1 Il silenzio assenso.
In
ipotesi tassativamente previste, il silenzio dell’amministrazione sulla domanda
del richiedente acquista, nella dizione del legislatore, effetti positivi.
Non
si tratta di un rito dimezzato a cognizione ridotta rispetto al rito ordinario
a cognizione completa.
L’amministrazione
opera nel pieno dell’esercizio della propria discrezionalità poiché il
controllo non è di mera legittimità come nella scia.
E’
solo la particolarità della materia che fa ritenere che l’accertamento amministrativo
possa concludersi secondo criteri che non richiedono la partecipazione dei
contro interessati ovvero che il provvedimento non abbisogna di particolari
prescrizioni (Perfetti L. R., Corso di diritto amministrativo, 2006, 277).
L'art. 20 della l.
241/1990 recepisce un’esigenza rivoluzionaria in quanto sembra capovolgere la
normativa precedente che ipotizza il silenzio assenso come istituto previsto
dalla legislazione speciale. L’istituto risponde al principio che tende a
liberalizzare l’attività dei privati e a migliorare i rapporti tra cittadini e
p.a. (Sempreviva M.T., L’accesso ai documenti amministrativi, in
Caringella F. (a cura di) Corso di diritto amministrativo 2004, 1361).
La
norma quadro stabilisce al contrario l’assoluta normalizzazione dell’ipotesi
del silenzio assenso, quasi a corollario del principio - sancito dall’art. 2
della l. 241/1990 - della obbligatorietà del provvedimento amministrativo.
La
carenza di provvedimento appare un’ipotesi anormale di disfunzione
amministrativa cui appunto il silenzio assenso cerca di porre rimedio, mettendo
l’amministrazione nella necessità di intervenire, quanto meno in via
repressiva, se essa non vuole che sia realizzata una attività illegittima.
Per
giungere a tali risultati la norma capovolge le regole dell’azione
amministrativa dando effetti costitutivi all’atto stesso prodotto dal
richiedente ed attribuendo all’amministrazione solo i poteri di autotutela.
Nel
silenzio-assenso, la tecnica di produzione dell’effetto giuridico è diversa da
quella tipica del provvedimento amministrativo: l’effetto non consegue
all’esercizio di un potere attribuito da una norma, ma al verificarsi di un
fatto (consistente nel mancato esercizio di un potere).D’altra parte, le
conseguenze che la norma ricollega al verificarsi di questo fatto sono gli
effetti del corrispondente provvedimento amministrativo (Cassese S. (a cura di), Diritto
amministrativo generale, 2000, 803).
2 L’attuazione del silenzio assenso a mezzo regolamento.
Il
vecchio testo dell’art. 20, l. 241/1990, ora abrogato dalla l. 80/2005, stabiliva la necessità di un apposito
regolamento governativo in base al quale si possano individuare i casi in cui,
qualora l’amministrazione non si pronunci entro un termine stabilito, la
richiesta di rilascio del provvedimento autorizzatorio presentata dal privato
debba considerarsi accolta:
Tale
regolamento è stato emanato col d.p.r. 26.4.1992, n. 300 che, oltre a prevedere
le ipotesi in cui si ritiene formato il silenzio-assenso - ex art. 20, l. 7.8.1990, n. 241 - ha inoltre individuato i casi in
cui, in seguito a denuncia di inizio presentata all’autorità competente, si può
intraprendere un’attività subordinata ad autorizzazione - art. 19 della l.
241/1990.
Il
regolamento, infatti, reca tre allegati che suddividono gli effetti dei
procedimenti in questione secondo tre categorie individuate dal legislatore.
Tale schematizzazione risponde ad esigenze di un ipotetico minore controllo cui
corrisponde un consenso che si produce in presenza della denuncia di attività -
immediatamente o dopo un termine stabilito di volta in volta dal legislatore -
ovvero attraverso la formazione di un silenzio assenso.
Sono
elencate nella tabella A le attività alle quali può darsi inizio immediatamente
dopo la presentazione della denuncia. Sono elencate nella tabella B le attività
cui può darsi inizio una volta decorso il termine indicato dalla medesima
tabella per ciascun tipo di attività. Sono elencate nella tabella C le attività
al cui svolgimento si applica il silenzio-assenso ai sensi dell'art. 20, comma
1, della legge, ex art. 2, 3° co.,
d.p.r. 26.4.1992, n. 300.
Il
d.p.r. 9.5.1994, n. 407 ha modificato parzialmente il d.p.r. 300 del 1992,
introducendo, in base ai dettami dell’art. 20 della l. 241/1990, nuove
attività, ed eliminando, invece, alcune di quelle già previste (Galli R.
Corso
di diritto amministrativo,
1996, 493).
3 Il nuovo regime del silenzio assenso introdotto dalla l. 80/2005.
L’art.
3, 6° ter co., l. 80/2005, innova l’istituto del silenzio assenso in
relazione al disposto dell’art. 117, 2° co., lett. g), cost.
La costituzione
attribuisce alla legislazione esclusiva dello Stato l’ordinamento e
l’organizzazione amministrativa dello Stato la regolamentazione del
procedimento.
La
norma è da intendersi limitata ai soli procedimenti gestiti da amministrazioni
statali e da enti pubblici nazionali.
La
dottrina ritiene a questo effetto fondamentale il rinvio all'art. 2, l.
