L'Aquila è passata dalla fase emergenziale ad una ordinaria senza considerare che qui la ricostruzione pubblica avrebbe bisogno di norme differenti, afferma il sindaco dell'Aquila Pierluigi Biondi, il quale ha da poco archiviato una crisi nella giunta. Senza considerare "le farraginosità del nuovo Codice degli appalti. Quello che ho a più riprese chiesto al governo – è l'appello del primo cittadino - è la possibilità di ricorrere a procedure più snelle e veloci, ovviamente sempre nell'ambito di un quadro normativo rispettoso della legalità”.
C'è poi la ricostruzione immateriale. Il sisma è un trauma che incide per decenni sulle comunità e la vita all'Aquila è segnata per sempre da un prima e da un dopo terremoto, una sorta di terreno avanti e dopo Cristo. E quel dopo è ancora molto lontano dalla vita di prima. Il cuore della città è il più grande cantiere d'Europa e come tale è un enorme dedalo di vie, circa 177 ettari, percorse da mezzi di operai e betoniere, dove è assordante l'eco dei martelli pneumatici ma non si sentono gli schiamazzi di bambini. Il centro storico è ancora praticamente disabitato: vive di giorno con gli operai e la sera del fine settimana con la movida.
Hanno aperto circa 80 attività commerciali, un dato ben lontano, ricorda Confcommercio L'Aquila, dalle oltre mille botteghe di prima del terremoto.
Questi pionieri che hanno scommesso sulla ripartenza del centro storico sono oggi a rischio chiusura, scontano l'assenza di residenti. Quello che chiedono a gran voce è la realizzazione di parcheggi, il rientro di uffici pubblici, banche e poste per far tornare un flusso. Il Comune sta lavorando sul rientro di alcuni enti e su tre grandi posteggi ma i tempi non saranno brevi. Il sindaco respinge al mittente le critiche di chi parla di “città ferma". Quello dell'Aquila, ricorda, è "il più importante esempio di rigenerazione urbana dal dopoguerra ad oggi".ansa.it/
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