domenica 23 settembre 2018

Compravendita di immobili donati. Azione di riduzione

Gli immobili fatti oggetto di donazione possono essere la ragione di pretese ereditarie da parte degli eredi legittimari del donante, e cioè di coloro che hanno un inalienabile diritto a ricevere una rilevante quota del patrimonio del donante che sia poi defunto (vale a dire, principalmente, il coniuge superstite, i suoi figli e i discendenti dei figli). 

Se infatti un legittimario chiama in causa il donatario perché la donazione lede la quota di legittima spettante al legittimario stesso e se il patrimonio del donatario convenuto in giudizio non è sufficiente a soddisfare le ragioni del legittimario (si pensi al caso che l’immobile donato sia stato venduto e poi sia stato scialacquato il denaro ricevuto come prezzo), allora ne può far le spese colui che in quel momento si trova a essere proprietario dell’immobile in questione, anche se egli non c’entri nulla con la famiglia del donante e con la donazione intervenuta in passato e avente a oggetto l’immobile che poi gli è stato venduto: infatti quell’immobile gli può essere chiesto in restituzione, con la quasi certezza che egli non avrà alcun ristoro economico rispetto a questa “spoliazione”. 

Il codice civile tratta questa materia essenzialmente negli articoli 561 e 563, che disciplinano appunto la “riduzione” delle donazioni immobiliari lesive della legittima e la “restituzione” degli immobili donati: se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione della donazione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario, premessa l'escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti la restituzione degli immobili in questione, liberi da qualsiasi gravame (ad esempio, da ipoteche); il terzo acquirente può peraltro liberarsi dall'obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l'equivalente in danaro. 

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