241/1990, e l’esame dei casi di esclusione e dalla prevista possibilità di
individuarne altri con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Viene
abbandonato il sistema precedente basato sul principio della tassatività delle
ipotesi soggette a detto procedimento, senza peraltro comportare alcuna
abrogazione espressa delle normative regolamentari vigenti.
Essa segnala tra gli aspetti di maggiore novità
introdotti dalla l. n. 80 del 2005 il ribaltamento del principio fino ad allora
vigente e già illustrato, secondo il quale il silenzio su un'istanza, salvo previsioni
in senso sostanziale, vale come rifiuto di provvedere. (Parisio V., Il silenzio
della pubblica amministrazione tra prospettive attizie e fattuali, alla luce
delle novità introdotte dalla l. 11 febbraio 2005 n. 15 e dalla l. 14 maggio
2005 n. 80, in Foro amm. TAR , 2006, 7-8, 2798).
La giurisprudenza ritiene che la l. n. 80 del 2005, che ha
riformato l'art. 20, l. n. 241 del 1990, in quanto finalizzata alla
semplificazione dell'attività amministrativa, è da qualificare come norma
fondamentale di riforma economico-sociale. Essa prevale sulla disciplina
settoriale di carattere regionale anche avente natura di fonte normativa
esclusiva. Conseguentemente, va ritenuta applicabile anche in Sicilia la
disciplina dell'art. 20, l. 241/1990, in ordine alla formazione del
silenzio-assenso. (T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 26.10.2009,
n. 1716).
La
fattispecie del silenzio assenso è caratterizzata, salve le materie oggetto di
espressa esclusione, da due elementi costitutivi che consistono nella mancata
comunicazione nei termini di legge del provvedimento negativo e nella mancata
convocazione della conferenza di servizi (Forlenza O., Difensore civico,
tutela alternativa al giudice, in Guida Dir., 2005, 139).
La norma precisa che nei procedimenti ad istanza
di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio
dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della
domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima
amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di trenta giorni o in
quello fissato dai regolamenti, il provvedimento di diniego, ovvero non procede
ad indire una conferenza di servizi.
La giurisprudenza conferma che è ormai
prevista la formazione del silenzio assenso in via generalizzata sulle domande
dei privati tendenti ad ottenere il rilascio di autorizzazioni al compimento di
attività private, tra cui è da ricomprendere l'esercizio dell'attività di
vendita e somministrazione di alimenti e bevande. (T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 26 .10. 2009, n. 1716).
Il meccanismo che è sotteso a tale
istituto prevede, com'è noto, che la presentazione da parte del privato di
un'istanza alla pubblica amministrazione , ove non seguita entro un termine
prestabilito dall'adozione da parte di quest'ultima di un provvedimento
espresso, si converta in un assenso all'istanza medesima.
La generale applicazione del silenzio-assenso introdotta con la
novella della l. 80/2005 ha radicalmente capovolto la prospettiva risultante
dal quadro normativo precedente nel quale si era demandato ad un atto di
normazione secondaria la individuazione delle fattispecie alle quali applicare
il meccanismo di semplificazione amministrativa di cui si tratta.
Nelle ipotesi non espressamente previste, il privato che aspiri ad
un provvedimento esplicito, a fronte dell'inerzia dell'amministrazione,
conserva la possibilità di proporre ricorso avverso il c.d. silenzio-rifiuto (o
silenzio-inadempimento).
Se dunque, dapprima, il meccanismo di cui all'art. 20, l.
241/1990, poteva essere considerato
un'eccezione al principio della conclusione del procedimento mediante
provvedimento espresso ed era ammesso solo in ipotesi tassativamente
determinate, ora con la l. 80/2005, esso diviene una regola generale, mentre
sono divenute tassative le eccezioni a tale regola.
Tale sovvertimento di prospettiva, in forza del quale il
comportamento omissivo della p.a. viene equiparato all'atto di accoglimento
dell'istanza del privato, si inferisce agevolmente dalla piana lettura del
novellato art. 20 della legge n. 241/90, che prevede l'applicazione del silenzio
- assenso nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti
amministrativi
Il riferimento alla macrocategoria del provvedimento
amministrativo appare comprensivo di tutti gli atti di natura autorizzatoria,
con la sola esclusione di quelle fattispecie relative a beni sottoposti al
vincolo storico-artistico e al vincolo paesaggistico, all'adempimento di
obblighi internazionali e alla tutela di interessi pubblici fondamentali,
legati all'igiene, all'incolumità ed alla sicurezza pubblica (T.A.R. Veneto Venezia, sez. III, 11.3.2009,
n. 596).
4 Le materie escluse dal procedimento di silenzio assenso
Il
legislatore contempla alcune materie che sono escluse dal procedimento di
silenzio assenso e per le quali è previsto come obbligatorio il provvedimento
espresso.
Le
disposizioni del art. 20, l. 241/1990, non si applicano agli atti e procedimenti
riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa
nazionale, la pubblica sicurezza e l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la
salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone
l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge
qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché
agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio
dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto
con i ministri competenti. Si applicano gli artt. 2, 4° co., e 10 bis, ex art. 20, l. 7.8.1990, n. 241, art. 9, 3° co.,
l. 69/2009.
La giurisprudenza precisa che l'istituto del silenzio-assenso non si applica agli atti e ai procedimenti riguardanti, tra l'altro, la pubblica
sicurezza, quale quello oggetto di impugnativa nel caso di specie, in cui è
fatta applicazione delle disposizioni del t.u.l.p.s. (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 23.2.2009,
n. 1014).
