua concessione è «Il primo segnale importante di come non si possa più ignorare i veri impatti di queste attività» e «conferma l’importanza della vittoria del Sì al referendum del 17 aprile, per dare un termine certo alle attività estrattive in corso».
Angela Angelina è la piattaforma più vicina alla costa tra
le 47 attive in Emilia Romagna per l’estrazione di gas entro le 12 miglia, ed
opera a soli 2 km dalle spiagge di Lido di Dante, nella concessione Eni A.C
27.EA attiva dal 1975, 4 pozzi collegati con una produzione totale di gas nel
2015 di 298.892.248 Smc e che sarebbe dovuta arrivare a scadenza naturale l’1
gennaio 2027. Un’attività che ha causato un abbassamento del territorio di Lido
di Dante, dovuto al fenomeno della subsidenza.
Quello del Consiglio comunale di Ravenna è un voto ancora
più significativo perché viene da una maggioranza PD-Repubblicani che è
ufficialmente schierata per il no/astensione al Referendum del 17 Aprile, ma
poi vota la mozione anti-piattaforme e subsidenza proposta dalla consigliera
comunale Ilaria Morigi di Sel perché si avvii con Eni un nuovo
confronto sulla «totale cessazione del punto di estrazione con netto anticipo
rispetto alla scadenza della concessione» e il «trasferimento delle royalty
alla tutela della costa». Un voto che ha sorpreso il resto dell’opposizione che
alla fine ha votato contro perché, come ha spiegato il consigliere 5Stelle
Pietro Vandini, «Condividiamo parte di questo documento, ma come fate a
sostenere l’astensione dal referendum e al contempo lo spegnimento dell’Angela
Angelina?»
Come fa notare Corriere Romagna.it, «Il primo a parlare
dell’opportunità di chiedere a Eni il ripensamento sull’Angela Angelina, la
trivella che si erge a nemmeno tre chilometri dalla battigia di Lido di Dante,
era stato a ottobre scorso l’assessore Enrico Liverani, scomparso dopo poco. Il
tema fu ripreso durante il confronto sul protocollo Eni per l’iniezione di
acqua nei pozzi di prelievo, ma per essere in realtà accantonato poco dopo: in
quella sede fu il successore di Liverani alla subsidenza, Libero Asioli, a
chiarire come chiedere lo smantellamento della piattaforma fosse impossibile
prima della scadenza della sua concessione, fissata per il 2027. Da allora, non
è passato nemmeno un mese, ma la maggioranza ci ha ripensato».“
La Morigi è naturalmente soddisfatta di questo clamoroso
dietrofront PD-PRI che ha evidenziato con la sua mozione: «Serve impegnarsi per
puntare a un sistema di monitoraggio che sia trasparente e la cui guida sia
affidata ad Arpa, a una riorganizzazione con una predisposizione entro la fine
di dicembre di modalità estrattive che evitino la subsidenza, e al superamento
dei punti di estrazione vicino alla costa quindi proprio l’Angela Angelina,
della quale si deve prevedere la totale cessazione con netto anticipo rispetto
alla scadenza della concessione. Si punti al completo trasferimento delle royalty previste
a favore della regione che, in aggiunta ai contributi compensativi volontari,
potranno essere usati per la tutela della costa. Si punti a una conversione
all’energia verde».
Legambiente Emilia Romagna ricorda che la velocità di
abbassamento della costa «è aumentata sensibilmente a seguito della
riperforazione del pozzo, iniziata nel 1998: se il fenomeno della subsidenza
era quantificabile in 12mm/anno fino al 1999, negli anni successivi dal 1999 al
2015 si è passati alla media di 19 mm/anno. Nella zona dell’Alto Adriatico
infatti è il fenomeno della subsidenza, cioè l’abbassamento lento del suolo, il
problema più rilevante per l’economia del territorio, basta su bellezze
naturali e turismo. L’estrazione di gas sotto costa, anche se non è l’unica
causa di tale fenomeno, resta la principale causa antropica di perdita di
volume del sedimento nel sottosuolo, con l’effetto dell’abbassamento della
superfice topografica. I dati dei monitoraggi Arpa evidenziano come le
conseguenze più rilevanti si registrano in particolare sulla fascia costiera
dell’Emilia Romagna che negli ultimi 55 anni si è abbassata di 70 cm a Rimini e
di oltre un metro da Cesenatico al delta del Po».
Secondo alcuni studi, l’abbassamento di 1 centimetro
all’anno comporta, nello stesso periodo, una perdita di un milione di metri
cubi di sabbia sui 100 km di costa e gli ambientalisti fanno i calcoli:
«Assegnando alla sabbia utilizzata per il ripascimento delle spiagge il costo di
10€/m3, ogni anno andrebbero spesi 13 milioni di euro per rimpiazzare la sabbia
persa. Nella fascia costiera, tra il 1950 e il 2005 tra Rimini e il delta
del Po, per via dell’abbassamento di circa 1 metro, sono andati perduti circa
100.000.000 m3 di sabbia, con un danno stimato di 1 miliardo di euro, contro i
7,5 milioni di euro all’anno ottenuti come Royalties dalle compagnie
petrolifere. Non vi è quindi alcun dubbio che il costo per la collettività
causato dalle estrazioni sotto costa, sia di gran lunga maggiore del vantaggio
che ne deriva».
Lorenzo Frattini, Presidente Legambiente Emilia Romagna,
conclude: «Da Anni Legambiente e cittadini sottolineano i danni
dell’attività estrattiva sotto costa. Finalmente, con un referendum alle porte,
sembra che anche l’amministrazione di Ravenna si sia decisa ad aprire gli
occhi. Raggiungere il quorum e la vittoria del Sì al referendum del 17
aprile è un segnale fondamentale per indicare una strada nuova e positiva per i
territori, dando una scadenza certa all’estrazione delle limitatissime
risorse di gas presenti nei fondali della nostra regione, contro lo spreco di
denaro pubblico oltre che per mettere fine ai danni agli ecosistemi ed alle
attività economiche legate al turismo, prodotti dalle
trivellazioni; trivelle che arricchiscono poche grandi compagnie,
scaricando i costi su tutti i cittadini».
http://www.greenreport.it/
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