INFIAMMAZIONE PROSTATICA BENIGNA:
I SINTOMI
Ma come può essere diagnosticata la presenza di un’infiammazione cronica della prostata? Il primo indicatore è il peggioramento dei sintomi, in particolare di quelli legati al riempimento della vescica: il paziente durante la notte avverte spesso il desiderio di urinare, costringendolo a frequenti risvegli (nicturia). Anche durante la giornata si deve urinare molte volte (frequenza) e tale necessità è spesso avvertita come bisogno farlo in modo precipitoso (urgenza): tanto da limitare a lungo andare le sue frequentazioni solamente a luoghi che abbiano la disponibilità di un bagno. Un segno obiettivo dell’infiammazione prostatica cronica è la presenza di calcificazioni a livello prostatico, rilevabili attraverso un’ecografia.
LE CURE
I farmaci d’elezione per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna, che in Italia affligge almeno sei milioni di uomini, appartengono a due categorie: gli alfa-litici (agiscono contro i sintomi) e gli inibitori della 5-alfareduttasi (intervenendo a livello della sintesi del testosterone, rallentano la progressione della malattia), talvolta usati anche in abbinamento. «Il problema è che nessuno di questi farmaci ha una azione antinfiammatoria. Oggi sappiamo che il volume prostatico e le alterazioni ormonali non possono essere gli unici obiettivi terapeutici, ma bisogna tener conto anche dell’infiammazione per migliorare la qualità di vita del paziente». Il cui sviluppo «è un fenomeno che comincia molto prima, rispetto al rilevamento della malattia. Per questo intervenire sull'infiammazione permette di avere un approccio precoce all'ipertrofia prostatica benigna, in un momento in cui la terapia medica può agire con maggiore efficacia».
NUOVI FARMACI
Serenoa repens
La nuova indicazione riguarda l’estratto di Serenoa repens, una palma originaria dell’America sud orientale che, con una formulazione diversa, risultava impiegata già sotto forma di integratore (indicato per i giovani che mostrano già a partire dai trent'anni disturbi alla minzione). «Ma guai a farsi ingannare. L'estratto esanico di Serenoa repens è un farmaco a tutti gli effetti, che deve essere prescritto dal medico. Il principio attivo viene estratto da questa pianta ed è in grado di opporsi alla sintesi delle interleuchine e dei fattori di crescita. Al momento non risultano effetti collaterali, a fronte di un elevato profilo di sicurezza». Un aspetto di non poco conto, se si considera che «gli alfa-litici provocano un’eiaculazione retrograda. Il liquido seminale finisce in vescica e viene eliminato successivamente al rapporto sessuale. Il disturbo in ogni caso scompare quando si sospende la cura e i farmaci riescono spesso a migliorare molto la qualità di vita dei pazienti». Il vantaggio dato dall'utilizzo dell'estratto di origine vegetale nel trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna, rispetto ai classici antinfiammatori (Fans), è dato inoltre dalla possibilità di somministrarlo anche per lunghi periodi: l'indicazione è per almeno un anno, cosa che non può accadere invece con i Fans a causa delle ripercussioni a livello gastrico e della coagulazione.
pigenil 60 compresse
Pygeum
La specie ha una lunga storia di usi tradizionali. La corteccia è usata nel tentativo di curare febbri, malaria, medicazione delle ferite, veleno di freccia, mal di stomaco, purgante, malattia renale, stimolante dell'appetito, gonorrea e follia. L'estratto Pygeum è un rimedio a base di erbe preparato dalla corteccia di P. africana ed è promosso come medicina alternativa per l'iperplasia prostatica benigna (IPB). Seguendo l'eccitazione iniziale sul potenziale terapeutico di pygeum alla fine del XX secolo, la ricerca successiva non ha trovato alcun beneficio.
Altri affermano che i principi attivi del Pygeum includono "phytosterols" (fitosteroidi?)(per esempio beta-sitosterol) che hanno effetti anti infiammatori e che inibiscono la produzione di prostaglandine (agente infiammatorio) nella prostata. Il Pygeum contiene anche pentacyclic triterpenes (acidi ursolico e oleanico) che riducono i livelli di prolattina e bloccano l'accumulo di testosterone nella prostata. La prolattina è ritenuta responsabile per l'aumento del livello di testosterone nella prostata, e per l'aumento del colesterolo, causando il DHT.