La
generalizzazione dell’ipotesi del silenzio assenso contraddice a quanto
affermato dalla giurisprudenza che ritiene come il giudice amministrativo possa
analizzare autonomamente i requisiti costitutivi della fattispecie che devono
essere quindi essere necessariamente tipiche.
5 Il diniego nel procedimento del silenzio assenso.
L'amministrazione,
che intenda contestare l’attività prevista dalla denuncia ed escludere il
perfezionarsi del silenzio assenso, non ha altra scelta e possibilità se non
quella di intervenire con un diniego espresso e motivato nei termini perentori
espressi dalla norma.
In
caso contrario si forma il provvedimento tacito di approvazione.
I
termini fissati dalla legislazione speciale per materializzare il silenzio
assenso hanno natura perentoria.
La
scadenza del termine ha natura sostanziale perché perfeziona la realizzazione
di un atto amministrativo che ha i contenuti che necessariamente fanno rinvio per
relationem a quanto emerge dall’istanza del richiedente.
L’approvazione
consente di dare attuazione al provvedimento. La dottrina rileva che maturato
il provvedimento tacito volto a dare udienza all’istanza privata, la p.a.
consuma automaticamente il potere di provvedere, in senso positivo come in
senso negativo, in ordine alla stessa.
La p.a. conserva, per converso, la sola
possibilità di attivarsi in sede di autotutela con atto di annullamento del
silenzio illegittimamente formatosi ovvero con provvedimento di revoca (Sempreviva
M.T., L’accesso ai documenti amministrativi, in Caringella F. (a cura
di) Corso di diritto amministrativo, 2004, 1365).
Il conseguimento di un provvedimento
favorevole da parte del privato, formatosi a seguito di silenzio-assenso, non esclude
che la pubblica amministrazione. possa disporre, in via di autotutela
l'annullamento postumo di quanto tacitamente assentito, ma è illegittimo il
provvedimento che non abbia né la forma, né la sostanza di un atto di
autotutela, atteggiandosi a mero diniego tardivo. (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 20 marzo 2009, n. 544).
6 Il silenzio assenso sulla domanda di condono.
L'art. 35, 12°
co., l. 47/1985 sul condono edilizio
disciplina un’ipotesi di silenzio assenso (Centofanti N., Diritto a
costruire. Programmazione urbanistica. Espropriazione, 2010, 1186).
Il
decorrere del termine di 24 mesi dalla presentazione dell'istanza di condono
per opere oggettivamente sanabili – aventi cioè i requisiti previsti dalla
legge - ha come effetto che il silenzio dell'amministrazione equivale ad
accoglimento.
La giurisprudenza ha precisato che il silenzio-assenso non si forma
per il solo fatto dell'inutile decorso del termine indicato da tale norma
(ventiquattro mesi dalla presentazione dell'istanza) e del pagamento
dell'oblazione, senza alcuna risposta del comune, ma occorre altresì la prova
della ricorrenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dagli art. 31
ss., l. n. 47/1985, cui è subordinata l'ammissibilità del condono. Nella
specie, pur essendo decorso il termine di ventiquattro mesi dalla presentazione
dell'istanza di condono, è stato ritenuto legittimo il diniego della stessa
sul presupposto che le opere realizzate avevano comportato modifiche di
carattere sostanziale del manufatto, dando luogo ad una entità edilizia ben
diversa da quella rappresentata nell'istanza medesima (T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 23 febbraio 2010, n. 137).
Nel
caso di opere in aree vincolate è necessario il parere dell’autorità preposta
al vincolo stesso.
In
caso di parere negativo il silenzio non può mai formarsi. La giurisprudenza ha
stabilito che il rilascio della concessione in sanatoria per abusi realizzati
su aree soggette a vincolo paesaggistico presuppone in ogni caso il parere
favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, in virtù del
combinato disposto degli art. 32, 1° co., e art. 35, l. n. 47 del 1985, e che
ciò vale anche nel caso di condono tacito.
Il
silenzio assenso si forma (decorsi ventiquattro mesi dall'emissione del parere
dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo) solo in caso di parere
favorevole, e non anche in caso di parere negativo, sicché l'eventuale inerzia
dell'Amministrazione non può far conseguire agli interessati un risultato che
gli stessi non potrebbero mai ottenere col provvedimento espresso (T.A.R.
Campania Napoli, sez. IV, 1.12.2004, n. 17812).
Si
forma in capo al richiedente un diritto soggettivo perfetto accertabile in sede
di giurisdizione amministrativa che ha competenza esclusiva in tema di permesso
di costruire.
Il
pagamento delle somme dovute, una volta determinata in via definitiva
l'oblazione, è condizione di efficacia per la formazione del silenzio assenso
la cui validità è connessa invece al fatto che l'opera sia oggettivamente condonabile.
Il
comune ha, comunque, il diritto di richiedere i conguagli anche dopo la
formazione del silenzio assenso.
L'intervenuta formazione del silenzio assenso sulle
istanze di sanatoria, presentate ex
l. 28.2.1985, n. 47, se produce l'effetto di impedire alla p.a. di adottare un
provvedimento esplicito di diniego.
Per la giurisprudenza'eventuale provvedimento espresso
di diniego di condono edilizio che intervenga successivamente alla
formazione del silenzio-assenso, previsto dall'art. 35 l. n. 47 del 1985, è
illegittimo, considerato che il potere sindacale di provvedere sulla domanda si
è consumato; residua, comunque, in capo all'ente pubblico, la potestà di
autotutela, da attuarsi con provvedimento di annullamento, qualora siano
ravvisabili nella concessione tacita profili di illegittimità. (T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 8 maggio 2009, n. 2476).
Il
decorso del tempo non impedisce alla p.a. di richiedere le somme eventualmente
dovute a titolo di conguaglio di oblazione e oneri concessori, poiché risulta
pacificamente ammesso che la stessa possa, anche successivamente al rilascio
del provvedimento concessorio, correggere o determinare l'importo dovuto a
titolo di oneri concessori od oblazione, purché detta correzione avvenga entro
i rispettivi termini di prescrizione (T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 5.6.2004, n. 3394).
L'accertamento
dell'avvenuta formazione del silenzio accoglimento è affidato alla giustizia
amministrativa che rileva la ricorrenza dei presupposti di fatto cui la legge
condiziona la legittimità di un provvedimento formatosi per silenzio, in quanto
non è configurabile un eccesso di potere giurisdizionale, sotto il profilo
dello sconfinamento nei poteri di merito riservati alla p.a., né un sindacato
sull'opportunità o convenienza delle sue scelte (Cass. Civ., sez. un., 1.8.1994, n. 7148).
La
giurisprudenza riconosce il risarcimento del danno nel caso in cui la p.a.
abbia opposto un diniego avverso un'istanza di condono edilizio, e detto
diniego sia stato ritenuto illegittimo ed annullato in sede giurisdizionale con
sentenza passata in giudicato per la pregressa formazione del
silenzio-accoglimento sull'istanza prodotta ex
art. 35, l. n. 47 del 1985.
Qualora
a seguito della decisione di annullamento sia stata rilasciata la concessione
in sanatoria, può essere accolta la domanda di risarcimento del danno per
lesione del correlato interesse legittimo pretensivo, successivamente avanzata
in via pura ed autonoma innanzi al giudice amministrativo dal beneficiario del
titolo in sanatoria, finalizzata ad ottenere il ristoro della perdita di
utilità conseguente alla mancata utilizzazione dell'immobile sanato e dei
maggiori costi sostenuti per l'ultimazione dello stesso (T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 26.7.2004, n. 3472).
7 Il silenzio assenso su domanda di licenza di agibilità.
Il
certificato di agibilità è destinato ad accertare la sicurezza, l’igiene, la
salubrità, il risparmio energetico dell’immobile rispetto alle specifiche
destinazioni d’uso di tutti i fabbricati siano essi residenziali, commerciali o
industriali, ex art. 24, d.p.r.
6.6.2001, n. 380.
Il
procedimento amministrativo, che sfocia nel provvedimento autorizzatorio, tende
a verificare la presenza di detti requisiti, come definiti dalla legislazione
vigente.
L'ispezione
dei locali per il rilascio dell'abitabilità, oltre a dover essere accurata,
deve sfociare in un verbale che analiticamente dia conto della situazione e
delle carenze igieniche riscontrate in relazione alla natura dell'immobile,
all'epoca di realizzazione, alla situazione complessiva del fabbricato entro il
quale le singole unità ispezionate si collocano: il tutto puntualmente riferito
alla destinazione di ciascun locale (T.A.R. Liguria, sez. I, 25.9.2004, n.
1473).
Il
certificato non accerta, quindi, la rispondenza della costruzione alla
normativa urbanistica; conseguentemente il suo rilascio non implica alcun provvedimento
implicito di sanatoria sotto il profilo urbanistico.
In
conformità a quanto stabilito dagli artt. 107 e 109 del d.lgs. 267/2000 il
certificato di agibilità è rilasciato dal dirigente di servizio o dal
responsabile del competente ufficio comunale.
Il
provvedimento è impugnabile davanti alla giustizia amministrativa (Centofanti
N., Diritto a costruire. Programmazione urbanistica. Espropriazione,
2010 1102).
Il
provvedimento amministrativo viene variamente configurato come una
abilitazione, in quanto presuppone una valutazione tecnica di idoneità, ovvero
come una autorizzazione amministrativa.
La
natura di autorizzazione appare conforme alla struttura dell'istituto che è
quella di consentire l'esercizio di un diritto preesistente - ossia potere utilizzare
la costruzione - valutando che siano rispettate le esigenze di tutela
dell'igiene.
Le
implicazioni sono importanti poiché chi ritiene autorizzatoria la natura della
licenza ne restringe la portata alla tutela sanitaria e alla sicurezza; essa,
pertanto, non può essere negata per motivi urbanistici .
L'immobile
diventa oggetto delle normali misure sanzionatorie urbanistiche.
Chi
ritiene che il provvedimento abbia effetti abilitativi è portato ad estendere
il contenuto del provvedimento all'esame urbanistico dell'immobile.
Tale
soluzione è accolta dalla norma che prevede la presentazione di dichiarazione
di conformità al progetto in sede di domanda di rilascio del certificato, ex art. 25, d.p.r. 6.6.2001, n. 380.
Viene
così esercitato un controllo urbanistico attraverso un atto che, sia pure
rapportato a parametri igienico sanitari, è condizionato al rispetto delle
norme urbanistiche e all’imparzialità dell’azione amministrativa.
Il
procedimento di rilascio del certificato di agibilità è disciplinato dall’art.