Sebbene il meccanismo d'azione dell'estratto di Pygeum sia ancora incerto, in sperimentazioni su animali ha dimostrato di regolare la contrazione della vescica, riducendo la sensibilità della vescica agli stimoli elettrici, alla phenylephrine, adenosine trifosfato, e carbachol. Il Pygenum ha anche proprietà anti infiammatorie in quanto diminuisce la produzione di leukotrienes e altri metaboliti 5-lypoxigenase. Inoltre, inibisce la produzione di fibroblast, aumenta la secrezione surrenale androgena e ripristina l'attivita secretiva di prostata e dell'epitelio bulbouretrale. Inoltre il P. Africanum può anche essere benefico nel trattamento di pazienti con disfunzioni sessuali/riproduttive (praticamente scoperete come ricci )
Per quanto riguarda la tossicità, la maggior parte degli studi riporta l'assenza di significativi effetti collateriali del Pygeum, sebbene siano stati riportati rari casi di diarrea, costipazione, giramento di testa, dolori gastrici e disturbi visivi.. Uno studio ha dimostrato profili di sicurezza soddisfacenti in 174 soggetti umani dopo 12 mesi di cura a una dose di 100 mg al giorno. Studi tossicologici hanno mostrato una ottima tollerabilità dopo l'assunzione orale.
Pygeum africanum mostra clinicamente una riduzione statisticamente significativa della sintomatologia disurica, in particolare con netto miglioramento della pollachiuria (emissione con elevata frequenza di piccole quantità di urina) e nicturia (alzarsi di notte una o più volte per urinare). Appare evidente anche la diminuzione della minzione imperiosa, delle infezioni delle vie urinarie e del ristagno vescicale. Controlli ecografici hanno consentito di rilevare l’efficacia nel ridurre la tumefazione infiammatoria della prostata e delle vescicole seminali: il fenomeno è imputabile all’azione antiedemigena del farmaco vegetale. La pianta non risulta attiva sul volume dell’adenoma. Le proprietà antinfiammatorie la rendono utile anche nel trattamento delle prostatiti.
E’ bene comunque evidenziare che Pygeum africanum fa parte delle piante tutelate dalla Convenzione di Washington in quanto specie a rischio di estinzione a causa di una raccolta indiscriminata della corteccia. Può essere efficacemente sostituito dalla Serenoa repens (Bartram) Small. o palma nana, originaria del sud-est degli Stati Uniti (Florida), che presenta analoghe proprietà. Con il suo impiego non si corrono rischi per l’estinzione della pianta. Le drupe di questa palma, grandi quante delle olive, erano impiegate dagli indiani Seminole sia come alimento sia per trattare disturbi dell’apparato urinario maschile. La Commissione E della Sanità tedesca e l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) ne riconoscono l’impiego per trattare le turbe urinarie che accompagnano l’ipertrofia prostatica benigna lieve e moderata. L’estratto lipofilo ottenuto dalle drupe è stato oggetto di numerosissimi studi clinici che ne hanno confermato l’efficacia terapeutica. Per la sua azione anti-infiammatoria può essere impiegata anche in caso di prostatite cronica. La pianta è conosciuta anche come Sabal serrulata: Sabal è il nome indigeno, Serenoa perché dedicata a Sereno Watson, botanico americano (1826-1892).
DIMINUISCONO GLI INTERVENTI
L'ampliamento del ventaglio farmacologico contribuirrà a ridurre ulteriormente il ricorso alla chirurgia. Nei pazienti con ipertrofia prostatica benigna un passaggio con la terapia medica è sempre consigliato. Se inefficace, conviene guardare oltre. Oggi la chirurgia risponde a due opzioni: la resezione endoscopica della prostata (Turp) e l'enucleazione prostatica mediante laser. L'intervento a cielo aperto è ormai quasi un ricordo. «Le linee guida europee indicano la Turp come trattamento di elezione. Ma i vantaggi legati all'utilizzo dei diversi laser, che si scelgono a seconda della dimensione della ghiandola al momento dell'operazione, sono diversi. L'intervento risulta indipendente dal volume della prostata. E poi il ricorso al laser riduce il sanguinamento e la frequenza delle recidive e accorcia i tempi per la rimozione del catetere, che non si tiene quasi mai più di 36 ore». fondazioneveronesi.it
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