25, d.p.r. 6.6.2001, n. 380.
Tale
atto deve essere richiesto allo sportello unico per l’edilizia entro quindici
giorni dall’ultimazione dei lavori, allegando obbligatoriamente:
a) la
richiesta di accatastamento dell’immobile, da presentare a cura dello sportello
agli uffici catastali;
b) la
dichiarazione del richiedente che deve certificare sotto la sua responsabilità
la conformità dei lavori al progetto approvato e l’avvenuta prosciugatura dei
muri e la salubrità degli ambienti;
c) la
dichiarazione dell’impresa installatrice che attesta la conformità degli
impianti alle norme di legge.
Il
responsabile del procedimento rilascia il certificato entro trenta giorni dalla
ricezione della domanda, potendo peraltro disporre un’ispezione da parte degli
uffici comunali che verifichi l’esistenza dei requisiti richiesti.
In
caso di silenzio dell’amministrazione, trascorsi 30 giorni dalla data di
presentazione della domanda, qualora sia intervenuto il parere della Azienda
sanitaria locale circa la conformità dell’intervento edilizio alle prescrizioni
igienico sanitarie, l’abitabilità si intende attestata.
Un
più lungo termine di sessanta giorni è previsto, invece, per la formazione del
silenzio assenso nel caso in cui il parere dell’A.S.L. sia stato sostituito da
una autocertificazione.
Per
la giurisprudenza il rilascio della
licenza di abitabilità l'applicazione dell'istituto del silenzio assenso è
preclusa ove non sussistano i presupposti e requisiti per il rilascio (T.A.R.
Sicilia Catania, sez. I, 30.9.2004, n. 2746, in Foro Amm.T.A.R., 2004,
2736).
Il
silenzio dell’amministrazione equivale ad assenso, anche se, in tal caso,
l’amministrazione conserva un potere di intervento successivo, come ha
precisato anche la giurisprudenza per quanto riguarda il procedimento
disciplinato dall'art. 4, del d.p.r. 22.4.1994, n. 425, ora abrogato dall’art.
136, d.p.r. 6.6.2001, n. 380.
Sebbene
la norma preveda che il silenzio dell'amministrazione comunale protrattosi per
oltre quarantacinque giorni sulla richiesta di rilascio della licenza comporti
che l'abitabilità si intende attestata, nondimeno il silenzio non costituisce
una forma di silenzio assenso in senso tecnico, ma solo una legittimazione ex
lege che prescinde dalla pronuncia della p.a.
La
licenza di abitabilità trova il suo fondamento nella effettiva sussistenza di
tutti i presupposti richiesti dalla legge per il rilascio della licenza. La
situazione determinatasi a seguito del silenzio potrà perciò ritenersi
legittima solo nel caso in cui la costruzione sia conforme alla concessione
edilizia e agli strumenti urbanistici vigenti e sussistano le condizioni
igienico sanitarie per la concreta abitabilità. (Cass. pen., sez. III, 20.5.1997, n. 2113, in Cass.
Pen., 1998, 1760).
L’autorità
competente, infatti, può disporre l’ispezione di verifica ed eventualmente
dichiarare la inagibilità qualora essa accerti l’assenza dei requisiti
richiesti per la costruzione, ex art.
26, d.p.r. 6.6.2001, n. 380.
La
norma legittima l'istante, trascorso il termine di 45 giorni dalla
presentazione della domanda, ad intraprendere l'attività sia essa abitativa o
di altro genere nei locali per i quali è stata rispettivamente richiesta
l'abitabilità o l'agibilità, ma non fa venire meno il potere di controllo e di
verifica sulla effettiva sussistenza dei requisiti igienici richiesti. (T.A.R.
Liguria, sez. I, 25.10.2004, n. 1473).
8 Il silenzio assenso su richiesta di autorizzazione al commercio per medie strutture di vendita.
Il d.lgs. 31 marzo 1998 n. 114 (c.d. « decreto
Bersani ») stabilisce la nuova disciplina del commercio al minuto nella
prospettiva della semplificazione dell'azione amministrativa. Questo decreto,
infatti, prevede la riduzione o, a volte, l'eliminazione dei poteri
autorizzatori della p.a. e l'applicazione di tipici istituti di
semplificazione, che dovrebbero conciliare esigenze contrapposte, come
l'economicità e l'efficacia delle procedure amministrative e il controllo e la
regolazione dell'iniziativa economica privata. (Morzenti Pellegrini R.. Il procedimento amministrativo di autorizzazione nel settore del commercio
e delle attività produttive: dalla semplificazione all'unificazione, in Foro amm. CDS,
2003, 2, 761).
Il
commercio al dettaglio su aree e in locali privati può essere svolto solo dopo il rilascio di una
autorizzazione da parte dei comuni.
Le
ipotesi sono diverse a seconda del tipo di attività per la quale
l’autorizzazione è richiesta.
Nella
domanda l'interessato dichiara di essere in possesso dei requisiti richiesti e
specifica il settore merceologico del quale chiede la concessione.
La
presenza dei requisiti determina, infatti, la possibilità di ottenere
l’autorizzazione ((Narducci F:, Guida Normativa per l’amministrazione locale , 2010,
2679).
Con riferimento alla fattispecie delle medie strutture di vendita
l'art. 8 del d.lgs. n. 114/1998, precisa che il
comune deve adottare le norme sul procedimento concernente le domande relative
alle medie strutture di vendita; deve stabilire il termine, comunque non
superiore ai novanta giorni dalla data di ricevimento, entro il quale le
domande devono ritenersi accolte qualora non venga comunicato il provvedimento
di diniego, nonché tutte le altre norme atte ad assicurare trasparenza e snellezza
dell'azione amministrativa e la partecipazione al procedimento ai sensi della l.
7.8.1990, n. 241.
La giurisprudenza ha precisato che la possibilità di configurare
il silenzio assenso postula la sussistenza di tutti gli elementi soggettivi e
oggettivi necessari per l'esercizio dell'attività commerciale, in quanto gli
stessi rappresentano elementi costitutivi della fattispecie di cui si invoca il
perfezionamento (T.A.R. Lombardia, Sez. III, 14 .5.2003, n. 1781).
Il difetto del requisito essenziale consistente nella
compatibilità urbanistica dell'intervento impedisce che sulla domanda possa
formarsi il silenzio assenso per il decorso del termine di novanta giorni .
Colui che invoca la formazione, a proprio vantaggio, di un'utilità
giuridica per silenzio assenso della p.a. ha l'onere di dimostrare la
ricorrenza di tutti i presupposti necessari, essendo questi ultimi gli elementi
costitutivi della fattispecie (Cons. St.,, Sez. V, 11 .2.1999, n. 145).
La possibilità di conseguire l'autorizzazione implicita non è
legata solamente al decorso del termine, ma esige anche la ricorrenza di tutti
gli elementi richiesti dalla legge per il rilascio del titolo abilitativo
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II ter, 6.3.
2002, n. 1745).
La giurisprudenza esclude che l'interessato, il quale non sia in grado
di ottenere l'autorizzazione perché privo di tutti o di alcuni dei requisiti
oggettivi o soggettivi, possa eludere le prescrizioni fissate dalla legge o dai
regolamenti comunali attraverso la procedura del silenzio assenso fidando nei
ritardi della pubblica amministrazione.
9 Il silenzio assenso sulla domanda di rilascio del nulla-osta da parte dell'Ente parco.
Le richieste di concessione o di autorizzazione per
realizzare opere od interventi all’interno del parco devono essere sottoposte
al preventivo nulla-osta dell’Ente parco. (Ceruti M.,
L'istituzione
ed il nulla osta delle aree naturali protette nella recente giurisprudenza
ordinaria, amministrativa e costituzionale, in Riv. giur. Amb.,
2003, 1, 185).
Il
nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del
regolamento e l'intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta.
Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato. Il
diniego, che è immediatamente impugnabile, è affisso contemporaneamente
all'albo del comune interessato e all'albo dell'Ente parco e l'affissione ha la
durata di sette giorni. L'Ente parco dà notizia per estratto, con le medesime
modalità, dei nulla osta rilasciati e di quelli determinatisi per decorrenza
del termine, ex art. 13, l.
6.12.1991, n. 394.
La giurisprudenza ha precisato che anche
dopo l'entrata in vigore delle modifiche all'art 20, l. n. 241 del 1990 ad
opera della l. n. 15 del 2005, va affermata la piena vigenza del silenzio
assenso in materia ambientale codificato dall'art. 13 l. n. 394 del 1991 sul
nulla osta dell'Ente Parco, destinato ad inserirsi in un procedimento in cui
ulteriori specifici interessi ambientali (paesaggistici, idrogeologici) vengono
valutati in modo espresso, essendo comunque il legislatore statale libero di
qualificare in termini di silenzio-assenso il decorso del tempo entro cui
l'amministrazione competente deve concludere il procedimento, esclusi i
procedimenti c.d. complessi caratterizzati da elevato tasso di discrezionalità.
(T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 14.1. 2010, n. 53).
Il regime è
quello del silenzio-assenso, costituendo eccezione alla regola che nega detto
sistema alle autorizzazioni inerenti la tutela dell’ambiente (Desideri C. e
Fonderico F., I parchi nazionali per la tutela della natura, 1998, 120).
Successivamente
al rilascio o al formarsi del silenzio assenso, i comuni o le altre
amministrazioni possono procedere al rilascio del permesso di costruire.
La
giurisprudenza ha confermato che la sottoposizione a nulla osta da parte del
consorzio del parco delle concessioni edilizie relative ad opere interne al
parco della Maremma e la prevalenza delle prescrizioni al piano territoriale di
coordinamento sulle diverse previsioni degli strumenti urbanistici locali non
violano le attribuzioni urbanistiche dei comuni, bensì realizzano il necessario
coordinamento tra competenze urbanistiche e competenze in materia di tutela
della natura (Cons. St., sez. VI,
10.8.1988, n. 976, in Riv. Giur.Urb., 1989, 111).
10 Il silenzio assenso sulla domanda di installazione di impianti di distribuzione dei carburanti.
L'installazione
e l'esercizio di impianti di distribuzione dei carburanti è attività soggetta
all'autorizzazione del comune in cui essa è esercitata, ex art. 1, d.lgs. 11.2.1998, n. 32.
L'autorizzazione
è subordinata esclusivamente alla verifica della conformità alle disposizioni
del piano regolatore, alle prescrizioni fiscali e a quelle concernenti la
sicurezza sanitaria, ambientale e stradale, alle disposizioni per la tutela dei
beni storici e artistici nonché alle norme di indirizzo programmatico delle
regioni.
Il
richiedente trasmette al comune, unitamente alla domanda di autorizzazione,
un'analitica autocertificazione corredata dalla documentazione prescritta dalla
legge e da una perizia giurata, redatta da un ingegnere o da un altro tecnico
competente per la sottoscrizione del progetto presentato, iscritto al relativo
albo professionale, attestanti il rispetto delle prescrizioni.
Trascorsi
novanta giorni dal ricevimento degli atti, la domanda si considera accolta se
non è comunicato al richiedente il diniego. Per la giurisprudenza la carenza di
pareri ritenuti essenziali impedisce la formazione del silenzio assenso.
Non
può considerarsi automaticamente accolta, in forza del meccanismo di formazione
tacita del provvedimento positivo previsto dal legislatore con l'art. 20, l.
7.8.1990, n. 241, l'istanza relativa alla concessione per l'installazione di
impianti automatici di carburanti nell'ipotesi in cui, dopo la presentazione
della domanda, vi sia stata richiesta di pareri di altre Autorità che siano
presupposti indispensabili per l'istruttoria della domanda, fermo restando
l'ininfluenza di pareri ultronei, chiesti al solo fine di interrompere il
decorso del predetto termine (T.A.R. Lazio, sez. II, 7.4.2004, n. 3267, in Foro
Amm. T.A.R., 2004, 1101).
Il
sindaco, sussistendo ragioni di pubblico interesse, può annullare l'assenso
illegittimamente formatosi, salvo che l'interessato provveda a sanare i vizi
entro il termine fissato dal comune stesso.
La giurisprudenza ha precisato che il
quadro normativo vigente in materia di impianti distributori di carburanti è
nel senso che, una volta intervenuto il silenzio assenso, in
conseguenza dell'inutile decorso del termine di novanta giorni, previsto
dall'art. 1 comma 3, d.lgs. n. 32 del 1998, l'unico rimedio giuridico
esperibile dalla stessa amministrazione, che ritenga illegittima
l'autorizzazione per silentium assentita,
è il suo annullamento d'ufficio nella via di autotutela, previa
valutazione dell'interesse pubblico alla rimozione. Va tuttavia considerato che
il termine funzionale alla formazione del silenzio assenso
decorre solo dal momento in cui il compendio documentale tipizzato dalla norma
sia stato interamente trasmesso all'amministrazione e che grava sul ricorrente,
il quale invoca la formazione della fattispecie silenziosa, l'onere probatorio
in ordine alla ricorrenza di tutti gli elementi formativi della stessa. (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 11.6.2007, n. 6067).
11 Il procedimento di autorizzazione alla realizzazione di stazioni radio base per la telefonia mobile .
Il procedimento di autorizzazione alla realizzazione di stazioni
radio base per la telefonia mobile è un procedimento ad istanza di parte nel
quale il legislatore ha individuato l'esistenza di un forte interesse pubblico
alla realizzazione della rete tecnologica necessaria per la fornitura di un
servizio essenziale,. ai sensi dell'art. 87, nono comma, del d. lgs. 1.8.2003,
n. 259 (Ungar P., Pianificazione
e procedimento di autorizzazione delle installazioni (il d.lgs. n. 259 del
2003; possibili aggravi del procedimento; rapporto tra normativa edilizia ed
ambientale), in Foro amm. CDS 2007, 10, 2937).
Le istanze di autorizzazione e le denunce di
attività di cui al presente articolo, nonché quelle relative alla modifica
delle caratteristiche di emissione degli impianti già esistenti, si intendono
accolte qualora, entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e della
relativa domanda, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego. Gli
Enti locali possono prevedere termini più brevi per la conclusione dei relativi
procedimenti ovvero ulteriori forme di semplificazione amministrativa, nel rispetto
delle disposizioni stabilite dal presente comma.
Qualora il motivato dissenso, a fronte di una
decisione positiva assunta dalla conferenza di servizi, sia espresso da
un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla tutela della salute o
alla tutela del patrimonio storico-artistico, la decisione è rimessa al
Consiglio dei Ministri e trovano applicazione, in quanto compatibili con il
Codice, le disposizioni di cui agli artt. 14 e seguenti della l. 7.8.1990, n. 241.
Il titolo abilitativo per la realizzazione
degli impianti di telefonia mobile si costituisce in forza di un silenzio-assenso, atteso che le istanze si intendono accolte qualora, entro
novanta giorni dalla relativa domanda, non sia stato comunicato un
provvedimento di diniego.
Si tratta di una previsione coerente con
la ratio sottesa all'intero codice
delle comunicazioni elettroniche, desumibile dai criteri di delega contenuti
nell'art. 41 l. 166/2002 e prima ancora nelle direttive comunitarie da recepire
Tali direttive prevedono procedure
tempestive, non discriminatorie e trasparenti per la concessione del diritto di
installazione di infrastrutture e ricorso alla condivisione delle strutture,
riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi,
nonché regolazione uniforme dei medesimi procedimenti anche con riguardo a
quelli relativi al rilascio di autorizzazioni per la installazione delle
infrastrutture di reti mobili, in conformità ai principi di cui alla l. 7.8.1990,
n. 241. (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 5.8.2009, n. 4712).
Sulla base di tale motivazione la norma ha imposto tempi certi per
la sua definizione, all'interno dei quali il comune ha la possibilità di far
valere eventuali elementi ostativi all'accoglimento dell'istanza.
La necessità di completare la rete della telefonia mobile ha indotto il legislatore ha sancire con il silenzio assenso il mancato rispetto, da parte del comune, dei tempi a sua disposizione per l'esame dell'istanza.
Ai sensi dell'art. 87 comma 9, d.lgs. 1 .8.2003 n. 259, il silenzio-assenso si forma una volta che siano trascorsi 90 giorni dalla presentazione di una domanda intesa ad ottenere l'autorizzazione all'installazione di un impianto di telefonia mobile corredata degli elementi previsti dalla normativa ed il Comune non abbia adottato un provvedimento espresso di diniego o rappresentato nei termini di legge esigenze di approfondimento istruttorio ovvero non sia intervenuto il dissenso di un'Amministrazione preposta alla tutela della salute, dell'ambiente o del patrimonio culturale. (T.A.R. Umbria Perugia, sez. I, 15 .5. 2009, n. 242).
La necessità di completare la rete della telefonia mobile ha indotto il legislatore ha sancire con il silenzio assenso il mancato rispetto, da parte del comune, dei tempi a sua disposizione per l'esame dell'istanza.
Ai sensi dell'art. 87 comma 9, d.lgs. 1 .8.2003 n. 259, il silenzio-assenso si forma una volta che siano trascorsi 90 giorni dalla presentazione di una domanda intesa ad ottenere l'autorizzazione all'installazione di un impianto di telefonia mobile corredata degli elementi previsti dalla normativa ed il Comune non abbia adottato un provvedimento espresso di diniego o rappresentato nei termini di legge esigenze di approfondimento istruttorio ovvero non sia intervenuto il dissenso di un'Amministrazione preposta alla tutela della salute, dell'ambiente o del patrimonio culturale. (T.A.R. Umbria Perugia, sez. I, 15 .5. 2009, n. 242).
La giurisprudenza ha precisato che qualora il Comune abbia
respinto l'istanza prima della formazione del silenzio assenso e il relativo
provvedimento sia stato annullato dal T.A.R. la sentenza di annullamento impone
all'amministrazione di esercitare nuovamente la propria potestà, ai sensi
dell'art. 45, secondo comma, del r.d. 26 .6.1924, n. 1054, e dell'art. 65,
primo comma n. 5, del r.d. 17.8.1907, n. 642. (Cons. St. , sez. VI, 16 .12. 2009, n.
8075):
12 L’autotutela.
Nelle ipotesi di silenzio assenso, una volta
decorso il termine fissato dalla legge per provvedere, il relativo potere
dell'Amministrazione deve considerarsi consumato, potendo quest'ultima
procedere solo in sede di autotutela all'annullamento dell'atto
illegittimamente formatosi.
Conseguentemente, se deve ritenersi
pacificamente ammessa per l'Amministrazione la possibilità di disporre, in via
di autotutela ed in costanza dei necessari presupposti, l'annullamento postumo
dell'autorizzazione tacitamente assentita, deve ritenersi illegittimo il
provvedimento che non abbia né la forma, né la sostanza di un atto di
autotutela, atteggiandosi a mero diniego tardivo dell'autorizzazione, privo della
necessaria fase partecipativa, nonché dell'esplicazione dei motivi di interesse
pubblico posti a sostegno dell'intervento postumo in autotutela. (T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 4 .6.2009, n. 1358).
La
l.80/2005 conferma espressamente l’ammissione dei provvedimenti di autotutela
sia della revoca che dell’annullamento di ufficio nei casi in cui il silenzio
dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l’amministrazione
competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli
artt. 21 quinquies e 21 nonies, ex art. 20, l. 7.8.1990, n.
241, art. 3, 6° ter co., l. 80/2005.
La norma rinvia l’applicazione degli articoli 2, comma 7,della
l. 241/1990, che consente la sospensione dei termini, per una sola volta e per
un periodo non superiore a trenta giorni, per l’acquisizione di informazioni o
di certificazioni e 10-bis della l.
241/1990, e che obbliga
l’amministrazione alla comunicazione dei motivi
ostativi all'accoglimento dell'istanza prima della formale adozione di un provvedimento
negativo.
Il silenzio assenso formatosi
può essere rimosso solo mediante l'esercizio del potere di annullamento di ufficio da parte del comune,
misura di autotutela che consente di
contemperare il ripristino della legalità con l'esigenza, pure avvertita dal
legislatore, di rendere effettivamente praticabile l'istituto del silenzio accoglimento. (T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 9.10.2007,
n. 1633).
La
giurisprudenza ha precisato che l’annullamento del provvedimento, qualora
questo non sia conforme ai dettati legislativi, è consentito in rapporto a
fattispecie previste anche dalla legislazione regionale.
E' da
ritenere perentorio il termine di trenta giorni, decorrente dalla data di
comunicazione dell'inizio dei lavori, fissato dall'art. 2, 8° co., l. r.
Sicilia 31.5.1994, n. 17 per l'annullamento doveroso o la revoca da parte del
sindaco in sede di autotutela della concessione assentita per silenzio assenso
qualora si riscontri la mancanza dei requisiti per il rilascio dell'atto.
Tale
previsione non esclude tuttavia il potere di esercizio, anche oltre il suddetto
termine di trenta giorni, del generale potere discrezionale
dell'amministrazione di annullare, dandovi adeguata motivazione, la
concessione, anche se rilasciata per silenzio assenso (T.A.R. Sicilia, sez. I, Palermo, 13.1.1997,
n. 55).